Terreni ‘invasi’, contenzioso aperto. Ma l’autocertificazione non è sufficiente per l’integrazione del contraddittorio: impugnazione nata male

Proprietà da un vecchio barone a un privato cittadino a una società quest’ultima, però, deve provvedere alla notifica nei confronti degli eredi del precedente proprietario e attore originario per proseguire nel giudizio. Ma la semplice dichiarazione non basta, alla luce della giurisprudenza.

Duello su porzioni di terreni, che, tra diritti di proprietà e presunte occupazioni abusive, passano di mano in mano da un vecchio barone a un privato cittadino a una società a responsabilità limitata. Ma la querelle giudiziaria si ferma in Cassazione il tavolo salta per la mancata integrazione del contraddittorio. Difatti, è ritenuta non sufficiente – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 4532, Seconda sezione Civile, depositata oggi – l’allegazione della dichiarazione, qualificabile come autocertificazione, presentata dalla società in merito alla notifica agli eredi del precedente proprietario dei terreni. Invasione. A costituire casus belli è, come detto, la presunta occupazione abusiva di due porzioni di terreni, ceduti da un vecchio barone a un privato cittadino. Quest’ultimo apriva il contenzioso, ottenendo in primo grado la restituzione dei due pezzi di terra dai confinanti ‘invasori’. Ma, in secondo grado, la richiesta veniva respinta au contraire, era ritenuta legittima l’eccezione di usucapione avanzata dagli occupanti illegittimi. Passaggio di mano. A giudizio in corso, però, la proprietà dei terreni passava ulteriormente di mano dal privato cittadino a una società a responsabilità limitata, che proponeva subito ricorso per cassazione, contestando la pronuncia d’Appello. Ma quando l’attore originario, mai estromesso dal giudizio, passava a miglior vita, scattava la necessità dell’integrazione del contraddittorio, da parte della società, nei confronti degli eredi del privato cittadino. Per compiere anche questo step, però, la società si limita a produrre «dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà» relativa alla notifica nei confronti degli eredi – ora negli States – dell’originario attore. Autocertificazione. Prima di affrontare il caso, però, va valutata la instaurazione del contraddittorio. Su questo punto, fondamentale, si soffermano i giudici di Cassazione, richiamando l’unico elemento portato dalla società per «dimostrare di avere correttamente adempiuto all’ordine di integrazione del contraddittorio, notificando agli eredi dell’attore originario», ossia unicamente «una dichiarazione». Ebbene, alla luce della giurisprudenza, «la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, così come l’autocertificazione in genere, ha attitudine certificativa e probatoria esclusivamente in alcune procedure amministrative» ma è «priva di efficacia in sede giurisdizionale», ricordano i giudici. E tale valutazione resta ferma nonostante, in materia successoria, siano state proposte talora visioni diverse Chiari gli effetti sul procedimento all’esame dei giudici la semplice dichiarazione proposta dalla società non è assolutamente sufficiente per attestare l’integrazione del contraddittorio, quindi cade, inesorabilmente, l’impugnazione della pronuncia d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 novembre 2011 – 21 marzo 2012, numero 4532 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo La controversia concerne due porzioni di terreni siti in Pescara, che nel 1984 F.V. chiese in restituzione a D.P.G. avente causa della D.B. e F. snc e a T.D.G., assumendo che li avevano abusivamente occupati che egli, acquirente del proprio lotto dall’originario unico proprietario, il B.S.d.T.G., aveva constatato che i confinanti, nel realizzare ciascuno il proprio fabbricato, avevano occupato rispettivamente mq 261 e mq 145. Al fine di essere manlevati, come riferisce la sentenza impugnata, la D.P. chiamava in causa la D.B. e F. snc e i due soci di essa in proprio il D.G. evocava in causa il B.S.d.T.G. La domanda di F.V. veniva accolta nel settembre 2004 dal tribunale di Pescara, ma la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza 1 aprile 2008 accoglieva l’eccezione di usucapione ex articolo 1159 c.c. proposta