Furto in banca: la presenza di guardie giurate non esclude la colpa grave

Nel valutare la condotta colposa di un istituto bancario bisogna far riferimento alla specifica professionalità esigibile da un soggetto altamente qualificato.

E’ escluso, pertanto, che il metro di valutazione possa essere la semplice diligenza del buon padre di famiglia. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 18706/12, depositata il 31 ottobre. Il caso. Il cliente di una banca cita l’istituto di credito per farsi risarcire il danno dovuto al furto di valori contenuti in una cassetta di sicurezza. La causa viene riunita al processo promosso dalla banca nei confronti della propria assicurazione nonché dell’istituto di vigilanza addetto alla sicurezza dei locali. Il giudice di primo grado condanna la banca al risarcimento, mentre la Corte d’Appello, in parziale accoglimento del gravame di quest’ultima, riduce l’entità dell’importo stabilito, riconoscendo l’operatività del limite di responsabilità previsto in assenza di colpa grave. La causa viene allora portata all’attenzione dei giudici di legittimità. Quando c’è colpa grave? La questione fondamentale ruota attorno all’esclusione o meno della colpa grave da parte della banca, con la relativa operatività della clausola limitativa. Premesso che è inesatto affermare, come sostenuto dal ricorrente, che l’esclusione del caso fortuito comporti necessariamente la colpa grave del debitore, la S.C. ricorda che, nel valutare la grave ed inescusabile imprudenza, negligenza ed imperizia, bisogna - nella fattispecie - riferirsi non alla diligenza del buon padre di famiglia, ma alla «specifica professionalità esigibile da un soggetto altamente qualificato, istituzionalmente erogatore di un servizio di interesse pubblico». Alla luce di tale principio, appare lacunosa la motivazione dei giudici di merito, laddove ritiene che la predisposizione di un servizio di sicurezza composto da più uomini possa escludere la colpa grave dell’istituto bancario tale affermazione, a giudizio degli Ermellini, non dà conto del soddisfacimento del particolare grado di difese richiesto in materia. Il fatto che il valore dei beni contenuti nella cassetta di sicurezza fosse superiore al tetto massimo contrattualmente stabilito non ha, a giudizio della Cassazione, alcun rilievo pratico sulla decisione. Invano la banca si difende. Quanto al ricorso incidentale proposto dall’istituto di credito, la Cassazione ritiene infondate le censure proposte, riguardanti rispettivamente la domanda di nullità dell’intero contratto nell’ipotesi di invalidità di singole clausole e l’applicabilità dell’articolo 1225 c.c., sotto il profilo dell’imprevedibilità del danno risarcibile. In linea con la tradizionale tendenza interpretativa che equipara la colpa grave al dolo, la S.C. ritiene che la clausola limitativa in esso prevista non operi nella fattispecie in esame. Per questi motivi la Cassazione, riuniti i ricorsi, cassa la sentenza con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 21 giugno – 31 ottobre 2012, numero 18706 Presidente Plenteda – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 25 gennaio 1993 il sig. B.D. conveniva dinanzi al Tribunale di Torino l'Istituto Bancario San Paolo di Torino - più tardi San Paolo Imi s.p.a. - per sentirlo condannare al risarcimento del danno da furto di valori contenuti in una cassetta di sicurezza sita nella sede dell'Istituto, in Roma, trovata forzata ed aperta. Costituitosi ritualmente l'Istituto San Paolo di Torino eccepiva l'assenza di colpa grave e quindi l'operatività del limite di responsabilità contrattualmente convenuto in lire 10 milioni. Nel corso dell'istruttoria veniva disposta la riunione ex articolo 274 cod. proc. civ. con altro processo promosso dalla banca nei confronti delle Assicurazioni generali, che coprivano l'evento dannoso, e della Mondialpol s.p.a., istituto di vigilanza addetto alla sicurezza dei locali, al fine di essere garantita. Dopo l'espletamento di prova testimoniale, venivano ammessi e prestati dall'attore il giuramento suppletorio e quello estimatorio sui fatti di causa. Con sentenza 21 luglio 2003 il Tribunale di Torino condannava la banca al risarcimento del danno, liquidato in Euro 40.500,00, oltre rivalutazione, interesse e spese di lite e dichiarava la Mondialpol tenuta a manlevare la Banca. In parziale accoglimento del successivo gravame di quest'ultima, la Corte d'appello di Torino, con sentenza 28 gennaio 2005, riduceva il risarcimento alla somma di Euro 6972,17 e compensava tra le parti le spese del doppio grado di giudizio nella misura di tre quarti ponendo la residua frazione a carico della banca. Motivava - che era provata dalla confessione resa in sede penale la corresponsabilità di un dipendente della Mondialpol incaricata di provvedere alla vigilanza dei locali, e ciò era titolo di responsabilità della banca ai sensi dell'articolo 1839 cod. civ. e della clausola numero 3 del contratto, non essendo ravvisabile nella specie l'esimente del caso fortuito - che tuttavia la responsabilità andava ascritta a titolo di colpa lieve, dal momento che la banca si era fatta carico di provvedere con mezzi in astratto adeguati alla custodia dei locali dove erano conservate le cassette di sicurezza, e ciò comportava la validità del limite di responsabilità contrattualmente fissato in lire 10 milioni, superabile solo in caso di dolo e colpa grave, ai sensi dell'articolo 1229 codi. civile Avverso la sentenza, non notificata, il sig. B. proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, notificato l'8 marzo 2006 ed ulteriormente illustrato con memoria ex articolo 378 cod. proc. civile. Deduceva 1 la violazione degli articolo 1229 1839 cod. civile, nonché la carenza di motivazione nell'esclusione della colpa grave della banca, una volta negata l'esistenza del caso fortuito esimente 2 la violazione degli articolo 115, 116 cod. proc. civ. e degli articoli 1839, 2727 e 2736 cod. civ., nonché la carenza di motivazione nella ritenuta validità della clausola limitativa 3 la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui censurava l'ammissione del giuramento suppletorio, pur dopo aver accertato il valore esorbitante dei beni custoditi nella cassetta di sicurezza 4 l'erronea dichiarazione di assorbimento, per sopravvenuta carenza di interesse, dell'appello incidentale proposto in punto quantum debeatur. La Banca San Paolo Imi s.p.a. resisteva con controricorso e svolgeva, a sua volta, ricorso incidentale in un unico motivo, con cui censurava l'omessa pronunzia sulla domanda di restituzione della maggior somma pagata in esecuzione della sentenza di primo grado nonché ricorso incidentale condizionato, in due motivi, deducendo l'omessa pronunzia sulla domanda di nullità dell'intero contratto e la mancata pronunzia sull'applicabilità dell'articolo 1225 cod. civile. All'udienza del 21 giugno 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Dev'essere preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e del ricorso incidentale, concernenti entrambi la medesima sentenza articolo 335 cod. proc. civ. . Con i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, il ricorrente deduce la violazione degli articolo 1229 e 1839 cod. civile, nonché la carenza di motivazione nell'esclusione della colpa grave della banca e nella ritenuta validità della clausola limitativa. Il motivo è fondato. La Corte d'appello di Torino, dopo aver confermato l'accertamento negativo dell'esimente del caso fortuito nel furto in questione, ha ritenuto esclusa la colpa grave dell'istituto, causa di inefficacia della limitazione convenzionale di responsabilità articolo 1229 cod. civ. , sulla base del rilievo che la banca aveva provveduto a predisporre, oltre alle consuete apparecchiature meccaniche, anche un servizio di sicurezza idoneo, in astratto, a scongiurare l'evento dannoso. Il ricorrente censura la statuizione, assumendo tra l'altro che l'esclusione del caso fortuito comporti, necessariamente, l'affermazione della colpa grave del debitore. Quest'ultima deduzione non trova peraltro alcun conforto nella disciplina dell'inadempimento, dal momento che l'articolo 1218 cod. civ. pone un'inversione dell'onere della prova, ma non una presunzione qualificata di colpa grave del debitore