Il giudice di pace può rilevare l’illegittimità del provvedimento di espulsione se ricorrono i casi di irregolarità grave e manifesta

In tema di espulsione dello straniero, l’articolo 5 C.E.D.U. consente la privazione della libertà personale se si tratta dell’arresto o della detenzione regolare della persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione la pendenza di un procedimento espulsivo giustifica dunque la detenzione dell’interessato purché quest’ultima sia regolare, tenuto conto che il significato giuridico di “regolarità” della detenzione va accertato, trattandosi dell’interpretazione di una disposizione della Convenzione

Inoltre, in sede di convalida del decreto del Questore di trattenimento dello straniero raggiunto da un provvedimento di espulsione, il giudice è investito del potere di rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione, cioè nelle ipotesi di irregolarità grave e manifesta. È quanto emerge dalla sentenza numero 12609/14 della Corte di Cassazione, depositata il 5 giugno scorso. Il caso. Il Giudice di Pace, trovandosi a decidere su un decreto del Questore che disponeva il trattenimento di una cittadina ucraina in un centro di identificazione ed espulsione ai sensi dell’articolo 14 d.lgs. numero 286/1998, convalida, su l’assunto di una spiccata pericolosità sociale. L’immigrata, al tempo non ancora cittadina comunitaria, ricorre in Cassazione con tre motivi di doglianza. Provvedimento di espulsione legittimo? Con i seguenti motivi si decide di impugnare la decisione del Giudice di Pace, accogliente il decreto del Questore. In sostanza, si lamenta nel ricorso a la violazione dei principi di gradualità e di proporzionalità delle misure esecutive dell’espulsione dello straniero previsti dalla direttiva numero 2008/115/CE del 16 Dicembre 2008, sulla base di una presunta pericolosità sociale non dimostrata e in assenza di pericolo di fuga della stessa b in subordine al punto precedente, si solleva questione pregiudiziale davanti la Corte di Giustizia Europea per verificare la compatibilità della normativa nazionale con la direttiva comunitaria, nella parte in cui prevede la sola misura del trattenimento, senza alcuna graduazione, per i soggetti espulsi che siano presunti socialmente pericolosi ai sensi dell’articolo 13, comma secondo, lett. c , del d.lgs. numero 286/1998 c si lamenta la violazione degli articolo 5, 6 e 13 della C.E.D.U., in quanto non si prende in considerazione un trattamento meno coercitivo e in sindacato del giudice della convalida del trattamento è meramente formale, essendo limitato al solo decreto di trattenimento e non comprendendo la legittimità del provvedimento di espulsione presupposto, del quale va verificata la sola esistenza ed efficacia. Sussiste il pericolo di fuga. Chiamata la Sesta Sezione, il giudicante rileva l’importanza di esaminare tutti i punti del ricorso congiuntamente, ritenendoli però inammissibili per due ragioni. Prima di tutto, la misura disposta è stata giustificata dal pericolo di fuga, determinato dalla mancanza di un documento valido per l’espatrio, dal disinteresse manifestato a fare rientro nel paese d’origine, dalla mancanza di mezzi finanziari provenienti da fonti lecite, da un alloggio stabile ove essere rintracciata agevolmente e dall’assenza di un lavoro regolare inoltre, l’articolo 5 C.E.D.U., par. 1, lett. f , consente la privazione della libertà personale se si tratta dell’arresto o della detenzione regolare della persona contro la quale è in corso un procedimento d’espulsione la pendenza di un procedimento espulsivo giustifica dunque la detenzione dell’interessato purché quest’ultima sia regolare, tenuto conto che il significato giuridico di “regolarità” della detenzione va accertato, trattandosi dell’interpretazione di una disposizione della Convenzione. Infine, in sede di convalida del decreto del Questore di trattenimento dello straniero raggiunto da un provvedimento di espulsione, il giudice è investito del potere di rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione, cioè nelle ipotesi di irregolarità grave e manifesta.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 14 aprile – 5 giugno 2014, numero 12609 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso in fatto Il Giudice di pace di Roma ha convalidato il decreto con cui il Questore di Avellino aveva disposto il trattenimento della sig.ra M.N. , cittadina ucraina, in un centro di identificazione ed espulsione ai sensi dell'articolo 14 d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286. Alle difese dell'interessata, che eccepiva l'infondatezza dei motivi di pericolosità sociale posti a base del decreto di espulsione e la mancata graduazione della misura coercitiva applicata, il giudice ha risposto che l'interessata “non è in possesso di alcun documento identificativo, inoltre le eccezioni sollevate non sono in grado di superare la validità e la legittimità del provvedimento del questore”. La sig.ra M. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi di censura, cui l’amministrazione intimata non ha resistito. Con relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. il consigliere relatore ha proposto il rigetto del ricorso. La relazione è stata notificata all'avvocato delle ricorrente e comunicata al P.M L'avvocato della ricorrente ha presentato memoria. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo di ricorso si deduce che il trattenimento, disposto in esecuzione di espulsione intimata alla ricorrente perché ritenuta persona socialmente pericolosa ai sensi dell'articolo 1 L. 27 dicembre 1956, numero 1423 come modif. dall'articolo 2 L. 3 agosto 1988, numero 327 e giustificato con il pericolo di fuga, viola i principi di gradualità e di proporzionalità delle misure esecutive dell'espulsione dello straniero previsti dalla direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008. 2. - Con il secondo motivo, subordinato al primo, si chiede sollevarsi questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia Europea per verificare la compatibilità, con la direttiva predetta, della normativa nazionale nella parte in cui prevede la sola misura del trattenimento, senza alcuna graduazione, per i soggetti espulsi che siano presunti socialmente pericolosi ai sensi dell'articolo 13, comma 2 lett. c , d.lgs. numero 286 del 1998. 3. - Con tali motivi, tra loro connessi e dunque da esaminare congiuntamente, la ricorrente lamenta, in definitiva, che la misura del trattenimento sia stata nei suoi confronti applicata automaticamente, sulla base della sola considerazione del titolo dell'espulsione e senza valutare la possibilità dell'applicazione di misure meno coercitive. La complessiva censura, però è inammissibile per due ragioni. Anzitutto essa non si confronta con la ratio effettiva della decisione impugnata, nella quale non si fa alcun riferimento alla ragione dell'espulsione indicata dalla ricorrente, ossia alla sua pericolosità, e il trattenimento non viene giustificato per tale ragione, bensì per il fatto che l'interessata non era in possesso di alcun documento identificativo. Inoltre dallo stesso testo del decreto del Questore riportato nel ricorso risulta che il trattenimento era stato disposto “non essendo possibile applicare altre misure meno coercitive e sussistendo un concreto rischio di fuga” per una serie di ragioni, tra le quali la mancanza di un documento valido per l'espatrio, il disinteresse manifestato a fare rientro nel paese d'origine, la mancanza di mezzi finanziari provenienti da fonti lecite, di un alloggio stabile ove essere rintracciata senza difficoltà, di un lavoro regolare, oltre che dalla ritenuta pericolosità per la sicurezza e l'ordine pubblico. La censura della ricorrente, pertanto, non si attaglia alla fattispecie concreta, risultando dalla stessa narrativa del suo ricorso che in realtà una valutazione in concreto della impossibilità di applicare misure meno coercitive era stata effettuata dal questore. 4. - Con il terzo motivo si deduce la violazione degli articolo 5, 6 e 13 della Convezione Europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali perché, nell'ordinamento interno come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, il sindacato del giudice della convalida del trattenimento è meramente formale, essendo limitato al solo decreto di trattenimento e non comprendendo la legittimità del provvedimento di espulsione presupposto, del quale va verificata la sola esistenza ed efficacia. 5. - Neanche tale motivo può essere accolto. L'articolo 5 CEDU consente, al par. 1, lett. f , la privazione della libertà personale “se si tratta dell'arresto o della detenzione regolari di una persona . contro la quale è in corso un procedimento d'espulsione”. La pendenza di un procedimento espulsivo giustifica dunque la detenzione dell'interessato purché quest'ultima sia regolare . Il significato del riferimento alla regolarità della detenzione va accertato, trattandosi dell'interpretazione di una disposizione della Convenzione, anzitutto sulla scorta della giurisprudenza del giudice appositamente creato dalla Convenzione stessa, la Corte Europea dei diritti dell'uomo sul carattere vincolante dell'interpretazione delle norme della Convenzione fornita dalla Corte Europea cfr., per tutte, Corte cost. 349/2007 . Secondo tale giurisprudenza, l'articolo 5, p.1, cit., rinvia essenzialmente alla legislazione nazionale, sancendo l'obbligo di osservarne le norme sia procedurali che sostanziali, e tuttavia lo stesso successivo annullamento del titolo su cui è basata non comporta necessariamente l'irregolarità della detenzione per il periodo anteriore all'annullamento, occorrendo piuttosto distinguere tra titoli manifestamente non validi e titoli prima facie validi ed efficaci fino al momento in cui vengono annullati da un altro giudice interno. Questo è quanto risulta, in particolare, da due precedenti della Corte Europea dei diritti dell'uomo - le sentenze 8 febbraio 2011, ric. numero 12921/04, Seferovic c. Italia, e 1 dicembre 2009, ric. numero 3449/05, Hokic e Hrustic c. Italia — aventi specifico riferimento all'ordinamento italiano e riguardanti fattispecie di detenzione in un centro di permanenza temporanea di stranieri raggiunti da provvedimenti di espulsione annullati dal giudice dopo che erano stati convalidati i connessi provvedimenti di trattenimento. Si pone pertanto la questione della compatibilità tra l'articolo 5, p.1, lett. f , CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, a mente del quale non è regolare la detenzione dell'espulso allorché l'espulsione sia manifestamente illegittima secondo il diritto interno, e l'articolo 14 d.lgs. numero 286 del 1998, come interpretato dalla consolidata giurisprudenza interna cfr., fra le altre, Cass. 27331/2013, 24166/2010, 17575/2010, 20928/2009, 5715/2008 nella parte in cui, non consentendo al giudice della convalida alcun sindacato — se non quello di esistenza ed efficacia - sul decreto di espulsione, gli impedisce anche di rilevarne l'illegittimità nei casi in cui sia manifesta, e dunque di far valere l'irregolarità del trattenimento dello straniero espulso, con conseguente lesione del diritto di quest'ultimo a un ricorso effettivo ai sensi dell'art 13 della medesima Convenzione. Il che si traduce nella questione di legittimità costituzionale del richiamato articolo 14 d.lgs. numero 286 del 1998 per violazione dell'articolo 117, primo comma, Cost. per effetto della violazione della norma convenzionale interposta questione da rimettere al giudice delle leggi salva la possibilità di far luogo ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma interna cfr. Corte cost. nnumero 348 e 349 del 2007 . Detta possibilità certamente sussiste per la questione in esame. Posto, infatti, che l'articolo 14 d.lgs. numero 286 del 1998 - interpretato nel senso della totale esclusione del potere del giudice, nel procedimento di convalida del trattenimento, di sindacare la legittimità del decreto di espulsione presupposto — contrasta all'evidenza con il combinato disposto degli articolo 5, p.1, lett. f - interpretato nel senso indicato dalla Corte Europea — e 13 CEDU, che imporrebbe invece l'esercizio del detto sindacato da parte del giudice adito allorché l'illegittimità del decreto di espulsione sia manifesta, va osservato che tuttavia tale contrasto può essere superato attraverso una interpretazione convenzionalmente - e dunque costituzionalmente - orientata della norma interna. La lettera del richiamato articolo 14, infatti, non è di ostacolo a un' interpretazione che riconosca al giudice della convalida il potere di rilevare incidentalmente la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione. Va pertanto affermato, precisando il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che, in sede di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da provvedimento di espulsione, il giudice è investito del potere di rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione. Il medesimo principio vale ovviamente anche quanto alla disciplina - in tutto analoga sotto il profilo che qui rileva - della convalida dell'accompagnamento alla frontiera ai sensi dell'articolo 13, comma 5 bis, d.lgs. numero 286 del 1998. Che cosa poi debba intendersi, in concreto, per manifesta illegittimità è questione da risolvere, ancora una volta, in base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. A tal riguardo può osservarsi che sia la sentenza Seferovic che la sentenza Hokic e Hrustic, sopra richiamate, menzionano anzitutto quale esempio di manifesta illegittimità, il fatto che l'autorità abbia provveduto al di fuori della sua sfera di competenza. La prima di esse argomenta poi la sussistenza, nella fattispecie considerata, della violazione dell'articolo 5, p.1, CEDU in base al fatto che, ai sensi dell'articolo 19 d.lgs. numero 286 del 1998, la ricorrente non poteva essere espulsa perché aveva partorito da meno di sei mesi e le autorità erano a conoscenza di tale fatto, e tutto ciò “si traduce in una irregolarità grave e manifesta ai sensi della sua [ossia della stessa Corte Europea numero d.r.] giurisprudenza”, richiamando espressamente, a contrario, la sentenza Hokic e Hrustic, cit. In quest'ultima si era invece esclusa la violazione dell'articolo 5, p.1, CEDU perché il decreto di espulsione era stato, sì, annullato successivamente dal giudice di pace italiano, ma solo in quanto basato su un motivo diverso da quello in effetti sussistente il provvedimento faceva riferimento all'ipotesi di cui alla lett. a dell'articolo 13, primo comma, d.lgs. numero 286 del 1998, mentre ricorreva in realtà l'ipotesi di cui alla lett. b . Sia l'una che l'altra sentenza attribuiscono, inoltre, carattere dirimente alla buona o cattiva fede delle autorità che avevano disposto l'espulsione e la conseguente detenzione della persona espulsa la prima sentenza enunciando il principio che “per non essere tacciata di arbitrio, l’applicatone di tale misura di detenutone deve dunque essere fatta in buonafede” e in connessione con tale affermazione va letto, evidentemente, il successivo rilievo che le autorità sapevano del recente parto della ricorrente la seconda sentenza ribadendo in premessa generale, come la prima, il medesimo principio, e osservando alla fine, con riguardo alla fattispecie “La Corte non ritiene che le autorità abbiano agito in malafede o che non si siano impegnate ad applicare correttamente la legislazione pertinente . Chiaramente, un malinteso ha indotto le autorità interne a temere che i ricorrenti avessero sempre avuto una situatone irregolare” in continuità, del resto, con altri precedenti della medesima Corte, pure richiamati in termini, 6 dicembre 2007, ric. numero 42086/05, Liu e Liu c. Russia . Fatte queste premesse in diritto, deve concludersi che la censura articolata dalla ricorrente è inammissibile. Infatti, poiché deve ritenersi, per quanto sin qui osservato, che la CEDU imponga all'ordinamento interno di consentire al giudice della convalida un sindacato non già su tutte le ipotesi di illegittimità del decreto di espulsione, bensì solo su quelle di illegittimità manifesta , da individuare in base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, era onere - non osservato - della ricorrente allegare la sussistenza di una ipotesi siffatta. 6. - In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali. Poiché dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non si applica l'articolo 13, comma 1 quater, d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17,1. numero 228 del 2012. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso.