Se l’impresa designata come Fondo Garanzia Vittime della Strada non interviene volontariamente nel processo, essa non può definirsi parte del giudizio e, di conseguenza, non può ritenersi legittimata a proporre impugnazione della sentenza.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 18155/2012, depositata il 23 ottobre. Il caso. Due uomini venivano considerati responsabili di aver causato un incidente stradale dove un altro uomo aveva perso la vita. I due venivano quindi condannati, in solido con l’assicurazione e con il Fondo di garanzia vittime della strada, a pagare oltre 72mila euro a favore della consorte del de cuius, quasi 30mila euro a favore di ciascuno dei 5 figli e 212mila euro all’Inail a titolo di ripetizione delle indennità corrisposte agli eredi, il quale aveva subito l’infortunio mortale mentre si stava recando al lavoro. In secondo grado, la condanna veniva limitata al FGVS per un importo pari a 304mila euro. Quindi, gli eredi della vittima hanno proposto ricorso per cassazione. Litisconsorzio necessario? La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 18155/2012, ha avuto modo di affermare, in primis, che, in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione, di cui all’articolo 25, secondo comma, l. numero 990/1969, costituisce una “denuntiatio litis” e non una “vocatio in ius”. L’impresa diventa parte se interviene nel giudizio a seguito della denuntiatio litis. In pratica, l’impresa designata – nel caso di specie le Generali, designate come FGVS – può intervenire volontariamente nel processo, anche in grado di appello, proponendo istanze e prove che ritiene di suo interesse. Tuttavia, in caso contrario, chiarisce ulteriormente la S.C., «ove l’impresa designata non sia intervenuta volontariamente nel processo, essa non può definirsi parte del giudizio e, come tale, legittimata a proporre impugnazione della sentenza». Il ricorso viene pertanto accolto dalla Cassazione, la quale ha concluso affermando che le Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello proposto dall’assicurazione, quale impresa designata FGVS.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 settembre – 23 ottobre 2012, numero 18155 Presidente Petti – Relatore Massera Svolgimento del processo 1 - Con sentenza in data 18 settembre 2003 il Tribunale di Nola dichiarò K.A.K. e A.M. responsabili del sinistro all'origine della controversia e li condannò, in solido con Lloyd Nazionale in l.c.a. e Assicurazioni Generali S.p.A. per FGVS, a pagare Euro 72.226,75 a favore di C.F. , coniuge di V.G. , deceduto a seguito delle lesioni subite nel sinistro, Euro 29.050,70 a favore di ciascuno dei cinque figli del de cujus, Euro 212.445,24 a favore dell'Inail a titolo di ripetizione delle indennità corrisposte agli eredi del V. , il quale aveva subito l'infortunio mortale mentre si stava recando al lavoro. 2 - Con sentenza in data 23 ottobre - 9 novembre 2008 la Corte d'Appello di Napoli, verificata l’incapienza del massimale minimo di legge, attualizzò gli importi liquidati in primo grado e limitò la condanna delle Assicurazioni generali per il FGVS ad Euro 304.123,34. La Corte territoriale osservò per quanto interessa le Generali, quale impresa designata FGVS, cui la sentenza era opponibile, era legittimata ad impugnare essendo succeduta a titolo particolare alla compagnia posta in liquidazione il superamento del limite del massimale di legge non integra eccezione in senso proprio ed è, dunque, rilevabile d'ufficio ed è conosciuto dal giudice sussisteva mala gestio gli importi liquidati dal primo giudice dovevano essere attualizzati la non capienza del massimale a carico delle Generali comportava la decurtazione proporzionale dei risarcimenti spettanti. .3 - Avverso la suddetta sentenza gli eredi del V. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Lloyd Nazionale S.p.A. in l.c.a. e Inail hanno resistito con separati controricorsi. Gli altri intimati non hanno espletato attività difensiva. Lloyd Nazionale S.p.A. in l.c.a. e Inail hanno presentato memorie. Motivi della decisione 1.1- Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 19, 20, 23, 25 e 29 legge 990/69 anche con riferimento agli articolo 100 e 101 c.p.c. e all'articolo 14 disp. preleggi c.c Si assume che, nell'ipotesi in cui il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa della compagnia assicurativa intervenga nel corso del giudizio e che questo prosegua in riassunzione nei confronti, oltre che della parti originarie, del Commissario liquidatore di detta compagnia, la sentenza conclusiva del medesimo giudizio di merito non può essere autonomamente impugnata dal'impresa designata ex articolo 20 legge 990/69 per difetto di legittimazione processuale qualora essa, ricevuta formale comunicazione eseguita dal danneggiato, non sia volontariamente intervenuta nel grado di giudizio da cui la sentenza è scaturita. 1.2 - La censura, assistita da idoneo quesito nel rispetto dell'articolo 366-bis c.p.c. applicabile al ricorso ratione temporis, è fondata. Questa Corte ha già avuto modo di affermare ripetutamente Cass. Sez. 3, nnumero 5761 del 2009 e 4010 del 2006 confronta anche Cass. Sez. 3, numero 11053 del 2009 che, in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione, di cui all'articolo 25, secondo comma, della legge numero 990 del 1969 costituisce una denuntiatio litis , che ha la funzione di portare a conoscenza dell'impresa designata ovvero dell'impresa cessionaria , nella qualità di rappresentante del Fondo di garanzia per le vittime della strada, la pendenza della lite, senza, tuttavia, costituire una vocatio in ius , non essendo previsto che essa contenga l'invito a comparire né essendo richiamato - neppure per implicito - l'articolo 269 c.p.c. in tema di chiamata di terzo in causa ne consegue che, laddove l'impresa designata, cui sia stata trasmessa la detta comunicazione, non sia intervenuta volontariamente nel processo, essa non può definirsi parte tanto meno necessaria del giudizio, che debba essere presente nel giudizio di appello ovvero che in esso possa essere chiamata ad intervenire ad istanza di parte. Infatti, il terzo comma dello stesso articolo 25 della citata legge numero 990 del 1969 il quale prevede, in deroga all'articolo 344 c.p.c., che nella specifica materia l'impresa designata può intervenire volontariamente nel processo, anche in grado di appello, proponendo, nella comparsa di costituzione, le istanze, difese e prove che ritiene di suo interesse contempla una norma di carattere eccezionale ai sensi dell'articolo 14 delle cc.dd. preleggi, come tale insuscettibile di applicazione oltre i casi ed i tempi in essa considerati. In applicazione di questo principio, questa stessa sezione Cass. Sez. 3, numero 14648 del 2002 ha spiegato che, ove l'impresa designata non sia intervenuta volontariamente nel processo, essa non può definirsi parte - ancorché contumace - del giudizio e, come tale, legittimata a proporre impugnazione della sentenza. In altri termini, solo allorché l'impresa designata compia la scelta processuale di intervenire in giudizio a seguito della denunziatio litis, essa ne diviene parte e il suo intervento da luogo a litisconsorzio necessario processuale con la conseguenza che è anche legittimata ad impugnare la sentenza pronunciata all'esito del giudizio in cui è intervenuta. Viceversa, allorché compia - come nella specie - la scelta processuale di rimanere inerte, essa non diviene parte processuale, neppure contumace, nel giudizio riassunto anche nei confronti del Commissario liquidatore della società in liquidazione e, quindi, non è legittimata ad impugnare la sentenza conclusiva di quel giudizio. 2 - Considerato che unico soggetto appellante era stato Assicurazioni Generali S.p.A., l'accoglimento del primo motivo di ricorso determina l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in quanto la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'appello proposto da Assicurazioni Generali S.p.A., quale impresa designata FGVS. Restano assorbiti i quattro successivi motivi. Considerata la peculiarità della controversia, sussistono giusti motivi per compensare le spese dei giudizi di appello e di cassazione. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, dichiara inammissibile l'appello proposto da Assicurazioni Generali S.p.A., quale impresa designata FGVS. Compensa tra tutte le parti le spese dei giudizi di appello e di cassazione.