In tema di reato di turbata libertà degli incanti, la mancata esclusione di un’associazione temporanea di imprese, per insufficienza della documentazione prodotta in sede di gara, non costituisce prova di un accordo collusivo con il componente della commissione giudicatrice per l’affidamento dell’appalto.
Tale condotta può, al più, integrare un’ipotesi di violazione della lex specialis della relativa procedura amministrativa, ma non è idonea a provare, di per sé stessa, il concorso nel reato, il quale presuppone tanto la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri, quanto la volontà di agire per la realizzazione dello scopo comune. Lo ha stabilito la Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 46309, depositata il 29 novembre 2012. La fattispecie rilevante. La pronuncia in esame prende le mosse dalla sentenza con la quale la Corte di Appello di Catanzaro aveva assolto l’imputato, precedentemente condannato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale del capoluogo calabrese, a seguito di rito abbreviato. Tale decisione veniva impugnata dal Procuratore della Repubblica presso la Corte di Appello di Catanzaro, il quale deduceva la mancanza e la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato, nella parte in cui aveva ritenuto penalmente irrilevante la condotta del componente della commissione di una gara di appalto, indetta per la realizzazione di un nuovo impianto di depurazione nel Comune di Catanzaro Lido. Il concorso nella turbativa d’asta Nella pronuncia in commento, la Sesta Sezione della Suprema Corte esclude analiticamente l’ammissibilità del gravame interposto dalla pubblica accusa. In particolare, la Corte sottolinea, in primo luogo, la valenza - unicamente sul piano amministrativo - della violazione del bando di gara, consistente nella mancata allegazione, da parte dell’impresa partecipante, del documento relativo al costo di gestione del nuovo impianto di depurazione del Comune di Catanzaro Lido, il quale – nei proponimenti della stazione appaltante – avrebbe dovuto avere una vita media di almeno vent’anni. Orbene, giova premettere che, in base alla concezione unitaria del concorso di persone nel reato, l’attività costitutiva del concorso potrà essere rappresentata anche dal rafforzamento dell’altrui proposito criminoso, con l’agevolazione dell’opera dei concorrenti. Ne consegue che il contributo concorsuale assumerà rilevanza anche in casi diversi da quelli in cui esso abbia efficacia causale diretta, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, in ossequio alla cosiddetta teoria condizionalistica della causalità o teoria della condicio sine qua non – articolo 40, comma 1, c.p. . In altri termini, il contributo del compartecipe assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione indefettibile della violazione secondo la citata teoria condizionalistica , ma anche quando prenda la forma di un contributo agevolatore, e cioè quando l’illecito, senza la condotta di agevolazione, sarebbe egualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà. presuppone la prova della coscienza e volontà della collusione. Rigettando integralmente il gravame del Procuratore generale, la Cassazione sottolinea altresì la non necessità di provare, nel delitto di turbata libertà degli incanti, il previo concerto fra i concorrenti. Ciò non toglie, per i Giudici di Piazza Cavour, che, in base ai principi generali che regolano il concorso di persone nel reato e dunque anche quella particolare ipotesi di reato del privato contro la Pubblica Amministrazione di cui all’articolo 353 del codice penale , la realizzazione dell’illecito de quo è concepita come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei quali l’evento punito costituisce il risultato, anche se detti atti, singolarmente considerati, possono anche non essere illeciti. A tal fine, peraltro, occorre sempre che sussista, nei singoli partecipi, la consapevolezza del collegamento finalistico dei vari atti, e, cioè, la coscienza e volontà di portare un contributo materiale e psicologico nell’illecito perseguito da tutti.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 ottobre – 29 novembre 2012,numero 46309 Presidente De Roberto – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 giugno 2011, all'esito del relativo giudizio abbreviato, il G.u.p. presso il Tribunale di Catanzaro condannava A.G. alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 442,00 di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, in ordine al delitto di tentata libertà degli incanti, commesso in Catanzaro sino al 6 ottobre 2004, dichiarandolo, inoltre, incapace di contrattare con la P.A. per la durata della pena inflitta. 2. Evidenziava il G.u.p. come l'A. , nella sua qualità di componente la commissione giudicatrice per l'affidamento dell'appalto per la costruzione e la successiva gestione del nuovo impianto di depurazione nel Comune di Catanzaro Lido, non avesse deliberato in concorso con altre persone separatamente giudicate l'esclusione dell'A.T.I. L. – R. - C.E.R., pur a fronte della rilevata incompletezza della documentazione necessaria al fine di valutare compiutamente gli aspetti tecnici del progetto, assieme alla convenienza economica dell'offerta, e nonostante il non consentito ribasso degli oneri per la sicurezza dei lavoratori, così ponendo in essere atti idonei diretti in modo non equivoco ad alterare la regolarità della gara e ad influenzarne il risultato, garantendone l'aggiudicazione alla predetta associazione temporanea di imprese, senza che l'evento si fosse verificato per causa indipendente dalla volontà dei soggetti autori del preventivo accordo collusivo intervenuto con R.V. e L.S. . Il documento mancante intitolato costo di gestione del nuovo impianto tenendo conto di una vita media del medesimo di almeno venti anni era da inserire a pena di esclusione, secondo quanto stabilito sia nel capitolato prestazionale di gara, sia nella lettera di invito, ed era ritenuto fondamentale in quanto avrebbe permesso di individuare specificamente i costi di gestione dell'impianto durante i successivi venti anni, restando a carico della P.A. i costi non espressamente previsti. 