In tema di durata massima dei termini di custodia cautelare, l’articolo 297, comma 4, c.p.p. ha introdotto l’istituto del c.d. “congelamento”, in forza del quale, limitatamente ai termini di fase ed indipendentemente da un provvedimento del giudice, i giorni in cui vengono tenute le udienze e quelli necessari per la deliberazione della sentenza non vengono computati.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 9781, depositata il 6 marzo 2015. Il caso. Il gip di Catania rigettava l’istanza di un uomo di dichiarazione di inefficacia della misura della custodia cautelare per decorso dei termini di durata massima. Il tribunale del riesame di Catania confermava la decisione. Riguardo alla decorrenza, dedotta in appello, dei termini di fase, i giudici osservavano che, nel valutare la durata della custodia cautelare subita, dovevano ritenersi “congelati” i 17 giorni durante i quali si erano tenute le udienze del processo con rito abbreviato davanti al gip. Infatti, ai sensi dell’articolo 297, comma 4, c.p.p. computo dei termini di durata delle misure , i giorni in cui si è tenuta l’udienza sono computati nei termini della custodia cautelare solo ai fini della durata complessiva della custodia, a norma dell’articolo 303, comma 4, c.p.p. termini di durata massima della custodia cautelare , e non anche per il termine di fase. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando tale interpretazione della normativa. Giorni congelati. La Corte di Cassazione sottolinea che, in tema di durata massima dei termini di custodia cautelare, l’articolo 297, comma 4, c.p.p. ha introdotto l’istituto del c.d. “congelamento”, in forza del quale, limitatamente ai termini di fase ed indipendentemente da un provvedimento del giudice, i giorni in cui vengono tenute le udienze e quelli necessari per la deliberazione della sentenza non vengono computati. Perciò, per il calcolo, bisogna eliminare i giorni in cui si sono tenute le udienze, per cui il termine non viene a scadere quando è trascorso il periodo di tempo ex articolo 303 c.p.p., ma a questo bisogna aggiungere un numero di giorni pari a quello delle udienze tenute. Nel caso di specie, il termine di durata massima della custodia cautelare non era scaduto ai nove mesi previsti articolo 303, comma 1, lett. b-bis, numero 3, c.p.p. per la definizione del giudizio abbreviato, dovevano essere aggiunti automaticamente i 17 giorni in cui si erano celebrate le udienze, per cui la scadenza del termine era stata rinviata ad un momento successivo alla pronuncia della sentenza di primo grado. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 luglio 2014 – 6 marzo 2015, numero 9781 Presidente Oldi – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con ordinanza emessa il 24.2.2014 il tribunale di Catania, in funzione di tribunale del riesame, decidendo ex articolo 310 c.p.p., rigettava l'appello proposto nell'interesse di P.D. avverso l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catania, in data 21.1.2014 aveva rigettato l'istanza di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare della custodia in carcere applicata al suddetto P. per decorso dei termini di durata massima. Il P. , in particolare, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, ha impugnato con appello il diniego della scarcerazione per decorrenza dei termini di fase. Il tribunale del riesame, nel rigettare la proposta impugnazione, ha osservato che, nel valutare la durata della custodia cautelare sofferta, devono intendersi congelati i diciassette giorni durante i quali si sono tenute le udienze del processo celebrato con il rito abbreviato innanzi al giudice per le indagini preliminari, in quanto, ai sensi dell'articolo 297, co. 4, c.p.p., i giorni durante i quali si è tenuta l'udienza sono computati nei termini della custodia cautelare solo ai fini della durata complessiva della custodia, a norma dell'articolo 303, co. 4, c.p.p., e non anche per il termine di fase. 2. Avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il P. , a mezzo del suo difensore di fiducia, avv. Danilo Tipo, riproponendo, sotto il profilo del vizio di cui all'articolo 606, co. 1, lett. c , c.p.p., la contraria interpretazione della norma innanzi indicata, secondo cui i giorni di udienza sono da computare nella durata dei termini di fase della custodia cautelare. 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per la manifesta infondatezza dei motivi che lo sostengono. 4. Ed invero correttamente il tribunale del riesame ha rilevato l'erronea interpretazione proposta dalla difesa del P. in relazione all'articolo 297, co. 4, c.p.p., che impone di tenere conto dei giorni in cui si sono svolte le udienze, solo ai fini del computo dei termini di durata complessiva della custodia cautelare a norma dell'articolo 303, co. 4, c.p.p. e non anche con riferimento ai termini di fase. Tale assunto risulta del tutto conforme all'approdo interpretativo cui è giunta la giurisprudenza di legittimità, che da tempo ha affermato il consolidato e condivisibile principio secondo cui, in tema di durata massima dei termini di custodia cautelare, l'articolo 297, comma quarto, c.p.p. ha introdotto l'istituto del cosiddetto congelamento , in forza del quale, limitatamente ai termini di fase e indipendentemente da un provvedimento del giudice, i giorni in cui sono tenute le udienze e quelli necessari per la deliberazione della sentenza non si computano, con la conseguenza che il relativo calcolo va effettuato secondo il calendario comune, eliminando dal computo, i giorni in cui si sono tenute le udienze, così che il termine non viene a scadere quando è trascorso il periodo di tempo indicato dall'articolo 303, c.p.p., dovendosi a tale periodo aggiungere un numero di giorni pari a quello delle udienze tenute cfr., Cass., sez. VI, 25.3.1998, numero 1072, rv. 210657 Cass., sez. VI, 21.1.1998, numero 226, rv. 210274 Cass., sez. VI, 26.9.2000, numero 3412, RV. 217438 Cass., sez. VI, 8.3.2012, numero 11186, rv. 252176 . Proprio uniformandosi a tali principi, il tribunale del riesame ha correttamente osservato che il termine di durata massima di fase della custodia cautelare non era perente, in quanto ai nove mesi previsti dall'articolo 303, co. 1, lett. b bis , b. 3, c.p.p., per la definizione del giudizio abbreviato, andavano aggiunti automaticamente, i giorni 17 in cui si sono celebrate le udienze, per cui la scadenza del suddetto termine di fase è slittata ad epoca successiva alla sentenza di primo grado pronunciata il 7.1.2014. Ne consegue la manifesta infondatezza e, quindi, l'inammissibilità dei rilievi difensivi al riguardo, che propongono una interpretazione della richiamata disposizione normativa, che, alla luce dell'orientamento da tempo dominante nella giurisprudenza di legittimità, appare destituita di fondamento. 5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento ed, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo fissare in 1000,00 Euro, tenuto conto dei profili di colpa relativi alla evidente inammissibilità dell'impugnazione cfr. Corte Costituzionale, numero 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 comma 1 ter disp. att. c.p.p