Oggetto del contratto: solo produzione o anche vendita di prodotti artigianali in vetro?

Il diritto di svolgere anche l’attività di vendita al minuto dei prodotti artigianali non si può ricavare dalla pretesa natura accessoria di quest’ultima, rispetto al bene azienda oggetto della cessione.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 26499, depositata il 27 novembre 2013. Il caso. Un attore aveva chiesto in sede giudiziale l’annullamento del contratto con cui i convenuti gli avevano ceduto il ramo di azienda di una società di fatto, ramo avente per oggetto la lavorazione di vetri artistici, montatura collane e vetri decorati e incisi . L’attore aveva dichiarato di aver acquistato dai soci della società il ramo di azienda per la produzione e la vendita al dettaglio, ma di non aver potuto svolgere tale ultima attività poiché il Comune l’aveva considerata come nuova e non come la continuazione di una già preesistente. Ciò, poiché la società era stata cancellata dall’albo delle imprese artigiane. Il Tribunale aveva rigettato la domanda con decisione che era stata confermata in sede di gravame. In particolare, la Corte d’Appello aveva rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’acquirente, il Tribunale non aveva escluso che il ramo d’azienda compravenduto avesse natura artigianale, essendosi limitato a dare atto che l’oggetto del contratto sarebbe stato un ramo di azienda di lavorazione vetri, e non anche un’attività di vendita al minuto . Peraltro, per i giudici territoriali, la fondatezza della pretesa dell’acquirente di aver acquisito il diritto di svolgere anche l’attività di vendita al minuto dei prodotti artigianali non si sarebbe potuta ricavare dalla pretesa natura accessoria di quest’ultima, rispetto al bene azienda oggetto della cessione. Contro questa decisione, il soccombente ha proposto ricorso per cassazione, denunciando vizio di motivazione circa il giudizio in base al quale la cessione avrebbe avuto ad oggetto soltanto l’attività di produzione e non anche quella di vendita al minuto dei relativi manufatti. Secondo il ricorrente, la cessione di un ramo d’azienda avrebbe dovuto involgere la concreta possibilità di svolgere l’attività ceduta, così come poteva essere svolta dal cedente . La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato. Impresa e azienda, nel contesto di una cessione di un ramo aziendale, possono essere considerate autonomamente. Gli Ermellini hanno evidenziato che la Corte distrettuale si era limitata a constatare, implicitamente condividendolo, il seguente rilievo del Tribunale secondo il tenore del testo contrattuale oggetto del contatto era un ramo d’azienda avente ad oggetto la lavorazione di vetri artistici, Come sottolineato da Piazza Cavour, non essendo stato tale rilievo censurato dal ricorrente, risulta incontestabilmente stabilito che il contratto riguardava esclusivamente l’attività di lavorazione artigianale e non anche quella di vendita al minuto di prodotti finiti. In conclusione, il Collegio ha ritenuto la decisione di secondo grado sull’individuazione dell’oggetto del contratto incensurabile in sede di legittimità, in quanto sufficientemente motivata con argomentazioni immuni da vizi. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 ottobre - 27 novembre 2013, n. 26499 Presidente Carnevale – Relatore Piccininni Svolgimento del processo Con atto di citazione del 28.7.1998 V.A. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Venezia C.L. , S.R. , S.S. , C.E. , N.F. e N.L. , per sentir dichiarare l'annullamento - o subordinatamente la risoluzione per inadempimento - del contratto con il quale in data 17.7.1990 i convenuti le avevano ceduto il ramo di azienda della società di fatto La Bottega di vetro , ramo avente per oggetto la lavorazione di vetri artistici, montatura collane e vetri decorati e incisi”. In particolare l'attrice lamentava di aver acquistato da S.B. e N.Q. , soci della indicata società di fatto, il ramo di azienda della società per la produzione e la vendita al dettaglio, ma di non aver potuto svolgere detta ultima attività poiché il Comune di Venezia l'aveva considerata come nuova e non come la continuazione di una già preesistente provvedimento del 2.2.1991 , e ciò in ragione del fatto che La Bottega del Vetro era stata cancellata dall'albo delle imprese artigiane nel 1982 . Gli eredi degli alienanti, nel frattempo deceduti, si costituivano in giudizio deducendo l'infondatezza della pretesa dell'attrice e spiegando anche domanda riconvenzionale. Il Tribunale, all'esito dell'istruttoria, rigettava entrambe le domande con decisione che veniva poi confermata in sede di gravame. In particolare la Corte di appello rilevava che, contrariamente a quanto sostenuto dalla V. , il tribunale non aveva escluso che il ramo di azienda compravenduto avesse natura artigianale, essendosi limitato a dare atto che l'oggetto del contratto sarebbe stato un ramo di azienda di lavorazione vetri, e non anche un'attività di vendita al minuto . Il trasferimento sarebbe stato dunque attinente ad un'azienda avente natura obiettivamente artigianale”, ma da ciò non sarebbe anche disceso il trasferimento