Confermato il provvedimento adottato nei confronti di un boss mafioso sottoposto al 41 bis. Secondo i Giudici, il contenuto dell’intervista avrebbe potuto indurre l’elusione del regime carcerario in atto, e quindi il ‘blocco’ della lettera è da valutare come finalizzato a prevenire un pericolo per l’ordine e la sicurezza dell’istituto penitenziario.
Contenuti pericolosi, secondo il Giudice di Sorveglianza, quelli relativi a un’intervista ad un avvocato legato all’associazione ‘”Nessuno tocchi caino”. Legittimo, di conseguenza, il provvedimento con cui è stato disposto il blocco della missiva scritta da un detenuto – sottoposto al 41 bis – alla sorella e contenente anche il testo dell’intervista Cassazione, sentenza numero 32799/18, sez. I Penale, depositata oggi . Pericolo per l’ordine e la sicurezza. Protagonista della vicenda è un boss mafioso, rinchiuso in una struttura penitenziaria di massima sicurezza e sottoposto al “carcere duro”. A dare il ‘la’ alla battaglia giudiziaria, approdata sino in Cassazione, è «il provvedimento» con cui il Magistrato di Sorveglianza dispone «il trattenimento della missiva indirizzata dal detenuto alla sorella e contenente il testo di un’intervista a un avvocato attivo nell’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’». Il legale del boss contesta ovviamente il provvedimento, ritenendo illegittimo, in questo caso, «il trattenimento della corrispondenza» e lamentando la violazione dei «diritti di rilievo costituzionale» compiuta in danno del suo cliente. Dalla Cassazione, però, arriva la conferma della decisione del Magistrato di Sorveglianza. I Giudici del Palazzaccio richiamano innanzitutto «la condizione di pericolosità che discende dal particolare regime detentivo in atto», ritenendolo elemento imprescindibile per comprendere «il trattenimento della missiva indirizzata alla sorella del detenuto» su quest’ultimo punto viene evidenziato che «l’intervista» riportata nella lettera «avrebbe potuto indurre l’elusione dei rigori del regime carcerario in atto». In sostanza, «il mancato inoltro» della missiva è proteso, concludono i Giudici, a «prevenire un pericolo per l’ordine e la sicurezza interna ed esterna dell’istituto penitenziario».
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 aprile – 1 agosto 2018, numero 32799 Presidente Iasillo – Relatore Cairo Ritenuto in fatto e in diritto 1. Il Tribunale di sorveglianza per il distretto della Corte d'appello di Torino, con ordinanza in data 19/7/2017, ha rigettato il reclamo proposto nell'interesse di Fa. Gi., detenuto in regime di cui all'articolo 41 bis legge 26 luglio 1975, numero 354, avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Novara che aveva disposto il trattenimento della missiva indirizzata alla sorella del detenuto contenente tra l'altro il testo di un'intervista dell'avvocato Br. -attivo nell'associazione Nessuno tocchi Caino alla rivista denominata Riforma. In particolare la missiva era in contrasto con il contenuto della nota del Dap 20/8/2015 ed era stato disposto il non inoltro proprio a tutela e salvaguardia dell'ordine e della sicurezza interna agli istituti di restrizione. 2. Ricorre per cassazione Fa. Gi. e ricostruita la vicenda in fatto e la cornice normativa che caratterizza il visto e il trattenimento della corrispondenza lamenta che dalla lettura degli atti e dei provvedimenti non si comprende quali siano i motivi di ordine e sicurezza che giustificano una così forte compressione di diritti di rilievo costituzionale. Il provvedimento di specie si basava su una mera circolare amministrativa là dove una incisione di un diritto di quel rilievo si sarebbe dovuta fondare su un provvedimento dell'Autorità giudiziaria motivato. 3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. Questa Corte ha ripetutamente ritenuto legittime le limitazioni, imposte ai sensi dell'articolo 18 ter della legge 25 giugno 1975, numero 354, al detenuto sottoposto a regime di detenzione speciale sul divieto di ricezione della stampa locale Sez. 1, numero 32904 del 02/07/2014 dep. 23/07/2014, Li Bergolis, Rv. 261715 . Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il provvedimento adottato non appare affatto astratto o legato esclusivamente alla circolare amministrativa, in guisa tale da far discendere dalla circolare stessa un divieto contrario a valori di presidio costituzionale o l'elusione del principio di riserva di legge e di giurisdizione. Piuttosto si valuta la condizione di pericolosità che discende dal particolare tipo di regime detentivo in atto a carico del Fa. e in essa si inscrive la ratio che giustifica il trattenimento della missiva indirizzata alla sorella del detenuto e contenente l'intervista testé evidenziata che, per più profili, avrebbe potuto indurre l'elusione dei rigori del regime in atto. La circolare non ha, dunque, natura normativa . Essa è meramente attuativa delle restrizioni previste dalla legge e dal provvedimento ministeriale e non risulta che imponga limitazioni inutili rispetto allo scopo del regime detentivo speciale. Del resto la valutazione compiuta dal giudice a quo è in perfetta linea con il principio di riserva di giurisdizione. D'altro canto il ricorso non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che ha evidenziato come il non inoltro fosse essenzialmente proteso a prevenire un pericolo per l'ordine e la sicurezza interna ed esterna dell'istituto penitenziario. Dalla mancanza di specificità del motivo di ricorso sul punto egualmente discende l'inammissibilità della doglianza. 4. Segue la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione e in forza del disposto dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 2.000 duemila in favore delle Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso Corte Cost. numero 186 del 2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.