La sentenza del Tribunale di Treviso offre l’occasione per ripercorrere le vicende più significative che hanno condotto all’avvio della liquidazione coatta amministrativa del noto istituto di credito, soffermandosi sull’accertamento dello stato di insolvenza dichiarato alla luce dello scenario di liquidazione atomistica.
La messa in liquidazione coatta amministrativa segna difatti il passaggio della debitrice da una situazione di continuità ad una liquidatoria ed impone un diverso approccio in base al quale verificare la sussistenza o meno dello stato di insolvenza. Il Tribunale di Treviso, con la sentenza numero 83 del 26 giugno 2018, ha dichiarato l’insolvenza di Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa. Il caso. Con richiesta ex articolo 82 d.l.vo 385/1993 il P.M. chiedeva al Tribunale di Treviso di dichiarare lo stato di insolvenza di Veneto Banca S.p.a. in liquidazione coatta amministrativa. Si costituivano i Commissari Liquidatori di Veneto Banca rimettendosi alla determinazione di giustizia, nonché i cessati amministratori chiedendo invece il rigetto della domanda del P.M. La Banca d’Italia depositava il proprio parere. Il Tribunale di Treviso dichiarava l’insolvenza di Veneto Banca per ragioni di seguito sintetizzate. La situazione di dissesto della banca. Ricorda, anzitutto, il Tribunale che la BCE, dopo che la Commissione europea aveva accertato l’insussistenza delle condizioni per la ricapitalizzazione precauzionale, dichiarava Veneto Banca in dissesto o a rischio di dissesto poiché questa aveva ripetutamente violato a partire dal 2014 i requisiti patrimoniali di vigilanza nonostante il tempo concesso dalla BCE per la presentazione di adeguati piani di ricapitalizzazione, la banca non era stata in grado di offrire soluzioni credibili per il futuro. Il SRB Single Resolution Board ovvero Comitato Unico di Risoluzione , non aveva ritenuto che l'interesse pubblico giustificasse l'avvio di un'azione di risoluzione per la banca la quale veniva conseguentemente sottoposta a liquidazione in base alle procedure di insolvenza italiane con il d. l. numero 99 del 25 giugno 2017. Nel periodo precedente alla liquidazione coatta amministrativa Veneto Banca, a detta del Tribunale, non era in grado di continuare a svolgere la propria attività creditizia senza dover ricorrere a richieste di sostegno da parte dello Stato, sia in termini di nuovo capitale che di garanzie su nuove obbligazioni da emettere. Non a caso, dal parere della Banca d’Italia si apprende che la BCE ha riconosciuto sussistenti i presupposti di cui all’articolo 18 par. 1 lett. b del Regolamento UE numero 806/2014, ossia la «assenza di misure alternative idonee a superare il dissesto». Ad avviso, dunque, del Tribunale il “dissesto” della banca assumeva, alla vigilia della messa in liquidazione coatta, i caratteri di gravità, pericolosità e irreversibilità. I criteri per l’accertamento dello stato di insolvenza. Puntualizza il Tribunale che l’accertamento dello stato di insolvenza di una banca sottoposta a l.c.a. deve essere compiuto con riferimento alla data del decreto che dispone la liquidazione articolo 82, comma 2, TUB e articolo 202 l. fall., Cass. 20186/17 ed applicando i criteri previsti dall’articolo 5 L.F., atteso il carattere “universale” di tale disposizione Cass. 9408/06 . Tale accertamento prescinde dalle cause, giacché l’insolvenza potrebbe prodursi quale effetto anche di un solo singolo fattore sopravvenuto e indipendente dalla condotta degli amministratori Cass. 9523/12 Cass. 15769/2004 Cass. 8374/2000 . Ciò posto, osserva il Tribunale che nel caso di specie il fattore sopravvenuto è costituito dalla dichiarazione di dissesto o di prossimità al dissesto che ha condotto alla l.c.a. Viene poi precisato che l’insolvenza è di solito l’espressione, o meglio l’esito, di una inadeguata organizzazione dell’impresa, caratterizzata da una disfunzione della complessiva organizzazione del finanziamento, poiché l’incapacità a svolgere una regolare attività solutoria, anche nella fase liquidatoria, non può che riferirsi all’intera organizzazione dell’impresa, oggettivamente considerata. Lo stato di liquidazione impone che l’accertamento dell’insolvenza avvenga secondo una impostazione patrimonialistica Cass. 12382/17 Cass. 16752/13 Cass. 6170/2003 Cass. 6550/2001 , dato che ormai l’impresa ha imboccato la strada verso la propria dissoluzione. Occorre pertanto verificare, in termini di probabilità, secondo il metodo della prognosi postuma, se la liquidazione del patrimonio della banca consente di soddisfare regolarmente tutti i creditori. Tale giudizio è basato sul raffronto prognostico tra attivo e passivo patrimoniale ma tiene conto delle sorti sia quantitative che temporali della liquidazione. Detto altrimenti, è necessario appurare se, al momento della dichiarazione di l.c.a., il processo liquidatorio si prospetti tale da assicurare che i valori del realizzo siano pari ai fabbisogni necessari per estinguere le passività e per fare fronte alle esigenze immediate passività correnti . Se si considera, soggiunge il Tribunale, che lo svolgimento della complessa attività liquidatoria/solutoria concorsuale si risolve nei singoli atti di adempimento, cioè nell’impiego non del patrimonio, ma della liquidità, emerge con evidenza che, per essere in grado di procedere ordinatamente alla soddisfazione dei suoi creditori, la liquidazione della banca deve disporre sia delle risorse che consentono di adempiere alle obbligazioni sia della liquidità sufficiente a soddisfare i corrispondenti crediti - soprattutto prededucibili - in tempi e