Commette bancarotta l’imprenditore, in dissesto, che rilascia fideiussioni senza corrispettivo

In caso di fallimento, integra bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’imprenditore che presta fideiussioni, esulanti dall’oggetto sociale, determinando, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori.

Questo il principio affermato dalla Sezione Quinta della Cassazione nel caso in esame sent. n. 32467/13, depositata il 25 luglio . Rilascio di fideiussioni e bancarotta. Da oltre 30 anni la giurisprudenza della Cassazione si è interrogata sul fatto se il rilascio di garanzie fideiussorie possa o meno integrare condotta di bancarotta fraudolenta. Sin dal 1979 gli Ermellini avevano chiarito che anche la fideiussione può realizzare la distrazione, benché solo se costituisca strumento anomalo, ai fini della propria attività, attraverso il quale l'imprenditore determini, senza alcun utile per il proprio patrimonio, un effettivo depauperamento di questo ai danni dei creditori Cass. Pen., Sez. V, 12 dicembre 1979, in Cass. Pen., 1981, 898 . Non vi è chi non noti come il principio affermato nella pronuncia risalente a 34 anni fa coincida integralmente con quello ribadito nella pronuncia che oggi si annota. Più nel dettaglio, sia la pronuncia del 25 luglio del corrente anno, che quella del 12 dicembre 1979 inquadrano, senza sollevare problematiche di sorta, la condotta suddetta nella fattispecie penalmente rilevante di cui all’art. 216 n. 1 prima ipotesi l.f., sulla base del rilievo che il concetto di distrazione, ivi previsto, ha una valenza residuale, che ricomprende ogni condotta mediante la quale l'imprenditore faccia coscientemente uscire dal proprio patrimonio più beni al fine di impedirne l'apprensione da parte degli organi del fallimento. Avia pervia. Se il brocardo, ideato da Giovanni Maria Barbieri e oggi riportato nel gonfalone della città di Modena, evoca condotte valorose, a volte il rendere semplici le cose difficili può nascondere disamine non adeguatamente approfondite. Così il rilascio di fideiussioni senza corrispettivo, solo in apparenza, integra pacificamente da oltre trent’anni la fattispecie di cui all’art. 216 n. 1 prima ipotesi l.f Il percorso giurisprudenziale, che oggi pare chiudersi come un cerchio perfetto, è in realtà assai più tormentato ed incerto di quanto non apparirebbe a coloro che si limitassero a leggere dette due pronunce, tanto distanti nel tempo quanto in linea nei contenuti. E’ sufficiente tornare ad una pronuncia della stessa Sezione V risalente a meno di un mese fa Cass. Pen., Sez. V, 28 giugno 2013, n. 28284, in D& amp G del 01 luglio 2013 e leggerne la motivazione, per prendere atto della esistenza di divergenti filoni interpretativi contrapposti, che, oggi, rimangono assolutamente tali. Le diverse impostazioni. Secondo un primo orientamento Cass. Pen., Sez. V, n. 11019/2007 infatti il rilascio di fideiussioni a favore di terzi, in quanto implica un forte impegno in vista di un vantaggio del tutto aleatorio e, comunque, assai più contenuto dell'attuale beneficio reso, si appalesa come un atto incompatibile con la corretta espressione del potere di amministrazione. Tali atti, infatti, sono estranei all'oggetto sociale, anche quale programma imprenditoriale capace di perseguire l'attività sociale prescelta e concordata dai soci e, di poi, consacrata nel patto fondamentale della società lo statuto . Così è il contratto che - sia pure con valutazione ex ante - addebiti un immediato e sproporzionato sacrificio finanziario della società in vista di un beneficio che, anche se non astrattamente inesistente, secondo i canoni della ragionevolezza offre probabilità di insuccesso. Non vi è dubbio, secondo tale impostazione, che il rilascio di fideiussioni può collocarsi nella fattispecie residuale di cui all’art. 223 comma 2, n. 2, l.f Secondo altra impostazione giurisprudenziale Cass. Pen., Sez. V, n. 6462/2004 , invero richiamata, con conseguente esplicita condivisione, nella sentenza che si annota, invece, il rilascio di fideiussioni al di fuori degli scopi sociali e con effettivo depauperamento del patrimonio sociale in danno dei creditori, senza corrispettivo per la società, integra già una condotta di distrazione ai sensi dell’art. 216, comma 1, l.f., richiamato, in ambito societario, dall’art. 223, comma 1, l.f Una questione non di mera accademia. L’adesione all’una o all’altra impostazione non è questione di mera forma il ricondurre il caso in esame all’art. 223, comma 1, l.f. che richiama la bancarotta per distrazione di cui all’art. 216 prima ipotesi piuttosto che all’art. 223, comma 2, n. 2, l.f. altre operazioni dolose che abbiano cagionato il fallimento della società non è in effetti qualificazione giuridica priva di conseguenze sul piano concreto. Come noto, infatti, per giurisprudenza assolutamente consolidata se si eccettua la ormai notissima sentenza sul caso del Ravenna Calcio Cass. Pen., Sez. V, n. 47502/2012 la fattispecie di cui all’art. 216, n. 1, prima ipotesi, l.f. non richiede la dimostrazione della sussistenza di alcun nesso eziologico tra la condotta distrattiva contestata ed il verificarsi del fallimento. Viceversa, e per contro, in forza di esplicito dettato legislativo l’art. 223, comma 2, n. 2., l.f. richiede che la condotta abbia cagionato con dolo il fallimento della società. In conclusione, ricondurre il rilascio di fideiussioni alla fattispecie di cui all’art. 233, comma 2, n. 2 piuttosto che all’art. 216, comma 1, l.f. significa richiedere al fine della penale rilevanza di tali condotte che le stesse abbiano cagionato o concorso a cagionare il fallimento della società. La questione appare aperta anche se la pronuncia in esame, pur non affrontando specificamente la questione, richiamandosi esplicitamente all’art. 216, l.f., pare, purtroppo, aderire al più risalente e meno garantista dei due orientamenti.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 aprile - 25 luglio 2013, n. 32467 Presidente Ferrua Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. A Q. ed E.M Q. erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di Pistoia, del reato di bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento della s.r.l. Azzurra, dichiarato dallo stesso Tribunale con sentenza del 15/11/2005. In particolare, erano accusati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere distratto attività aziendali, agendo fuori dell'oggetto sociale, senza alcun corrispettivo, mediante prestazione di garanzie fideiussorie in favore della Fineco, del Monte dei Paschi di Siena e di altri soggetti e per avere concesso anche garanzie ipotecarie nonché di bancarotta fraudolenta documentale, con l'aggravante, di cui all'art. 219 legge fall., della pluralità di più fatti di bancarotta. 2. Con sentenza del 25/09/2009 il GUP del Tribunale, pronunciando con le forme del rito abbreviato, dichiarava gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti e, per l'effetto, condannava Q.A. ad anni tre di reclusione ed E Q. ad anni due, mesi otto di reclusione, oltre consequenziali statuizioni. 3. Pronunziando sul gravame proposto dagli imputati, la Corte d'appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava in parte la pronunzia impugnata e, concesse ad Q.E.M. le attenuanti generiche, riduceva ad entrambi la pena nella misura di anni due mesi sei di reclusione per A Q. e di anni uno e mesi dieci di reclusione per E.M Q. , con la sospensione condizionale della pena per quest'ultima. 4. Avverso la pronunzia anzidetta il difensore degli imputati, avv. Gian Luca Riitano, proponeva ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di impugnazione parte ricorrente deduce violazione dell'art. 606 lett. e cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione, specialmente nella parte in cui erano state travisate le dichiarazioni spontanee rese dall'imputato A Q. . Il secondo motivo deduce violazione dell'art. 606 lett. b in relazione all'art. 216 legge fall., ed erronea applicazione della legge penale per ritenuta insussistenza dei presupposti del contestato reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. Il terzo motivo deduce violazione dell'art. 606 lett. b con riferimento all'art. 216 legge fall., ed errata applicazione della legge penale sul rilievo della insussistenza del contestato reato di bancarotta fraudolenta documentale. Il quarto motivo eccepisce identico vizio di legittimità con riferimento all'art. 62 bis cod. pen. in relazione all'ingiusto diniego delle attenuanti generiche nei confronti dell'imputato A Q. . 2. La prima ragione di doglianza è palesemente infondata, in quanto la Corte territoriale non è incorsa in alcun travisamento delle dichiarazioni spontanee rese dall'imputato Q.A. , avendo solo tratto dalle stesse la conferma dell'anomalo sistema di rapporti intercorrenti tra la società Azzurra, di cui egli era amministratore, ed altre società a lui facenti capo e consistente nella prestazione di fideiussioni e garanzie ipotecarie da parte della prima in favore delle altre, al di fuori dell'ambito dell'oggetto sociale e senza corrispettivo. La seconda censura, riguardante la contestata configurazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, è priva di fondamento in quanto il giudice di appello ha motivatamente ribadito il giudizio di penale responsabilità degli imputati il riferimento al reato anzidetto, reputando sussistenti tutti i presupposti di legge. La relativa enunciazione è giuridicamente corretta, siccome aderente ad indiscusso insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta, integra la distrazione rilevante ai sensi dell'art. 216, comma primo, n. 1, legge fall., la prestazione di fideiussioni che costituiscano uno strumento anomalo ai fini dell'attività sociale, con il quale l'amministratore della società determina, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo ai danni dei creditori cfr, Cass. Sez. 5, n. 6462 del 04/11/2004, dep. 22/02/2005, Rv. 231393 id. Sez. 5,j n. 48781 del 11/11/2004, Rv. 231277 . Nel caso di specie, è stata incontestatamente accertata la prestazione di garanzie, per ingenti importi, in favore di altre società, in termini di condotta sicuramente eccentrica rispetto all'oggetto sociale. Il pregiudizio economico per la società poi fallita è stato correttamente ravvisato nell'incidenza che le assunzioni di obbligazioni di garanzia avevano sul relativo patrimonio, anche in ragione del fatto che le dette prestazioni non avevano alcuna contropartita economica. Del resto, la Corte di merito non ha mancato di evidenziare che, nella fattispecie, al pregiudizio potenziale di siffatte attività negoziali aveva fatto riscontro anche un danno reale, in quanto, a seguito dell'inadempienza delle società beneficiane, il patrimonio immobiliare della società poi fallita è stato aggredito da procedure esecutive, in parte non andate a buon fine, donde l'avvio della procedura di fallimento. Infondata è anche la terza censura in quanto la motivazione della sentenza impugnata - integrata per quanto di ragione da quella di primo grado, che, stante la convergenza in punto di penale responsabilità, forma con quella in esame una sola entità giuridica - offre idonea spiegazione della ritenuta sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta documentale, in ragione della riscontrata mancanza delle scritture contabili e della complessiva condotta degli imputati, circostanze dalle quali è stata ragionevolmente desunta la finalizzazione agli scopi previsti dalla legge e, dunque, la piena consapevolezza da parte degli stessi Q. . La quarta censura, afferente al diniego delle attenuanti generiche in favore di A Q. , si colloca invece in area di inammissibilità, in quanto relativa a questione prettamente di merito, insindacabile in questa sede di legittimità a fronte di motivazione congrua, che ha dato compiutamente conto delle ragioni per le quali l'imputato non era meritevole del reclamato beneficio in ragione dei precedenti penali, tra cui uno specifico. 3. Vanno, infine, disattese le deduzioni difensive espresse nella memoria indicata in premessa, In quanto non integrano motivi nuovi ma solo illustrazione delle ragioni di censura espresse nel ricorso e non sono comunque tali da disarticolare o anche solo inficiare il corretto percorso motivazionale della sentenza impugnata, che, per quanto si è detto, risulta adeguato ed immune da vizi od incongruenze di sorta. 4. Per quanto precede, il ricorso - globalmente considerato - deve essere rigettato con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.