Quale (stato di) necessità di tamponare i Carabinieri?

Non sussiste lo stato di necessità quando un soggetto tamponi l’autovettura dei Carabinieri nella quale sia trasportato, in stato di arresto, il fratello. Non conta che l’arrestato fosse affetto da malattie cardiache e che con il tamponamento l’uomo volesse indurre i pubblici ufficiali a trasportare il fratello prima in ospedale piuttosto che in carcere l’arrestato, infatti, aveva reagito con una condotta incompatibile con un pericolo attuale.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 45111, depositata il 31 ottobre 2014. Il caso. La Corte d’appello, decidendo in sede di rinvio, confermava la sentenza con la quale il gup aveva ritenuto colpevole l’imputato dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento, consistito nel tamponare l’autovettura dei Carabinieri, due volte, nella quale si trovava il fratello dell’imputato in arresto. Avverso tale decisione ricorreva per cassazione il soccombente, lamentando la violazione degli articolo 337 resistenza a un pubblico ufficiale e 635 c.p. danneggiamento . Il ricorrente lamenta che, nonostante l’annullamento della Cassazione per carenza motivazionale riguardo all’invocata esimente dello stato di necessità, la Corte territoriale era incorsa nuovamente nello stesso vizio. Secondo il ricorrente la Corte non aveva considerato che i tamponamenti non erano stati finalizzati per far desistere la p.g. dall’arresto, bensì per indurre i Carabinieri a prestare soccorso al fratello ed indurli a portarlo in ospedale, essendo il ragazzo affetto da problemi di natura cardiaca, prima che alla casa circondariale. Da considerare la condotta dell’arrestato. Il ricorso è infondato. Difatti, la condotta dell’imputato non può ritenersi dovuta perché in stato di necessità. Così come quella del fratello, che al momento della notifica dell’ordine di arresto, aveva reagito in malo modo, colpendo con pugni i carabinieri. Tale atteggiamento non si addiceva ad un cardiopatico, che secondo l’assunto della difesa necessitava di essere immediatamente ricoverato invece che portato in carcere. La censura è manifestatamente infondata perché tenta di introdurre in sede di legittimità una nuova e alternativa versione dei fatti. Sulla base di tali argomenti la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 settembre – 31 ottobre 2014, numero 45111 Presidente Petti – Relatore Rago Fatto 1. Con sentenza del 16/04/2013, la Corte di Appello di Napoli decidendo in sede di rinvio - a seguito di annullamento della sentenza del 16/03/2010 pronunciata dalla Corte di Appello di Napoli, da parte della sentenza n° 18464/2012 pronunciata dalla sesta sezione della Corte di Cassazione - confermava la sentenza con la quale, in data 09/05/2007, il giudice dell'udienza preliminare dei tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva ritenuto L.R. colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento consistito nel tamponare, per due volte, l'autovettura dei C.C. nel quale si trovava il proprio fratello tratta in arresto dai suddetti militi. 2. Avverso la suddetta sentenza, l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi 2.1. VIOLAZIONE DEGLI articolo 337 - 635 COD. PEN. il ricorrente lamenta che, nonostante l'annullamento da parte della S.C. per carenza motivazionale in ordine all'invocata esimente dello stato di necessità, la Corte territoriale era incorsa nuovamente nello stesso vizio, in quanto non aveva motivato adeguatamente sul punto devolutale dalla S.C. o, comunque, aveva motivato in modo dei tutto illogico. La Corte, infatti, non aveva considerato che «i tamponamenti, se si vuol credere alla versione della Polizia Giudiziaria che questi fossero volontari, non erano difatti assolutamente finalizzati a far desistere la p.g. dall'arresto, ma piuttosto erano chiaramente un estremo tentativo di indurre i C.C. a prestare soccorso al L.B. ed indurli a portarlo in ospedale prima che alla casa circondariale [ 1» 2.2. VIOLAZIONE DELL'articolo 81 COD. PEN. per non avere la Corte motivato sulla consistenza dell'aumento inflitto per il reato di danneggiamento. Diritto 1. VIOLAZIONE DEGLI articolo 337 - 635 COD. PEN. la censura è manifestamente infondata. Questa Corte di legittimità, con la sentenza n° 18464/2012, aveva annullato la sentenza della Corte territoriale per deficit motivazionale avendo la suddetta Corte omesso di valutare e trascurato «di rispondere alle doglianze, specificamente proposte dall'appellante, in punto di applicazione del combinato disposto degli articolo 54 e 59 c. p., attesa la prospettata erronea percezione - valutazione, da parte dell'agente, della arbitrarietà della condotta dei pubblici ufficiali, nonché in punto di contenimento della sanzione, genericamente definita congrua e quindi insuscettibile di riduzione». La Corte, quindi, avrebbe dovuto motivare sui seguenti