Il mancato risarcimento del danno da parte del condannato può comportare il diniego delle misure alternative richieste

Qualora un soggetto, condannato per un reato, ometta di pagare alla vittima il risarcimento del danno stabilito dal giudice, tale fatto, pur non essendo condizione per la concessione delle misure alternative alla detenzione, può divenire circostanza in grado di fondare un giudizio negativo da parte del Tribunale di sorveglianza.

Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 4427/18, depositata il 30 gennaio. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza di Catania respingeva l’istanza presentata dall’imputato avente ad oggetto la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale e, accogliendo la richiesta presentata in subordine, concedeva la detenzione domiciliare. Avverso la pronuncia del Tribunale l’imputato propone ricorso per cassazione denunciando l’illegittimità del diniego della misura dell’affidamento in prova, fondata sulla mera circostanza che il ricorrente non avesse ottemperato al risarcimento del danno stabilito congiuntamente alla sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 570 c.p. Violazione degli obblighi di assistenza familiare , nonostante ciò fosse dipeso dalle proprie condizioni economiche precarie. La concessione della misura alternativa. Il Supremo Collegio ribadisce che ai fini della concessione delle misure alternative il Tribunale di sorveglianza deve valutare la congruità della misura richiesta rispetto alle finalità rieducative e di prevenzione speciale, sia nell’ipotesi di affidamento ai servizi sociali di cui all’articolo 47, comma 2, c.p. sia nell’ipotesi di detenzione domiciliare di cui all’articolo 47-ter, comma 1-bis, c.p Ciò precisato, la Suprema Corte rileva che «l’ordinanza impugnata non ha considerato di per sé esclusivo l’omesso risarcimento del danno, ma ha valutato tale elemento nell’ambito del giudizio sulla specifica adeguatezza della misura dell’affidamento al servizio sociale», tuttavia, se «da una parte, l’avvenuto risarcimento del danno non è requisito per l’ammissione alla misura alternativa, né condizione per la positiva valutazione, ex post, dell’esito della misura, ma può solo costituire una delle prescrizioni inerenti alla misura se ne risulta la compatibilità, e dall’altra, il mancato risarcimento del danno è circostanza che può fondare un negativo giudizio, qualora risulti la effettiva possibilità della riparazione del pregiudizio arrecato alla vittima». Nel caso di specie, «il Collegio ritiene l’adeguatezza della motivazione sul punto», pertanto rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 dicembre 2017 – 30 gennaio 2018, numero 4427 Presidente Tardio – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 10.5.2017 il Tribunale di sorveglianza di Catania ha respinto la istanza presentata da G.G. in data 15.7.2016 e avente ad oggetto la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di cui alla sentenza pronunciata in data 30.4.2009 dal Tribunale di Ragusa. Il provvedimento, che ha concesso la detenzione domiciliare richiesta in via subordinata, ha negato la misura di cui all’articolo 47 ord. penumero sul rilievo dell’entità del reato articolo 570 cod. penumero per il quale era stata pronunciata la condanna in espiazione e dell’omesso risarcimento del danno. 2. Il difensore di fiducia di G.G. ha presentato ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo, difetto di motivazione, per aver il Tribunale dato rilievo negativo e decisivo all’omesso risarcimento del danno, senza considerare che ciò era dipeso dalle condizioni di precarietà economica del condannato, e per non aver considerato gli elementi positivi desumibili dall’assenza di precedenti e di procedimenti pendenti a carico del G. . La difesa aggiunge il rilievo che la legge articolo 47, comma 7, ord. penumero prevede il risarcimento del danno come elemento della misura, e non come requisito della stessa. 3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, sul rilievo che il Tribunale non aveva considerato se il mancato risarcimento del danno fosse dovuto a condizioni di precarietà economica né aveva valorizzato l’assenza di altri procedimenti a carico. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va perciò respinto. 1. Il collegio rileva che il Tribunale di sorveglianza, richiesto della concessione di una misura alternativa alla detenzione, è tenuto a compiere il giudizio di congruità della misura richiesta rispetto alla finalità rieducativa e di prevenzione speciale, e ciò sia nel caso della misura dell’affidamento al servizio sociale articolo 47, comma 2, ord. penumero come nel caso di detenzione domiciliare cd. generica articolo 47 ter, comma 1 bis, ord. penumero . Va quindi, compiuta una valutazione sulla personalità del condannato, desumibile, nel caso di istanza proposta in costanza di detenzione, da quanto emerso nel periodo di osservazione e comunque da tutti gli elementi che concorrono a definire il profilo soggettivo dell’istante, sia con riferimento alla condotta antecedente al reato sia, con maggior rilevanza, alla condotta successiva al reato. 2. L’ordinanza impugnata ha valutato come adeguata la più restrittiva misura della detenzione domiciliare rispetto a quella dell’affidamento al servizio sociale, sul rilievo del titolo del reato in espiazione inosservanza agli obblighi di assistenza familiare e dell’assenza di risarcimento del danno nei confronti dei familiari. Il ricorso sostiene che, da una parte, il Tribunale sarebbe incorso in una violazione di legge nel ritenere l’avvenuto risarcimento del danno come requisito per la concessione della misura alternativa e, dall’altra, che la motivazione sarebbe carente, non avendo valutato i motivi dell’omesso risarcimento, e contraddittoria, avendo comunque riconosciuto come elemento positivo l’incensuratezza dell’istante. 3. Il collegio rileva che l’ordinanza impugnata non ha considerato di per sé preclusivo l’omesso risarcimento del danno, ma ha valutato tale elemento nell’ambito del giudizio sulla specifica adeguatezza della misura dell’affidamento al servizio sociale. Sul punto, il collegio condivide il principio secondo cui, da una parte, l’avvenuto risarcimento del danno non è requisito per l’ammissione alla misura alternativa, né condizione per la positiva valutazione, ex post, dell’esito della misura, ma può solo costituire una delle prescrizioni inerenti alla misura se ne risulta la compatibilità, e, dall’altra, il mancato risarcimento del danno è circostanza che può fondare un negativo giudizio, qualora risulti la effettiva possibilità della riparazione del pregiudizio arrecato alla vittima del reato Sez. 1, 21.9.2016, Panelli, Rv. 269033 . 4. Quanto alla motivazione dell’ordinanza impugnata, si deve, innanzitutto, rilevare che non sussiste il denunciato profilo di contraddittorietà, in quanto il Tribunale, che ha compiuto un giudizio articolato, valutando anche la congruità della misura della detenzione domiciliare, ha tenuto conto degli elementi positivi, quale la assenza di altre condanne, ed è quindi giunto alta valutazione di idoneità della detenzione domiciliare. Quanto alla, in tesi, mancata considerazione della impossibilità del risarcimento del danno, il collegio ritiene che la doglianza sia infondata. Innanzitutto, in ordine al fatto storico dell’omesso risarcimento del danno non vi è contestazione quanto alla non volontarietà di tale omissione, non viene dedotto un profilo di travisamento della prova e dunque solo con il ricorso per cassazione G.G. deduce che sarebbe stato impossibilitato dalle condizioni economiche . La censura riguarda, dunque, unicamente la logicità della motivazione data dall’ordinanza impugnata. Il collegio ritiene la adeguatezza della motivazione sul punto, in quanto il fatto storico dell’omesso risarcimento del danno viene collegato al particolare titolo di reato articolo 570 cod. penumero , che, a sua volta, presuppone la possibilità dell’adempimento degli obblighi familiari aventi natura economica. Inoltre, il tempo trascorso dalla condanna, risalente all’anno 2009, evidenzia che da anni si protrae la condotta del condannato, improntata a indifferenza verso i diritti dei familiari. L’ordinanza impugnata ha, quindi, adeguatamente valutato il giudizio di non adeguatezza della misura dell’affidamento al servizio sociale in relazione alla persona del condannato. 5. Va dunque, pronunciato il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.