Domanda di manleva del Condominio nei confronti dei condomini e prescrizione dell’azione

In facultativis non datur praescriptio. L’azione con cui il Condominio chiede la rimozione di opere, attraverso una domanda di manleva, che il condomino abbia effettuato sull’immobile, con danno alle parti comuni, ha natura reale e pertanto non può essere suscettibile di prescrizione, in quanto «estrinsecazione di facoltà insita nel diritto di proprietà».

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza numero 14622/18, depositata il 6 giugno. Il fatto. La Corte d’Appello di Roma accoglieva la domanda di manleva avanzata dal Condominio appellante nei confronti di due appellate condannando le stesse a tenere indenne il richiedente di quanto da esso corrisposto a titolo risarcitorio nei confronti dell’originaria attrice. Quest’ultima, nella specie, aveva convenuto davanti al Tribunale di Roma il Condominio per ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti alla sua proprietà, con la relativa chiamata di garanzia della condomine indicate dal Condominio in forza di clausola di manleva. In particolare la clausola di manleva veniva sottoscritta in seguito alle opere di rimozione del tetto per le quali le stipulanti si prendevano carico di tutte le riparazioni dovute per eventuali infiltrazioni nel condominio. In primo grado il Tribunale adito aveva rigettato la domanda di manleva sulla base del fatto che in corso di causa erano state eseguite le opere necessarie per far cessare le infiltrazioni, dichiarando, altresì, cessata la materia del contendere tra l’attrice e il Condominio. Questa decisione è stata ribaltata dai Giudici di seconde cure. La questione è rimessa alla Suprema Corte con il ricorso principale proposto dall’originaria chiamata in garanzia e con il ricorso incidentale proposto dal Condominio. L’eccezione di prescrizione della chiamata in garanzia. Secondo la Suprema Corte deve essere accolto il secondo motivo del ricorso principale con il quale la ricorrente denuncia nullità della sentenza della Corte d’Appello per omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione formulata dalla stessa, in qualità di chiamata in garanzia nella comparsa di costituzione del giudizio di primo grado. Precisa sul punto la Cassazione che la citata eccezione, tempestivamente promossa dai terzi chiamati, non è stata respinta in modo espresso o indiretto in primo grado. In ragione di ciò per la sua devoluzione in appello, da parte dei destinatari dell’azione di garanzia, non serviva la proposizione di un gravame incidentale, essendo sufficiente la mera riproposizione, come correttamente avvenuto nel caso in esame. La “tolleranza” del Condomino. Inoltre la Cassazione ha poi accolto anche i due motivi del ricorso incidentale con i quali si denuncia la violazione degli articolo 1102, 1120 e 1122 c.c. per aver la Corte territoriale respinto la domanda di ripristino sulla base dell’atteggiamento tollerante del Condominio che, secondo i Giudici, aveva fatto acquiescenza al mutamento dello stato dei luoghi «contro l’assunzione di ogni possibile conseguenza negativa da parte degli esecutori dei lavori». Secondo gli Ermellini tale ragionamento è in contrasto con il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «l’azione con la quale il condominio di un edificio chiede la rimozione di opere che un condomino abbia effettuato sulla cosa comune, oppure nella propria unità immobiliare, con danno alle parti comuni, in violazione degli articolo 1102, 1120 e 1122 c.c. ha natura reale e, pertanto, giacché estrinsecamente di facoltà insista nel diritto di proprietà, non è suscettibile di prescrizione, in applicazione del principio per cui «in facultativis non datur praescriptio». In conclusione la Corte di legittimità ha accolto i citati motivi di ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 marzo – 6 giugno 2018, numero 14622 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione C.G. , in proprio e quale erede di V.B. , ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi avverso la sentenza numero 4197/2016 della Corte d’Appello di Roma, la quale ha accolto la domanda di manleva avanzata dal Condominio appellante nei confronti delle appellate C.G. e L.P. , condannando le stesse a tenere indenne il medesimo Condominio di quanto da esso corrisposto a titolo risarcitorio all’attrice B.A. . Il Condominio di via omissis , ha presentato controricorso nonché ricorso incidentale in due motivi, dal quale C.G. si difende a sua volta con controricorso. L’altra intimata L.m.P. non ha svolto difese. B.A. aveva convenuto davanti al Tribunale di Roma il Condominio di via omissis , e L.m.P. , per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti dalla propria unità immobiliare, con chiamata in garanzia operata dal Condominio nei confronti di C.G. e V.B. in forza di clausola di manleva contenuta nella scrittura del 14 ottobre 1986. In tale scrittura C.G. , la quale aveva eseguito opere di rimozione del tetto, si prendeva carico di tutte le riparazioni dovute al piano sottostante per eventuali cause di infiltrazioni. Il Tribunale di Roma, con sentenza numero 25334/2009, preso atto che erano state eseguite in corso di causa le opere necessarie a far cessare le infiltrazioni, dichiarò cessata la materia del contendere tra l’attrice B.A. , il Condominio e L.m.P. , mentre rigettò le domande di manleva proposta dal Condominio nei confronti di L.P. , C.G. e V.B. . Essendo stato il ricorso principale proposto da C.G. nei soli confronti del Condominio di via omissis , è stata disposta ed eseguita l’integrazione del contraddittorio, ex articolo 331 c.p.c., nei confronti di L.P. e B.A. , le quali non hanno tuttavia svolto attività difensive. Su proposta del relatore, che riteneva che potessero essere accolti sia il ricorso principale secondo motivo che il ricorso incidentale per manifesta fondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’articolo 380-bis c.p.c., in relazione all’articolo 375, comma 1, numero 5 , c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. La ricorrente C.G. ha presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c I. Il primo motivo del ricorso di C.G. deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 32, 106, 112 e 324 c.p.c., assumendo che la mancata impugnazione della statuizione di cessazione della materia del contendere resa dal Tribunale tra l’attrice B.A. , il Condominio di via omissis e L.m.P. avrebbe comportato l’inammissibilità di una pronuncia in appello sulla domanda di garanzia proposta dal Condominio nei confronti di L.P. , C.G. e V.B. . Questo motivo è infondato. La pronunzia del Tribunale di Roma affermò che fosse venuto meno il dovere del giudice di pronunziare sul merito della domanda risarcitoria di B.A. verso il Condominio e L.m.P. , essendo svanito, per effetto dell’intervento di ripristino attuato in corso di giudizio, l’interesse delle parti alla decisione, con conseguente sentenza finale di rito. Di tale sentenza le parti potevano dolersi nel merito in sede di impugnazione solo contestando l’esistenza del presupposto per emetterla, risultando invece precluso per difetto di interesse ogni altro motivo di censura sulla vicenda sostanziale, atteso che è comunque onere della parte, che contesti, appunto, la decisione per questioni di merito, impugnare preliminarmente la declaratoria di cessazione della materia del contendere Cass. Sez. U, 09/07/1997, numero 6226, Cass. Sez. 3, 01/06/2004, numero 10478 Cass. Sez. 1, 28/05/2012, numero 8448 Cass. Sez. 6 - L, 13/07/2016, numero 14341 . Tale pronuncia di cessazione della materia del contendere va tuttavia circoscritta all’azione di risarcimento di B.A. per i danni subiti in conseguenza dell’omessa manutenzione del lastrico solare di proprietà in parte condominiale ed in parte esclusiva, ma non investe l’azione di garanzia per evizione parziale, assumendo al riguardo rilievo il diverso obbligo derivante dalla clausola di manleva contenuta nella scrittura del 14 ottobre 1986, con cui C.G. , esecutrice delle opere di rimozione del tetto, si accollava nei confronti del Condominio i costi delle riparazioni dovute al piano sottostante per eventuali cause di infiltrazione. Il mancato accoglimento della domanda principale di accertamento della responsabilità del convenuto, quale conseguenza della sopravvenuta carenza di interesse dell’attore per effetto dell’adempimento dell’obbligo risarcitorio, non elimina l’interesse alla pronuncia sulla domanda di manleva proposta dal convenuto medesimo nei confronti del terzo, chiamato in causa proprio per tenerlo indenne dagli effetti di quella condanna, trattandosi di domanda del tutto distinta arg. da Cass. Sez. 2, 20/10/2016, numero 21304 . II. Il secondo motivo del ricorso di C.G. denuncia la nullità della sentenza della Corte d’Appello di Roma, con riguardo all’articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione formulata dai chiamati in garanzia nella comparsa di costituzione risposta depositata in Tribunale all’udienza dei prima comparizione del 21 novembre 2006, ribadita nella memoria ex articolo 180 c.p.c. nel testo di cui alla legge 26 novembre 1990, numero 353, ratione temporis applicabile e riproposta nella comparsa di risposta in appello ex articolo 346 c.p.c Questo motivo di ricorso è