L’incertezza normativa oggettiva costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria

L'incertezza normativa oggettiva che — ai sensi degli articolo 8 d.lgs. numero 546/1992, 6, comma 2, d.lgs. numero 472/1997, 10, comma 3, l. numero 212/2000 — costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale , e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.

In altre parole, come è stato detto, «l'incertezza normativa oggettiva tributaria», che consente di non applicare le sanzioni, «è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall'impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d'individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito», quindi in «senso oggettivo» con conseguente esclusione di «qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali» atteso che «l'incertezza normativa, in quanto esiste in sé, opera nei confronti di tutti» «l'incertezza normativa oggettiva», pertanto, «non ha il suo fondamento nell'ignoranza giustificata, ma nell'impossibilità, abbandonato lo stato d'ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria» Inoltre, trattandosi di un'esimente prevista dalla legge a favore del contribuente, l'onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi di confusione, qualora effettivamente esistenti, grava sul contribuente secondo le regole generali in materia di onere della prova articolo 2697c.c. .Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 14 dicembre 2018, numero 32436. La vicenda. Il giudice del gravame, in una controversia riguardante l'impugnazione di un avviso di accertamento che recuperava a tassazione, ai fini IRAP, per l'anno 2006, costi ritenuti indeducibili, ex articolo 109 del TUIR numero 917/1986, ha confermato la sentenza di primo grado, sfavorevole al contribuente. Il giudice d'appello, infine, non ha ravvisato, nelle norme riguardanti la deducibilità dei costi, le condizioni di incertezza, invocate dalla società, idonee a giustificare la riduzione delle sanzioni applicate dall'Amministrazione finanziaria. La pronuncia. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno respinto la censura del contribuente d’illegittimità delle sanzioni per obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme asseritamente violate e per la sussistenza di assoluta buona fede in cui versava la società che era convinta della piena deducibilità dall’imponibile degli anzidetti costi. Inoltre, nella presente vicenda processuale, secondo il giudice di legittimità il contribuente non ha menzionato specifici e rilevanti contrasti giurisprudenziali su questi aspetti del thema decidendum. Conclusioni. L’oggettiva condizione di incertezza nell’applicazione della norma permette ex articolo 8, d.lgs. numero 546/1992 ribadito, con più generale portata, dall’articolo 6, comma 2, d.lgs. numero 472/1997, e quindi dall’articolo 10, comma 3, d.lgs. numero 212/2000, al giudice tributario di dichiarare non applicabili le sanzioni irrogate. L’esimente prevista dall’articolo 8, d.lgs. numero 546/1992, ha un’applicazione generalizzata a tutti i tributi di competenza delle Commissioni tributarie. L’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto, come emerge dall’articolo 6, d.lgs numero 472/1997, che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza pur ricollegandovi i medesimi effetti , perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dall’Amministrazione. La norma contenuta nell’articolo 6, d.lgs. numero 472/1997, espressione di una disciplina generale ed organica della materia che attribuisce rilevanza all’errore non imputabile a colpa, non ha assorbito l’ambito di operatività dell’articolo 8, d.lgs. numero 546/1992 a tal proposito la norma speciale anteriore articolo 8 non risulta abrogata a causa del diverso piano della disposizione generale e in mancanza di una volontà del legislatore. Il potere della Commissione tributaria di dichiarare non applicabili le sanzioni non penali, previste da leggi tributarie, quando la violazione sia giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito delle disposizioni alle quali si riferisce, presuppone la sussistenza di elementi positivi di confusione, derivanti dalla equivocità di singole prescrizioni”. La “oggettiva incertezza” che consente al giudice tributario di disapplicare le sanzioni amministrative è tale se la norma tributaria risulti di non univoca interpretazione, in base “ad una caratteristica intrinseca ed obiettiva del dato normativo”. L’incertezza normativa è rilevante giuridicamente in quanto sia riferita soggettivamente ai soli giudici. L’incertezza normativa oggettiva tributaria è la situazione giuridica che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto tra cui, in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa ed è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, anche di legittimità, di individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo pur metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ancorché il giudice sia tenuto, in forza del divieto del non liquet, a pervenire comunque ad un risultato interpretativo .Quando il giudice si trovi in una situazione giuridica oggettiva di incertezza normativa tributaria è circostanza che spetta allo stesso giudice di valutare, perché tale attività rientra nello svolgimento del suo fondamentale compito di creare certezza. Inoltre, è da escludere che l’incertezza oggettiva sia da rapportare all’Ufficio tributario, perché il titolare del potere d’imposizione tributaria deve svolgere continuamente un’attività d’interpretazione normativa, del cui risultato sì deve dichiarare certo a prescindere dalle difficoltà incontrate, con la conseguenza che l’Ufficio tributario non disapplicherà mai, di sua iniziativa, le sanzioni amministrative tributarie esso, infatti, al pari del giudice, ma in ragione di un dovere diverso - il dovere d’ufficio amministrativo non può avere incertezze, perché è tenuto a dare attuazione alla norma giuridica tributaria, dopo averla previamente individuata. L’applicazione dell’articolo 8 del d.lgs. numero 546/1992 è rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice, motivo per cui, in assenza di una esplicita richiesta da parte del contribuente, la mancata concessione del beneficio non può costituire motivo di doglianza in sede di gravame. Diversamente nell’ipotesi in cui il contribuente abbia espressamente richiesto il beneficio in tal caso, l’eventuale diniego deve essere esaurientemente motivato, potendo, in difetto, essere sollevata censura per vizio di omessa pronuncia. E’ noto che, sotto il profilo di teoria generale, il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c. è una manifestazione del principio del contraddittorio e della difesa della controparte tale principio prescrive al giudice di pronunciarsi su ciò che è postulato con l’esercizio dell’azione e non oltre, fermo restando che il ricorrente ha l’aspirazione a una pronuncia di merito e non a una pronuncia meramente processuale. Si ha omessa pronuncia quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda autonomamente apprezzabili ovvero su un punto decisivo della controversia. La pronuncia viziata da omessa pronuncia è nulla. Tale vizio si converte in motivo d’impugnazione sanabile con il passaggio in giudicato della sentenza esso è denunciabile solo con gli ordinari mezzi d’impugnazione e non è rilevabile d’ufficio dal giudice del gravame.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 16 novembre – 14 dicembre 2018, numero 32436 Presidente Cirillo – Relatore Guida Fatti di causa S.G.I. Srl, operante nel settore delle tecnologie mediche in ambito cardiologico, ricorre, con sei motivi, nei confronti dell'Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia in seguito CTR , in epigrafe, che - in controversia riguardante l'impugnazione di un avviso di accertamento che recuperava a tassazione, ai fini IRAP, per l'anno 2006, costi ritenuti indeducibili - ha confermato la sentenza di primo grado, sfavorevole alla contribuente. In particolare, la CTR, pronunciando sulle riprese a tassazione contestate dalla società che, per altri rilievi contenuti nell'atto impositivo, aveva prestato acquiescenza ha affermato che la ripresa numero 1, relativa a costi sostenuti per il congresso C., svoltosi a Nizza, nel 2006, era corretta, trattandosi di costi soggetti al regime fiscale delle spese di rappresentanza perché il congresso aveva la finalità di divulgare l'immagine e il prestigio dell'azienda le riprese nnumero 6, 7, 12, relative a costi per prestazioni di servizi rese dalle consociate estere, e la ripresa numero 8, relativa a costi per il rimborso delle spese di viaggio di un top manager di una società belga de gruppo S., erano legittime, in quanto la contribuente, gravata del relativo onere probatorio, non aveva dimostrato la sussistenza dei requisiti prescritti dall'articolo 109 TUIR, per la deducibilità di costi e spese, vale a dire la loro certezza , coerenza logica e congruità . Il giudice d'appello, infine, non ha ravvisato, nelle norme riguardanti la deducibilità dei costi, le condizioni di incertezza, invocate dalla società, idonee a giustificare la riduzione delle sanzioni applicate dall'Amministrazione finanziaria. Ragioni della decisione 1. Primo motivo di ricorso «Nullità in parte qua della sentenza, per motivazione meramente apparente articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c. .». Si denuncia la mera apparenza della motivazione della decisione impugnata che ha rigettato l'appello in ordine alla ripresa a tassazione dei costi, ritenuti non inerenti e non documentati, relativi alle prestazioni di servizio rese dalle consociate estere rilievi nnumero 6, 7, 12 dell'avviso di accertamento e, ancora, ha disatteso la richiesta subordinata della contribuente di esonero dalle sanzioni per errore incolpevole sul fatto e/o di diritto, avvalendosi di formule di puro stile, che tradiscono l'assenza di un'effettiva disamina delle prove fornire dalle parti e delle risultanze processuali. 