Assenze ingiustificate, dipendente licenziato. Ma la richiesta orale di aspettativa consente di salvare il ‘posto’

Seppur seguendo percorsi poco ortodossi, il dipendente ha comunque rispettato i principi di correttezza e di buonafede, chiedendo verbalmente al referente aziendale un periodo di aspettativa per ragioni di salute, e affidando il certificato medico a un collega per la consegna in azienda. Nessuna lesione grave del rapporto fiduciario impresa-lavoratore eccessiva la scelta di licenziare l’uomo.

Prassi fondamentale, anche in azienda, anche nei rapporti tra datore di lavoro e dipendente. Così, se è consuetudine comunicare verbalmente l’assenza per ragioni di salute, per poi inviare certificazione medica ad hoc , è illogico optare per il licenziamento nei confronti del lavoratore che ha rispettato quella consuetudine. Corretta, quindi, la scelta di presentare verbalmente richiesta di aspettativa in un colloquio telefonico col referente aziendale. Cass., sent. n. 20083/2013, Sezione Lavoro, depositata oggi . Comunicazione. Pomo della discordia è la lunga assenza – ingiustificata , secondo l’azienda – di un dipendente dal proprio luogo di lavoro. Comportamento assolutamente illegittimo, secondo i giudici di primo grado, che ritengono corretta la scelta dell’azienda di optare per la soluzione tranchant , ossia licenziamento . A ribaltare tale prospettiva provvedono i giudici della Corte d’Appello, che, rivalutando il materiale probatorio a disposizione, considerando eccessiva la sanzione espulsiva . A sostegno di questa visione vengono portati diversi elementi le precarie condizioni dell’uomo, vittima prima di un infortunio sul lavoro, e poi di un incidente stradale la comunicazione verbale fatta al referente aziendale accompagnata poi dalla consegna del certificato medico a un collega la condotta sempre corretta tenuta nell’ aver documentato le numerose assenze per circa un anno . Secondo i giudici, quindi, l’uomo aveva operato nella convinzione di aver rispettato le regole di correttezza e di buonafede nei confronti della propria azienda, facendo affidamento sul colloquio avuto col referente aziendale e sul certificato medico consegnato a un collega perché lo affidasse alla segretaria dell’azienda. Correttezza. Ebbene, anche in Cassazione viene condivisa la linea di pensiero emersa in Appello non è evidenziabile una nitida responsabilità ed intenzionalità del lavoratore nel volersi sottrarre ai suoi obblighi , ossia la comunicazione e la giustificazione delle proprie assenze da lavoro. Certo, si potrebbero discutere i requisiti formali della domanda di aspettativa , messa non ‘nero su bianco’ ma comunicata verbalmente al direttore dello stabilimento quale referente aziendale, ma non vi è dubbio sul fatto che l’uomo abbia richiesto l’aspettativa e poi prodotto documentazione medica , seppur seguendo percorsi poco ortodossi. Per giunta, viene evidenziato ancora dai giudici, l’assenza si era prolungata in modo abnorme anche perché la società non aveva reagito con prontezza . Complessivamente, quindi, i fatti contestati non presentano, secondo i giudici, una gravità tale da poter ledere il rapporto fiduciario impresa-dipendente. Ecco perché è da considerare come eccessiva, e illegittima, la misura adottata dall’azienda, ossia la decisione di licenziare il dipendente.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 maggio – 2 settembre 2013, n. 20083 Presidente Miani Canevari – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Con sentenza del 7.5.2008 il Tribunale del lavoro di Nola rigettava la domanda proposta da L.M.G. di dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimatogli dalla s.r.l. T.P. per assenza ingiustificata dal lavoro dal 1.9.2002 al 3.10.2002. Il Giudice di prime cure osservava che la tesi de L.M. secondo cui aveva avvertito del suo stato di malattia telefonicamente l’azienda ed aveva fatto istanza verbale al referente aziendale B. di aspettativa non avevano trovato conferma in sede istruttoria. La sanzione adottata poi non era tardiva in quanto il datore di lavoro aveva contestato la condotta del dipendente quando l’assenza ingiustificata era ancora in atto il CCNL prevedeva a sanzione espulsiva oltre 14 gg. di assenza ingiustificata. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 3.2.2010 riesaminava le deposizioni rese dai testi e sottolineava come le dichiarazioni rese dal teste B. secondo cui non avrebbe mai ascoltato L.M. manifestargli l’intenzione di chiedere un’aspettativa contrastavano con le stesse deduzioni della società nella memoria di costituzione e che nello stesso telegramma di recesso non si negava la circostanza. Inoltre il teste C., contrariamente a quanto poi affermato nel corso dell’istruttoria in sede di sommarie informazioni nel procedimento ex art. 700 c.p.c., aveva dichiarato di aver portato personalmente il certificato medico in azienda e di averlo lasciato sulla scrivania della segretaria. Il lavoratore aveva subito nel 2001 un infortunio sul lavoro ed era rimasto coinvolto in un incidente stradale il 14.6.2002 ed appariva altamente improbabile che, dopo aver documentato le numerose assenze per circa un anno, avesse inopinatamente cambiato atteggiamento. Era emersa nella documentazione medica prodotta una prescrizione di 30 gg. di riposo dal 27.8.2002. Era ragionevole ritenere che il M., che appariva in un periodo di poca lucidità mentale stante lo stato di malattia prolungato, avesse confidato sul colloquio avuto con il B. e sulla consegna della documentazione medica al C. sicché la sanzione appariva eccessiva alla luce delle circostanze prima menzionate ed anche in relazione alla non tempestività della reazione all’assenza ingiustificata protrattasi per oltre un mese della società, certamente non giustificata razionalmente con la lontananza tra la sede di Pomigliano e la centrale di Umbertide ove si prendevano le decisioni di ordine disciplinare. L.M. in sostanza aveva operato nella convinzione di aver rispettato le regole di correttezza e buona fede e comunque non era emersa una nitida responsabilità ed intenzionalità del lavoratore nel volersi sottrarre ai suoi obblighi pertanto una sanzione non espulsiva sarebbe stata giustificata in luogo di quelle ben più grave irrogata. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la T.P. s.r.l. con cinque motivi. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione di legge artt. 156 e 159 c.p.c. per avere la sentenza della Corte di appello di Napoli tenuto in considerazione le dichiarazioni rese dal teste C.P. nel procedimento ex art. 700 c.p.c. Il motivo è infondato la Corte territoriale ha esaminato sia le dichiarazioni del teste C. rese in primo grado sia quelle rese in precedenza, come era in suo potere non potendosi dubitare del fatto che le dichiarazioni rese dagli informatori possono costituire elementi di giudizio, se attentamente e prudenzialmente valutate come nel caso in esame. La Corte di appello ha conseguentemente verificato che di fronte ad una prima netta affermazione di aver portato personalmente il certificato medico del L.M. in azienda lasciandolo sulla scrivania della segretaria vi era stato un successivo diniego della circostanza senza alcuna apprezzabile ragione ed ha anche osservato che inizialmente il teste aveva anche confermato la prassi di una comunicazione verbale dell’assenza per malattia con produzione successiva dei certificati medici relativi. Pertanto la Corte territoriale ha valutato poco credibili le dichiarazioni rese dal teste nel corso del primo grado non solo perché in contrasto con quanto riferito con nettezza e precisione precedentemente, ma anche, per ragioni ulteriori in quanto il L.M. era stato a lungo malato ed aveva recapitato i certificati medici per oltre un anno, il che rende ulteriormente altamente improbabile che inopinatamente abbia, ad un certo punto, smesso di inviare i certificati medici al datore di lavoro. Non sussiste alcuna violazione di legge in quanto la Corte di appello ha valutato con motivazione congrua, logicamente coerente e strettamente ancorata ai dati processuali l’attendibilità del teste, escludendola. Con il secondo motivo si allega l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata la Corte territoriale non aveva tenuto conto delle dichiarazioni rese dal teste B. che aveva recisamente negato di avere, come direttore dello stabilimento, ricevuto richiesta di aspettativa. Il motivo appare infondato in quanto la Corte di appello ha esaminato attentamente le dichiarazioni rese dal B. che sono state in parte anche riportate in sentenza ma le ha giudicate inattendibili in quanto la stessa società non aveva mai negata la circostanza di cui si discute e lo stesso telegramma di recesso aveva solo contestato i requisiti formali della domanda di aspettativa, il che è certamente diverso dalla contestazione in radice di una richiesta del genere, come affermato dal B. in sede testimoniale. La motivazione appare congrua e logicamente coerente il Giudice di appello ha dato conto in modo razionale e sufficientemente argomentato con riferimento a dati processuali precisi del proprio potere discrezionale di valutazione delle testimonianze. Con il terzo motivo si allega l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata in ordine alla rottura del rapporto fiduciario delle parti. Anche il terzo motivo appare infondato. La Corte di appello ha ritenuto accertato sulla base di elementi fattuali e presuntivi precisamente indicati in sentenza che il lavoratore avesse da un lato richiesto l’aspettativa, dall’altro prodotto la documentazione medica e pertanto confidasse sull’avere rispettato gli obblighi di correttezza e buona fede. Peraltro l’assenza si era prolungata in modo abnorme anche perché la società non aveva reagito con prontezza senza plausibili giustificazioni. In considerazione di tali circostanze la condotta tenuta non poteva essere considerata di tale gravità da poter ledere il rapporto fiduciario tra le parti e poteva, se del caso, essere sanzionata con una misura non espulsiva. La motivazione appare congrua e logicamente coerente le censure sono in realtà di merito e tendono ad una rivalutazione del fatto”, inammissibile in questa sede. Con il quarto motivo si deduce l’insufficiente motivazione. Non era emersa alcuna esimente per il grave comportamento tenuto del L.M. Il motivo appare infondato e si sostanzia in realtà in una reiterazione di quello in precedenza esaminato, la Corte di appello ha analiticamente indicato le ragioni che ridimensionavano la gravità del fatto contestato il lavoratore era convinto di potersi affidare alla presentazione orale di un’istanza di aspettativa ed alla consegna di documentazione medica. Peraltro anche la reazione della società era intervenuta molto tardivamente. La motivazione appare congrua, non contraddittoria, incentrata su precisi dati processuali le censure appaiono invece di merito. Con l’ultimo motivo si, allega l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata la sede legale della società era in Umbertide e quindi la contestazione dell’assenza non era tardiva poiché era intervenuta non appena in Umbertide si era avuta notizia del fatto. Il motivo appare infondato in quanto sarebbe stata sufficiente una telefonata o anche una email alla sede di Umbertide per approntare una reazione tempestiva ad una assenza, a dire della società ingiustificata, dal lavoro, contestazione che di certo non sembra implicare alcun accertamento di una qualche complessità. La mera distanza fisica, peraltro modesta, tra il luogo di lavoro e la sede legale non può di certo giustificare il notevole ritardo nella contestazione, ritardo che peraltro il Giudice di appello sembra assumere solo come elemento di attenuazione della gravità del comportamento contestato, non come unica ragione di illegittimità del recesso che è stato considerato sproporzionato rispetto alla condotta e non illegittimo in sé, per tardiva contestazione del fatto. Si deve quindi rigettare il ricorso. Nulla spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.