fondato. Non essendo stata l’eccezione di prescrizione dell’azione di garanzia, tempestivamente proposta dai terzi chiamati, respinta in primo grado, in modo espresso, né attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottendesse, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, per la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte dei destinatari dell’azione di garanzia, rimasti comunque vittoriosi quanto all’esito finale della lite, non occorreva la proposizione del gravame incidentale, essendone sufficiente, come avvenuto nella specie, la mera riproposizione Cass. Sez. U, 12/05/2017, numero 11799 . La Corte d’Appello di Roma, ritenuto che la domanda di garanzia per le opere eseguite sul lastrico solare di uso esclusivo dell’appartamento L. potesse fondarsi sugli accertamenti peritali, che avevano individuato la causa delle infiltrazioni nella inidoneità dell’impermeabilizzazione realizzata all’atto delle modifiche del lastrico apportate dalla C. e dal V. , nonché sulla dichiarazione di manleva contenuta nella scrittura del 14 ottobre 1986, si è limitata a osservare che il decorso di vent’anni dalla dichiarazione in esame dimostra l’atteggiamento di tolleranza del Condominio che, evidentemente, ha fatto acquiescenza al mutamento dello stato dei luoghi contro l’assunzione di ogni possibile conseguenza negativa da parte degli esecutori dei lavori , ritenendo assorbito anche l’appello incidentale di L.P. . È evidente che, al fine di escludere il vizio di omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione, neppure può dirsi che ricorresse un assorbimento, in quanto questo suppone, in senso proprio, che la decisione sulla questione cd. assorbita divenga superflua per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale, con la pronuncia sulla questione cd. assorbente, abbia conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, che la decisione cd. assorbente escluda la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporti un implicito rigetto di altre domande cfr. Cass. Sez. 5, 16/05/2012, numero 7663 . III. Il terzo motivo di ricorso di C.G. allega la violazione e falsa applicazione degli articolo 115 e 116 c.p.c. in connessione all’articolo 111 Cost., per aver la Corte d’Appello fondato la responsabilità dei garanti alla stregua della CTU espletata nel procedimento ex articolo 700 c.p.c. ante causam svoltosi tra la B. , la L. ed il Condominio, ed al quale perciò la ricorrente era rimasta estranea. L’accoglimento del secondo motivo priva di rilevanza decisoria questa censura, che rimane perciò assorbita. IV. Il primo motivo del ricorso incidentale del Condominio di via OMISSIS , deduce la violazione e falsa applicazione degli articolo 1102, 1120 e 1122 c.c., mentre il secondo motivo censura la motivazione omessa, quanto alla imprescrittibilità della domanda di riduzione in pristino avanzata dal Condominio. I due motivi del ricorso incidentale, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati nei termini di seguito indicati. La Corte d’Appello di Roma ha respinto la domanda di rimessione in pristino osservando che il decorso di vent’anni dalla dichiarazione di manleva dimostrasse l’atteggiamento di tolleranza del Condominio che, evidentemente, ha fatto acquiescenza al mutamento dello stato dei luoghi contro l’assunzione di ogni possibile conseguenza negativa da parte degli esecutori dei lavori . Questo ragionamento contravviene al consolidato principio giurisprudenziale per cui l’azione, con la quale il condominio di un edificio chiede la rimozione di opere che un condominio abbia effettuato sulla cosa comune, oppure nella propria unità immobiliare, con danno alle parti comuni, in violazione degli articolo 1102, 1120 e 1122 c.c., ha natura reale, e, pertanto, giacché estrinsecazione di facoltà insita nel diritto di proprietà, non è suscettibile di prescrizione, in applicazione del principio per cui in facultativis non datur praescriptio . L’imprescrittibilità, piuttosto, può essere superata dalla prova della usucapione del diritto a mantenere la situazione lesiva arg. da Cass. Sez. 2, 07/06/2000, numero 7727 Cass. Sez. 2, 29/02/2012, numero 3123 Cass. Sez. 2, 16/03/1981, numero 1455 Cass. Sez. 2, 13/08/1985, numero 4427 . Vanno quindi accolti il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, mentre viene rigettato il primo e viene dichiarato assorbito il terzo motivo del ricorso principale. La sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che deciderà la causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il terzo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, anche per le spese del giudizio di cassazione.