1.1. Il motivo è infondato. Secondo l'insegnamento delle sezioni unite di questa Corte sentenze 7/04/2014, nnumero 8053 e 8054 «La riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.». Pertanto, a seguito della riforma del 2012 - proseguono le sezioni unite - scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull'esistenza sotto il profilo dell'assoluta omissione o della mera apparenza e sulla coerenza sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell'illogicità manifesta della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata. Ciò premesso sul piano dei princìpi, in questa controversia, diversamente da quanto ventila la contribuente, una motivazione esiste, nel senso che la CTR ha dato conto delle ragioni del proprio convincimento e, in particolare, ha esposto, in modo chiaro ed esaustivo, il percorso logico che l'ha condotta a confermare la correttezza dell'operato dell'Amministrazione finanziaria in relazione a ciascuno dei recuperi fiscali in contestazione. 2. Secondo motivo «Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 108, comma 2, del D.P.R. numero 917/1986 articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. ». Si deduce l'errore di diritto della sentenza impugnata per avere qualificato quali spese di rappresentanza i costi correlati al congresso scientifico C. , di vitto e alloggio dei propri dipendenti, ma soprattutto dei medici invitati alla manifestazione, integralmente dedotti dalla società quali spese di pubblicità. 2.1. Il motivo è infondato. In tema di redditi d'impresa, il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e spese di pubblicità va individuato negli obiettivi, anche strategici, perseguiti mediante le stesse, che, nella prima ipotesi, coincidono con la crescita d'immagine ed il maggior prestigio, nonché con il potenziamento delle possibilità di sviluppo della società, mentre, nell'altra, consistono in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto. Cass. 23/05/2018, numero 12676 . Questa Corte, di recente, si è occupata della pretesa fiscale relativa alla detrazione IVA, per l'anno 1999, riguardante le spese sostenute da S.B.C. Srl, per l'organizzazione di convegni medici ed ha stabilito che «[ ] era, invero, rilevabile qualche oscillazione in ordine alla riconducibilità di alcune tipologie di spesa e, in ispecie, proprio con riguardo alle spese sostenute per l'organizzazione di congressi e convegni di breve durata, in passato incluse tra quelle pubblicitarie Cass. numero 25053 del 2006 Cass. numero 15268 del 2000 e, più recentemente, ricondotte alle spese di rappresentanza Cass. numero 2276 del 2011 Cass. numero 21270 del 2008 con riguardo, specificamente, ai congressi medici la Corte ha, peraltro, evidenziato Cass. numero 24932 del 2013 che, ai sensi dell'articolo 7 del d.lgs. numero 541 del 1992 [ ] attuativo della direttiva numero 92/28/CEE, gli operatori sanitari ai quali può essere rivolta la pubblicità di un medicinale sono esclusivamente quelle autorizzati a prescriverlo o a dispensarlo comma 1 ed aggiunge comma 2 che la pubblicità di un medicinale presso gli operatori sanitari deve sempre comprendere le informazioni contenute nel riassunto delle caratteristiche del prodotto autorizzato , e specificare la classificazione del medicinale ai fini della fornitura , oppure comma 3 si può limitare alla denominazione del medicinale, ma pur sempre con la specificazione della denominazione comune del principio o dei principi attivi che lo compongono da tale presupposto deriva l'ineludibile conseguenza che il novero delle spese di pubblicità è limitato alle sole spese volte a render noto un farmaco presso la classe medica, anche attraverso la organizzazione di riunioni ed incontri di breve durata e con la partecipazione di un numero ristretto di specialisti elementi, questi della breve durata e della partecipazione di un numero ristretto di specialisti, che denotano la connotazione d'informazione scientifica e non già d'intrattenimento della riunione o dei convegno è quindi evidente la finalità d'informazione scientifica che deve contrassegnare quest'unica pubblicità consentita, tanto più che il consumo dei farmaci non è regolato dal criterio del piacere, ma da quello dell'utilità, mediata dalla classe medica, sicché i medici sono destinatari di una specifica forma di pubblicità che mira non già a reclamizzare astrattamente il prodotto decantandone le virtù o la piacevolezza visiva della confezione, ma ad informarli della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, in quali ipotesi risulti indicato, in quali no ed in quali sia addirittura nocivo v. Cass. numero 25053 del 2006 v. anche v. Cass. numero 8844 del 2014 Cass. numero 2349 del 2013 Cass. numero 5494 del 2013 tali princìpi, ai quali cui si intende dare continuità, sono sicuramente applicabili anche nella vicenda in esame ove vengono in considerazione, quali prodotti, presidi cardiovascolari impiantabili, la cui utenza finale si identifica con le cliniche e gli ospedali orbene, la CTR, mentre ha correttamente ricondotto le spese di ospitalità a quelle di rappresentanza, con riguardo alle spese per l'organizzazione dei convegni e spese di trasferimento ha ritenuto, indistintamente, che esse fossero di pubblicità sul solo presupposto che l'organizzazione dei convegni per il 1999 da parte della S. rispondesse alla finalità di portare a conoscenza l'offerta del prodotto , senza, tuttavia, accertare il carattere scientifico del convegno stesso, sicché la decisione non è giuridicamente corretta, dovendo il giudice del rinvio procedere alla relativa verifica » Cass. 30/11/2017, numero 28695 . Nel caso di specie, al contrario, la CTR ha tracciato correttamente, in termini generali, il discrimen tra le diverse figure delle spese di rappresentanza e delle spese di pubblicità quindi, con un apprezzamento di fatto, estraneo al controllo di legalità demandato a questa Corte, ha maturato il convincimento che ì costi sostenuti dalla contribuente fossero spese di rappresentanza, in quanto il congresso svoltosi a Nizza era diretto ad accrescere l'immagine ed il prestigio dell'azienda. e non rispondeva a finalità pubblicitarie, anche perché i partecipanti, per così dire, non erano buyers di professione, ma medici inseriti in strutture sanitarie cfr. pag. 3 della sentenza impugnata . 3. Terzo motivo «Omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avente ad oggetto la funzionalità delle spese sostenute in relazione alla manifestazione C. alla promozione dei prodotti del gruppo S. articolo 360, comma 1, numero 5 c. p.c. .». Con riferimento ai medesimi costi oggetto della precedente censura , si addebita alla CTR l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che inequivocabilmente deponeva per la natura promozionale delle spese del congresso, documentato dalla comunicazione predisposta dalla società già allegata al processo verbale di constatazione , al fine di invitare i medici alla manifestazione, nella quale era espressamente programmato, tra l'altro, il compimento di dimostrazioni tecniche riguardanti i nostri prodotti . 4. Quarto motivo «Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, aventi ad oggetto la documentazione contrattuale ed extra-contrattuale comprovante effettività, certezza, congruità, inerenza delle spese sostenute . per servizi resi da consociate estere in base ad accordo di cost sharing , nonché spese di viaggio rimborsate ad un top manager articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. .». Quanto al recupero a tassazione delle spese per i servizi prestati dalle consociate estere e per le spese di viaggio rimborsate al top manager belga, la ricorrente si duole della sentenza impugnata se non la si debba ritenere viziata, in radice, per mera apparenza della motivazione, come dedotto con il primo mezzo , ancora una volta sotto il profilo dell'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, laddove non è stata compiuta un'effettiva disamina dell'ampia documentazione prodotta dalla contribuente fatture per i servizi resi cost sharing agreement attestazioni delle fornitrice estere riguardanti la natura e l'entità dei servizi un nutrito scambio di e-mails tra la società e le proprie fornitrici e tra queste ultime e i distributori e clienti locali dati di bilancio delle fornitrici, con le certificazioni di una società di revisione, attestanti i costi sostenuti a favore della contribuente , comprovanti la natura e l'effettività dei costi che, invece, secondo la decisione della CTR, non poggiavano su elementi inequivocabili . 4.1. Il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente perché postulano identici profili di diritto, sono inammissibili. Per il costante orientamento di questa Corte, riaffermato anche da recenti pronunce Cass. 13/01/2017, numero 743 «Nell'ipotesi di doppia conforme , prevista dall'articolo 348-ter, comma 5, c.p.c. applicabile, ai sensi dell'articolo 54, comma 2, del d.l. numero 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. numero 134 del 2012, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 , il ricorrente in cassazione - per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'articolo 360, numero 5, c.p.c. nel testo riformulato dall'articolo 54, comma 3, del d.l. numero 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012 - deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.» Cass. 22/12/2016, numero 26774 . Nella specie, posto che il giudizio d'appello è iniziato nel 2015, le censure sono inammissibili poiché le decisioni dei gradi di merito, entrambe di rigetto c.d. doppia conforme , si fondano sulle medesime ragioni di fatto e, del resto, la contribuente non ha nemmeno sostenuto il contrario. 5. Violazione dell'articolo 109, comma 5, del D.P.R. numero 917/1987 e dell'articolo 2697 c.c. articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. ». In relazione ai costi oggetto del precedente motivo d'impugnazione, la ricorrente lamenta che la Commissione regionale, pur in difetto di specifiche contestazioni, da parte dell'Amministrazione finanziaria, in ordine all'insussistenza, irragionevolezza e antieconomicità dei medesimi oneri, avrebbe affermato contra legem che la contribuente non ne aveva documentato la coerenza economica e la congruità , con ciò finendo per porre a carico della società una probatio diabolica, in evidente contraddizione rispetto ai precetti normativi degli articolo 109, comma 5, TUIR e 2697 cod. civ. 5.1. Il motivo è infondato. Costituisce ius receptum della Corte che «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, spetta al contribuente l'onere della prova dell'esistenza, dell'inerenza e, ove contestata dall'Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall'imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l'importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa. Nella specie, la S.C. ha negato la deducibilità dei premi, di importo cospicuo, corrisposti dall'amministratore della società alle proprie affiliate in assenza di un supporto documentale .» Cass. 26/05/2017, numero 13300 . La CTR si è uniformata a queste regole di diritto e, all'esito di un apprezzamento di fatto, ad essa insindacabilmente rimesso, ha negato che la società, sulla quale incombeva il relativo onere probatorio, avesse dimostrato la certezza, la coerenza economica e la congruità dei costi connessi alle spese per servizi prestati dalla consociate estere e alle spese di viaggio del top manager belga, per poi concludere, al riguardo, che «Nessuna documentazione certa è stata fornita e le comunicazioni delle consociate estere con le quali individuano le attività svolte e le risorse sono state fornite dopo l'inizio dell'attività di verifica senza elementi inequivocabili.». cfr. pag. 4 della sentenza impugnata . 6. Violazione e/o falsa applicazione degli articolo 5, comma 1 e 6, comma 2, del D.Lgs. numero 472/1997, 8 del D.Lgs. numero 546/1992 e 10, comma 3, della Legge numero 212/2000 articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. ». L'ultimo rilievo critico sempre che non si ravvisi, al riguardo, la mera apparenza della motivazione, dedotta con il primo mezzo attiene alla violazione di legge che la CTR avrebbe commesso laddove ha respinto, con riferimento a tutte le riprese fiscali, la censura della contribuente d'illegittimità delle sanzioni per obiettiva incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle norme asseritamente violate e, ancora, per la condizione di assoluta buona fede in cui versava la società, che era convinta della piena deducibilità dall'imponibile degli anzidetti costi. 6.1. Il motivo è infondato. In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la Corte ha già avuto modo di affermare il principio di diritto in virtù del quale «l'incertezza normativa oggettiva che — ai sensi degli articolo 8 d.Igs. numero 546 del 1992 6, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n, 472 10, comma 3, legge 2 luglio 2000, numero 212 — costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale , e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione cfr. Cass. 28/11/2007, numero 24670 16/02/2012, numero 2192 26/10/2012, numero 18434 11/02/2013, numero 3245 22/02/2013, numero 4522 . In altre parole, come è stato detto, «l'incertezza normativa oggettiva tributaria», che consente di non applicare le sanzioni, «è la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell'azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall'impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d'individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie ultima o, se si tratta del giudice di legittimità, del fatto di genere già categorizzato dal giudice di merito», quindi in «senso oggettivo» con conseguente esclusione di «qualsiasi rilevanza sia delle condizioni soggettive individuali sia delle condizioni soggettive categoriali» atteso che «l'incertezza normativa, in quanto esiste in sé, opera nei confronti di tutti» «l'incertezza normativa oggettiva», pertanto, «non ha il suo fondamento nell'ignoranza giustificata, ma nell'impossibilità, abbandonato lo stato d'ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria» Cass. 11/09/2009, numero 19638 . Inoltre, trattandosi di un'esimente prevista dalla legge a favore del contribuente, l'onere di allegare la ricorrenza di siffatti elementi di confusione, qualora effettivamente esistenti, grava sul contribuente secondo le regole generali in materia di onere della prova articolo 2697cod. civ. .» Cass. 7/12/2017, numero 29368 . Nella presente vicenda processuale non sussiste una simile incertezza normativa oggettiva e, inoltre, la ricorrente nemmeno menziona specifici e rilevanti contrasti giurisprudenziali su questi aspetti del thema decidendum. 7. Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va rigettato. 8. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. 9. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115/2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13. P.Q.M. Rigetta il ricorso condanna la ricorrente a pagare all'Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato articolo 13.