modi coerenti con le specifiche obbligazioni. L’insolvenza sussiste anche quando manchi la liquidità necessaria per l’espletamento della specifica attività imprenditoriale nella sua fase liquidatoria. La rilevanza dello scenario di liquidazione atomistica. Osserva, inoltre, il Tribunale che la prevalenza dell’attivo sul passivo della banca alla data di apertura della l.c.a. non è determinante Cass. 12382/2017 Cass. 5736/1993 Cass. 5525/1992 Cass. 4450/1992 perché tale criterio deve essere utilizzato congiuntamente ad un giudizio finanziario prognostico sul fatto che l’attivo potrebbe essere non liquidabile nell’immediato, oppure che il passivo connesso alla liquidazione potrebbe lievitare, determinando ad esempio la necessità di cedere in blocco i crediti, o una parte di essi, per fare fronte alle passività correnti ad esempio nel caso di specie le spese per la gestione del recupero crediti, per i dipendenti, per le locazioni, per le utenze, ecc. . La verifica dello stato di insolvenza va fatta sulla base di uno scenario di liquidazione atomistica, dato che la retrodatazione del momento di valutazione al tempo in cui è stata disposta la l.c.a. rende irrilevante che l’impresa possa avere riacquistato la propria solvibilità dopo l’apertura del procedimento, sicché non si tiene conto delle vicende successive a tale provvedimento Cass. 9408/2006 Trib. Palermo 20.2.1999 Trib. Potenza 13.7.2000 Trib. Milano 27.12.1985 . Occorre considerare, soggiunge il Tribunale, che gli interventi dello Stato a sostegno della liquidazione potrebbero avere le modalità più svariate, non esclusa quella di ristrutturare il passivo con uno stralcio del debito. Le modalità attraverso le quali l’Autorità pubblica intende limitare i danni sistemici derivanti dalla crisi di una particolare impresa non incidono, quindi, sulla valutazione di insolvenza. Se l’estinzione di tutti i debiti nel corso della procedura avvenisse in forza dell’aiuto dello stato, che ad esempio rimuovesse l’incapacità finanziaria della liquidazione a far fronte alle passività correnti che dovessero generarsi, non per questo potrebbe dirsi insussistente lo stato di insolvenza. Tornando al caso di specie, precisa il Tribunale, la “liquidazione ordinata” di cui al d.l. 99/2017, che prevede nella specie un consistente intervento statale connesso all’operazione con la banca cessionaria e con il trasferimento dei creditori deteriorati ad una società a partecipazione pubblica, non è, quindi, un’attività “normale” ex articolo 5 L. Fall. per far fronte alle obbligazioni, rappresentando un condivisibile intervento straordinario nell’interesse della collettività, ma non un prevedibile e naturale epilogo della liquidazione. Lungo questa direttrice, viene sostenuto dal Tribunale, l’attivo e il passivo di Veneto Banca devono essere valutati secondo una visione prospettica e sulla base di un’ipotesi di liquidazione atomistica, in base ai valori che possono ottenersi da un immediato realizzo, non già ai valori attribuiti dall’imprenditore stesso e neppure in base a quelli che potrebbero presumibilmente attendersi da vendite o da altre attività liquidatorie quali ad esempio l’incasso di crediti effettuate senza vincoli temporali. Sulla base degli accertamenti compiuti dai tecnici che si sono occupati della crisi dell’istituto di credito ed in virtù del parere della Banca d’Italia, ritiene conseguentemente il Tribunale che nel momento in cui Veneto Banca venne posta in liquidazione coatta amministrativa, la prognosi della liquidazione atomistica portava a conclusioni disastrose per i creditori chirografari. Essi non avrebbero avuto la minima possibilità di ricevere integrale soddisfazione. Nello scenario della liquidazione atomistica l’insufficienza del patrimonio a soddisfare i creditori è praticamente certa, ma anche, precisa il Tribunale, nello scenario della “liquidazione ordinata” di cui al d.l. 99/2017, è altamente probabile che l’attivo ricavato dalla liquidazione risulterà insufficiente a soddisfare l’intero ceto creditorio. La misura di insoddisfazione dei crediti nella ipotesi di “liquidazione ordinata” è molto più elevata nell’ipotesi di liquidazione atomistica. Sul presupposto che lo scenario che rileva è quello della liquidazione atomistica, viene dichiarato dal Tribunale di Treviso lo stato di insolvenza di Veneto Banca in liquidazione coatta amministrativa.
Tribunale di Treviso, sez. II Civile, sentenza 26 giugno 2018, numero 83 Presidente/Relatore Fabbro Fatto e diritto Con richiesta ex articolo 82 D. L.vo 385/1993 depositata in Cancelleria il 9-1-2018, il P.M. di Treviso ha chiesto al tribunale di dichiarare lo stato di insolvenza di Veneto Banca spa in l.c.a. con sede in Montebelluna. Si sono costituiti i Commissari Liquidatori di Veneto Banca rimettendosi alle determinazioni del tribunale. Si sono costituiti inoltre i cessati amministratori di Veneto Banca chiedendo il rigetto della domanda del P.M. E’ intervenuto con comparsa ex articolo 105 cpc il sig. omissis , socio azionista della banca, associandosi alla richiesta del P.M. In data 14-3-2018 la Banca d’Italia ha depositato il proprio parere. Si è svolta una prima udienza in data 23-3-2018 avanti al giudice relatore, all’esito della quale il giudice, accogliendo un’eccezione formulata dai cessati amministratori cui si sono associati i Commissari Liquidatori, ha dichiarato inammissibile l’intervento del sig. Baseggio ed ha concesso alle parti termine per note, rinviando all’udienza del 19-4-2018. Hanno depositato note i cessati amministratori e i Commissari Liquidatori. All’esito dell’udienza del 19-4-2018 il giudice relatore si è riservato di riferire al Collegio. Nel parere depositato il 14-3-2018 la Banca d’Italia ripercorre le vicende che hanno preceduto la l.c.a. di Veneto Banca e riferisce, in sintesi, quanto segue. Nell’ambito dell’attività di vigilanza era stato rilevato come la dotazione pa-trimoniale della banca avesse risentito negli ultimi anni di vari fattori produttivi di crisi. A febbraio 2017 Veneto Banca, congiuntamente a Banca Popolare di Vicen-za, aveva presentato alla BCE un piano di ristrutturazione quinquennale attraverso un processo di fusione e rilancio commerciale Piano Tiepolo , per la cui rea-lizzazione le due banche avevano stimato un fabbisogno di capitale complessivo pari a 4,7 miliardi di euro. Non essendo riuscita a reperire risorse private per il finanziamento del piano, in data 17.3.2017, Veneto Banca analogamente a BPV aveva presentato al Mi-nistero dell’Economia e delle Finanze un’istanza per accedere alla misura della ricapitalizzazione precauzionale ex articolo 13 ss. del d.l. 237/2016. A supporto del Piano Tiepolo, inoltre, le due banche avevano richiesto l’accesso alla garanzia dello stato su nuove emissioni obbligazionarie ex articolo 1 del d.l. 237/2016. All’esito delle analisi svolte dalla BCE e dalla Commissione Europea era emersa una valutazione negativa del Piano Tiepolo e quindi era venuta meno l’ipotesi della ricapitalizzazione precauzionale. La BCE aveva quindi avviato gli accertamenti tesi a verificare se Veneto Banca fosse “in dissesto” o “a rischio di dissesto”, vale a dire se sussistessero le condizioni di cui all’articolo 18 par. 1 lettere a e b del regolamento UE numero 806/2014 SRMR , nonchè le situazioni indicate nel successivo par. 4, con particolare riferimento alla posizione patrimoniale e di liquidità. Al termine di tale indagine la BCE aveva dichiarato Veneto Banca “prossima al dissesto”, ritenendo integrato il presupposto di cui al citato articolo 18 par. 4 lettera a SRMR, in relazione alla violazione, da parte dell’intermediario, delle condizioni richieste per il prosieguo dell’attività in modo tale da giustificare la revoca dell’autorizzazione ciò in base al mancato rispetto dei soli requisiti patrimoniali. In coerenza con quanto previsto dall’articolo 18 SRMR, il Single Resolution Board SRB , autorità di risoluzione competente, ricevuta la comunicazione della BCE, nella sessione del 23.6.2017, valutate esistenti le condizioni di dissesto - o rischio di dissesto -, coerentemente con le decisioni della BCE, e di cui all’articolo 18 par. 1 lettera b assenza di misure alternative idonee a superare il dissesto , aveva ritenuto che non sussistesse invece la condizione di cui al par. 1 lettera c ne-cessità di una azione di risoluzione nell’interesse pubblico . A seguito di tali decisioni era risultato verificato dalle predette Autorità Eu-ropee il presupposto normativo per l’avvio della liquidazione coatta amministra-tiva. Il Governo italiano, pertanto, in data 25 giugno 2017 approvava il d.l. numero 99 recante “disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza spa e di Veneto Banca spa” al fine di disciplinare l’avvio e lo svolgimento della l.c.a. delle due banche coerentemente alla disciplina del TUB, prevedendo la cessione di attività e passività ad una banca individuata all’esito di una procedura selettiva Intesa Sanpaolo spa - ISP e l’erogazione di misure di sostegno pubblico all’operazione. La Banca d’Italia aveva quindi proposto al MEF, nella medesima giornata del 25 giugno 2017, di sottoporre le due banche venete alla procedura di l.c.a. e, contestualmente, di attivare le previsioni del citato d.l. numero 99/2017 volte a dispor-re - la continuazione dell’esercizio dell’impresa a supporto della complessiva operazione e per il tempo tecnico strettamente necessario all’attuazione delle cessioni previste nel citato d.l. numero 99 articolo 2 , - la cessione delle aziende bancarie a favore di ISP che, in esito ad una pro-cedura di gara, aveva formulato l’unica offerta vincolante all’acquisto ido-nea ad assicurare la continuità aziendale e a minimizzare le componenti da lasciare alle due banche da sottoporre a l.c.a, in linea con le finalità del d.l. articolo 3 , - gli interventi di finanza pubblica necessari per la realizzazione della cessione stessa articolo 4 , - la cessione dei crediti deteriorati con assistenza finanziaria alla S.G.A. articolo 5 - le misure di ristoro del Fondo di solidarietà per i piccoli risparmiatori coin-volti nella crisi articolo 6 . Il MEF aveva quindi disposto, con decreto numero 186 del 25.6.2017, l’avvio del-la l.c.a. e, contestualmente, con diverso decreto, gli interventi e le misure di sup-porto alla l.c.a. previsti dal citato d.l. 99/2017. Il 26-6-2017, al termine delle operazioni di presa in consegna delle aziende, i Commissari Liquidatori avevano sottoscritto il contratto di cessione, conforme-mente all’offerta di ISP nonchè alle indicazioni del d.l., del d.m. e delle istruzioni loro impartite dalla Banca d’Italia. Poichè la dichiarazione di prossimità al dissesto e la l.c.a. integravano i pre-supposti per la revoca dell’ autorizzazione bancaria, la Banca d’Italia aveva infine proposto alla BCE, competente in materia, l’adozione del relativo provvedimento, che veniva effettivamente adottato in data 19/7/2017. Con riferimento alla situazione determinatasi dopo l’avvio della l.c.a. la Banca d’Italia ha precisato che la due diligence espletata in forza del d.l. 99/2017 sul compendio ceduto da Veneto Banca a ISP ha accertato che il patrimonio netto contabile di Veneto Banca alla data del 25/6/2017 era risultato pari a circa 1,7 mi-liardi di euro. Lo sbilancio della cessione delle attività e passività a ISP dava un risultato negativo di circa € 2,3 miliardi di euro. *°* La tesi degli amministratori, mirante a dimostrare l’insussistenza dello stato di insolvenza della banca, si fonda sui seguenti argomenti 1. lo stato di dissesto - o di rischio di dissesto - è stato dichiarato solo per il mancato rispetto dei requisiti patrimoniali minimi c.d. patrimonio di vigilanza e per l’assenza della ragionevole prospettiva di poterli ripristinare nel prossimo futuro 2. la procedura di ricapitalizzazione precauzionale fu avviata con la piena condi-visione e supporto del MEF e della Banca d’Italia. La stessa BCE aveva certi-ficato, in data 3-4-2017, la concedibilità della ricapitalizzazione precauzionale per un massimo di 3,104 miliardi di euro docomma 2 e v. pag. 10-11 della memoria del 16/3/2018 . La ricapitalizzazione precauzionale. prevede una forma di so-stegno pubblico straordinario articolo 18 4 d del regolamento UE 806/2014 sul presupposto che la banca beneficiaria non si trovi in situazione di dissesto in-fatti non è un meccanismo di salvataggio di una banca insolvente , che l’intervento sia temporaneo e alle medesime condizioni che accetterebbe un investitore privato che vi sia una valutazione della CE sulla compatibilità con gli aiuti di Stato tale compatibilità prevede anche che si applichi il c.d. burden sharing, ossia che la ricapitalizzazione venga sostenuta in primo luogo da azionisti e obbligazionisti subordinati . E’ su tale compatibilità non attestata dalla CE che l’ipotesi di ricapitalizzazione precauzionale è caduta 3. le emissioni di obbligazioni garantite dallo Stato GGBs sono state autorizzate il 1.2.17 e il 25.5.17 la concessione della garanzia pubblica è condizionata alla preventiva valutazione positiva della BCE, della Banca d’ Italia, della CE, del MEF ritualmente intervenute, pag. 17 memoria cit. e presuppone che la banca che ne beneficia rispetti i requisiti patrimoniali previsti dalla normativa bancaria ma è pacifico che Veneto Banca non li aveva, numero d.r. o quantomeno disponga di un patrimonio netto positivo articolo 4 co 2 d.l. 237/2016 convertito nella l. 15/2017 e la natura temporanea della situazione di tensione finanziaria p. 17 memoria cit. pertanto in data 25-5-17 il MEF aveva accertato che Veneto Banca non era in stato di insolvenza 4. la situazione di liquidità si collocava entro i parametri di legge e quindi non era tale da impedire alla banca di soddisfare regolarmente le proprie obbliga-zioni Veneto Banca infatti aveva liquidità per circa 600 milioni di euro, suf-ficienti ad assicurare per diverse settimane la copertura dei flussi in uscita 5. il passaggio da una prospettiva di continuità a una liquidatoria sicuramente ha esercitato un effetto depressivo sui valori patrimoniali di Veneto Banca, ma non tale da ingenerare una situazione di incapienza patrimoniale 6. la lettera BCE del 3-4-17 attesta che Veneto Banca aveva fondi propri suffi-cienti a garantire il rispetto dei coefficienti patrimoniali minimi p. 18 memoria cit. e certifica che l’importo complessivo del CET1 era pari a 1,3 miliardi di euro, quindi che sicuramente il patrimonio netto non era inferiore a tale ammontare 7. la giustificazione della BCE per non autorizzare la ricapitalizzazione precau-zionale è data dalla mancanza dei requisiti di patrimonializzazione tale da im-porre la revoca dell’ autorizzazione a operare come banca non fa cenno agli altri requisiti v. articolo 17 co 2 d lgs 180/2015 , che invece sono sintomatici dell’insolvenza. *°* Secondo il tribunale le vicende che precedono la messa in liquidazione coatta amministrativa pongono in luce la situazione insostenibile in cui si era venuta a trovare Veneto Banca. Occorre premettere che le norme per la gestione delle crisi bancarie vigenti nell’ambito dei paesi della Comunità Europea Direttiva 2014/59/UE del Parla-mento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 - BRRD e Regolamento UE numero 806/2014 del 15 luglio 2014 sul meccanismo di risoluzione unico e sul Fondo di risoluzione unico - Regolamento SRM hanno abbandonato il criterio del rimborso pubblico dei creditori di una banca in crisi bail-out e imposto obbligatoriamente la condivisione degli oneri da parte di azionisti e creditori della banca bail-in , cercando così di rafforzare la disciplina del mercato e ridurre il ricorso al denaro dei contribuenti. Il sostegno pubblico rimane in alcuni casi consentito, ma è sottoposto a limiti e condizioni più stringenti. In base alla nuova disciplina europea una banca in dissesto, in linea di prin-cipio, deve essere liquidata con una procedura ordinaria di insolvenza e, solo nei casi in cui sussiste un interesse pubblico, viene sottoposta alla procedura di riso-luzione. La BCE, dopo che la Commissione europea aveva affermato che non sussi-stevano le condizioni per la ricapitalizzazione precauzionale, ha dichiarato Veneto Banca in dissesto o a rischio di dissesto poichè la banca aveva ripetutamente violato a partire dal 2014 i requisiti patrimoniali di vigilanza, e, nonostante il tempo concesso dalla BCE per la presentazione di adeguati piani di ricapitalizza-zione, non era stata in grado di offrire soluzioni credibili per il futuro v. la deli-bera della BCE allegata alla nota della Banca d’Italia del 14/3/2018 . Il SRB Single Resolution Board, in italiano CRU = Comitato Unico di Riso-luzione , non ha ritenuto che l'interesse pubblico giustificasse l'avvio di un'azione di risoluzione per la banca, che pertanto è stata sottoposta a liquidazione in base alle procedure di insolvenza italiane con il decreto legge numero 99 del 25 giugno 2017, con il quale sono stati anche disciplinati gli interventi dello Stato. Il d.l. 99/2017 prevede che i commissari liquidatori provvederanno alla cessione di attività e pas-sività aziendali, compreso il trasferimento dei dipendenti, a Intesa Sanpaolo, che subentra nei rapporti delle cedenti con la clientela senza soluzione di continuità. E’ previsto inoltre il trasferimento dei crediti deteriorati delle banche esclusi dalla cessione a una società a partecipazione pubblica SGA . I diritti degli azionisti e le passività subordinate restano in capo alle liquidazioni. L’intervento assicura la tu-tela di tutti i risparmiatori e dei creditori senior e prevede che il credito dello Stato per il recupero degli esborsi erogati per cassa o per l’escussione delle garanzie concesse a ISP ha precedenza rispetto a quello degli altri creditori della liquida-zione, eccettuati i crediti prededucibili. Il decreto legge prevede inoltre misure di ristoro per i titolari di strumenti finanziari subordinati. Il 26 giugno 2017 la Banca d’Italia ha annunciato la cessione a Banca Intesa Sanpaolo di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, entrambe in l.c.a., per il valore complessivo di 1 euro. Nel periodo che precede la l.c.a. quindi 1 Veneto Banca non era in grado di continuare a svolgere la propria attività creditizia senza dover ricorrere a richieste di sostegno da parte dello Stato, sia in termini di nuovo capitale che di garanzie su nuove obbligazioni da emettere 2 la ricapitalizzazione precauzionale, come correttamente evidenziato dagli stessi amministratori, avrebbe implicato necessariamente l’applicazione della procedura di burden sharing, che sacrifica i diritti dei portatori di obbligazioni subordinate, ossia di creditori, che non vengono pagati in quanto obbligati a convertire il proprio credito in capitale 3 la richiesta di intervento dello Stato ex articolo 13 ricapitalizzazione precau-zionale e articolo 1 per le nuove emissioni di obbligazioni del d.l. 237/2016 conferma la gravità dello stato di crisi, poichè tali norme si applicano per “evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell’economia e pre-servare la stabilità finanziaria” articolo 1 del citato d.l. 4 a pag. 4 del suo parere la Banca d’Italia riferisce che la BCE ha riconosciuto sussistenti i presupposti di cui all’articolo 18 par. 1 lett. b del regolamento UE numero 806/2014 SRMR , ossia la “assenza di misure alternative idonee a superare il dissesto”, pertanto deve ritenersi che il “dissesto” assumeva, alla vigilia della messa in liquidazione coatta, i caratteri di gravità, perico-losità e irreversibilità. La situazione di Veneto Banca, così ricostruita, presenta indubbi margini di incertezza quanto al requisito dell’insolvenza, ma è la situazione che si presenta prima del decreto che dispone la l.c.a., e che vale fino alla data del 23.6.2017. In tale data interviene un evento, la dichiarazione di prossimità al dissesto, con la conseguente verifica da parte delle Autorità del presupposto normativo per l’avvio della liquidazione coatta amministrativa, che muta significativamente la situazione della banca. Seguiranno in data 25.6.2017 l’approvazione da parte del Governo Italiano del d.l. numero 99/2017 recante “disposizioni urgenti per la liquida-zione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza spa e di Veneto Banca spa”, poi convertito senza modificazioni di rilievo nella L. 121/2017 e il decreto con cui Veneto Banca viene posta in liquidazione coatta amministrativa. La messa in liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca segna il passaggio della debitrice da una situazione di continuità ad una situazione liqui-datoria e impone quindi un diverso approccio in base al quale verificare la sussi-stenza o meno dello stato di insolvenza. Non sono più utilizzabili i criteri valutativi che fino a quel momento avevano indotto le Autorità a prendere in esame le ipotesi di risanamento prospettate dalla debitrice. E’ pacifico infatti che l’ accertamento dello stato di insolvenza di una banca sottoposta a l.c.a. deve essere compiuto con riferimento alla data del decreto che dispone la liquidazione articolo 82, co. 2, TUB e articolo 202 L. Fall., Cass. 20186/2017, 9408/2006 e applicando i criteri previsti dall’articolo 5 L. Fall., posto che questa norma ha carattere “universale” ed è valida anche per le crisi bancarie Cass. 9408/2006 . Tale accertamento prescinde dalle cause, giacchè l’insolvenza potrebbe pro-dursi quale effetto anche di un solo singolo fattore sopravvenuto e indipendente dalla condotta degli amministratori v. Cass. 9523/2012, 15769/2004, 8374/2000 . Nel caso di specie il fattore sopravvenuto è costituito dalla dichiarazione di dissesto o di prossimità al dissesto, che sfocerà nella l.c.a. E’ bene precisare che l’insolvenza è di solito l’espressione, o meglio l’esito, di una inadeguata organizzazione dell’impresa, caratterizzata da una disfunzione della complessiva organizzazione del finanziamento, poichè l’incapacità a svolgere una regolare attività solutoria, anche nella fase liquidatoria, non può che riferirsi all’intera organizzazione dell’impresa, oggettivamente considerata. Lo stato di liquidazione impone che l’ accertamento dell’insolvenza avvenga secondo una impostazione patrimonialistica Cass. 12382/2017, 16752/2013, 6170/2003, 6550/2001 , dato che ormai l’impresa ha imboccato la strada verso la propria dissoluzione. Bisogna verificare quindi, in termini di probabilità, secondo il metodo della prognosi postuma, se la liquidazione del patrimonio della banca consente di soddisfare regolarmente tutti i creditori. Tale giudizio è basato sul raffronto prognostico tra attivo e passivo patrimoniale ma tiene conto delle sorti sia quantitative che temporali della liquidazione. Occorre cioè verificare se, al momento della dichiarazione di l.c.a., il processo liquidatorio si prospetti tale da assicurare che i valori del realizzo siano pari ai fabbisogni necessari per estinguere le passività e per fare fronte alle esigenze immediate passività correnti . Se si considera che lo svolgimento della complessa attività liquidato-ria/solutoria concorsuale si risolve nei singoli atti di adempimento, cioè nell’impiego non del patrimonio, ma della liquidità, emerge con evidenza che, per essere in grado di procedere ordinatamente alla soddisfazione dei suoi creditori, la liquidazione della banca deve disporre sia delle risorse che consentono di adempiere alle obbligazioni sia della liquidità sufficiente a soddisfare i corrispon-denti crediti - soprattutto prededucibili - in tempi e modi coerenti con le specifi-che obbligazioni. L’insolvenza sussiste perciò anche quando manchi la liquidità necessaria per l’espletamento della specifica attività imprenditoriale nella sua fase liquidatoria. Non è perciò decisiva la circostanza che il bilancio alla data del 25/6/2017 al-legato alle memoria depositata il 13/3/2018 dei commissari liquidatori riporti un patrimonio netto di € 1.665,8 milioni, posto che, come osservano gli stessi com-missari, tale bilancio è redatto secondo criteri contabili ispirati alla continuità aziendale. E pertanto la prevalenza dell’attivo sul passivo alla data di apertura della l.c.a. non è determinante Cass. 12382/2017, 5736/1993, 5525/1992, 4450/1992 perché tale criterio deve essere utilizzato congiuntamente ad un giu-dizio finanziario prognostico sul fatto che l’attivo potrebbe essere non liquidabile nell’immediato, oppure che il passivo connesso alla liquidazione potrebbe lievita-re, determinando ad es. la necessità di cedere in blocco i crediti, o una parte di es-si, per fare fronte alle passività correnti ad es. nel caso di specie le spese per la gestione del recupero crediti, per i dipendenti, per le locazioni, per le utenze, ecc. . La verifica dello stato di insolvenza va fatta sulla base di uno scenario di li-quidazione atomistica, dato che la retrodatazione del momento di valutazione al tempo in cui è stata disposta la l.c.a. rende irrilevante che l’impresa possa avere riacquistato la propria solvibilità dopo l’apertura del procedimento, sicchè non si tiene conto delle vicende successive a tale provvedimento Cass. 9408/2006, Trib. Palermo 20.2.1999, Trib. Potenza 13.7.2000, Trib. Milano 27.12.1985 . Oc-corre considerare infatti che gli interventi dello Stato a sostegno della liquidazio-ne potrebbero avere le modalità più svariate, non esclusa quella di ristrutturare il passivo con uno stralcio del debito. Le modalità attraverso le quali l’Autorità pubblica intende limitare i danni si-stemici derivanti dalla crisi di una particolare impresa non incidono, quindi, sulla valutazione di insolvenza. Se l’estinzione di tutti i debiti nel corso della procedura avvenisse in forza dell’aiuto dello stato, che ad es. rimuovesse l’incapacità fi-nanziaria della liquidazione a far fronte alle passività correnti che dovessero ge-nerarsi, non per questo potrebbe dirsi insussistente lo stato di insolvenza. La “liquidazione ordinata” di cui al d.l. 99/2017, che prevede un consistente intervento statale connesso all’operazione ISP/S.G.A., non è, quindi, un’attività “normale” ex articolo 5 L. Fall. per far fronte alle obbligazioni, poichè rappresenta un condivisibile intervento straordinario nell’interesse della collettività, ma non un prevedibile e naturale epilogo della liquidazione. L’attivo e il passivo di Veneto Banca devono pertanto essere valutati secon-do una visione prospettica e sulla base di un’ipotesi di liquidazione atomistica, in base ai valori che possono ottenersi da un immediato realizzo, non già ai valori attribuiti dall’imprenditore stesso e neppure in base a quelli che potrebbero pre-sumibilmente attendersi da vendite o da altre attività liquidatorie quali ad es. l’incasso di crediti effettuate senza vincoli temporali. Come rilevano i Commissari nelle note autorizzate del 16.4.2018, la voce più consistente dell’attivo di Veneto Banca è costituita da crediti verso clientela pag. 5 e i principi contabili ispirati alla continuità aziendale e ad un approccio di gestione delle attività di recupero dei crediti, in generale e segnatamente di quelli deteriorati, sono diversi da quelli che si applicano in una valutazione di tipo li-quidatorio, necessariamente basati su operazioni massive di cessione dei crediti sul mercato pagg. 2-3 . Come chiarisce la Banca d’Italia nelle “Informazioni sulla soluzione della crisi di Veneto Banca spa e Banca Popolare di Vicenza spa, memoria per la VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati” pag. 4, v. a pagg. 93 ss. fa-scicolo del PM e v. anche Barbagallo, pag. 14 della Relazione al Senato del 2/11/2017, pagg. 414 ss. fascomma PM , l’approccio “paziente”, che può essere adotta-to in una “liquidazione ordinata” - e che sarà adottato da S.G.A. -, produce risul-tati molto migliori di quelli che potrebbero essere ottenuti con le modalità prati-cabili in una liquidazione atomistica. Gli esiti di una liquidazione atomistica di Veneto Banca sono pronosticati in termini estremamente negativi dai tecnici che si sono occupati della crisi dell’istituto. Nella memoria della Banca d’Italia del luglio 2017 per la VI Commissione Finanze della Camera dei Deputati “Informazioni sulla soluzione della crisi di Veneto Banca spa e Banca Popolare di Vicenza spa” si legge quanto segue con sottolineature di chi scrive Il governo italiano ha deciso di affiancare un aiuto di Stato alla procedura di liquidazione coatta. Tale scelta è risultata indispensabile per individuare un acquirente e preservare per questa via la continuità operativa delle due aziende, che sarebbe venuta meno in caso di liquidazione “atomistica”. Caduta l’ipotesi della ricapitalizzazione precauzionale, quest’ultima sarebbe stata l’unica alter-nativa alla scelta effettuata avrebbe comportato costi molto elevati per tutti gli attori coinvolti. Circa centomila piccole e medie imprese e circa duecentomila famiglie sa-rebbero state costrette a restituire per intero i crediti circa 26 miliardi ne sa-rebbero con tutta probabilità derivate diffuse insolvenze. La conseguente distru-zione di valore si sarebbe scaricata sui detentori di passività. I depositanti non protetti dalla garanzia, insieme con gli obbligazionisti se-nior, avrebbero dovuto attendere i tempi della liquidazione vari anni per ottenere il rimborso circa 20 miliardi . Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi FITD avrebbe dovuto far fronte a un esborso immediato per circa 10 miliardi, e a rivalersi sulla liquidazione negli anni successivi. Data l’incapienza delle risorse prontamente disponibili presso il FITD, il sistema bancario avrebbe dovuto farsi carico di gran parte delle somme necessarie al rimborso dei depositanti in tempi estremamente ristretti. Lo Stato sarebbe stato chiamato all’immediata escussione della garanzia sulle passività emesse dalle due banche per un importo di circa 8,6 miliardi. Nel complesso, con la procedura adottata è stata preservata la continuità dei rapporti di clientela esistenti, sono state evitate gravi ricadute della crisi sul tessuto economico di insediamento delle due banche, attenuati gli effetti sulla compagine dei dipendenti, minimizzato il costo complessivo di soluzione della crisi. L’unico scenario liquidatorio alternativo all’intervento di Stato, cioè la liqui-dazione atomistica, in altri termini avrebbe comportato esiti catastrofici per i cre-ditori chirografari. Tale valutazione è ribadita dal Governo nel D.L. numero 99 recante “disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca popolare di Vicenza spa e di Veneto Banca spa”, dove si legge che in assenza dell’intervento dello Stato la sottoposizione di Veneto Banca a liquidazione coatta amministrativa avrebbe comportato “la distruzione di valore delle aziende bancarie coinvolte, con conseguenti gravi perdite per i creditori non professionali chirografari, che non sono protetti nè preferiti” e avrebbe imposto “una improvvisa cessazione dei rapporti di affidamento creditizio per imprese e famiglie, con conseguenti forti ripercussioni negative sul tessuto produttivo e di carattere sociale, nonchè occu-pazionali” citata anche a pag. 5 del parere della Banca d’Italia del 14/3/2018, v. di seguito . Nel parere sulla dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza depositato nel presente procedimento in data 14/3/2018 la Banca d’Italia ribadisce a pag. 7 tali valutazioni, affermando che in assenza di una controparte disposta ad acqui-sire attività e passività aziendali e senza le richiamate misure pubbliche di soste-gno richieste dalla cessionaria Banca Intesa Sanpaolo quale condizione per la realizzazione dell’operazione, la sottoposizione di Veneto Banca a liquidazione coatta amministrativa c.d. “liquidazione atomistica” avrebbe determinato la distruzione di valore dell’azienda bancaria, con gravi conseguenze per i creditori non protetti delle banche e forti ripercussioni negative sul tessuto produttivo e sociale, nonchè occupazionali. Sarebbe stato necessario bloccare le disponibilità dei depositanti, salvo il rimborso dei depositi fino a 100.000 a carico del Fondo Interbancario di Tutela del Depositi FITD , e interrompere improvvisamente i rapporti di affidamento creditizio per imprese e famiglie. Si sarebbe determinata, inoltre, l’attivazione delle garanzie pubbliche che assistevano all’avvio della l.c.a. una quota rilevante delle passività aziendali non subordinate pari a circa 4,355 mld di euro ulteriori 546 mln di euro di garanzie già rilasciate dallo Stato non erano state utilizzate . In sostanza, nel momento in cui Veneto Banca venne posta in liquidazione coatta amministrativa, la prognosi della liquidazione atomistica portava a conclu-sioni disastrose per i creditori chirografari. Essi non avrebbero avuto la minima possibilità di ricevere integrale soddisfazione. Va in proposito richiamato il principio secondo cui “gli accertamenti eseguiti dalla Banca d’Italia e dai commissari straordinari, per la qualità degli organi dai quali provengono e per la specificità dei dati evidenziati, sono connotati da un pregnante grado di attendibilità e ben possono essere utilizzati ai fini della decisione senza la necessità di accertamenti ulteriori” Trib. Sciacca 16.2.2016, TAR Lazio, 20/3/1996 numero 429, Cons. Stato 28/10/1980 numero 1008, Trib. Potenza 13/7/2000 . Peraltro i dati contabili e le valutazioni espresse da Banca d’Italia e dagli organi della l.c.a. non sono stati contestati dalla debitrice. Per giunta sareb-be stato onere della stessa dare la prova della proprietà di beni o di attività o di-sponibilità finanziarie sufficienti per soddisfare i propri crediti Cass. 16752/2013, 25167/2016 , a maggior ragione a fronte della prospettazione di esiti catastrofici della liquidazione atomistica e della valutazione in termini di certezza che la liquidazione non disporrà di risorse sufficienti a soddisfare le pretese dei creditori subordinati. Le valutazioni sull’insolvenza non mutano, nella sostanza, qualora lo scenario venga esaminato tenendo conto dell’intervento dello Stato e ciò rafforza la prognosi infausta formulata nell’ipotesi di liquidazione atomistica. Il Governo, a fronte della dichiarazione di “dissesto o rischio di dissesto”, ha scelto di attuare una liquidazione supportata da interventi statali, con esclusione del piano di risoluzione ex articolo 7 ss. d. lgs. 180/2015 c.d. bail in , che prevede il coinvolgimento dei depositanti per somme eccedenti quella massima garantita di 100.000,00 euro. Come riferisce Banca d’Italia a pag. 5 del suo “Parere sulla dichiarazione giudiziale dello stato di insolvenza” il programma di liquidazione elaborato dal Governo - e proposto dalla stessa Banca d’Italia - rappresenta una scelta molto più conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione atomistica. La valutazione sull’insolvenza tuttavia non è diversa, se non quantitativa-mente come entità dello sbilancio patrimoniale , se si considerano gli esiti liqui-datori che verosimilmente si verificheranno a seguito dell’intervento dello Stato. Neppure la “liquidazione ordinata”, infatti, dà certezze sul pagamento inte-grale dei creditori chirografari. Le modalità liquidatorie scelte dal Governo impli-citamente già prevedono che non saranno soddisfatti i detentori di obbligazioni subordinate, - che sono creditori a tutti gli effetti ai fini dell’ accertamento dello stato di insolvenza - posto che per essi il d.l. 99/2017 ha previsto un meccanismo di ristoro accesso al fondo di solidarietà esterno alla liquidazione. Anche la collocazione in super-privilegio, ex articolo 4 comma 2 del d.l. 99/2017, del credito che lo Stato acquisisce verso la l.c.a. in forza dei propri interventi di sostegno ha l’evidente finalità di garantire un’adeguata tutela di quel credito in caso di insolvenza, ritenuta evidentemente molto probabile, della debitrice. Va precisato che l’intervento dello Stato a sostegno della liquidazione, ai fini che qui interessano, va considerato e valutato nella sua totalità, senza cioè che si possano scomputare i versamenti effettuati direttamente a Banca Intesa ex articolo 4 co. 1 del d.l. 99/2017 per complessivi 2.324,3 milioni di euro, posto che tale in-tervento di sostegno apparente a Banca Intesa era una delle condizioni per addi-venire alla cessione dell’azienda. Pertanto prescindere da tale intervento signi-ficherebbe ritornare nell’ambito della prospettiva della liquidazione atomistica. I Commissari nella relazione del 16.4.2018 a pag. 2 hanno inserito un pro-spetto, che di seguito si riporta, che reca i valori della liquidazione determinati considerando l’intervento dello Stato. Tavola 3 - Rilevazione degli interventi dello Stato e delle DTA convenzionali Rilevazione degli interventi dello Stato e delle DTA convenzionali ISP LCA Totale attivo concessione cfr. tavola 2 19.066,3 4.959,5 Versamento ex articolo 4, co. 1, lettera b - Effetto ratios 1.662,1 Versamento ex articolo 4, co. 1, lettera b - Effetto IFRS 9 19,7 Versamento ex articolo 4, co. 1, lettera b - Oneri ristrutturazione 642,5 Totale versamenti dello Stato ex articolo 4, co. 1 2.324,3 Totale attivo post cessione e interventi dello Stato 21.390,7 4.959,5 Totale passivo post cessione cfr. tavola 2 19.066,3 3.293,6 Rilevazione debito LCA vs lo Stato per interventi ex articolo 4, co. 1 2.324,3 Riduzione debito da sbilancio per DTA convenzionali incluse nell'insieme aggregato -120,0 Totale passivo post cessione 19.066,3 5.498,0 Patrimonio netto al 25/6/2017 cfr. tavola 2 0,0 1.665,8 Effetto interventi dello Stato ex articolo 4, co. 1 2.324,3 -2.324,3 Effetto valorizzazione DTA convenzionali 120,0 Totale patrimonio netto post interventi dello Stato e DTA 2.324,3 -538,5 Totale passivo e patrimonio netto 21.390,7 4.959,5 E’ agevole constatare che in questo scenario la liquidazione si chiude con una passività patrimonio netto post interventi dello Stato e DTA di 538,5 milioni di euro, e quindi con una evidentissima e rilevante mancanza di liquidità da destinare alla soddisfazione dei creditori chirografari. In conclusione nello scenario della liquidazione atomistica l’insufficienza del patrimonio a soddisfare i creditori è praticamente certa, ma anche nello scenario della “liquidazione ordinata”, è altamente probabile che l’attivo ricavato dalla li-quidazione risulterà insufficiente a soddisfare l’intero ceto creditorio. La misura di insoddisfazione dei crediti è di 538,5 milioni di euro nella ipotesi di “liquida-zione ordinata” ed è quindi molto più elevata nell’ipotesi di liquidazione atomi-stica. E posto che lo scenario che qui rileva è quello della liquidazione atomistica va senz’altro dichiarato lo stato di insolvenza di Veneto Banca spa in liquidazione coatta amministrativa. Va altresì confermata la inammissibilità dell’intervento del sig. Aldo Baseg-gio, che non è titolare di un interesse giuridicamente tutelato, bensì di mero fatto, a proporre domande nel presente giudizio. I commissari liquidatori non hanno chiesto la condanna degli amministratori alle spese, che vanno comunque compensate data la novità e complessità della questione. P.Q.M. il Tribunale di Treviso, definitivamente pronunciando, dichiara l’inammissibilità dell’intervento di omissis , l’insolvenza di Veneto Banca spa in liquidazione coatta amministrativa, compensa le spese.