3. Con sentenza del 9 febbraio 2012, la Corte d'appello di Catanzaro, in riforma della sentenza pronunciata dal G.u.p. di quel Tribunale in data 3 giugno 2011, ha assolto A.G. dal reato in rubrica ascrittogli per non avere commesso il fatto. 4. Avverso la predetta sentenza assolutoria ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Catanzaro, deducendo la mancanza e contraddittorietà della motivazione, in quanto la mancata esclusione dell'A.T.I. L. - R. , lungi dal costituire mera violazione della lex specialis, giustificata da una improbabile possibilità di procedere comunque alla valutazione dei costi, rappresenterebbe un mezzo fraudolento palesemente idoneo a turbare la gara l'attiva partecipazione dell'imputato alla redazione del verbale di seduta della commissione giudicatrice del 6 ottobre 2004, in cui non veniva deliberata l'esclusione della predetta A.T.I. nonostante la mancata presentazione di un documento previsto a pena di esclusione, costituirebbe, infatti, un elemento idoneo a fornire la prova della sua consapevolezza di contribuire all'attuazione dell'accordo collusivo mirante a turbare lo svolgimento della gara. Considerato in diritto 5. Il ricorso è inammissibile, in quanto volto non a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dall'impugnata decisione, il cui assetto motivazionale, di contro, ha ricostruito adeguatamente la base storico-fattuale oggetto della regiudicanda, traendone le conseguenze logicamente coerenti con il quadro delle risultanze offerte dai dati processuali a disposizione. 6. Dall'iter motivazionale dell'impugnata pronuncia, infatti, emerge con chiarezza come la Corte territoriale abbia, con congrua e lineare esposizione logico-argomentativa, escluso la responsabilità dell'imputato sulla base delle indicazioni offerte dalle prove documentali e dal contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione, ponendo in evidenza, contrariamente a quanto ritenuto nella pronuncia resa dal Giudice di primo grado a che il ribasso degli oneri di sicurezza, anche tenendo conto delle pronunce numero 2949/2007 e numero 4378/2008 del Consiglio di Stato, era un'operazione consentita e che la mancata esclusione della predetta associazione temporanea di imprese, conseguentemente, non poteva essere valorizzata come condotta rappresentativa dell'esistenza dell'ipotizzato accordo collusivo b che l'anomalia riscontrata ossia, la non esclusione della predetta associazione dalla gara, nonostante l'insufficienza della sua produzione documentale può integrare i profili di una violazione del bando quale lex specialis della relativa procedura amministrativa, ma non può, di per sé stessa, costituire la prova dell'ipotizzata condotta delittuosa, in assenza di qualsiasi spiegazione in ordine alle modalità ed alle circostanze con cui i vari soggetti implicati nella vicenda processuale avrebbero in concorso tra loro agito per la realizzazione di uno scopo comune necessariamente fraudolento, tenuto conto, per un verso, del fatto che furono gli stessi membri della commissione giudicatrice a dare atto della mancata allegazione dell'elaborato relativo ai costi di gestione spiegando di poter, comunque, sottoporre a vantazione l'offerta proveniente dalla predetta associazione temporanea , e, per altro verso, dell'assenza di un'adeguata valenza dimostrativa del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione, indicativo di comportamenti neutri da parte dell'imputato, o, comunque, suscettibili di spiegazioni alternative rispetto all'ipotizzata mala fede. Al riguardo, pertanto, deve ritenersi che il percorso argomentativo seguito dall'impugnata pronuncia sia stato congruamente ed esaustivamente tracciato, sottraendosi, in quanto tale, ad ogni possibile censura in questa Sede formulabile Sez. 6, numero 11189 del 08/03/2012, dep. 22/03/2012, Rv. 252190 ed uniformandosi al quadro dei principii da questa Suprema Corte delineati in tema di concorso nel reato di turbata libertà degli incanti Sez. 6, numero 37337 del 10/07/2003, dep. 30/09/2003, Rv. 227321 , secondo cui, se non occorre di certo fornire la prova del previo concerto tra i concorrenti, è necessario, ciò nondimeno, dimostrare che ciascuno di essi abbia agito per una finalità unitaria, con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di agire per la realizzazione dello scopo comune, dimostrazione, questa, che nel caso di specie, sulla base di quanto posto in rilievo nell'impugnata pronunzia, non può dirsi in alcun modo affiorata dalla compiuta disamina delle relative emergenze processuali, né dal ricorrente validamente fornita. 7. La Corte territoriale, in definitiva, ha fatto buon governo dei principii che regolano la materia, illustrando compiutamente le ragioni giustificative dell'epilogo decisorio cui è pervenuta in ordine alla ritenuta esclusione degli elementi richiesti per la configurazione della contestata ipotesi delittuosa. Né, del resto, può ritenersi ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere I7ter argomentativo seguito dal Giudice di merito, in modo da controllarne la completezza e l'insussistenza di vizi logici manifestamente percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza del percorso motivazionale alle acquisizioni processuali. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso.