Occorre la manifestazione stragiudiziale di un convincimento più diretto e concreto, non ravvisabile nell’esercizio di una “licenza” scientifica ed editoriale.
Pende presso il tribunale di Palermo il noto processo sulla trattativa Stato–Mafia dei primi anni ‘90, a carico di autorevoli esponenti della sfera politica ed istituzionale nazionale. Viene contestato agli imputati, fra cui un ex ministro della Repubblica, l’attentato ad un organo istituzionale dello Stato. Uno degli imputati, ex influente ufficiale dell’arma dei carabinieri, ricusa il giudice per l’udienza preliminare, ex articolo 36 lett. c , c.p.p Questi era stato autore di un volume su quella presunta trattativa con Cosa nostra, durante la stagione delle stragi di mafia. La Corte d’appello rigetta con ordinanza la richiesta. La ripropone in ultima istanza l’imputato il giudice avrebbe anticipato il giudizio in quella pubblicazione esibendo un pensiero ragionato, diretto ed inequivoco. La Cassazione, Seconda sezione Penale, con la sentenza numero 27813 depositata il 25 giugno 2013, rigetta l’impugnativa manca quel quid pluris in grado di inficiare l’imparzialità e la terzietà del giudicante. Le fonti comunitarie e nazionali. L’interpretazione stretta e tassativa dei casi di ricusazione. L’articolo 6, par. 6, della CEDU richiede l’imparzialità e la terzietà del giudicante, i quali si presumono. L’onore probatorio è a carico di chi le contesta, nessuna rilevanza hanno le supposizioni dell’imputato prive del conforto di elementi oggettivi che screditino la fiducia nell’equilibrio del giudice. Tuttavia la prova non è diabolica e la soglia da superare non è insormontabile, il giudice deve essere imparziale e deve anche apparire tale . Infatti, in più occasioni la Corte Edu ha censurato giudici che avevano comunicato in via epistolare il convincimento su situazioni processuali di cui avevano competenza. Gli articolo 36 e ss. c.p.p. si conformano ai pilastri comunitari, l’apparenza corrisponde allo stato dell’essere imparziale . Tuttavia, ha precisato la Corte costituzionale, ogni interpretazione dei casi indicati sub articolo 36 cit. non può che essere stretta e determinata , risulterebbe altrimenti leso il principio concorrente della precostituzione del giudice naturale, ex articolo 25 della Costituzione. I requisiti degli articolo 36 e 37 c.p.p. occorre prospettare uno specifico esito processuale. La mera asserzione o le valutazioni frammentarie, da parte del giudice, su parte dei fatti storici oggetto di contestazione non ne intaccano la presunzione di terzietà. Occorre che il giudice esprima un convincimento espresso, ossia un’ analisi o un ragionamento coordinato ed articolato che ricomponga i tasselli della vicenda storica di cui è competente e di cui ipotizzi uno specifico esito processuale. Il parere , invece, comunque rilevante ai sensi dell’articolo 37 c.p.p., non riposa su una riflessione, è più precario ed incidentale, ha il tempo di una battuta. Entrambi, parere o convincimento sugli esiti processuali , devono constatare l’oggetto del procedimento , da intendersi in senso più ampio della formale contestazione, siccome afferente all’intera dimensione sostanziale o processuale del caso – ad esempio, in ordine alle misure cautelari da applicare oppure ad uno degli elementi costitutivi più rilevanti delle fattispecie di reato contestate -. La soluzione della Cassazione l’attività scientifica ed editoriale non è né parere né convincimento, quando non viene anticipato il giudizio. I giudici di legittimità respingono il ricorso, la produzione editoriale è attività scientifica di raccolta e di valutazione dei dati. Costituisce uno sforzo storico e ricostruttivo comune all’attività giudiziale di cui tuttavia, nel caso concreto, il giudice non aveva fornito specifiche prognosi processuali. Anzi, i possibili esiti giudiziali erano rappresentati con formule dubitative ed assai evasive. Inoltre, conta la forma . La comunicazione utilizzata dal giudice non era di tipo assertivo, bensì di tipo retorico. Troppo poco per esprimere un censurabile convincimento fonte di ricusabilità.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 - 25 giugno 2013, numero 27813 Presidente Esposito – Relatore Beltrani