In materia di procedimento disciplinare penitenziario, la contestazione disciplinare fatta al detenuto deve contenere «l’enunciazione del fatto in forma chiara e precisa con l’indicazione dei relativi articoli di legge», in virtù dei principi fondamentali di garanzia che lo regolano.
Così ha deciso la Suprema Corte con sentenza numero 37792/17 depositata il 28 luglio. Il caso. Il detenuto ricorre per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Bologna che rigettava il reclamo contro la sanzione disciplinare irrogatagli a seguito della cd. “battitura”, avvenuta, a dire del ricorrente, per pochi minuti e per solidarietà con la protesta messa in atto da altri detenuti in relazione alle condizioni di detenzione. In particolare, il detenuto lamenta l’insussistenza della violazione disciplinare in quanto la genericità della contestazione relativa alla “battitura” delle sbarre violava il principio di tassatività delle sanzioni. Contestazione disciplinare. Relativamente a tale doglianza, gli Ermellini rilevano che l’articolo 38 ord. penumero sancisce che «nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato, dopo la contestazione dell’addebito all’interessato il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe». In tal senso, il Collegio afferma che la contestazione disciplinare deve contenere «l’enunciazione del fatto in forma chiara e precisa con l’indicazione dei relativi articoli di legge», in virtù dei principi fondamentali di garanzia che regolano il procedimento disciplinare penitenziario. Nella fattispecie, il fatto contestato al detenuto e concernente la battitura delle inferiate con delle bottiglie di plastica non rientra nella violazione di cui all’articolo 77, comma 1, nnumero 4 e 5, d.P.R. numero 230/2000. Non solo, i Giudici affermano anche che tale condotta non può dirsi molesta nei confronti della comunità, in quanto era stata posta in essere per una brevissima durata ed aveva costituito un momento di protesta che coinvolgeva tutti i detenuti. Pertanto, la Cassazione annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 giugno – 28 luglio 2017, numero 37792 Presidente Di Tomassi – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato il reclamo proposto da A.A. avverso l’ordinanza del 1 luglio 2015 pronunciata dal Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia che aveva respinto il reclamo contro la sanzione disciplinare applicata in data 8 gennaio 2011 dalla Direzione della Casa circondariale di Parma in relazione ai fatti descritti dal rapporto del 29 dicembre 2010. Va premesso che il Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia ha pronunciato l’ordinanza in discorso a seguito dell’annullamento con rinvio, disposto con sentenza numero 23589/2012 di questa Prima Sezione Penale, dell’ordinanza in data 9 febbraio 2011 dello stesso Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia che aveva dichiarato inammissibile il reclamo originariamente proposto da A.A. , rilevando che al rapporto non risultava essere seguita alcuna sanzione disciplinare. 2. Ricorre A.A. , personalmente, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento al divieto di bis in idem ovvero del giudicato o della preclusione processuale, evidenziando che la sanzione disciplinare era già stata annullata con ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia del 12 maggio 2011, nonché lamentando la insussistenza della violazione disciplinare in quanto la battitura era stata posta in essere per pochi minuti e per solidarietà con la protesta attuata da altri detenuti in relazione alle condizioni di detenzione e la genericità della contestazione con violazione del principio di tassatività delle sanzioni. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato. A. è stato sanzionato disciplinarmente per atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità e giochi o altre attività non consentite dal regolamento interno violazione dell’articolo 77, comma 1, numero 4 e numero 5, d.P.R. numero 230/2000 , avendo partecipato alla battitura del 29.10.2010 per solidarietà , evidenziando che la stessa era durata pochi minuti , ma che doveva considerarsi illecita perché non determinata dalla pretesa violazione dei diritti del detenuto. 