due punti a se fosse configurabile o anche semplicemente erroneamente supposto lo stato di necessità da parte dell'imputato b per quali ragioni l'aumento di pena inflitto per la continuazione fosse congruo. In ordine al primo punto, la Corte ha ricostruito il fatto nei seguenti termini «gli agenti delle forze dell'ordine si erano avvicinati all' autovettura dentro la quale vi erano i due L. l'attuale imputato e il fratello al fine di notificare al fratello dell'imputato ordine di esecuzione di mandato di arresto il fratello dell'imputato aveva reagito in malo modo, colpendo con pugni uno dei due carabinieri, ed era stato ammanettato e portato via con la vettura di servizio l'imputato, intanto, si era posto alla guida della sua autovettura ed aveva iniziato a speronare l'auto dei carabinieri, che veniva danneggiata». Alla stregua della suddetta ricostruzione fattuale, la Corte ha tratto la seguente conclusione giuridica «La condotta posta in essere dall'imputato integra sia il reato di resistenza a pubblico ufficiale che quello di danneggiamento, come contestati a nulla rilevano le osservazioni mosse dalla difesa sul punta Ed invero, il comportamento posto in essere dal L. non può essere inquadrato, come invece sostenuto dal difensore, nell' esimente dello stato di necessità , che scrimina la condotta illecita quando colui che ha commesso il fatto sia stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Nel caso di specie la difesa deduce che le gravi condizioni di salute del fratello dell'imputato avrebbero indotto il L. a commettere la condotta illecita allo scopo di evitare danni gravi alla persona. Si rileva che lo stesso comportamento tenuto dal L. appare incompatibile con la necessità rappresentata, ovvero il pericolo attuale di un danno grave alla persona, atteso che proprio per la stessa patologia, dalla quale l'imputato è affetto consistenti in problemi di natura cardiaca una condotta come quella posta in essere avrebbe potuto essere fatale». Si tratta di motivazione ineccepibile sia dal punto di vista giuridico che fattuale in quanto, contrariamente a quanto nuovamente sostenuto in modo tralaticio dall'imputato nel presente ricorso, nel fatto così come descritto dalla Corte non è minimamente ipotizzabile né lo stato di necessità né l'erronea supposizione del medesimo proprio perché, come bene ha stigmatizzato la Corte con ragionamento incensurabile, lo stesso comportamento del ricorrente deve ritenersi incompatibile con il presunto stato di necessità, così come quello tenuto dal di lui fratello che, alla notifica dell'ordine di arresto, non ebbe alcuna remora a reagire «in malo modo, colpendo con pugni uno dei due carabinieri» comportamento questo che, certo, non si addice ad un cardiopatico che, secondo l'assunto difensivo, necessitava di essere immediatamente ricoverato invece che tradotto in carcere. Pertanto, la censura dev'essere dichiarata manifestamente infondata, in quanto meramente reiterativa di quella già dedotta nel giudizio di merito e disattesa con motivazione congrua ed aderente ai dati fattuali, dalla Corte territoriale. La censura, in altri termini, è manifestamente infondata perché, in modo surrettizio tenta di introdurre in sede di legittimità una nuova ed alternativa versione dei fatti. 2. VIOLAZIONE DELL'articolo 81 COD. PEN. anche la suddetta censura va ritenuta manifestamente infondata in quanto la motivazione addotta dalla Corte territoriale [«La pena individuata come pena base dal primo giudice in anni due di reclusione in relazione al reato continuato di resistenza, che si snoda in successive condotte di tamponamento appare conforme a giustizia e proporzionata al caso di specie, connotato da estrema gravità, atteso che la condotta dell'imputato è stata rivolta contro pubblici ufficiali, che dovevano eseguire ordini dell'autorità giudiziaria, mettendo a repentaglio la integrità fisica dei predetti le circostanze attenuanti generiche sono state riconosciute il fatto precede la riforma dell'articolo 62 bis c. p., in forza della quale è precluso il riconoscimento di dette circostanza sulla sola base dello stato di incensuratezza solo in considerazione dello stato di incensuratezza, e l'aumento di pena operato per effetto del danneggiamento appare davvero adeguata per le ragioni su esposte»] deve ritenersi ampia, congrua e logica e, quindi, non censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio. Non può essere dichiarata la prescrizione, in quanto, essendo stati tutti i motivi del ricorso dichiarati inammissibili, trova applicazione il principio di diritto secondo il quale «l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 c.p.p.» ex plurimis SSUU 22/11/2000, De Luca, Riv 217266 - Cass. 4/10/2007, Impero. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00. P.Q.M. DICHIARA inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.