dell'iscrizione all'albo, incombente al quale l'acquirente avrebbe dovuto autonomamente provvedere, dimostrando di possedere a sua volta anche i requisiti soggettivi dell'artigiano . L'ipotesi di presupposizione nella stipulazione del contratto, configurata dal primo giudice in ragione della possibilità che tutti i contraenti avessero definito l'accordo nel convincimento che la V. avesse facoltà di vendere al minuto, era stata tuttavia nel concreto esclusa dallo stesso giudicante per difetto dei requisiti di comunanza e obiettività della circostanza presupposta , ma la statuizione sarebbe stata tuttavia erroneamente emessa, poiché pronunciata extra petita . Peraltro, secondo la Corte territoriale, la detta erroneità non avrebbe potuto avere conseguenze sul contenuto della decisione di rigetto, basata su altre argomentazioni, così come analogamente la fondatezza della pretesa dell'acquirente di aver acquisito il diritto di svolgere anche l'attività di vendita al minuto dei prodotti artigianali non si sarebbe potuta ricavare dalla pretesa natura accessoria di quest'ultima, rispetto al bene azienda oggetto della cessione. Avverso la decisione V. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui hanno resistito gli intimati con controricorso. La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 10.10.2013. Motivi della decisione Con il solo motivo di impugnazione V. ha denunciato vizio di motivazione, con riferimento al giudizio secondo cui la cessione in questione avrebbe avuto ad oggetto soltanto l'attività di produzione e non anche quella di vendita al minuto dei relativi manufatti. Più precisamente, l'affermata possibilità riconosciuta all'appellante di svolgere attività di produzione si porrebbe in contrasto, anche per la lacunosità degli argomenti di sostegno, con l'esclusione della facoltà della vendita al minuto dei prodotti artigianali la cessione di un ramo di azienda avrebbe dovuto involgere la concreta possibilità di svolgere l'attività ceduta, così come poteva essere - svolta dal cedente contrariamente a quanto affermato dal giudice del gravame, impresa ed azienda nel contesto di una cessione di un ramo aziendale non avrebbero potuto essere considerati autonomamente la cessione di una parte dell'impresa avrebbe dovuto comportare una successione nella titolarità nello svolgimento dell'attività imprenditoriale la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi sulla questione afferente la natura artigianale dell'attività oggetto della cessione la catalogazione dell'attività di essa ricorrente come nuova sarebbe dipesa esclusivamente dalla cancellazione della società La Bottega di Vetro dall'albo delle imprese artigiane i cedenti avrebbero trasferito un ramo di azienda non più operante, e ciò avrebbe reso lampante quantomeno l'inadempimento contrattuale dei convenuti . Osserva il Collegio che il ricorso è infondato. Ed infatti la Corte di appello nel focalizzare l'oggetto della controversia ha affermato, implicitamente condividendo il rilievo, che il tribunale non aveva escluso che il ramo di azienda ceduto avesse natura artigianale, essendosi più semplicemente limitato a constatare che secondo il tenore del testo contrattuale oggetto del contratto era un ramo di azienda avente ad oggetto la lavorazione vetri artistici, montatura collane e vetri decorati e incisi, e non un'attività di vendita al minuto p. 9 . Tale ultimo rilievo, attinente alla determinazione del contenuto del negozio su cui è controversia non è stato censurato dalla ricorrente sicché, una volta incontestabilmente stabilito che il contratto di cessione riguardava esclusivamente l'attività di lavorazione artigianale e non anche quella di vendita al minuto dei prodotti finiti, risulta assorbita ogni ulteriore questione relativa al preteso collegamento fra il trasferimento di azienda avente natura obiettivamente artigianale e quello concernente l'invocato trasferimento dell'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane, iscrizione che fra l'altro non ha efficacia costitutiva essendo ad essa attribuibile soltanto un valore indiziario comma 10/8072, comma 99/7225, comma 98/2090, comma 96/8617, comma 92/12490 . Eventuali vizi negoziali derivanti dal convincimento dell'acquirente in ordine alla persistenza dell'iscrizione dell'impresa oggetto di cessione nell'albo delle imprese artigiane dal quale era stata cancellata nel novembre 1982, a fronte di cessione avvenuta nel luglio 1990 , e astrattamente deducibili sotto il profilo dell'errore o del dolo del venditore, risultano comunque del tutto privi di pregio in questa sede, non emergendo che sia stata formulata dalla V. alcuna domanda in tal senso, né avendo sollevata la stessa alcuna censura al riguardo. Conclusivamente la decisione della Corte di appello relativamente al punto concernente l'individuazione dell'oggetto del contratto risulta sufficientemente motivata con argomentazioni immuni da vizi logici, ed è pertanto incensurabile in questa sede di legittimità. Il ricorso conseguentemente deve essere rigettato con condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per compenso, oltre agli accessori di legge.