Le spese legali sono una voce di danno e quindi sono applicabili le norme di cui all’art. 1227 c.c.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sul diritto al risarcimento delle spese legali stragiudiziali in caso di sinistro stradale.

Così l’ordinanza della Terza Sezione Civile del 2 febbraio 2018, numero 2644. La vicenda. Nel caso di specie era accaduto che il Giudice di Pace aveva accolto la domanda di risarcimento dei danni formulata dal danneggiato nei confronti dell’assicurazione comprendendo nel complessivo risarcimento la somma di € 2563 «corrisposta al proprio procuratore quale spesa stragiudiziale prima dell’instaurarsi del presente giudizio». Il Tribunale, però, riformò in parte la sentenza sul punto del quantum del risarcimento del danno riconosciuto con riferimento alle spese legali limitandolo ad € 1750,94. Avverso la sentenza d’appello il danneggiato aveva quindi proposto ricorso per cassazione lamentando, da un lato, che l’assicurazione non aveva contestato la notula prodotta sin dal primo grado di giudizio né con riferimento all’esistenza della stessa né con riferimento al suo ammontare. Come opera il principio di non contestazione. Senonché per la Suprema Corte il motivo di ricorso non coglie nel segno dal momento che nel caso di specie non poteva comunque trovare applicazione il principio di non contestazione. Ed infatti, secondo la Corte la contestazione vi era stata dal momento che l’assicurazione si era costituita in giudizio affermando di «avere già pagato all’attore la somma di euro 10.130 che doveva ritenersi satisfativa di tutti i danni pretesi dalla vittima e che pertanto null’altro doveva all’attore a titolo risarcitorio». Secondo la Corte «colui il quale, dinnanzi alla domanda di pagamento d’un credito “A”, d’un credito “B” e d’un credito “C” si costituisca assumendo di aver pagato il dovuto e di “null’altro dovere” assume di per sé una posizione processuale di contestazione dell’eccedenza pretesa dal creditore, rispetto a quanto già pagato dal convenuto la volontà di non contestare una parte del credito è infatti logicamente incompatibile con l’affermazione di aver pagato tutto il dovuto, e di null’altro dovere ancora». Principio di diritto che opera sia quando sono stati dedotti più crediti ovvero, a maggior ragione, quando sono dedotte più voci di danno del medesimo diritto al risarcimento del danno derivante dal sinistro stradale e che le spese legali siano una voce del danno emergente lo aveva già ricordato la Cassazione e lo ricorda anche in questa occasione . Eccessività della somma pagata al legale. Secondo la Cassazione, poi, la motivazione del Tribunale che, come visto, in appello aveva ridotto il quantum risarcibile era chiara avendo ritenuto che il danneggiato aveva speso troppo per remunerare il legale e non era incorsa in alcuna violazione di legge. Le spese legali sottostanno alle regole sul risarcimento. Ed infatti, per la Cassazione il rimborso delle spese legali rappresentano una ordinaria ipotesi di danno emergente di cui all’articolo 1223 c.c. «pertanto come qualsiasi altra voce di danno [] sarà soggetta alle regole generali e dunque non sarà dovuto il risarcimento per le spese che la vittima avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza articolo 1227, comma 1, c.c. non sarà dovuto il risarcimento per le spese che, pur necessarie, sono state sostenute in misura esagerata articolo 1227, comma 2, c.c. non sarà dovuto il risarcimento per le spese non legate da un nesso di causa rispetto al fatto illecito». Come valutare la congruità delle spese? Una volta chiarito questo passaggio resta da capire come misurare la congruità della somma spesa per l’assistenza legale questa va compiuto con riferimento alle norme di legge che fissano la misura dei compensi dovuti agli avvocati per l’attività stragiudiziale. Una volta che il Tribunale abbia liquidato la somma – nel caso di specie sopra il minimo tariffario allora vigente – non vi è alcuna violazione di legge dal momento che vi è soltanto una valutazione di merito e, cioè, quella volta a stabilire l’ammontare tra minimo e massimo che è insindacabile in Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 22 novembre 2017 – 2 febbraio 2018, numero 2644 Presidente Amendola – Relatore Rossetti Fatto e diritto Ritenuto che nel 2013 C.T. convenne dinanzi al Giudice di pace di Taranto S.F. , S.P. e la SARÀ Assicurazioni s.p.a., chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale con sentenza 28.8.2014 numero 2249 il Giudice di pace accolse la domanda, accordando tra l’altro all’attore la somma di Euro 2.563, corrisposta al proprio procuratore quale spesa stragiudiziale prima dell’instaurarsi del presente giudizio” con sentenza 21.10.2015 numero 3196 il Tribunale di Taranto, accogliendo il gravame proposto dalla SARA, ritenne che l’importo liquidato dal primo giudice a titolo di risarcimento del danno consistito nelle spese legali stragiudiziali fosse eccessivo, e lo rideterminò in Euro 1.750,94 dunque riducendolo di Euro 812,06 la sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.T. , con ricorso fondato su due motivi la SARA non ha svolto attività difensiva, limitandosi a depositare il fascicolo di merito ed una procura speciale Considerato che col primo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, c.p.c È denunciata, in particolare, la violazione degli articolo 2697 c.c. 115 e 167 c.p.c. deduce, al riguardo, che sebbene la notula per spese legali stragiudiziali, dell’importo di Euro 2.563, fosse stata prodotta sin dal primo grado di giudizio, la società convenuta non aveva in quella sede specificamente contestato l’esistenza e l’ammontare di questa voce di danno di conseguenza, in applicazione del principio di non contestazione , il relativo credito doveva ritenersi ammesso il motivo è infondato, per varie ed indipendenti ragioni la prima ragione è che non corrisponde a verità l’allegazione secondo cui la SARA, nel costituirsi, non contestò l’esistenza d’un danno patrimoniale emergente, rappresentato dalle spese sostenute per l’assistenza legale la SARA, infatti, costituendosi, dedusse di avere già pagato all’attore la somma di Euro 10.130, che doveva ritenersi satisfattiva di tutti i danni pretesi dalla vittima, e che pertanto null’altro doveva all’attore a titolo risarcitorio così la comparsa di costituzione in primo grado, p. 2, secondo capoverso or bene, colui il quale, dinanzi alla domanda di pagamento d’un credito A , d’un credito 13 e d’un credito C , si costituisca assumendo di avere pagato il dovuto e di null’altro dovere assume di per sé una posizione processuale di contestazione dell’eccedenza pretesa dal creditore, rispetto a quanto già pagato dal convenuto la volontà di non contestare una parte del credito è infatti logicamente incompatibile con l’affermazione di avere pagato tutto il dovuto, e di null’altro dovere ancora la seconda ragione è che in primo grado i responsabili civili del sinistro, ovvero S.F. e S.P. , rimasero contumaci, sicché rispetto ad essi non era invocabile il principio di non contestazione, opponibile soltanto alla parte costituita pertanto, anche a volere ritenere che la SARA non avesse contestato le pretese dell’attore in tema di rifusione delle spese legali stragiudiziali, resterebbe il fatto che tale condotta riguardava l’assicuratore ma non gli assicurati, ed in tema di assicurazione della r.c.a. le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo negato la possibilità di accogliere la domanda nei confronti dell’assicurato e rigettarla nei confronti dell’assicuratore, o viceversa Sez. U, Sentenza numero 10311 del 05/05/2006 col secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, c.p.c. è denunciata, in particolare, la violazione degli articolo 2230 c.c. 12 c.p.c. 21 d.m. 10.3.2014 numero 55 sia da un vizio di apparente motivazione , che viene censurato ai sensi dell’articolo 360, numero 5, c.p.c. il motivo contiene una censura così riassumibile a il Tribunale, per liquidare il danno consistito nelle spese legali stragiudiziali sostenute dalla vittima del sinistro, ha applicato la tariffa approvata con d.m. 10.3.2014, e stabilito che l’onorario dovuto al legale dovesse determinarsi assumendo che la sua opera fosse stata prestata per un affare del valore di Euro 7.303, pari alla differenza tra risarcimento preteso dalla vittima e somma offerta dall’assicuratore b tale valutazione fu tuttavia erronea sia perché il valore dell’affare doveva determinarsi nella maggior somma di Euro 10.130, pari all’offerta formulata dall’assicuratore dopo l’intervento del legale sia perché la somma spesa dal danneggiato per l’assistenza legale stragiudiziale Euro 2.563,36 era inferiore a quella media prevista dalla tariffa applicabile ratione temporis, con la conseguenza che il Tribunale non avrebbe potuto ritenerla esagerata e non congrua, come invece fece nella parte in cui prospetta il vizio di motivazione apparente anche a prescindere dall’erroneo riferimento all’articolo 360, numero 5, c.p.c., che contempla il ben diverso vizio di omesso esame d’un fatto decisivo il motivo è infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non potrebbe essere più chiara il danneggiato, ha sentenziato il Tribunale, ha speso troppo per remunerare il proprio legale per l’attività stragiudiziale, e di conseguenza non può pretendere il risarcimento integrale per tale voce di danno gli spetterà, dunque, solo la minor somma da ritenersi congrua rispetto all’attività effettivamente svolta dal legale in sede precontenziosa nella parte in cui prospetta il vizio di violazione di legge, il motivo è del pari infondato le spese sostenute dalla vittima di un sinistro stradale per remunerare l’avvocato al quale si sia rivolta per avere assistenza stragiudiziale, costituiscono una ordinaria ipotesi di danno emergente, di cui all’articolo 1223 c.c. pertanto, come qualsiasi altra voce di danno, anche quella in esame sarà soggetta alle regole generali e dunque - non sarà dovuto il risarcimento per le spese che la vittima avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza articolo 1227, comma primo, c.c. non sarà dovuto il risarcimento per le spese che, pur necessarie, sono state sostenute in misura esagerata articolo 1227, comma secondo, c.c. non sarà dovuto il risarcimento per le spese non legate da un nesso di causa rispetto al fatto illecito articolo 1223 c.c. nello specifico caso del danno consistito nella spesa sostenuta o nel debito contratto per l’assistenza legale stragiudiziale, stabilire se la vittima abbia speso o no somme eccessive è giudizio che va compiuto in base alle norme di legge che fissano la misura dei compensi dovuti agli avvocati per l’attività stragiudiziale nel caso di specie, l’offerta di pagamento fu formulata in sede stragiudiziale dalla SARA il 7.7.2012, e dunque l’attività stragiudiziale compiuta dal legale cui C.T. si rivolse fu compiuta nella vigenza del d.m. 8.4.2004 numero 127, rimasto in vigore fino al 28.8.2012 tale decreto prevedeva, per le prestazioni di assistenza e consulenza stragiudiziale, compensi in misura fissa o variabile in funzione del valore dell’affare, che nel caso di specie era sicuramente inferiore a 20.000, dal momento che lo stesso attore, nell’atto di citazione dinanzi al Giudice di pace, dichiarò espressamente di volere contenere e ridimensionare la propria pretesa entro tale valore per gli affari di valore compreso tra 5.200,01 e 25.900 Euro la Tabella allegata sub 1 al d.m. 127/14 prevede, come valori minimi - 15 Euro per le consultazioni orali - 90 Euro per i pareri orali non è stato mai allegati che al ricorrente siano stati forniti pareri scritti - 13 Euro per la posizione ed archivio - 10 Euro per ogni lettera - 180 Euro per lo studio della pratica - 60 Euro per ogni ora di conferenza col cliente le altre attività previste dalla Tabella redazione di contratti, statuti, ecc. suddetta non pertengono al caso di specie ne consegue che il compenso minimo dovuto al professionista per l’attività svolta in sede stragiudiziale, secondo i criteri legali di determinazione, non sarebbe potuto essere inferiore ad Euro 368 il Tribunale ne ha invece liquidati 1.200, e dunque non ha violato la legge stabilire, poi, se l’attività compiuta in sede stragiudiziale dal legale della vittima meritasse di essere compensata con i valori minimi, medi o massimi è questione puramente di merito, insindacabile in questa sede il Tribunale, in conclusione, non ha violato alcuno dei precetti invocati dal ricorrente non l’articolo 12 c.p.c., perché lo scaglione di riferimento per il calcolo del compenso è stato correttamente individuato in base a quanto dichiarato dallo stesso attore e non le norme sui minimi tariffari, avendo liquidato un compenso comunque superiore al minimo non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 nel testo introdotto dall’articolo 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, numero 228 . P.Q.M. - rigetta il ricorso - dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’articolo 13, comma quater, d.p.r. 30.5.2002 numero 115, per il versamento da parte di C.T. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.