In tema di diritto d’autore non può attribuirsi un'automatica violazione del diritto morale dell’autore alla paternità dell’opera solo perché quest’ultima è stata sfruttata senza autorizzazione.
Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza numero 3445/18, depositata il 13 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Catania respingeva il gravame proposto dall’appellante nei confronti di un Comune contro la sentenza con cui il Tribunale aveva, a sua volta, rigettato la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento pubblico della qualità del richiedente di curatore di una mostra foto-documentaria. Secondo i Giudici di merito, al contrario di quanto richiesto dall’appellante, non sussisteva il diritto d’autore su alcune opere letterarie richiesto dallo stesso, il quale voleva la cessazione dell’utilizzo del materiale documentale e fotografico tratto dalle sue opere. Avverso la decisione di merito ricorre per cassazione l’interessato deducendo violazione dell’articolo 20 l numero 633/1941 Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio . La pura e semplice omissione dell’indicazione dell’autore. Il Suprema Collegio ha ritenuto che ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c. il motivo promosso dal ricorrente fosse inammissibile. Infatti la violazione di legge invocata non rientra nelle ipotesi «di erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma nonché di attribuzione ad essa di un significato non appropriato ovvero, alternativamente, nella sussunzione della fattispecie concreto entro un norma non pertinente». Nel caso di specie la censura non investe né il significato né la portata della norma oggetto di ricorso, ma è integralmente volta a censurare la valutazione di merito della Corte territoriale. In particolare viene criticata la decisione di merito nella parte in cui i Giudici hanno ritenuto che la pure e semplice omissione dell’indicazione dell’autore dell’opera non comprometteva l’attribuzione della paternità dell’opera ad altri, né costituiva una violazione del diritto d’autore. Nessuna violazione del diritto d’autore. La Cassazione ha precisato che il Comune omettendo di indicare l’autore della mostra non ha in alcun modo inteso attribuire a se stesso la paternità della stessa. Ciò in applicazione del principio di diritto secondo il quale in tema di diritto d’autore non può attribuirsi un automatica violazione anche del diritto alla morale dell’autore alla paternità dell’opera per il solo fatto che quest’ultima venga utilizzata senza autorizzazione. In particolare, ricorda la S.C. «nel caso in cui le modalità dello sfruttamento non autorizzato non comportino l’indicazione dell’autore dell’opera, la mancata menzione di questi non può essere considerata integrante una presunzione di indebita attribuzione della paternità all’utilizzatore, presunzione che non trova risconto nella legge» Per queste ragioni la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 dicembre 2017 – 13 febbraio 2018, numero 3445 Presidente Di Virgilio – Relatore Di Marzio Fatto e diritto rilevato che 1. - Con sentenza del 19 febbraio 2016 la Corte d’appello di Catania ha respinto l’appello proposto da P.F. nei confronti del Comune di contro la sentenza con cui il locale Tribunale aveva dichiarato cessata la materia del contendere sulla domanda del P. diretta ad ottenere pubblico riconoscimento della sua qualità di curatore di una mostra foto-documentaria sul terremoto dell’ omissis , rigettando la domanda spiegata in ragione della violazione del suo diritto d’autore sulle opere letterarie omissis e omissis e diretta alla cessazione dell’utilizzo del materiale documentale e fotografico tratto dalle sue opere, oltre al risarcimento del danno. 2. - Per la cassazione della sentenza P.F. ha proposto ricorso per un solo motivo illustrato da memoria. Il Comune di ha resistito con controricorso. considerato che 3. - Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 20, primo comma, della legge numero 633 del 1941, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato che la pura e semplice mancata indicazione dell’autore dell’opera non implica di per sé violazione del diritto morale d’autore, perché la mancata menzione non può essere considerata integrante una presunzione di indebita attribuzione della paternità dell’opera, dal momento che egli non aveva inteso lamentare alcuna indebita attribuzione della paternità dell’opera bensì dolersi dell’omessa indicazione della sua veste di autore, tanto più che, in effetti, ricorrevano gli estremi di una indebita attribuzione dell’opera, poiché il Comune convenuto, con l’assumere che la mostra fosse stata ad esso definitivamente ceduta, non aveva fatto altro che rivendicare a se stesso il diritto pieno ed assoluto di utilizzare il materiale ivi esposto, anche sotto il profilo della paternità. ritenuto che 4. - Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione semplificata. 5. - Il motivo è inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c Occorre premettere che il vizio di violazione di legge ricorre quanto alla violazione di legge in senso proprio in ipotesi di erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, nonché di attribuzione ad essa di un significato non appropriato, ovvero quanto alla falsa applicazione , alternativamente, nella sussunzione della fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perché, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro, od altresì nella deduzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione Cass. 26 settembre 2005, numero 18782 . Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va viceversa tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente O contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa Cass. 11 gennaio 2016, numero 195 Cass. 30 dicembre 2015, numero 26110 Cass. 4 aprile 2013, numero 8315 Cass. 16 luglio 2010, numero 16698 Cass. 26 marzo 2010, numero 7394 Cass., Sez. Unumero , 5 maggio 2006, numero 10313 . Nel caso in esame la censura non investe in alcun modo il significato e la portata applicativa della norma indicate in rubrica, ma è integralmente volto a censurare la valutazione di merito svolta dalla Corte territoriale laddove essa ha ritenuto che la pura e semplice omissione dell’indicazione dell’autore dell’opera, cui medio tempore il Comune aveva peraltro ovviato, non comportando l’attribuzione della paternità dell’opera ad altri, non costituisse violazione del suo diritto d’autore. Ciò premesso, va escluso che il Comune, omettendo per un certo tempo di indicare il nominativo dell’autore della mostra, abbia in qualche modo inteso attribuire a se stesso la paternità di essa. In tal senso è sufficiente richiamare il principio già formulato da questa Corte che il ricorso non ha considerato, tanto meno offrendo argomenti per una sua rimeditazione secondo cui, in tema di diritto d’autore, lo sfruttamento non autorizzato dell’opera non comporta l’automatica violazione anche del diritto morale dell’autore alla paternità della stessa, avendo l’illecito di cui all’articolo 20 della legge 22 aprile 1941, numero 633 natura e genesi diverse rispetto a quelli elencati negli articolo 12 ss. della stessa legge. In particolare, nel caso in cui le modalità dello sfruttamento non autorizzato - quale, nella specie, l’utilizzazione di un brano musicale come sottofondo di un messaggio pubblicitario non comportino l’indicazione dell’autore dell’opera, la mancata menzione di questi non può essere considerata integrante una presunzione di indebita attribuzione della paternità all’utilizzatore, presunzione che non trova riscontro nella legge Cass. 3 marzo 2006, numero 4723 . 6. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ai sensi del d.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.