inadempiente che, costituendo evenienza speciale, legata ad una macroscopica violazione degli ordinari canoni di diligenza, prudenza e perizia, è addirittura equiparata, per diuturna tradizione dottrinaria, all'elemento psicologico del dolo. Ciò premesso, si osserva come l'accertamento, in concreto, dell'assenza di colpa grave a carico della banca appaia manchevole sotto il primo motivo. La grave ed inescusabile imprudenza, negligenza ed imperizia del debitore dev'essere, nella specie, ragguagliata non già alla diligenza media del buon padre di famiglia, bensì alla specifica professionalità esigibile da un soggetto altamente qualificato, istituzionalmente erogatore di un servizio di interesse pubblico cui quindi è imposta la doverosa predisposizione di tutti gli accorgimenti resi disponibili dalla tecnica più avanzata e delle cautele idonee a prevenire l'evento dannoso articolo 1176, secondo comma, cod. civ. . Ed è proprio qui che l'iter argomentativo della sentenza si rivela lacunoso, riducendosi alla costatazione che la banca aveva provveduto a predisporre, oltre alle consuete apparecchiature meccaniche, anche un servizio di sicurezza composto da uomini che più opportunamente avrebbero potuto rendersi conto della presenza di ladri nell'interno dei locali . Motivazione lacunosa, inidonea a dar conto del soddisfacimento del grado particolarmente elevato di difese richiesto in materia, da valutare necessariamente in raffronto con le modalità esecutive del furto, di cui non è cenno nella ricostruzione del fatto. Per il resto, l'affermazione della violazione da parte del B. dell'obbligo di non immettere nella cassetta di sicurezza beni di valore superiore al tetto massimo contrattualmente stabilito è priva di riflessi pratici sulla ratio decidendi, dato che la corte territoriale non ha tratto da ciò la conseguenza dell'operatività del limite di responsabilità dando, anzi, implicitamente per scontato che la limitazione non operasse in caso di dimostrata colpa grave della banca articolo 1229 codice civile , in conformità con la consolidata giurisprudenza di questa Corte. Il terzo ed il quarto motivo, come pure il ricorso incidentale autonomo, restano pertanto assorbiti. Viene ora all'esame il ricorso incidentale condizionato del San Paolo Imi spa. Con il primo motivo si deduce l'omessa pronunzia sulla domanda di nullità dell'intero contratto nell'ipotesi di invalidità di singole clausole, ex articolo 1419 cod. civile. Ci si riferisce, in punto di fatto, al patto limitativo di responsabilità entro il tetto previsto nel contratto lire 10 milioni , corrispondente al valore massimo dei beni di cui era consentita la custodia nella cassetta di sicurezza. Il motivo è infondato, perché la clausola in questione non è affatto nulla semplicemente, non è operativa in presenza di un comportamento della banca qualificato da colpa grave nella custodia dei beni in applicazione piana del principio di cui all'articolo 1229 codice civile. Con il secondo motivo si censura l'omessa pronunzia in ordine alla questione dell'applicabilità dell'articolo 1225 cod. civ. sotto il profilo dell'imprevedibilità del danno risarcibile. Anche questo motivo è infondato. Una volta accertata, in ipotesi, la colpa grave, ne conseguirebbe non solo l'inoperatività della clausola limitativa di responsabilità, ex articolo 1229 cod. civile, ma anche l'inapplicabilità dell'articolo 1225 cod. civile, come da giurisprudenza consolidata di questa Corte Cass., sez. 3, 30 settembre 2009 numero 20.948 Cass., sez. 1, 29 luglio 2004, numero 14.462 . L'indirizzo si palesa in linea, del resto, con la tradizionale equiparazione della colpa grave al dolo, espressamente eccettuato dalla limitazione legale del danno da illecito contrattuale. La sentenza deve essere quindi cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità. P.Q.M. - Riunisce i ricorsi - accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo, il quarto ed il ricorso incidentale autonomo - rigetta il ricorso incidentale condizionato - cassa la sentenza, nei limiti di cui in motivazione, e rinvia la causa alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità.