Fatale il controllo in un negozio da parrucchiere lì i militari hanno scoperto l’impiego di un lavoratore irregolare. E il titolare ha cercato di convincere i carabinieri a chiudere un occhio.
Provare a corrompere un carabiniere, offrendogli 50 euro, rende legittimo l’arresto. Questa la prospettiva tracciata dai Giudici del Palazzaccio, ritrovatisi ad esaminare la posizione di un parrucchiere che aveva sollecitato i militari a chiudere un occhio sull’impiego nel suo negozio di un dipendente clandestino, privo di regolare contratto di lavoro Cassazione, sentenza numero 40264/18, sez. VI Penale, depositata oggi . Reato. L’episodio risale al marzo del 2017 e la persona fermata finisce sotto accusa per «istigazione alla corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio». In sostanza, l’uomo, titolare di un negozio da parrucchiere, è stato beccato dai carabinieri a «impiegare un lavoratore clandestino» e ha chiesto loro di chiudere un occhio, «infilando tre banconote, per un valore complessivo di 50 euro, nella mano sinistra» di uno dei militari. Questi ultimi hanno però rifiutato in modo netto e hanno provveduto all’arresto dell’uomo. Proprio le manette sono in discussione ora. Secondo il GIP del Tribunale, difatti, l’arresto operato dai carabinieri non va convalidato. Di parere opposto, invece, sono i Giudici della Cassazione, i quali ritengono evidente «la gravità» del reato – anche «socialmente inaccettabile» –, tale da «legittimare l’esercizio della facoltà dell’arresto». Respinta la tesi difensiva, secondo cui l’episodio andava ridimensionato perché «inidoneo a turbare il pubblico destinatario dell’illecita offerta».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 giugno – 10 settembre 2018, numero 40264 Presidente/Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 30 marzo 2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lodi ha rigettato la richiesta di convalida dell'arresto di Ha. El Bo. per il reato di istigazione alla corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, commesso il 28 marzo 2017. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lodi, formulando un unico motivo, con il quale si denuncia violazione di legge, in riferimento all'articolo 381 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, a norma dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. penumero , avendo riguardo alla ritenuta insussistenza dei presupposti per procedere all'arresto in flagranza. Si premette che l'indagata, titolare di un negozio di acconciatura per capelli, a seguito di un accertamento dei Carabinieri che aveva constatato l'impiego di un lavoratore clandestino privo di regolare contratto di lavoro, aveva chiesto ai militari di soprassedere ed aveva infilato tre banconote, per un valore complessivo pari a 50,00 Euro, nella mano sinistra di uno degli operanti. Si rappresenta, poi, che l'ordinanza impugnata ha escluso la gravità del fatto per l'assenza di comportamenti oppositivi o minacciosi da parte dell'indagata e la pericolosità soggettiva della stessa, per l'irrilevanza dei precedenti di polizia e la risalenza e minima gravità dell'unico precedente penale. Si deduce che la motivazione è contraddittoria con riferimento ad entrambi i profili in relazione al profilo della gravità oggettiva perché, da un lato, afferma l'incongruenza della scelta discrezionale operata dalla polizia giudiziaria, e, dall'altro, riconosce il carattere «grave e socialmente inaccettabile» del reato commesso in relazione al profilo della pericolosità soggettiva sia perché è irrilevante la valutazione in ordine all'assenza di comportamenti oppositivi, sia perché è apodittico il rilievo concernente la minima rilevanza dei precedenti, siccome l'indagata, tra l'altro, è stata condannata per rapina aggravata, è stata denunciata per reati contro il patrimonio e contro la persona e risulta essere stata destinataria, nel 2011, di avviso orale. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, ritenendo non corretto il giudizio negativo sull'uso del potere discrezionale riservato alla polizia giudiziaria, anche perché questo è sindacabile solo sotto il profilo dell'eccesso o de I malgoverno di tale discrezionalità. 4. Il difensore dell'indagato, A.R.M., ha depositato memoria con la quale, in particolare, si rappresenta che il fatto non risulta di particolare gravità, perché inidoneo a turbare il pubblico ufficiale destinatario dell'illecita offerta, e che la pericolosità soggettiva dell'indagata è da escludersi per la risalenza dei suoi precedenti penali. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. In tema di arresto facoltativo in flagranza, il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l'arresto, per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere all'arresto rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi quindi ragionevole motivo nella gravità del fatto ovvero nella pericolosità del soggetto, senza estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l'affermazione di responsabilità Sez. 5, numero 1814 del 26/10/2015, Koraj, Rv. 265885 . Inoltre, il giudice della convalida dell'arresto in flagranza deve operare con giudizio ex ante , avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria ha provveduto, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili della stessa, che siano successivamente emersi Sez. 6, numero 18196 del 13/04/2016, Barnaba, Rv. 266930 . 3. Nella specie il Giudice di merito risulta aver illegittimamente sovrapposto proprie valutazioni a quelle - non prive di ragionevolezza - che avevano determinato l'esercizio della facoltà di arresto nei confronti della EL BO., contraddittoriamente - peraltro - affermando la gravità del reato commesso, da sola sufficiente a legittimare l'esercizio della facoltà dell'arresto Sez. 1, numero 17332 del 30/03/2006, Solimeno, Rv. 234259 . 4. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata essendo l'arresto legittimamente eseguito. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata perché l'arresto è stato legittimamente eseguito.