2. Come si è anticipato, a seguito del ricorso per cassazione proposto da A. , veniva annullata l’ordinanza d’inammissibilità del reclamo pronunciata in data 9 febbraio 2011, tanto che in sede di rinvio il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia pronunciava l’ordinanza del 1 luglio 2015, dando luogo al presente procedimento. Risulta, però, che il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia con ordinanza del 12 maggio 2011 aveva riesaminato il reclamo proposto da A. avverso l’indicata sanzione disciplinare, accogliendolo e annullando la sanzione, dando atto che il reclamo era stato erroneamente dichiarato inammissibile con la precedente ordinanza del 9 febbraio 2011 sulla base del rilievo che non fosse stata inflitta alcuna sanzione disciplinare. Il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia, ritenendo non consumato il proprio potere decisionale, ha, perciò, accolto il reclamo e annullato la sanzione disciplinare di cui si discute. Da informazioni assunte presso la Cancelleria di quell’Ufficio non risulta che l’indicata ordinanza del 12 maggio 2011 sia stata impugnata. 2.1. Il principio ne bis in idem assume portata generale nel vigente diritto processuale penale, trovando espressione nelle norme sui conflitti positivi di competenza articolo 28 cod. proc. penumero , nel divieto di un secondo giudizio articolo 649 cod. proc. penumero , nella disciplina dell’ipotesi di una pluralità di sentenze per il medesimo fatto articolo 669 cod. proc. penumero . La portata generale del principio ne bis in idem ha legittimato la sua applicazione analogica con riferimento alle ordinanze del giudice dell’esecuzione nei casi in cui esso costituisca l’unico strumento possibile per eliminare uno dei due provvedimenti emessi per lo stesso fatto contro la stessa persona Sez. 1, Sentenza numero 45556 del 15/09/2015, P.M. in proc. Turchetti, Rv. 265234 in precedenza Sez. 1, numero 1285 del 20/11/2008, dep. 15/01/2009, Linfeng, Rv. 242750 . È stato, poi, riconosciuto che il divieto di un secondo procedimento davanti allo stesso giudice trova applicazione anche nel procedimento di sorveglianza con riguardo alla liberazione anticipata Sez. 1, Sentenza numero 34625 del 19/04/2013, Bianco, Rv. 257092 con riguardo alle misure alternative Sez. 1, Sentenza numero 14823 del 03/02/2009, Fusco, Rv. 243737 . È bene precisare che il principio in questione è stato applicato nel caso in cui, in diversi procedimenti, siano stati emessi provvedimenti sul medesimo oggetto. 2.2. Il caso oggetto del presente giudizio non soddisfa, però, le indicate condizioni, in quanto il Magistrato di sorveglianza ha consapevolmente assunto un provvedimento non previsto dall’ordinamento e perciò inesistente e, dunque, insuscettibile di determinare un bis in idem. Infatti, ad avviso del Collegio, il Magistrato di sorveglianza che si è pronunciato sul reclamo proposto dal detenuto non poteva nuovamente esaminare il caso, revocando o modificando la precedente decisione, avendo egli consumato il relativo potere giurisdizionale, tanto che la sua decisione di inammissibilità resa de piano, resa ai sensi dell’articolo 666, comma 2, cod. proc. penumero , era stata impugnata davanti alla Corte di cassazione. In tale caso, il Magistrato di sorveglianza ha unicamente il potere di sospendere la propria decisione, a norma dell’articolo 666, comma 7, cod. proc. penumero , ma non può nuovamente deliberare nel merito, revocando o modificando il provvedimento impugnato. Da quanto sopra si desume che, in pendenza di impugnazione della decisione sul reclamo avverso una sanzione disciplinare, non può essere assunto un altro provvedimento decisionale dallo stesso giudice che ha emesso quello impugnato e, se ciò ha luogo, esso deve ritenersi inutiliter datum perché emesso in assenza di potere giurisdizionale. Non trova, perciò, applicazione il principio del ne bis in idem, che presuppone l’esistenza di due provvedimenti giudiziari sul medesimo oggetto emessi da autorità investite del potere giurisdizionale. Il Collegio ritiene, pertanto, che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, non possa farsi applicazione dell’articolo 649 cod. proc. penumero , quale disposizione applicativa del principio ne bis in idem, finalizzato a evitare che per lo stesso fatto si svolgano più procedimenti e si adottino più provvedimenti anche non irrevocabili, l’uno indipendentemente dall’altro. 