Confermata la legittimità della dichiarazione di adottabilità pronunciata dal Tribunale per i minorenni. Fondamentale la valutazione della immaturità della donna, incapace di accudire le proprie figlie, a partire dalla necessità di rompere ogni legame col marito violento.
Madre immatura, incapace di allontanarsi dal marito violento, e, quindi, di difendere le proprie bambine. Nessun dubbio sulle carenze genitoriali della donna, ma decisivi sono gli effetti negativi sulle figlie. Assolutamente sensata la scelta della dichiarazione di adottabilità. Cassazione, sentenza numero 18132, Prima sezione Civile, depositata oggi Famiglia. A contestare la decisione dei giudici, ossia Tribunale per i minorenni e poi Corte d’Appello, è la madre delle due bambine, dichiarate ufficialmente adottabili e già affidate a una coppia di coniugi. Secondo la donna, è stato trascurato il «diritto» delle sue bambine di «vivere nella propria famiglia di origine», diritto sancito dalla normativa nazionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. E, viene aggiunto, è stata erronea anche la valutazione degli elementi relativi allo «stato di abbandono delle minori» e alla «personalità della madre». Minori da tutelare. Corretto, sulla carta, il richiamo fatto dalla donna, che, però, secondo i giudici della Cassazione, ha dimenticato di citare l’obbligo di garantire «assistenza materiale e morale» ai figli. Quest’ultimo elemento è decisivo, perché è indiscutibile «lo stato di abbandono delle minori e la valutazione fortemente negativa della madre». La donna, che ha manifestato «difficoltà a costituire un rapporto affettivo con le minori e a garantire loro un adeguato accudimento», ha evidenziato una «personalità immatura». Significativo, secondo i giudici, il non aver saputo «prendere le distanze dal marito violento e totalmente disinteressato verso le figlie». Altrettanto significativi i «gravissimi problemi di ritardo nello sviluppo delle bambini», problemi «venuti meno con l’affidamento provvisorio ad una coppia di coniugi». Quadro chiarissimo, quindi, che spinge alla conferma definitiva della «dichiarazione di adottabilità» delle due bambine.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 aprile - 26 luglio 2013, numero 18132 Presidente Salmè – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Il Tribunale per i Minorenni di Torino, con sentenza in data 28 luglio 2010, dichiarava l’adottabilità di B.E.M. e B.C.M. Proponeva impugnazione la madre, M.D. Si costituiva il “difensore” delle minori, chiedendo il rigetto dello appello. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza in data 30/9 - 31/7/2012, rigettava l’appello. Ricorre per cassazione la madre della minore. Non si costituiscono le altre parti. Motivo della decisione Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta violazione di “norme di diritto” nella trattazione del motivo si fa riferimento all’articolo 1 e 15 L. numero 184/1983 . Con il secondo, violazione di norme internazionali e in particolare dell’articolo 8 CEDU. Con il terzo, vizio di motivazione in ordine allo stato di abbandono delle minori, alla personalità della madre, alla valutazione della CTU espletata. I motivi appaiono infondati. L’articolo 1 L. numero 184/1983, enuncia il diritto del minore di vivere nella propria famiglia di origine, ma fino a che tale permanenza sia compatibile con il suo armonico sviluppo psicofisico. L’articolo 15 prevedere che lo stato di adottabilità sia dichiarato quando, anche dopo l’audizione dei genitori, emerga il persistere della mancanza di assistenza materiale e morale e la non disponibilità ad ovviarvi. L’articolo 8 CEDU, come del resto precisa la stessa ricorrente, enuncia il diritto al rispetto della vita privata e famigliare, ammettendo peraltro che in casi di necessità, ancorchè eccezionali e tra essi va annoverato sicuramente l’abbandono possa interrompersi ogni rapporto con la famiglia di origine. Quanto alla motivazione della sentenza impugnata, emerge palesemente lo stato di abbandono delle minori e la valutazione fortemente negativa della madre, attraverso le numerose relazioni dei servizi sociali, del servizio neuropsichiatrico infantile e della comunità di accoglienza della minore e della madre, la quale aveva difficoltà a costituire un rapporto affettivo con le minori e di garantire loro un adeguato accudimento, e si era poi allontanata dalla comunità, “abbandonando” le bambine. La CTU espletata parla di personalità immatura della M., che non aveva saputo prendere le distanze dal marito, violento e totalmente disinteressato verso le figlie, presentava notevole difficoltà nell’interpretare i bisogni delle figlie stesse e di soddisfare le necessità anche più semplici di accudimento si esprimeva dunque una prognosi negativa sulla possibile evoluzione della madre. Tale situazione - secondo la CTU, richiamata dalla sentenza impugnata - aveva provocato gravissimi problemi di ritardo nello sviluppo delle bambine, che erano venuti meno con l’affidamento provvisorio ad una coppia di coniugi. Va conclusivamente rigettato il ricorso. Nulla sulle spese, non essendosi costituite le altre parti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.