Interruzione e ripresa del procedimento notificatorio

In tema di notificazione di atti processuali, qualora la notifica abbia esito negativo per circostanze non imputabili al richiedente, egli ha «la facoltà e l’onere» di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 23007/18, depositata il 26 settembre. Il caso. Il Tribunale di Torino accoglieva la domanda ex articolo 2932 c.c. proposta dalla promissaria acquirente di un immobile che aveva convenuto in giudizio la controparte che, dopo la stipula del preliminare di compravendita e l’invito a presentarsi dinanzi al notaio per il definitivo, non aveva adempiuto all’obbligo di trasferire la proprietà. La Corte d’Appello confermava la decisione con sentenza impugnata dalla soccombente in Cassazione. Il difensore chiede di essere rimesso in termini per la notifica del ricorso assumendo di aver tentato la notifica sia presso la residente della controparte che presso il domicilio eletto presso il difensore che risultava però trasferito. Aggiungeva di aver a quel punto chiesto informazioni al Consiglio dell’Ordine che però confermava quale domicilio professionale dell’avvocato quello precedente. Procedimento notificatorio. Il Collegio richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di notificazione di atti processuali, qualora la notifica abbia esito negativo per circostanze non imputabili al richiedente, egli ha «la facoltà e l’onere» di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio. In tal caso, la notifica avrà come data quella dell’iniziale attivazione del procedimento, sempre che la ripresa sia intervenuta entro un termine ragionevole secondo la comune diligenza. È dunque pacifico che la ripresa è rimessa alla parte istante escludendo la possibilità di richiedere una preventiva autorizzazione del giudice che allungherebbe i tempi processuali. Si tratta, prosegue la sentenza, di una «soluzione congrua rispetto al principio della scissione degli effetti della notificazione nei confronti dell’istante e del destinatario, valorizzando, rispettivamente, la data iniziale e quella di perfezionamento del procedimento». In tale contesto risultano fisiologiche le difficoltà in ordine a ulteriori indagini circa la residenza, il domicilio o la dimora del ricorrente, si tratta di un’ipotesi ricorrente e lo stesso ufficiale giudiziario «può e dovrebbe» assumere iniziative al riguardo. Precisa dunque la Corte che anche lo scambio di informazione tra parte istante e ufficiale giudiziario rientra in tali casi «ed è congruo ritenere la sostanziale unità del procedimento, quando, dopo che una prima fase del procedimento non abbia avuto positiva conclusione per l’accertata mancata corrispondenza della situazione di fatto a quella indicata dall’istante, quest’ultimo fornisca ulteriori indicazioni ai fini del perfezionamento della notificazione». Resta comunque la necessità di valutare l’imputabilità o meno al richiedente dell’inesattezza delle iniziali indicazioni. Applicando tali principi al caso di specie, la Corte sottolinea che dopo aver acquisito le informazioni dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, la ricorrente aveva l’onere di continuare autonomamente il processo notificatorio, senza chiedere al Presidente della Corte di essere rimesso in termini per la notifica indipendentemente dalla circostanza che il perfezionamento di potesse verificare dopo la scadenza del termine. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 marzo – 26 settembre 2018, numero 23007 Presidente Petitti – Relatore Giannaccari Fatto Con atto di citazione notificato il 31.5.2007, T.L. conveniva innanzi al Tribunale di Torino C.L. , esponendo di aver concluso con la medesima un contratto preliminare di compravendita e che, nonostante l’invito a presentarsi innanzi al notaio per la stipula del definitivo, la convenuta non aveva adempiuto all’obbligo di trasferire la proprietà. Chiedeva, pertanto, pronunciarsi sentenza ex articolo 2932 c.c., con condanna al risarcimento dei danni. Il Tribunale di Torino, con sentenza dell’1.10.2009, accoglieva la domanda. Con sentenza del 23.11-24.12.2012, la Corte d’Appello confermava la decisione del primo giudice. C.L. proponeva ricorso per cassazione sulla base di se motivi con istanza depositata il 21.2.2014, il difensore del ricorrente Avv. Salvatore Morrone chiedeva di essere rimesso in termini per la notifica del ricorso esponeva di aver tentato la notifica in data 5.2.2014 sia presso la residenza della T. , sia presso il domicilio eletto dell’Avv. Zaramella, in omissis , ma dalle relate di notifica si evinceva che l’Avv. Zaramella era istato trasferito. Aggiungeva di aver richiesto informazioni al Consiglio dell’Ordine di Torino, il quale aveva comunicato che alla data del 17.2.2014 il domicilio professionale dell’Avv. Zaramella era ancora in omissis . Il Presidente della Sesta Sezione Civile, con provvedimento del 2.4.2014 dichiarava non luogo a provvedere trattandosi di questione devoluta alla cognizione del Collegio innanzi al quale la causa sarà chiamata . Diritto Il ricorso è inammissibile. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, alla quale si intende dare continuità, Cassazione civile, sez. unumero , 24/07/2009 N.17352 , in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio. Ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie. Nell’ampia motivazione, le Sezioni Unite hanno spiegato che la ripresa del processo notificatorio è rimessa alla parte istante e che deve escludersi la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perché questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perché non sarebbe neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata sez. unumero , 17352/2009, cit. il principio è stato ribadito dalle sezioni semplici Cass., 11 settembre 2013, numero 20830 e Cass., 25 settembre 2015, numero 19060 . La soluzione adottata, del resto, è congrua rispetto al principio della scissione degli effetti della notificazione nei confronti dell’istante e del destinatario, valorizzando, rispettivamente, la data iniziale e quella di perfezionamento del procedimento inoltre, detto orientamento valorizza la continuità e la speditezza del procedimento stesso, che verrebbe rallentato attraverso la necessità del ricorso al giudice. Il fatto, poi, che nel corso del procedimento di notificazione insorgano difficoltà, esigenze di ulteriori indagini circa i luoghi in cui il destinatario ha la residenza, il domicilio o la dimora, ecc, è un’evenienza ricorrente e direttamente o indirettamente prevista dalle disposizioni di legge, e lo stesso ufficiale giudiziario può, e dovrebbe, assumere iniziative al riguardo come rilevato dalla giurisprudenza cfr., per esempio, Cass. numero 12183/2004, 11332/2005, 17453/2006, 2909/2008 . In questo quadro appartiene alla fisiologia del procedimento notificatorio anche lo scambio di utili informazioni tra parte istante e ufficiale giudiziario ed è congruo ritenere la sostanziale unità del procedimento quando, dopo che una prima fase del procedimento non abbia avuto positiva conclusione per l’accertata mancata corrispondenza della situazione di fatto a quella indicata dall’istante, quest’ultimo fornisca ulteriori indicazioni ai fini del perfezionamento della notificazione. Naturalmente, anche in relazione a questa prospettazione rimane salva la valutazione circa la imputabilità o meno al richiedente della inesattezza delle iniziali indicazioni, in quanto la giurisprudenza sulla dissociazione dei tempi della notificazione per il richiedente e il destinatario è basata sull’assunto che a detrimento del primo non debbano andare aspetti del procedimento che non siano sotto il suo controllo. Nella sentenza citata, la Corte, affrontando il problema dei limiti temporali, entro cui doveva essere ripreso il procedimento notificatorio, stabiliva che doveva trattarsi di un tempo ragionevole, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie. E tale criterio, considerata la specificità del tipo di difficoltà procedurale incontrata e dello strumento a disposizione per il suo superamento, deve ritenersi applicabile, ove possibile, in relazione ad ogni tipo di termine perentorio entro cui debba avvenire una notificazione. Le Sezioni Unite sono nuovamente intervenute per dirimere le incertezza giurisprudenziali in ordine alla ragionevolezza del termine, stabilendo il termine entro il quale riattivare il procedimento notificatorio. Con sentenza del 15/07/2016, numero 14594 hanno stabilito che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’articolo 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. Nella specie la ricorrente, mentre era in corso il procedimento notificatorio, ma era già scaduto il termine lungo per proporre impugnazione 8.2.2013 , in data 2.4.2014 faceva istanza di remissione in termini per la rinotifica del ricorso. Esponeva di aver tentato la notifica in data 5.2.2014 sia presso la residenza della T. , sia presso il domicilio eletto dell’Avv. Zaramella, in omissis / ma dalle relate di notifica si evinceva che l’Avv. Zaramella era trasferito. Aggiungeva di aver richiesto informazioni al Consiglio dell’Ordine di Torino, il quale aveva comunicato che alla data del 17.2.2014 il domicilio professionale dell’Avv. Zaramella era ancora in omissis . Il ricorrente, una volta acquisite le informazioni dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, in applicazione dei principi enunciati da questa Corte, aveva l’onere di continuare autonomamente il processo notificatorio, senza chiedere al Presidente della Corte di essere rimessa in termini per la notifica, indipendentemente dalla circostanza che il perfezionamento si potesse verificare dopo la scadenza del termine, in virtù della scissione del termine tra notificante e notificatario. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile per omessa notifica alla controparte. Non deve provvedersi sulle spese, non essendo stato instaurato il contraddittorio con la T. . Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.