Credito in favore del condominio: per provarlo basta la delibera dell’assemblea condominiale

La deliberazione dell’assemblea condominiale di ripartizione della spesa, finalizzata alla riscossione dei conseguenti oneri dei singoli condomini, costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l’esistenza di tale credito, legittimando, senz’altro, non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del singolo a pagare le somma all’esito del giudizio di opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto, il cui ambito sia ristretto solamente alla verifica dell’esistenza e dell’efficacia della deliberazione assembleare medesima relativa all’approvazione della spesa e alla ripartizione degli inerenti oneri.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 7265 del 27 marzo 2014. Il fatto. Un condominio notifica ad uno dei condomini un ingiunzione avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali deliberati in sede assembleare. Il decreto ingiuntivo viene opposto e il relativo giudizio si conclude con il rigetto dell’opposizione. Avverso detta sentenza propone appello il condomino soccombente, vedendosi nuovamente rigettare il gravame dalla Corte territoriale, la quale rilevava che il credito azionato in fase monitoria risultava essere adeguatamente provato dalla documentazione versata in atti, costituita dal verbale di assemblea con preventivo e riparto delle spese l’impugnativa di detta delibera, poi, era stata rigettata. Proponeva, quindi, ricorso per cassazione affidato a due motivi in particolare il ricorrente deduceva l’inefficacia della ratifica del mandato conferito all’amministratore per la costituzione in grado di appello, in quanto la ratifica avrebbe riguardato un operato strettamente dipendente da una precedente delibera a cui avevano concorso soggetti diversi lamentava, inoltra, la violazione del principio dell’onere della prova, atteso che esso avrebbe dovuto considerarsi a carico del condominio opposto avendo contestato la sussistenza del debito – afferma il ricorrente – in fase di opposizione sarebbe stato onere dell’amministratore del condominio provvedere alla dimostrazione dei fatti costitutivi della ragione creditoria fatta valere in via monitoria, all’uopo producendo tutti i relativi e opportuni documenti. Il potere decisionale relativo ai giudizi da intraprendere spetta all’assemblea. La Suprema Corte rigetta il ricorso in particolare, gli Ermellini osservano come la Corte di Appello abbia fatto corretta applicazione dei principi di legittimità già consolidati, in virtù di orientamenti costanti della Corte stessa. In particolare, premettendo che l’assemblea dei condomini costituisce organo deliberativo cui in via esclusiva compete qualsivoglia deliberazione anche in tema di azioni processuali, afferma che «alla deliberazione avente ad oggetto la ratifica della costituzione in giudizio, così come per tutte la altre deliberazioni, sono legittimati a partecipare i condomini che tali risultano essere al momento della delibera e la mancata partecipazione di altri condomini o di soggetti che non siano più condomini non assume rilevanza alcuna se sono raggiunte le prescritte maggioranze » Il sindacato del giudice dell’opposizione non si estende alla validità sostanziale delle delibere assembleari. I Supremi Giudici osservano, in relazione al secondo motivo proposto ed alla presunta violazione del principio dell’onere della prova, che il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali deve infatti «limitarsi a verificare l’esistenza e la permanente efficacia delle relative deliberazioni assembleari, senza potere esercitare in via incidentale, sulla loro validità, quel sindacato che è riservato invece al giudice davanti al quale esse siano impugnate».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, sentenza 22 gennaio – 27 marzo 2014, numero 7262 Presidente Piccialli – Relatore Proto Fatto e diritto Ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l'esame del ricorso ha depositato la seguente relazione Osserva in fatto. Con decreto ingiuntivo del 28/3/1998 era ingiunto a S.E. il pagamento della somma di lire 5.482.920 a titolo di oneri condominiali di cui al preventivo per l'esercizio 1/4/1997 - 30/3/1998. La S. proponeva opposizione che era rigettata con sentenza del Tribunale di Roma in data 12/9/2003. La S. proponeva appello che era rigettato con sentenza della Corte di Appello di Roma in data 18/1/2012. La Corte di Appello rilevava - che l'opposizione alla delibera assembleare del 15/9/1997, con il relativo preventivo e riparto, era stata rigettata e non era stata impugnata la successiva deliberazione del 30/10/1997 - che la richiesta monitoria era, sin dall'origine, supportata da adeguata documentazione, ossia il verbale di assemblea del 15/9/1997 con preventivo e riparto, il verbale di assemblea del 30/10/1997 e la copia del riparto spese legali - che la somma ingiunta, riscontrabile dalla richiesta monitoria supportata dalla documentazione era formata per lire 5.442.610 dalla prima rata conguaglio 95/96 scaduta il 25/9/1997 per lire 1.138.166 dalla seconda rata scaduta il 5/10/1997, per lire 89.000 e 96.000 da spese legali, previa detrazione di un acconto per lire 555.828 e della somma di lire 727.028 per un decreto ingiuntivo del GdP di Roma - che l'appello era infondato nella parte in cui aveva riproposto l'eccezione di violazione del contraddittorio in relazione ad ulteriori documenti depositati, perché il d.i. era fondato sulla documentazione originariamente depositata - che nel merito l'appello era infondato per genericità della doglianza, diretta ad evidenziare presunti e non chiariti errori di ripartizione senza neppure indicare sotto quale specifico profilo le somme oggetto di intimazione non sarebbero dovute. S.E. ha proposto ricorso affidato a due motivi il Condominio ha resistito con controricorso. Osserva in diritto. 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli articolo 1131 e. 2 c.c. e 81 c.p.c. e il vizio di motivazione, con riferimento alla delibera del 6/6/2011 con la quale era stato ratificato dall'assemblea condominiale il mandato conferito dall'amministratore per la costituzione in giudizio in grado di appello la ricorrente sostiene che la ratifica sarebbe inefficace in quanto avente ad oggetto la ratifica di un operato strettamente dipendente da una delibera del 1997 alla quale avevano concorso soggetti diversi da quelli che avevano deliberato nel 2011. 1.1 La ricorrente non contesta che la ratifica abbia effetto sanante come d'altra parte pacifico in giurisprudenza v. ex multis Cass.13/12/2006 numero 26689 Cass. S.U. 6/8/2010 numero 18331 , ma contesta che la ratifica possa provenire da un'assemblea composta da condomini diversi da quelli che avevano approvato una precedente delibera sulla base della quale l'amministratore condominiale aveva agito in via monitoria. Il motivo è manifestamente infondato. L'assemblea è l'organo deliberativo del condominio al quale compete l'adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso e in materia di azioni processuali. Il potere decisionale spetta all'assemblea la quale delibera se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente l'esercizio del diritto al dissenso alla lite dei condomini può essere esercitato nella sede assembleare. Alla deliberazione avente ad oggetto la ratifica della costituzione in giudizio, così come per tutte le altre deliberazioni, sono legittimati a partecipare i condomini che tali risultano essere al momento della delibera e la mancata partecipazione di altri condomini o di soggetti che non siano più condomini non assume rilevanza alcuna se sono raggiunte come non è contestato le prescritte maggioranze, posto che la delibera vincola gli assenti e i dissenzienti. 2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli articolo 2697 c.c. e 63 disp. att. c.p.c. e il vizio di motivazione. La ricorrente sostiene che, avendo proposto opposizione a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'articolo 63 disp. att. cod. civ. per il pagamento di contributi condominiali e avendo contestato la sussistenza del debito, sarebbe stato onere dell'amministratore del condominio, in quanto attore, l'onere di dimostrare i fatti costitutivi del credito con la produzione di tutti gli opportuni documenti la ricorrente ritiene che la Corte di Appello, abbia violato i principi in materia di onere della prova. 2.1 Il motivo è manifestamente infondato. Occorre premettere due principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte a il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali deve infatti limitarsi a verificare l'esistenza e la permanente efficacia delle relative deliberazioni assembleari, senza potere esercitare in via incidentale, sulla loro validità, quel sindacato che è riservato invece al giudice davanti al quale esse siano state impugnate Cass. S.U. 27/2/2007 numero 4421 Cass. S.U. 18/12/2009 numero 26629 . b la deliberazione dell'assemblea condominiale di ripartizione della spesa, finalizzata alla riscossione dei conseguenti oneri dei singoli condomini, costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l'esistenza di tale credito, legittimando, senz'altro, non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del singolo condomino a pagare le somme all'esito del giudizio di opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto, il cui ambito sia ristretto solamente alla verifica dell'esistenza e dell'efficacia della deliberazione assembleare medesima relativa all'approvazione della spesa e alla ripartizione degli inerenti oneri. Cass. 9/12/2005 numero 27292 e, in precedenza, Cass. numero 2387 del 2003 . La Corte di Appello ha fatto corretta applicazione di tali principi rilevando - che il credito azionato in via monitoria era provato da adeguata documentazione, ossia il verbale di assemblea del 15/9/1997 con preventivo e riparto, il verbale di assemblea del 30/10/1997 e la copia del riparto spese legali - che l'opposizione alla delibera assembleare del 15/9/1997, con il relativo preventivo e riparto, era stata rigettata e non era stata impugnata la successiva deliberazione del 30/10/1997. In altri termini, la Corte territoriale ha giudicato sulla base di elementi documentali sicuramente idonei e sufficienti a comprovare il credito del condominio nei confronti del condomino moroso e pertanto non sussistono le denunciate violazioni di legge, né il vizio di motivazione. Sotto altro profilo il motivo si rivela inammissibile perché - la Corte territoriale ha osservato, nel merito, che l'appellante neppure in primo grado aveva dedotto sotto quale profilo specifico le somme oggetto di intimazione non sarebbero dovute, essendo la doglianza genericamente volta ad evidenziare presunti e non chiariti errori di ripartizione - questa ratio decidendi non è attinta dal motivo di ricorso, nel quale non viene indicato se e come sia stata introdotta in primo grado e poi con l'appello una specifica contestazione di singoli addebiti. Deve infine evidenziarsi un ulteriore motivo di inammissibilità del motivo di ricorso. Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si chiede la cassazione, aventi i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, mentre nel ricorso la critica alla sentenza impugnata si risolve in affermazioni del tutto generiche quali la somma richiesta con il decreto ingiuntivo non corrisponde al riparto delle spese approvato dal Condominio, in ogni caso si tratta di spese che l’odierna ricorrente ha dimostrato di avere già ampiamente saldato anni addietro cfr. documentazione ex actis . 4. In conclusione il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 380 bis e 375 c.p.c. per essere dichiarato manifestamente infondato . Considerato - che il ricorso è stato fissato per l'esame in camera di consiglio - che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite le quali non hanno depositato memorie ex articolo 380 bis c.p.c. - che questo collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore - che le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna S.E. a pagare al Condominio di OMISSIS in persona dell'amministratore in carica, le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi.