Reclutamento dei dirigenti: quali sono i limiti all’autonomia del datore?

In tema di selezione dei dipendenti da avviare alla dirigenza, il generale obbligo di correttezza e buona fede ha carattere strumentale, nel senso che accede ad altra obbligazione, di fonte contrattuale o legislativa, per definirne i contenuti dell’esatto adempimento.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza numero 15433, depositata il 7 luglio 2014. È legittimo l’accesso alla dirigenza da parte dei dipendenti non ricompresi nella preselezione? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da alcuni dipendenti di Poste Italiane s.p.a. con la qualifica di quadro al fine di vedersi riconosciuto il diritto ad essere risarciti per la perdita di chance conseguente all’illegittimo comportamento del datore di lavoro. Più precisamente, la società datrice, al fine di ricoprire vari posti dirigenziali, aveva dato mandato ad una società esterna perché, a seguito di successive selezioni del personale, formasse una lista di dipendenti da utilizzare per l’ulteriore selezione-concorso per l’accesso alla dirigenza. Con una prima preselezione la società esterna incaricata aveva redatto una lista di 831 dipendenti, tra i quali erano risultati compresi anche i ricorrenti. In una seconda fase, la società selezionatrice aveva individuato, tra quelli già inseriti nella lista, 160 dipendenti per l’accesso alla dirigenza. Tuttavia, contestualmente, la società invitava i direttori di sede ad individuare altri dipendenti da avviare, insieme ai predetti 160, al corso-selezione dirigenziale, anche se non compresi nella prima lista. A fronte di tale procedura, i ricorrenti lamentavano la violazione delle previsioni del CCNL dirigenti del 1994 e, comunque, dei canoni di correttezza e buona fede. Dipendenti appartenenti alla ex carriera direttiva privilegiati solo nella prima selezione. Una prima questione affrontata dalla pronuncia in commento riguarda l’applicazione della previsione contenuta tra le disposizioni transitorie del CCNL del 1994 per i dirigenti dell’Ente Poste in forza della quale l’ente avrebbe dovuto limitare il ricorso a nuove assunzioni, avvalendosi prioritariamente delle risorse interne appartenenti alla ex carriera direttiva. In particolare, nel corso del giudizio si sono confrontate la tesi secondo cui tale disposizione avrebbe riguardato solo l’iniziale procedura di reclutamento dei dirigenti e quella secondo cui la transitorietà della disposizione era legata all’esaurimento del ruolo dei dipendenti appartenenti alla ex categoria dirigenziale quantomeno per tutta la durata del contratto collettivo. La pronuncia ribadisce che l’invocata disposizione del CCNL dirigenti era destinata a vedere esaurita la sua iniziale operatività nell’ambito della prima applicazione del contratto, essendo irrazionale che la società dovesse mantenere nelle procedure successive gli stessi criteri selettivi che, in buona sostanza, fissavano solo un temporaneo privilegio per una categoria di dipendenti già selezionati, prevedendo l'assunzione in via prioritaria del predetto personale ex direttivo cfr. Cass., numero 7535/2010 . Detta clausola, quindi, aveva esaurito la sua iniziale operatività, atteso che la società datrice non era tenuta a mantenere nelle procedure successive gli stessi criteri selettivi che privilegiavano i dipendenti appartenenti alla ex carriera direttiva. Per invocare la buona fede, il lavoratore deve provare l’esistenza dell’obbligazione principale. La decisione della Corte d’appello ha affermato che la selezione, da parte del datore di lavoro, dei dipendenti da avviare alla carriera dirigenziale deve essere improntata alle sole scelte aziendali, individuate dallo stesso datore a fronte di tali decisioni, il giudice può solo valutare la loro oggettività, ragionevolezza e coerenza con le ragioni esplicitate dal medesimo datore. In proposito, però, la Suprema Corte – nel ribaltare l’esito del giudizio di merito – ha precisato che il generale obbligo di correttezza e buona fede ha carattere strumentale, nel senso che accede ad altra obbligazione, di fonte contrattuale o legislativa, per definirne i contenuti dell’esatto adempimento. La decisione impugnata, invece, non ha ancorato tale obbligo