Timoshenko: la carcerazione preventiva è stata arbitraria e illegale, ma umana

La decisione di sottoporre Julia Timoshenko al carcere preventivo è stata arbitraria e illegale. A stabilirlo è la Corte europea dei diritti dell'uomo, con la sentenza del 30 aprile 2013, che condanna l'Ucraina per la violazione del diritto alla libertà della leader dell'opposizione, ma non per il trattamento inumano di cui la Timoshenko afferma di essere stata vittima.

Il caso. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che i motivi che hanno portato l'ex premier Timoshenko in carcere prima del processo sono «arbitrari e illegali», di conseguenza l'Ucraina ha violato il suo diritto alla libertà. D’altro canto, viene precisato nel dispositivo, non è stato riscontrato alcun trattamento inumano e degradante da parte delle autorità ucraine nei confronti della Timoshenko. Più precisamente, secondo i giudici le autorità hanno fatto enormi sforzi per assicurare all'ex premier tutte le cure mediche di cui aveva bisogno. La Corte ha inoltre precisato che, comunque sia, la Timoscenko non ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, di essere stata sottoposta a maltrattamenti durante il suo primo trasferimento dal carcere all'ospedale il 20 aprile 2012. Il carcere preventivo alla Timoshenko è illegale. La sua carcerazione preventiva, motivata dal fatto che secondo i giudici ucraini la Timoshenko aveva mancato di rispetto al tribunale e con i suoi comportamenti stava ostacolando i procedimenti contro di lei, secondo la CEDU è arbitraria e illegale. Infatti, secondo i giudici, le motivazioni dei colleghi ucraini non soddisfano i criteri imposti dall'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che prevede la carcerazione preventiva solo in caso vi sia un pericolo che la persona non ottemperi agli ordini del tribunale, fugga o commetta un altro reato. Condotte, queste, che l’ex premier non ha assolutamente tenuto. Ma nessun trattamento inumano. Julia Timoshenko – mentre il ministero della giustizia di Kiev ricorda che la sentenza non è definitiva, e che il governo ha 3 mesi per ricorrere in appello e chiedere la revisione del caso dinanzi alla Grande Camera - si dice felice e soddisfatta «oggi è un giorno importante per me. Sono felice che la Corte europea dei diritti dell'Uomo abbia riconosciuto che il mio arresto e la mia detenzione sono illegali».

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