Materiale pedopornografico: detenzione è punizione

Mentre la norma di cui all’articolo 600 ter c.p. pornografia minorile è configurabile quando la condotta dell’agente abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, per la configurabilità del reato di cui all’articolo 600 quater c.p. detenzione di materiale pedopornografico non è necessaria la sussistenza di tale pericolo, risultando sufficiente la consapevole detenzione del materiale. La stessa ha, infatti, carattere di “chiusura” volto a non lasciare impunite condotte di sfruttamento dei minori in cui non ricorra il concreto pericolo di diffusione del materiale.

E’ quanto emerge dalla sentenza numero 20429/14 della Corte di Cassazione, depositata il 16 maggio scorso. Il caso. L’imputato veniva condannato con doppia conforme del Tribunale e della Corte di Appello di Bologna per il reato di detenzione di materiale pedopornografico ai sensi dell’articolo 600 quater , commi 1 e 2 c.p., in quanto in possesso di una enorme quantità di immagini e video a sfondo sessuale ritraenti minori. Proponeva ricorso per cassazione deducendo una variegata serie di motivi. Illegittimità costituzionale? Con il primo e più importante lamentava mancanza e contraddittorietà di motivazione in ordine al rigetto della questione di legittimità costituzionale sollevata sull’articolo 600 quater c.p., in relazione agli articolo 3, 27, 117 Cost. e con l’articolo 3 lett. c del Protocollo facoltativo del 25.05.2000 alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, stante l’illogico uguale trattamento della mera condotta detentiva per una soddisfazione personale rispetto alla previsione dell’articolo 600 ter c.p. che prevede, invece, la cessione, a vario titolo, a terzi del materiale pedopornografico. L’articolo 3 lett. c Protocollo facoltativo alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. In secondo luogo, lamentava mancanza di motivazione e violazione di legge per contrasto con il dettato della norma di cui al Protocollo citato, stante che la stessa si riferisce unicamente a condotte di detenzione a fini di distribuzione, cessione o vendita. articolo 600 quater c.p. norma di “chiusura”. Ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’imputato, la Corte ha esaminato le norme richiamate e relative alla pornografia minorile di cui all’articolo 600 ter e 600 quater c.p Secondo la Corte, infatti, mentre la norma di cui all’articolo 600 ter c.p. punisce, a vario titolo, una serie di condotte finalizzate alla diffusione di materiale pornografico realizzato con minori di anni 18, perché è norma di pericolo che vuole “evitare” la circolazione del materiale suddetto, la norma successiva, di cui all’articolo 600 quater c.p., introducendo una clausola di riserva «al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 600-ter» , è volta a non lasciare impunite, invece, ulteriori condotte, quali quelle del “procurarsi” e “detenere” materiale pedopornografico, a prescindere dalla eventuale cessione o diffusione. In tal modo, sono sanzionate, seppur con pene diverse, sia l’offerta di materiale procurato mediante lo sfruttamento sessuale di minori da 6 a 12 anni nel caso di commercializzazione e da 1 a 5 nel caso di diffusione con ogni mezzo, anche telematica , che la detenzione dello stesso fino a 3 anni . Presunto contrasto con la Convenzione di New York. Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, secondo il quale le condotte sanzionate e dunque richiamate dalla Convenzione di New York siano solo quelle di distribuzione o cessione o vendita, la Corte risponde che, come specificato dalla stessa norma richiamata al primo comma «ogni stato-parte veglia affinché il diritto penale interno contempli internamente almeno» gli atti in essa previsti e consistenti nel fatto di «produrre, distribuire, diffondere, importare, esportare, offrire, vendere o detenere» per sfruttare il fanciullo a fini sessuali lett. a . La norma in questione, dunque, richiede agli Stati parte di adeguarsi nella incriminazione delle indicate condotte, con ciò non escludendo, ed anzi consentendo agli stessi di potere punire specificamente ulteriori condotte ivi non previste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 aprile – 16 maggio 2014, numero 20429 Presidente Squassoni – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. M.I. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Bologna di conferma della sentenza del Tribunale di Bologna di condanna per il reato di cui all'articolo 600 quater, commi 1 e 2, c.p., per essersi consapevolmente procurato e per avere detenuto materiale pornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori degli anni 18. 2. Con un primo motivo lamenta la manifesta mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla reiezione della questione di legittimità costituzionale sollevata circa l'articolo 600 quater, commi 1 e 2, c.p. ove la condotta illecita si risolva unicamente nella detenzione di materiale pedopornografico a fini di soddisfazione personale e senza divulgazione a terzi per violazione degli articolo 3, 27 e 117 Cost. stante, con riguardo a tale ultima norma, il contenuto dell'articolo 3 lett. c della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 25/5/2000 rectiu s, del Protocollo Facoltativo a tale Convenzione e stante, con riguardo ai primi due parametri, l'irrazionale eguale trattamento rispetto alla previsione dell'articolo 600 ter c.p. nonché la giurisprudenza di legittimità circa la non punibilità della mera consultazione di materiale che non sia anche detenuto. 3. Con un secondo motivo deduce la mancanza di motivazione e la violazione di legge in ordine ad un punto decisivo della sentenza con riguardo alla affermazione di responsabilità posto che la sentenza di condanna si è posta in contrasto con il dettato del predetto articolo 3 lett. c della Convenzione di New York, contemplante unicamente l'illiceità di detenzione di materiale a fini di distribuzione, cessione o vendita, cui invece avrebbe dovuto adeguarsi ex articolo 117 Cost 4. Con un terzo motivo lamenta l'illegittimo diniego della circostanza attenuante ex articolo 62 numero 6 c.p. nonostante l'imputato, indicando spontaneamente l'ubicazione dell'hard disk detenuto, abbia collaborato, sin dall'inizio, alle indagini e abbia poi ammesso la propria responsabilità. 5. Con un quarto motivo lamenta mancanza di motivazione e violazione di legge in ordine al diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull'aggravante ex articolo 600 quater, comma 2, c.p. in particolare si duole del fatto che la Corte bolognese abbia trascurato che gran parte del materiale sarebbe stato archiviato prima della novella che ha aggravato la fattispecie né il giudizio è giustificato dai precedenti penali, risalenti e non specifici. 6. Con un quinto motivo lamenta la violazione dell'articolo 133 c.p. quanto al trattamento sanzionatorio, determinato in misura prossima al massimo nonostante l'età dell'imputato, il fatto di essere sposato e di avere un lavoro da oltre vent'anni. 7. Con un ultimo motivo lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine all'intervenuta confisca sia di un bene il computer che, depurato delle immagini scaricate, non rientrerebbe in alcun modo tra quelli suscettibili di tale misura, sia di files in alcun modo pertinenti al reato. Considerato in diritto 8. Il primo motivo, volto a proporre questione di legittimità costituzionale dell'articolo 600 quater c.p. per violazione degli articolo 3, 27 e 117 Cost., è manifestamente infondato. Va anzitutto ricordato che l'articolo 600 quater cit. punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 600 ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto. A differenza, però, dell'articolo 600 ter c.p., che è configurabile quando la condotta dell'agente abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, per la configurabilità del reato di cui all'articolo 600 quater c.p. non è necessaria, come già più volte specificato da questa Corte, la sussistenza di tale pericolo, essendo sufficiente la consapevole detenzione del materiale. In altri termini, la norma di cui all'articolo 600 quater c.p., ha carattere di chiusura e residuale, giacché, onde non lasciare impunite alcune condotte di sfruttamento dei minori a fini di pratiche sessuali illegali, copre, come emergente dall'inciso iniziale fuori delle ipotesi previste dall'articolo precedente , i casi in cui, appunto, non ricorra il concreto pericolo della diffusione del materiale cfr. Sez. 3, numero 43246 del 11/11/2010, M., Rv. 248761 Sez. 3, sent. numero 20303 del 7/06/2006, Palomba e altri, Rv. 234699 . L'assoggettamento a sanzione penale della detenzione del materiale pedopornografico si spiega, dunque, per il fatto che tale condotta costituisce l'ultimo anello di una catena di variegate condotte antigiuridiche, di lesività decrescente, iniziata con la produzione del materiale stesso e proseguita con la sua commercializzazione, cessione, diffusione ecc In tale contesto, pertanto, viene sanzionata dalla legge sia l'offerta di materiale procurato mediante lo sfruttamento sessuale dei minori sia la risposta a detta offerta consistente nel procurarsi o detenere detto materiale. Ciò posto, e ritenuto, in tal modo, che la scelta del legislatore di sanzionare anche la mera detenzione non sia per nulla irragionevole, va disatteso l'assunto del ricorrente secondo cui detta scelta confliggerebbe con il contenuto dell'articolo 3 lett. c del Protocollo facoltativo del 25/5/2000 alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo concernente la vendita di fanciulli, la prostituzione infantile e la pedopornografia e ratificato dall'Italia con legge 11/03/2002, numero 46, secondo cui solo l'illiceità di detenzione di materiale a fini di distribuzione, cessione o vendita sarebbe sanzionabile. Va infatti osservato che le condotte indicate dallo stesso articolo 3 lett. c cit. espressamente consistenti nel fatto di produrre, distribuire, diffondere, importare, esportare, offrire, vendere o detenere per i fini summenzionati materiale pedopornografico sono previste a livello minimale giacché è lo stesso incipit della norma a chiarire che ogni stato - parte veglia affinchè il diritto penale interno contempli internamente almeno au minimum , nella versione in lingua originale francese i suddetti atti, venendo dunque gli stati aderenti lasciati liberi di adottare uno standard più restrittivo incriminando anche comportamenti non rientranti in detto catalogo. Neppure, d'altra parte, potrebbe valorizzarsi, nel segno dell'incostituzionalità della disciplina, il fatto che la semplice consultazione, anche on line , di materiale o di immagini che, però, non venga scaricato e, quindi, secondo quanto richiesto dall'articolo 600 quater c.p., detenuto, non configurerebbe illecito, posto che, quand'anche fosse possibile ritenere che le due condotte siano assistite dal medesimo grado di offensività o costituiscano entrambe espressione di segmenti di un complessivo, illecito, fenomeno senza considerare, però, che la mera consultazione non implicherebbe corresponsione di alcun compenso a chi offre il materiale , la questione di legittimità costituzionale finirebbe per risolversi, in malam partem , e dunque inammissibilmente, nella ritenuta illegittima non previsione di assoggettabilità di una determinata condotta a sanzione penale. 9. Manifestamente infondato il secondo motivo per le ragioni già specificamente evidenziate sopra, appare manifestamente infondato anche il terzo, avendo la Corte territoriale congruamente giudicato come di modestissima rilevanza, a fronte dell'ingente materiale detenuto tra cui dieci hard disks , l'avvenuta indicazione, nel corso delle operazioni di perquisizione di p.g., dell'ubicazione di uno degli hard disks in oggetto peraltro, ed ancor prima, va considerata la non riferibilità di una siffatta condotta alle fattispecie considerate dalla attenuante di cui all'articolo 62 numero 6 c.p. il cui presupposto è dato, per testuale dettato, dalla riparazione integrale del danno ovvero dalla opera spontanea ed efficace prestata per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato. Infatti, la confessione utile ai fini dell'accertamento del reato, ma priva di incidenza in ordine alla elisione o attenuazione delle sue conseguenze dannose e, quindi, dei suoi effetti, non spiega rilevanza ai fini dell'applicabilità della circostanza attenuante di cui all'articolo 62, comma 1, numero 6, c.p. Sez. 5, numero 3404 del 15/12/2004, Alloisio, Rv. 231412 . 10. Anche la censura in ordine al diniego di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche è infondata. Per il corretto adempimento dell'obbligo della motivazione in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee è sufficiente che il giudice dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell'articolo 133 c.p. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o prevalenti su quelli di segno opposto, essendo sottratto al sindacato di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al detto giudice, il supporto motivazionale sul punto quando sia aderente ad elementi tratti obiettivamente dalle risultanze processuali e sia, altresì, logicamente corretto Sez. 1, numero 3163 del 28/11/1988, Donato, Rv. 180654 . Nella specie, la Corte felsinea ha argomentato nel senso della ostatività, all'invocata prevalenza, dei plurimi precedenti penali e della gravità del fatto, evidentemente rapportata, come desumibile dalla sentenza, anche alla consistente quantità del materiale detenuto. Né la considerazione in ordine al fatto che gran parte di detto materiale sarebbe stato scaricato prima della introduzione, con la l. numero 38 del 2006, della circostanza aggravante ex articolo 600 quater, comma 2, c.p., è idonea ad infirmare la correttezza della conclusione della Corte atteso che la condotta contestata, incentrata del resto sulla detenzione, è caratterizzata dalla permanenza, nella specie protrattasi ben oltre tale momento temporale. 11. Con riguardo poi alla determinazione della pena, la sentenza impugnata ha motivatamente disatteso le censure volte a sostenerne la eccessività sul presupposto delle intervenute pregresse sentenze di condanna in numero di due per la violazione della disciplina degli stupefacenti e in numero di quattro per il reato di furto. 12. È invece fondato l'ultimo motivo di ricorso. L'articolo 600 septies, comma 1, c.p. prevede che in caso di condanna, tra gli altri, anche per il reato di cui all'articolo 600 quater c.p., sia sempre ordinata la confisca di cui all'articolo 240 . Nella specie, ordinata, senza motivazione sul punto, da parte del Tribunale, la confisca di quanto indistintamente sequestrato che dalla stessa sentenza impugnata e dal verbale di sequestro risulta essere consistito in un personal computer, in complessivi dieci hard disks, due chiavette usb, tre memory stick e 57 ed e dvd , la Corte territoriale ha disatteso la doglianza con cui si lamentava che nel materiale in sequestro vi erano anche oggetti non confiscabili quali fotografie e video leciti nonché documentazione contabile argomentando nel senso del difetto di prova circa una tale deduzione. Va però osservato che presupposto della confisca facoltativa di cui all'articolo 240, comma 1, c.p. è la ricollegabilità delle cose al reato nel senso che le stesse siano state utilizzate per commettere lo stesso, ovvero ne siano il prodotto il profitto con riguardo poi alla confisca obbligatoria di cui all'articolo 240, comma 2, numero 2, c.p., è richiesto si tratti di cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato. Ne consegue che, essendo la pertinenza dei beni al reato, nel senso complessivo appena visto, un requisito necessario della operatività della confisca, spetta a chi la confisca ponga in essere accertare tali caratteristiche, non potendosi addossare a chi la subisca l'onere di provare, viceversa, la non pertinenza dei beni non confiscabili. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bologna per nuovo esame del motivo relativo alla confisca il giudice di rinvio, nell'individuare le cose da ritenere pertinenti al reato per cui è intervenuta condanna terrà conto, con particolare riguardo al personal computer, anch'esso fatto oggetto di confisca, del principio per cui le cose che servirono a commettere il reato ex articolo 240 c.p. sono suscettibili di confisca in funzione di evitare che la loro disponibilità possa favorire la commissione di ulteriori reati e tale prognosi va effettuata attraverso l'accertamento, in concreto, del nesso di strumentalità e di intrinseca funzionalità fra la cosa ed il reato, in relazione sia al ruolo effettivamente rivestito dalla res nella realizzazione dell'illecito, sia delle modalità di realizzazione del reato medesimo Sez. 6 numero 3711 del 09/01/2013, Tamborra, Rv. 254573 vedi anche Sez. 6, numero 37888 del 08/07/2004, Sulika, Rv. 229983 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bologna limitatamente alla denegata confisca. Rigetta nel resto il ricorso.