generale a nessuna obbligazione quale sarebbe potuta derivare dalla contrattazione collettiva o anche solo dalla mera determinazione della società che aveva promosso la selezione in questione. Pertanto, sarebbe stato necessario identificare, in primo luogo, i criteri di selezione del personale da scegliere per la progressione nella qualifica dirigenziale e, solo in un secondo momento, verificare l’esatto adempimento dell’obbligo della società di seguire tali criteri alla stregua del parametro costituito dal generale obbligo di correttezza e buona fede. Al contrario, il giudice di merito non ha identificato tali criteri, ma ha predicato, di fatto, un’inversione dell’onere della prova che – secondo la Corte territoriale – non sarebbe stata offerta dalla società datrice.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 marzo – 7 luglio 2014, numero 15433 Presidente Miani Canevari – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con atto di appello depositato tempestivamente, P.C. , B.C. ed altri in epigrafe indicati come controricorrenti impugnavano la sentenza del 29/10/2001 con la quale il Tribunale di Latina aveva rigettato la domanda dagli stessi proposta nei confronti della Spa Poste Italiane, diretta ad ottenere il risarcimento del danno conseguente alla perdita di chance per la esclusione dalle selezioni utili alla promozione nella qualifica dirigenziale. Gli appellanti deducevano l'inosservanza della norma contrattuale relativa alle modalità di scelta dei lavoratori da avviare alla qualifica dirigenziale l'inosservanza dei criteri di correttezza e buona fede la sussistenza di un danno conseguente alla perdita di chance per l'accesso alla carriera dirigenziale. Si costituiva la società appellata che concludeva per il rigetto del gravame. La Corte d'appello di Roma con sentenza del 30 maggio 2006 - 1 marzo 2007 ha accolto l'appello e per l'effetto ha condannato la società appellata a pagare ad ogni appellante la somma complessiva di Euro 10.000,00 oltre che alla rifusione delle spese processuali. 2. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la società Poste Italiane con quattro motivi. Resistono con controricorso le parti intimate. Nelle more del giudizio il controricorrente P.C. ha conciliato la lite con la società ricorrente. I resistenti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Il ricorso è articolato in quattro motivi. Con il primo motivo di ricorso. La società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 delle disposizioni transitorie del contratto collettivo per i dirigenti 1994. In particolare la società censura l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui la citata seconda disposizione transitoria al contratto collettivo per il personale dirigente 1994 trovava applicazione anche oltre la vigenza del contratto stesso. Secondo la società invece si trattava di una disposizione transitoria che avrebbe trovato applicazione soltanto per le prime nomine di dirigenti. Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del medesimo articolo 2 delle disposizioni transitorie della contratto collettivo per dirigenti 1994 in relazione agli articolo 1175 e 1375 c.c Contesta l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui, in ragione dei principi di correttezza e buona fede, la società avrebbe dovuto enunciare i requisiti posseduti dai singoli partecipanti alla selezione. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 c.c. e 100 15116 c.p.c I lavoratori non hanno provato in alcun modo la violazione dei criteri di correttezza e buona fede che la società avrebbero dovuto rispettare nell'individuazione dei candidati idonea ad essere inviati al corso selezione per dirigenti. Con il quarto motivo la società denuncia violazione falsa applicazione degli articolo 2697, 1218, e 1223 c.c. nonché degli articolo 116 e 117 c.p.c In particolare la società contesta la correttezza della sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto un danno risarcibile per perdita di chance. 2. Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilità del ricorso della società ricorrente nei confronti di P.C. per sopravvenuta carenza di interesse, avendo le parti conciliato la controversia cfr. verbale di conciliazione sindacale del 24 novembre 2008 , con compensazione delle spese di lite tra le parti stesse. 