La trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile solo qualora sussistano i relativi requisiti anagrafico-contributivi, non potendo tuttavia essere computato, al fine di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità.
Il caso. La Corte di Appello di Roma, accogliendo le domande proposte da un lavoratore pensionato, dichiarava il diritto di quest’ultimo alla trasformazione della pensione di invalidità sino a quel momento percepita in pensione di vecchiaia, condannando l’INPS a corrispondere il relativo trattamento. Riteneva la Corte che la minor consistenza economica del trattamento di vecchiaia, non incidesse sull’interesse del ricorrente alla trasformazione del «titolo» dell’erogazione, atteso il suo diritto alla conservazione del trattamento più favorevole in virtù dell’articolo 1, comma 10, Legge numero 222/1984 recante norme sull’«assegno ordinario di invalidità» , a mente del quale «[ ] l’importo della pensione non potrà comunque essere inferiore a quello dell’assegno di invalidità in godimento al compimento dell’età pensionabile». Avverso tale pronuncia, l’INPS ricorreva alla Corte di Cassazione lamentando la violazione della summenzionata Legge numero 222/1984. Le norme che incrementano figurativamente l’anzianità contributiva sono eccezionali. La Cassazione, enunciando il principio di cui alla massima, accoglie il ricorso dell’INPS. Ed infatti, richiamando suoi numerosi precedenti Cass. numero 21292/2009 Cass. numero 18580/2008 , la Corte premette che la giurisprudenza di legittimità da tempo ritiene di dover «escluder e la possibilità di applicare alla pensione di invalidità la diversa regola prevista dalla Legge numero 222/1984 secondo cui i periodi di godimento dell’assegno di invalidità nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia in riferimento all’assegno di invalidità», in quanto l’estensione di tale previsione difetta di alcun sostegno normativo nella disciplina sulla pensione di invalidità. L’interesse ad agire deve essere concreto . Sulla base di tale considerazione, nuovamente richiamandosi ad altri suoi precedenti Cass. numero 17476/2010 Cass. numero 17475/2010 , la Corte ritiene errata l’affermazione del Giudice di merito secondo cui, in caso di trasformazione, l’importo della pensione di vecchiaia non possa essere minore di quello della pensione di invalidità, poiché tale principio è previsto solo nel caso di trasformazione della prestazione da assegno non pensione di invalidità in pensione di vecchiaia. Nel caso di specie pertanto, risultando pacifico che quanto attualmente percepito dal lavoratore era più elevato di quanto avrebbe percepito tramite la conversione del trattamento in pensione di vecchiaia, la Corte dichiara il suo difetto ad agire.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 22 maggio – 27 giugno 2012, numero 10780 Presidente Battimiello – Relatore Bandini Ordinanza 1. Con sentenza del 12.5 - 9.12.2009 la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato il diritto di C.A. ad ottenere la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia con decorrenza dal 1°.12.2005 primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda amministrativa ha inoltre ritenuto che la circostanza che alla data suddetta il trattamento pensionistico di invalidità fosse superiore a quello di vecchiaia non incideva sull’interesse della parte a conseguire un diverso titolo della pensione, conservando l’importo più favorevole avverso tale sentenza della Corte territoriale l’Inps ha proposto ricorso per cassazione nei confronti di G.M., erede dell’originario ricorrente deceduto già nelle more del giudizio di primo grado , deducendo violazione di plurime norme di diritto e, in particolare, che nella fattispecie dedotta in giudizio non poteva farsi applicazione del disposto dell’articolo 1, comma 10, legge numero 222/84, relativo alla trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia l’intimata G.M. ha resistito con controricorso, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso per non essere stati chiamati in causa “anche gli altri eredi, aventi diritto, del defunto C.A.” a seguito di relazione, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex articolo 380 bis cpc 2. secondo la giurisprudenza di questa Corte la parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio ha l’onere non soltanto di indicare le persone che debbono partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari e di provarne l’esistenza, ma anche quello di indicare, se l’eccezione è proposta per la prima volta in cassazione, gli atti del processo di merito dai quali dovrebbe trarsi la prova dei presupposti di fatto che giustificano l’eccezione cfr, ex plurimis, Cass., nnumero 3688/2006 17581/2007 25305/2008 il controricorso non contiene l’indicazione del nominativo degli altri eredi di cui si deduce l’esistenza, né delle relative risultanze probatorie dal che discende l’inammissibilità dell’eccezione in parola 3. la giurisprudenza di legittimità, correggendo un precedente favorevole orientamento cfr, Cass., numero 2875/2008 , ha affermato che “la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità. Infatti deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione di invalidità la diversa regola prevista dalla L. numero 222 del 1984, articolo 1, comma 10, in riferimento all’assegno di invalidità - secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia - giacché ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione di invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze esistenti tra la disciplina sulla pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità, là dove quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei superstiti” cfr, Cass., nnumero 18580/2008 21292/2009 nonché, più in generale, Cass., SU, numero 9492/2004, seguita anche nell’impugnata sentenza, la quale afferma il principio generale che è consentita la conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia solo nel caso che di questa siano maturati tutti i requisiti anagrafici e contributivi conseguentemente è stato ancora affermato che, in forza del principio sopra enunziato, deve ritenersi errata l’affermazione del giudice di merito che, in caso di trasformazione, l’importo della pensione di vecchiaia non possa essere minore di quello della pensione di invalidità, trattandosi anche in questo caso di previsione valida solo nel regime della trasformazione della prestazione da assegno ordinario di invalidità in pensione di vecchiaia ai sensi dell’articolo 1 legge numero 222/84 cfr, Cass., nnumero 17474/2010 17475/2010 17476/2010 e numerose altre successive dall’inapplicabilità di tale disposizione discende quindi la carenza di interesse ad ottenere, nell’ipotesi di pensione di invalidità di importo superiore a quella di vecchiaia ricorrente nella fattispecie, secondo quanto accertato nei gradi di merito , la trasformazione della prima nella seconda 4. il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata va cassata non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda le ricordate oscillazioni ermeneutiche, anche di legittimità, consigliano la compensazione delle spese afferenti all’intero processo P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda compensa le spese dell’intero processo.