Prezzo elevato per la droga: ciò non basta per escludere la “lieve entità”

Rimessa in discussione la visione adottata in Appello, dove si è ritenuto che le cifre sborsate per gli acquisti di eroina fossero sufficienti per parlare di grosso spaccio. Necessario invece valutare anche i quantitativi ceduti e i relativi principi attivi.

Corposo il prezzo pagato per l’eroina. Questo dato non è però sufficiente ad escludere categoricamente l’ipotesi che si possa parlare di “spaccio di lieve entità” Cassazione, sentenza numero 10169/2018, Sezione Terza Penale, depositata il 6 marzo . Denaro. Nessun dubbio mostrano i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, sulla colpevolezza dell’uomo beccato dalle forze dell’ordine a cedere eroina a due persone. In particolare, viene evidenziato il fatto che egli ha agito «reiteratamente e in modo imprenditoriale». Consequenziale, quindi, la condanna, una volta esclusa anche l’ipotesi dello «spaccio di lieve entità». Su quest’ultimo punto, però, la Cassazione manifesta qualche perplessità. In particolare, i giudici del ‘Palazzaccio’ osservano che in secondo grado «la indubbia consistenza delle singole cessioni» è stata desunta «esclusivamente dal dato ponderale», connesso, a sua volta, al fatto che «gli acquirenti corrispondevano allo spacciatore una somma di 20 o 25 euro al grammo». In sostanza, in Appello «la somma di denaro è stata ritenuta implicitamente non compatibile con la lievità del fatto», ma, annotano i giudici della Cassazione, non si può trascurare che «in relazione all’ultima fornitura, avente ad oggetto eroina e monacetilmorfina, rispettivamente per un principio attivo di grammi 2,091 e 0,118, fu corrisposto un prezzo di 500 euro, evidentemente e oggettivamente sovradimensionato rispetto al quantum». Di conseguenza, «l’affidamento sul prezzo pagato quale indice di non modestia dei quantitativi di droga ceduti» non appare coerente, osservano i giudici della Cassazione, chiedendo un approfondimento su questo fronte in Appello, dove non si potrà ignorare il fatto che non pare solida «l’adozione in termini assoluti del prezzo come segno, di per sé solo, di un fatto incompatibile con la configurabilità della “lieve entità” a prescindere dal quantitativo effettivo» di droga venduta.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 gennaio – 6 marzo 2018, numero 10169 Presidente Ramacci – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. Bo. Se. ha proposto personalmente ricorso avverso la sentenza della Corte d'Appello di Venezia in data 14/04/2015 di conferma della sentenza del Tribunale di Padova di condanna per i reati di cui all'articolo 73, comma 1, del D.P.R. numero 309 del 1990 perché, senza autorizzazione, con più azioni distinte ma esecutive di un medesimo disegno criminoso, reiteratamente ed in modo imprenditoriale cedeva sostanza stupefacente del tipo eroina a Ur. Vi. e Ma. Ma 2. Con un primo motivo lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione per avere la Corte d'Appello escluso che la condotta del Bo. potesse rientrare nell'ipotesi lieve contemplata al comma 5 dell'articolo 73 del D.P.R. numero 309 del 1990 considerando a tal fine solo la consistenza della singole cessioni e, in particolare, il prezzo pagato per lo stupefacente ed il numero di soggetti che lo avrebbero utilizzato, circostanze peraltro emergenti in particolare il prezzo per l'ultima fornitura dalle dichiarazioni del coimputato Ur. prive di riscontro e anche intrinsecamente incoerenti, senza tenere conto del dato oggettivo risultante dagli accertamenti tecnici, compiuti nel processo parallelo a carico dei due acquirenti, che ha evidenziato l'esiguità del principio attivo, pari a poco più di 2 grammi, rinvenuto nella sostanza stupefacente. In definitiva, il solo dato assunto a metro di valutazione, in assenza di qualunque accertamento tecnico, è stato il prezzo pagato, elemento di per sé, però, non idoneo a provare la quantità di stupefacente sequestrato. Lamenta inoltre l'illogicità dell'avere la sentenza escluso la configurabilità dell'ipotesi di cui al comma 5 cit. in base alla qualifica di spacciatori degli acquirenti delle sostanze, circostanza smentita nel giudizio a carico in particolare dell'acquirente Ur., assolto dall'accusa di cessione stante la ricorrenza dell'ipotesi di consumo di gruppo. 