3. Il ricorso proposto nei confronti degli altri controricorrenti - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente - è fondato. 4. Gli attuali controricorrenti, già dipendenti della Poste Italiane spa con la qualifica di quadri, hanno adito il giudice del lavoro perché accertasse il loro diritto ad essere risarciti per la perdita di chance conseguente all'illegittimo comportamento del datore di lavoro. Specificavano gli originari ricorrenti che la società appellata, al fine di ricoprire vari posti dirigenziali, aveva dato mandato ad una agenzia esterna Hay Management perché, a seguito di successive selezioni del personale con determinati requisiti di partenza, formasse una lista di evidenze di dipendenti da utilizzare per l'ulteriore selezione-concorso per l'accesso alla dirigenza. Con una prima preselezione la ditta esterna incaricata aveva redatto una lista di 831 dipendenti, tra i quali erano risultati compresi gli attuali controricorrenti. Successivamente a tale prima fase veniva dato ulteriore incarico alla stessa società selezionatrice di procedere all'avviamento in selezione di circa 160 dipendenti, tra quelli già inseriti nella lista, per l'accesso alla dirigenza. Contestualmente la società invitava i direttori di sede ad individuare altri dipendenti da avviare, presumibilmente con i predetti 160, al corso-selezione dirigenziale. In questa seconda scelta veniva completamente pretermessa la prima lista e venivano indicati altri dipendenti in assenza di criteri di oggettività e predeterminatezza. Tale ultima attività è stata ritenuta illegittima dagli originari ricorrenti perché in contrasto con le norme contrattuali di cui al CCNL 1994 perché comunque in contrasto con i criteri di correttezza e buona fede incombenti nelle scelte del datore di lavoro nell'ambito delle procedure di selezione. 5. Orbene la norma contrattuale richiamata dagli originari ricorrenti è quella contenuta nelle disposizioni transitorie del CCNL Dirigenti 1994, che disponeva -come riferisce la Corte d'appello - che l'ente limiterà il ricorso a nuove assunzioni e si avvarrà prioritariamente delle risorse interne appartenenti alla ex carriera direttiva delle quali favorirà la crescita professionale. A partire dall'agosto 1994 l'Ente realizzerà a tale scopo una valutazione del potenziale di sviluppo che evidenzi le possibili candidature per la promozione a dirigente da effettuarsi quando se ne verifichi la necessità organizzativa . La questione interpretativa che si è posta in questo giudizio è se tale disposizione, presente nel contratto collettivo del 1994, riguardasse solo l'iniziale procedura di reclutamento dei dirigenti e quindi era transitoria in tal senso, ovvero la transitorietà della disposizione era legata all'esaurimento del ruolo di dipendenti appartenenti alla ex carriera direttiva quanto meno per tutta la durata di vigenza del contratto collettivo. La società ha sostenuto la transitorietà di detta norma nella prima accezione e, quindi, la sua operatività riguardava la fase delle prime coperture di posti dirigenziali, conclusasi nel 1996, allorché la società ha individuato altri sistemi di accesso alla dirigenza, tra i quali l'utilizzo di società esterne per selezioni - corsi di dipendenti con precisi requisiti. La natura transitoria di tale norma contrattuale discendeva dall'essere essa inserita nelle disposizioni transitorie al primo CCNL per i dirigenti, seguito all'indomani della privatizzazione della società Poste. Invece secondo la Corte d'appello, che ha riformato la pronuncia di primo grado accogliendo l'interpretazione sostenuta dai dipendenti della società, appellanti nel grado, l'impegno assunto dalla società non era legato ad una primaria ed immediatamente esaurita necessità di copertura di posti in organico, ma ad una meditata necessità di creare un bacino di utilizzo, attraverso la “valutazione del potenziale di sviluppo , da cui attingere i futuri dirigenti. Quindi la stessa norma, pur individuando il termine iniziale di siffatto processo 1994 , non poneva limitazioni di altri tempi. La Corte d'appello ha poi aggiunto che comunque una qualunque selezione adottata dal datore