3. Il ricorso denuncia l’inosservanza dell’articolo 38 Ord. penumero . La norma prescrive nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato, dopo la contestazione dell’addebito all’interessato il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe . Pur in carenza di specifica disposizione, circa i requisiti della contestazione disciplinare, l’incolpazione deve contenere - analogamente a quanto stabilito per l’imputazione penale dagli articolo 429 e 552 cod. proc. penumero - l’enunciazione del fatto informa chiara e precisa con l’indicazione dei relativi articoli di legge . Tale conclusione costituisce corollario della affermazione, ricorrente nella giurisprudenza di questa Corte suprema, secondo la quale il procedimento disciplinare penitenziario è informato al rispetto dei principi fondamentali di garanzia e all’osservanza del contraddittorio Sez. 1, Sentenza numero 48828 del 12/11/2009 Mele, Rv. 245904 Sez. 1, Sentenza numero 14670 del 28 febbraio 2007, A. , Rv. 236159 recentemente Sez. 1, Sentenza numero 42420 del 16/09/2013, Barretta, Rv. 256981 . Indiretta e ulteriore conferma della proposta lettura della disposizione in argomento è offerta dalla previsione della ipotesi contenuta nell’articolo 81, comma 6 del Regolamento penitenziario, approvato con D.P.R. 30 giugno 2000, numero 230 se nel corso del procedimento risulta che il fatto è diverso da quello contestato . La norma presuppone, infatti, che la contestazione contenga la enunciazione di fatto specifico , addebitato al detenuto e costituente l’oggetto della incolpazione. Si deve concludere che l’invalidità dell’incolpazione, per violazione di legge, a cagione della carenza della contestazione degli estremi fattuali dell’addebito, inficia il provvedimento di applicazione della sanzione disciplinare. 4. Passando all’esame del caso oggetto del giudizio, è il caso di evidenziare che l’indicato vizio era stato dedotto nel reclamo proposto al Magistrato di sorveglianza, avendo A. lamentato che la condotta di battitura delle inferiate con delle bottiglie di plastica non rientra nella violazione dell’articolo 77, comma 1, numero 4 e numero 5, d.P.R. numero 230/2000, e che la condotta, comunque, non aveva avuto un connotato molesto nei confronti della comunità perché di brevissima durata ed effettuata insieme agli altri detenuti per solidarietà con la protesta da questi intentata. Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto la rilevanza disciplinare della battitura, sotto il profilo della condotta molesta per la comunità, pur dando atto che il comportamento era stato di brevissima durata e motivato da ragioni di solidarietà, avendone comunque escluso ogni eventuale rilievo quale promozione o partecipazione a una sommossa articolo 77, comma 1, numero 18 e numero 19, d.P.R. numero 230/2000. Trattandosi di ricostruzione in fatto che non appare controversa, spetta a questo Collegio valutare la denunciata violazione di legge sia con riguardo al principio di tassatività, sia in relazione alla sussunzione della condotta sotto la fattispecie disciplinare indicata. Ebbene, a giudizio del Collegio, il provvedimento è illegittimo sotto entrambi i punti di vista la battitura delle inferiate con bottiglie di plastica posta in essere per pochi minuti, azione che non è in grado - neppure in astratto - di determinare un danno alle suppellettili e ai beni dell’amministrazione articolo 77, comma 1, numero 13, d.P.R. numero 230/2000 e che non assumere i caratteri della sommossa articolo 77, comma 1, numero 18 e numero 19, d.P.R. numero 230/2000 , non può essere fatta rientrare, ex se e soltanto perché effettuata per solidarizzare con una protesta avviata da altri detenuti, nella condotta di molestia alla comunità, sia perché non risulta che la medesima abbia provocato o potuto provare tale conseguenza, tanto che è violato il principio di tassatività delle sanzioni disciplinari, sia perché la circostanza che detta azione sia stata posta in essere per solidarizzare con la protesta avviata da altri detenuti non è in grado di qualificare come illecita la condotta. L’ordinanza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.