dall’appellante principale D.P e dall’appellante incidentale D.G. e rigettava la domanda. Nel giudizio interveniva la DiPo srl, acquirente degli immobili di parte attrice. Dalla sentenza impugnata non risulta la costituzione in grado di appello della D.B. e F. snc e dei due soci D.B.C. e F.M. Con ricorso del 13 gennaio 2009 la DiPO srl, acquirente dei beni V., ha proposto ricorso per cassazione, al quale hanno resistito congiuntamente i signori D.P. e D.G., che hanno rilevato la incompleta instaurazione del contraddittorio. Con ordinanza 19 marzo 2011, questa Corte, ai sensi dell’articolo 331 cpc, ha disposto notifica del ricorso a F.V., D.B.C., F.M. e alla snc D.B. e F. Parte ricorrente ha depositato documentazione relativa a questi adempimenti, dando atto dell’avvenuto decesso, nelle more, dell’originario attore, mai estromesso dal giudizio. Motivi della decisione L’atto di integrazione del contradditorio così si conclude “A tal fine rileva che, a seguito del decesso dei sig F.V. avvenuto in Ft Lauderdale USA in data 15/2/2008, non dichiarato nel corso del giudizio, gli eredi e destinatari della notifica del presente atto sono F.S., nata a FT Lauderdale in data 11/9/1931, L.T.F., nata a Ft Lauderdale in data 4/4/1952, M.F., nato a Ft Lauderdale in data 03/8/1960 e V.F., nato a Ft Lauderdale in data 22/11/1954, come risulta da producendo dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà a firma N.D.I.”. Unico elemento addotto da parte ricorrente per dimostrare di avere correttamente adempiuto all’ordine di integrazione del contraddittorio, notificando agli eredi dell’attore originario, suo dante causa, è costituito da una dichiarazione datata 21 giugno 2011 resa da tal D.I. La giurisprudenza dominante di questa Corte insegna che alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà prevista dall’articolo 4 della legge numero 15 del 1968, deve negarsi qualunque rilevanza, sia pure indiziaria, qualora costituisca l’unico elemento esibito in giudizio al fine di provare un elemento costitutivo dell’azione o dell’eccezione, atteso che la parte non può derivare elementi di prova a proprio favore, ai fini del soddisfacimento dell’onere di cui all’articolo 2697 cod. civ., da proprie dichiarazioni non asseverate da terzi Cass. 5321/06 . Inoltre è stato affermato che l’articolo 2 del d.P.R. 28 dicembre 2000 numero 445 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa chiarisce che le dichiarazioni sostitutive di certificazioni relative a stati, qualità personali e fatti, tra cui la residenza, previste dall’articolo 46 del medesimo testo normativo, esulano dall’ambito della prova civile, riguardando “la produzione di atti e documenti agli organi della P.A. nonché ai gestori di pubblici servizi nei rapporti tra loro e in quelli con l’utenza, e ai privati che vi consentono” Cass. 26937/06 . É quindi insegnamento largamente condiviso che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, così come l’autocertificazione in genere, ha attitudine certificativa e probatoria esclusivamente in alcune procedure amministrative, essendo viceversa priva di efficacia in sede giurisdizionale Cass. 703/07 15486/07 6755/10 10191/10 . In materia successoria questi principi sono invero stati contraddetti da occasionali enunciati Cass. 5730/78 4275/76 5803/09 , ma restano lezione corrente Cass. 6132/08 , poiché si saldano coerentemente alla ferma giurisprudenza, applicata dalla Corte d’appello, secondo la quale incombe alla parte che ricorre per cassazione, nella qualità di erede della persona che partecipò al giudizio di merito, l’onere di dimostrare, il decesso della parte originaria e la propria qualità di erede in difetto, l’impugnazione dev’essere dichiarata inammissibile per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare Cass. 1943/11 15352/10 S.U. 4468/09 . Consegue da questi rilievi che parte ricorrente non ha adempiuto, nel termine concesso, all’ordine impartito ex articolo 331 cpc. Discende da quanto esposto, ai sensi della norma citata, la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite in favore dei contro ricorrenti costituiti, liquidate in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in euro 3.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.