di lavoro non può non rispondere ai criteri di correttezza e buona fede, anche quando i parametri su cui si intende basare la scelta, siano improntati alle sole esigenze aziendali, individuate in autonomia dallo stesso datore di lavoro. Anche in tali casi la valutazione del giudice non può che riguardare la oggettività della scelta, la sua ragionevolezza e la coerenza con le esplicitate ragioni del datore di lavoro. Nel caso di specie - ha ulteriormente considerato la Corte d'appello - la società Poste Italiane, al fine di perseguire l'intento di valutare il potenziale di sviluppo dei propri dipendenti, ha legittimamente attribuito ad una società esterna il compito di selezionare un congruo numero di lavoratori con determinate caratteristiche scelte dal datore di lavoro , al fine di attingere per la progressione in carriera e la nomina dirigenziale. La preselezione si è svolta con l'individuazione di 831 dipendenti, tra i quali gli attuali controricorrenti. Con ulteriore compito selettivo la società ha poi individuato, nell'ambito degli 831, 160 dipendenti da inviare alla ulteriore selezione-corso per la dirigenza. A questo punto sono stati scelti dai vari direttori di sede altri dipendenti, estranei alla preselezione già effettuata, ed inseriti, congiuntamente ai 160, in un corso presso la Università OMISSIS con la finalità di selezionare i dipendenti per la qualifica dirigenziale. Contro tale ultimo atto sono insorti gli originari ricorrenti, lamentando la violazione della norma contrattuale e dei principi di correttezza e buona fede, violazione che la Corte d'appello ha ritenuto sussistente. 6. Orbene, quanto alla questione dell'applicabilità, o no, della seconda disposizione transitoria del contratto collettivo 1994, può rilevarsi che essa è già stata esaminata da questa Corte Cass., sez. lav., 8 marzo 2006, numero 4973 che ha valutato come congrua e corretta l'interpretazione dei giudici di merito che avevano ritenuto che la seconda disposizione del primo contratto collettivo nazionale di lavoro dirigenti di Poste Italiane s.p.a. assegnasse alla transitorietà della norma la funzione di individuazione del momento di applicabilità della precedenza dei dipendenti appartenenti alla ex carriera direttiva nella valutazione per la scelta dei dirigenti momento consistente nella prima fase di reclutamento dei dirigenti. Quindi la suddetta clausola era destinata a vedere esaurita la sua iniziale operatività sicché la società non era tenuta a mantenere nelle procedure successive - quelle nelle quali gli attuali controricorrenti hanno ravvisato profili di illegittimità - gli stessi criteri selettivi che privilegiavano i dipendenti appartenenti alla ex carriera direttiva. Si è osservato in particolare che il richiamo ad una clausola transitoria, che fissava solo un temporaneo privilegio per una particolare categoria di dipendenti, non poteva, sotto altro versante, costituire un limite alla capacità della società di scegliere i propri dirigenti secondo necessità imprenditoriali e secondo criteri di valutazione, ad essa riservati, in ragione dei generali poteri di gestione e di organizzazione dell'impresa spettanti al datore di lavoro. Questo orientamento - pur non del tutto uniforme registrandosi anche pronunce che hanno confermato sentenze di corti d'appello favorevoli ai dipendenti si è in genere trattato di rigetto, o meglio di dichiarazione di inammissibilità, di ricorsi della società che non avevano censurato una delle ragioni poste a fondamento della sentenza ad essa sfavorevole Cass., sez. lav., 9 gennaio 2009, numero 262 - appare condivisibile nel senso che è contraddittorio ritenere - come fa la Corte d'appello - che la menzionata disposizione contrattuale ha carattere transitorio e nello stesso tempo predicarne la sua perdurante applicabilità. In senso sostanzialmente conforme v. anche Cass., sez. lav., 5 aprile 2007, numero 8593, che parimenti ha confermato una pronuncia di merito che aveva escluso che la disposizione transitoria suddetta assicurasse ai dipendenti appartenenti alla ex carriera direttiva una permanente differenziazione di status. Sulla stessa linea si iscrive anche, più recentemente, Cass sez. lav., 29 marzo 2010, numero 7535, che ha osservato che “la