3. Con un secondo motivo solleva questione di legittimità costituzionale dell'articolo 73 comma 1 del D.P.R numero 309 del 1990 per contrasto con gli articolo 3, comma 1, e 27 Cost., perché, nel prevedere una pena minima per i casi ordinari di traffico di stupefacenti, pari ad anni otto di reclusione ed Euro 25.822 di multa, lo stesso violerebbe il principio di proporzionalità tra sanzione ed illecito, atteso che per i fatti di lieve entità, sanzionati dal comma 5 dell'articolo 73 cit. la pena massima è di anni quattro di reclusione ed Euro 10.329 di multa. Rileva inoltre il contrasto della sanzione di cui all'articolo 73, comma 1, con l'articolo 3 Cost. perché la differenza tra la pena prevista per fatti di lieve entità e quella prevista per fatti ordinari è molto più ampia rispetto alla differenza di pena contemplata per altre fattispecie delittuose segnatamente richiamate. 4. In data 29/12/2015 sono stati presentati dal difensore dell'imputato motivi aggiunti, in realtà ripropositivi dei medesimi già svolti con il ricorso. Segnatamente, con un primo motivo aggiunto richiama la violazione del principio di proporzionalità ex articolo 3 e 27 Cost. perché, considerato che ai fini della qualificazione del delitto di traffico di stupefacenti come fatto ordinario e non lieve è sufficiente anche il semplice superamento marginale della soglia prevista dall'articolo 73 cit., le due fattispecie non si differenziano a tal punto da giustificare un trattamento sanzionatorio così vistosamente diverso. Rileva infine che la Corte Costituzionale ha più volte, in passato, censurato il trattamento sanzionatorio di un reato in base al principio di proporzionalità. Con un secondo motivo aggiunto richiama inoltre le deduzioni già effettuate sugli elementi considerati dalla Corte al fine di escludere che il reato rientrasse nell'ipotesi lieve ex articolo 73 comma 5 cit Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. La sentenza impugnata ha testualmente basato la valutazione in ordine alla esclusione nella specie dell'ipotesi lieve di cui al comma 5 dell'articolo 73 cit. sulla indubbia consistenza delle singole cessioni operate dall'imputato , e, dunque, come peraltro ben possibile a fronte della giurisprudenza di questa Corte, sul dato esclusivamente ponderale, ritenendo invece non rilevante il dato della pluralità delle stesse e tale consistenza, a fronte della mancanza di accertamenti di natura tecnica, è stata ricavata in sentenza dalla circostanza, riportata come riferita dall'acquirente - coimputato Ur., che gli acquirenti corrispondevano a Bo. una somma di 20 o 25 Euro al grammo, quale somma di denaro implicitamente ritenuta dalla Corte territoriale come non compatibile con l'invocata lievità del fatto. Sennonché, è la stessa sentenza a precisare che, in relazione all'ultima fornitura, che è stata indicata, sulla base di produzione documentale della difesa, come avente ad oggetto eroina e monacetilmorfina rispettivamente per un principio attivo di grammi 2,091 e 0,118, fu corrisposto un prezzo di Euro 500, evidentemente oggettivamente sovradimensionato rispetto al quantum in oggetto, ritenuto in altro passaggio della sentenza non particolarmente significativo. Ne consegue che l'affidamento riposto dalla sentenza sul prezzo pagato quale indice di non modestia dei quantitativi ceduti non appare risultare coerentemente motivato, tanto più emergendo, anzi, da un ulteriore, specifico, passaggio si tratta di somme non indifferenti, per quanto modesta potesse essere la qualità dello stupefacente , la apparente adozione in termini assoluti del prezzo come segno, di per sé solo, di un fatto incompatibile con la configurabilità dell'ipotesi lieve a prescindere dal quantitativo effettivo. Assorbito il secondo motivo di ricorso, afferente al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia relativamente a tale punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Venezia.