di Maria Gioffrè
di Maria GioffrèIl divieto di compiere operazioni estranee rispetto a quelle di assicurazione, riassicurazione, capitalizzazione e risparmio, gravante sulle imprese assicuratrici ai sensi degli articolo 130, r.d.l. numero 63/25 e 5, secondo comma, L. numero 295/78 applicabili alla specie ratione temporis comporta la nullità del contratto di fideiussione, per contrarietà a dette norme imperative, ai sensi dell'articolo 1418, primo comma, c.c., trattandosi di un'operazione che non può essere prevista dall'oggetto sociale delle imprese assicuratrici.Il caso. L'ufficio del Registro di Roma liquidava l'imposta di successione a carico di alcuni eredi i quali chiedevano e ottenevano la dilazione in dieci rate. Contestualmente, una società finanziaria si assumeva l'obbligo di pagare detto debito tributario limitatamente alla nove rate successive alla prima. In seguito, una compagnia assicuratrice, a conoscenza delle obbligazioni assunte dall'istituto finanziario nei confronti degli eredi, si costituiva fideiussore per il loro adempimento.Intervenuta la dichiarazione di fallimento della società finanziaria e la liquidazione coatta amministrativa dell'impresa assicuratrice, gli eredi si insinuavano in entrambi i passivi. Inizialmente gli eredi venivano esclusi dal passivo della l.c.a. per nullità della fideiussione non rientrante nell'oggetto sociale dell'impresa assicuratrice. A seguito dell'opposizione, il Tribunale di Roma ammetteva il credito degli eredi, in via chirografaria, allo stato passivo dell'impresa in liquidazione sostenendo, al contrario, che tali operazioni non potevano considerarsi estranee alle imprese assicuratrici rientrando tra i rami di assicurazione autorizzabili. La decisione del Tribunale veniva poi confermata dalla Corte d'Appello di Roma.Avverso tale sentenza la compagnia assicuratrice proponeva ricorso per cassazione, sostenendo, tra gli altri motivi, la nullità del contratto di fideiussione in violazione delle norme imperative di cui al combinato disposto degli articolo 130, r.d.l. numero 63 del 1925 e 5, secondo comma, L. numero 295 del 1978, dai quali discenderebbe il divieto del rilascio di vere e proprie fideiussioni da parte delle imprese assicuratrici.Può un'impresa assicuratrice prestare garanzia? La soluzione della controversia ruota attorno al problema relativo alla validità o meno della garanzia prestata da un'impresa assicuratrice. I citati articoli, abrogati dal d.lgs. 209/2005, ma applicabili al caso di specie ratione temporis, dispongono rispettivamente che è vietato ad ogni impresa di assicurazione, di riassicurazione, di capitalizzazione e di risparmio di fare operazioni estranee all'esercizio delle dette industrie e che le società e gli istituti di cui al precedente comma società che si costituiscono in Italia e cha hanno per oggetto l'esercizio sul territorio della Repubblica delle assicurazioni contro i danni debbono limitare l'oggetto sociale all'esercizio dell'attività assicurativa, riassicurativa e di capitalizzazione e delle operazioni connesse a tali attività, con esclusione di qualsiasi altra attività commerciale .Nulla la fideiussione rilasciata dalla compagnia. Qualificando tali norme come imperative, la Corte ha ritenuto nulla, ex articolo 1418, primo comma, c.c., la fideiussione rilasciata dall'impresa assicuratrice. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata è stata, quindi, annullata e la Corte ha deciso la causa nel merito con la reiezione dell'opposizione allo stato passivo dell'impresa assicuratrice in liquidazione coatta amministrativa, poiché gli eredi avevano ottenuto l'ammissione in forza di un titolo nullo Conforme a Cas., numero 4981/2001 e Cas., numero 21247/2010 .La Suprema Corte ha posto a fondamento della sua decisione la ratio delle norme menzionate, individuata nella volontà del legislatore di evitare che i capitali formati con i premi siano impegnati in operazioni economiche alle quali non è applicabile il procedimento che è alla base della gestione assicurativa, prevedendo quindi un rigoroso rispetto delle procedure tecniche e finanziarie da parte delle imprese assicuratrici e privilegiando l'accertamento della solvibilità della compagnia nei confronti dei propri assicurati.Occorre distinguere tra polizza fideiussoria e fideiussione. Ai fini della declaratoria di validità o nullità del contratto di garanzia fideiussoria, la Corte ha effettuato una distinzione tra polizza fideiussoria, valida perché stipulata e gestita secondo forme e modalità tipiche della tecnica assicurativa, e fideiussione vera e propria, nulla poiché inibita dalle norme imperative. Alla luce di quanto stabilito anche dalla Cassazione, S. U., numero 3947/2010, gli ermellini hanno qualificato l'operazione conclusa dalle parti in termini di fideiussione, poiché mancava proprio quell'elemento essenziale, genetico e tipico della polizza fideiussoria, vale a dire il pagamento del premio.