invocata seconda disposizione del contratto collettivo nazionale di lavoro dirigenti assegna alla transitorietà la funzione di individuazione del momento di applicabilità di una precedenza dei dipendenti, già appartenenti alla dirigenza, nella valutazione per la scelta della nuova classe chiamata a gestire, in una nuova organizzazione, compiti di particolare rilevanza. Ciò giustifica il motivo per cui la suddetta clausola era destinata a vedere esaurita la sua iniziale operatività, limitata alla prima applicazione del contratto, essendo irrazionale che la società dovesse mantenere nelle procedure successive - quelle nelle quali il ricorrente ravvisa profili di illegittimità - gli stessi criteri selettivi che, in buona sostanza, fissavano solo un temporaneo privilegio per una categoria di dipendenti già selezionati prevedendo l'assunzione in via prioritaria del predetto personale ex direttivo”. Nella specie, superata la fase transitoria con l’iniziale reclutamento di dirigenti, la società nell'espletamento delle procedure selettive ha fatto affidamento, per la scelta dei dirigenti, su una azienda esterna specializzata nelle valutazioni professionali dei lavoratori, nonché sulle indicazioni provenienti dai direttori di sede. I dipendenti indicati dai direttori di sede si sono aggiunti a quelli selezionati dall'azienda esterna, la quale inizialmente aveva individuato 831 dipendenti, tra cui i controricorrenti, successivamente ridotti a 160. C'è stata quindi comunque una procedura selettiva che inizialmente ha visto selezionati anche i dipendenti attuali controricorrenti, ma senza quella condizione di preferenza che la menzionata disposizione transitoria del contratto collettivo assicurava nella prima selezione per la progressione alla qualifica dirigenziale. 7. Il ricorso è fondato anche con riferimento all'altra ratio decidendi . La sentenza impugnata ha ritenuto la violazione del generale obbligo di correttezza e buona fede, che però ha carattere strumentale nel senso che accede ad altra obbligazione, di fonte contrattuale o legislativa, per definirne i contenuti dell'esatto adempimento. Invece la Corte d'appello non ha ancorato tale generale obbligo di correttezza e buona fede a nessuna obbligazione quale sarebbe potuta derivare dalla contrattazione collettiva o anche solo dal bando o dalla mera determinazione della società che aveva promosso la selezione in questione. Dell'allegazione e prova di tale obbligazione erano onerati gli originari ricorrenti che deducevano la violazione del generale obbligo di correttezza e buona fede. Quindi sarebbe stato necessario identificare prima i criteri di selezione del personale da scegliere per la progressione nella qualifica dirigenziale e poi verificare l'esatto adempimento dell'obbligo della società di seguire tali criteri alla stregua del parametro costituito dal generale obbligo di correttezza e buona fede. Invece la Corte d'appello non ha identificato tali criteri, ma ha predicato in sostanza un'inversione della prova che - secondo la Corte territoriale - non sarebbe stata offerta dalla società i.e. la prova di aver rispettato il principio di correttezza e buona fede per non aver quest'ultima dato corso alla richiesta della Corte di produzione della documentazione relativa alla procedura selettiva. Cfr. - in vicenda dal tutto analoga - Cass. sez. lav 5 aprile 2007, numero 8593, cit., che ha precisato che in tanto è richiamabile il principio di correttezza e buona fede in quanto esista una fonte normativa o negoziale generatrice dell'obbligo di rispettare procedure e criteri prefissati, ovvero principi di trasparenza, imparzialità e oggettività. 8. Il ricorso quindi va nel suo complesso accolto conseguentemente va cassata la sentenza impugnata con rinvio anche per le spese di questo giudizio di cassazione alla Corte d'appello di Roma in altra composizione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dalla società ricorrente nei confronti di P.C. compensando tra le parti le spese di lite accoglie il ricorso proposto dalla società ricorrente nei confronti degli altri controricorrenti cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese di questo giudizio di cassazione alla Corte d'appello di Roma in altra composizione.