Assegno alla moglie, ‘no contest’ in Appello. Ma il termine per notificare ricorso e decreto di fissazione dell’udienza non è perentorio...

Sconfitta definitiva, almeno in apparenza, per l’uomo i giudici di secondo grado, difatti, valutano come improcedibile, a causa dell’omessa notifica del ricorso nel termine previsto, l’impugnazione proposta rispetto alla decisione di primo grado che ha riconosciuto l’assegno divorzile a favore dell’ex moglie. Tale situazione viene ora ribaltata, alla luce di un principio chiarissimo il termine non è perentorio, e, quindi, è possibile una ‘proroga’.

Assegno divorzile riconosciuto, in primo grado, alla donna. Ulteriore round in Corte d’Appello, dove i due coniugi, però, non ‘incrociano i guantoni’ difatti, l’impugnazione proposta dall’uomo viene valutata come «improcedibile» dai giudici. Fatale, in sostanza, il fatto che l’uomo, nelle vesti di appellante, abbia omesso di notificare il ricorso nel termine assegnato. Ma tale linea di pensiero viene ora sconfessata quel termine non è perentorio, e ciò comporta che sia possibile, per il giudice, concedere una ‘proroga’, ossia un nuovo termine. Questione riaperta, quindi Cassazione, sentenza numero 15144, sez. I Civile, depositata oggi Secondo grado nessun giudizio. Sconfitta in Tribunale l’uomo ‘subisce’ la decisione del giudice, il quale «ha disposto la corresponsione dell’assegno divorzile» all’ex moglie. Ma la prospettiva di far valere le proprie ragioni in Corte d’Appello si rivela fasulla Per i giudici di secondo grado, difatti, l’«impugnazione» proposta dall’uomo è «improcedibile». Ciò alla luce della constatazione che «l’appellante ha omesso di notificare il ricorso nel termine, assegnato con decreto del presidente del 30 marzo 2006 per l’udienza del 15 marzo 2007». Alla luce di questo dato di fatto, in sostanza, per i giudici è «irrilevante la già avvenuta concessione di un nuovo termine da parte del collegio all’udienza, in cui era comparso il solo difensore» dell’uomo, chiedendo «la concessione di nuovi termini» e «provvedendo all’adempimento». Ricorso notifica e termine. Completamente diversa, ora, la prospettiva adottata dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, richiamando una recentissima pronunzia delle Sezioni Unite Civili della Cassazione – la numero 5700/2014 –, ribaltano la decisione emessa dalla Corte d’Appello. Principio da applicare, anche in questa vicenda, è quello secondo cui «il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge». Ciò comporta che «il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine» – ora «avente carattere perentorio» – «entro il quale rinnovare la notifica». Alla luce di questa chiarissima linea di pensiero, l’uomo può rientrare in gioco nella battaglia giudiziaria con la moglie difatti, la vicenda viene affidata di nuovo alla Corte d’Appello per la «prosecuzione del giudizio».

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 giugno – 2 luglio 2014, numero 15144 Presidente Vitrone – Relatore Dogliotti Svolgimento di processo La Corte d'appello di Roma con sentenza del 31 marzo 2010 ha dichiarato improcedibile l'impugnazione proposta da G.R. per la riforma della sentenza del Tribunale di Roma, pronunciata in data 6 dicembre 2005, la quale ha disposto la corresponsione dell'assegno divorzile a favore di C.F La corte territoriale ha rilevato che l'appellante ha omesso dì notificare ìl ricorso nel termine, assegnato con decreto del presidente del 30 marzo 2006 per l'udienza del 15 marzo 2007 ha, quindi, ritenuto irrilevante la già avvenuta concessione di un nuovo termine da parte del collegio all'udienza predetta, in cui era comparso il solo difensore del ricorrente, che aveva chiesto la concessione di nuovi termini, provvedendo all'adempimento come pure, la corte ha ritenuto irrilevante la costituzione dell'appellata in giudizio ha, infine, concluso nel senso che l'inosservanza del termine originariamente fissato, in mancanza della richiesta di proroga prima della scadenza, comportasse l'improcedibilità della impugnazione. Propone ricorso per cassazione G.R., sulla base di un motivo. Resiste C.F. con controricorso. Nei termini di cui all'articolo 378 c.p.c., la resistente ha, altresì, depositato memoria. Motivi della decisione 1. - Con l'unico motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articolo 435, 709, 737 ss. c.p.c. e 8 della legge 6 marzo 1987, numero 74, per non avere la corte d'appello dichiarato la decadenza della controparte dalla facoltà di proporre la domanda riconvenzionale, non essendosi essa costituita dieci giorni prima dell'udienza di comparizione innanzi al giudice istruttore, termine così indicato dal presidente del tribunale, ma unicamente all'udienza stessa. 2. - Il ricorso è fondato. È di recente intervenuta sulla questione la sentenza delle Sezioni Unite del 12 marzo 2014, numero 5700, la quale con riguardo al procedimento camerale di equa riparazione per durata irragionevole del processo ha statuito che «il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge. Ne consegue che il giudice, nell'ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica». Di tale principio occorre fare applicazione anche nel caso di specie, per la forza espansiva delle considerazioni dalla sentenza compiute, la quale ha operato una rivisitazione dell'orientamento opposto espresso dalle Sezioni Unite Sez. unumero , 30 luglio 2008, numero 20604 , cui la corte d'appello si era uniformata. La sentenza impugnata, quindi, va cassata, con rinvio al medesimo ufficio giudiziario, in diversa composizione, per la prosecuzione del giudizio e la liquidazione anche delle spese di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri identificativi delle parti, ai sensi dell'articolo 52 d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno 2014.