Non è sufficiente il riconoscimento del fatto costitutivo di un credito per interrompere la prescrizione, qualora il debitore deduca con la propria contestuale dichiarazione la sopravvenuta estinzione dell’altrui pretesa creditoria.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 22347 del 2 novembre 2015. Il caso. Un’impresa di costruzioni diveniva cessionaria di un credito. Chiedeva il pagamento della somma vantata nei confronti del debitore ceduto. In primo grado la domanda era accolta, mentre in sede di gravame la pronuncia veniva riformata. La Corte d’Appello riteneva che, trattandosi di mutui erogati tra il 1988 ed il 1991, il credito erogato si fosse estinto per prescrizione già a far data dalla proposizione dell’azione volta al suo recupero, non essendo intervenuti atti interruttivi. Ricorre per cassazione l’impresa cessionaria. Tra i motivi di ricorso, l’impresa cessionaria si duole per non aver il giudice del merito considerato come atto interruttivo della prescrizione i numerosi riconoscimenti di debito posti in essere dal debitore ceduto. Atto di riconoscimento, a suo dire, costituito sia dal conferimento del credito nel patrimonio sociale, oltre che desunto dal contenuto di talune memorie difensive depositate in occasione di un giudizio arbitrale. Il ricorso è ritenuto infondato dalla Suprema Corte. Spiegano gli ermellini che il riconoscimento di un diritto, finalizzato ad interrompere la prescrizione, può essere sia espresso che tacito, ma in ogni caso deve emerge l’obiettiva volontà di non disconoscere la pretesa creditoria. Tant’è che per giurisprudenza consolidata ex multis Cass. Sez. II, 30/03/2009, numero 7760 , detta ricognizione deve essere “chiara e specifica” ed dunque univocamente inconciliabile con la volontà di negare l’altrui diritto. Dal commento della sentenza in esame emerge una regola pratica estremamente importante. Non è sufficiente che il debitore ammetta l’esistenza del fatto costitutivo del credito altrui per far interrompere il decorso della prescrizione. Occorre un quid pluris in più, consistente nella contestuale mancanza di una deduzione volta a dedurre la sopravvenuta estinzione del diritto. Nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato rigettato perché da una parte il debitore non aveva mai negato di aver ottenuto dei finanziamenti anche se da un socio occulto della società , ma dall’altra aveva sempre dedotto ad esempio nelle suddette memorie difensive in sede arbitrale che detto credito era ormai estinto per confusione determinata ex articolo 1253 c.c.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 ottobre - 2 novembre 2015, numero 22347 Presidente Forte – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Trieste, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda proposta il 18 settembre 1991 dalla Impresa di costruzioni V.F. di Z. & amp C. s.numero c., che, quale cessionaria di un credito vantato da Z.S. , aveva richiesto la condanna di V.F. al pagamento della somma di L. 250.115.774. Ritennero i giudici d'appello che il credito, derivando da mutui erogati tra il febbraio 1988 e il febbraio 1991, era già estinto per prescrizione al momento della domanda, in guanto il decorso del relativo termine non era stato interrotto dal giudizio arbitrale promosso nel dicembre 1999 dalla Impresa di costruzioni V.F. di Z. & amp C. s.numero c., all'epoca non ancora cessionaria del credito. Contro la sentenza d'appello ricorre ora per cassazione la Impresa di costruzioni V.F. di Z. & amp C. s.numero c., deducendo tre motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso V.F. , che ha proposto altresì ricorso incidentale affidato a due motivi. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente principale deduce vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di considerare quali atti interruttivi della prescrizione i numerosi riconoscimenti del debito da parte di V.F. . In particolare si duole della mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte a dimostrazione di tali riconoscimenti. Sostiene comunque che lo stesso presunto conferimento del credito nella società costituita il 30 ottobre 1991 equivarrebbe a un riconoscimento del debito da parte di V. , mentre un esplicito riconoscimento dell'esistenza del mutuo era contenuto nelle memorie a firma V.F. depositate nel 2000 in occasione del giudizio arbitrale e nello stesso lodo arbitrale, in quanto espressione della volontà negoziale delle parti. Con il secondo motivo la ricorrente principale eccepisce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla eccezione di interruzione della prescrizione. Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2934, 2943, 2944, 2945 c.c., lamentando la mancata dichiarazione della efficacia interruttiva dei citati riconoscimenti. 2. Il ricorso principale è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa corte, in realtà, “il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all'intento pratico di riconoscere il credito, e può, quindi, anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore” Cass., sez. VI, 2 dicembre 2010, numero 24555, m. 614860, Cass., sez. III, 23 febbraio 2010, numero 4324, m. 611677 . Tuttavia è indiscusso che il riconoscimento “deve consistere in una ricognizione chiara e specifica del diritto altrui, che sia univoca ed incompatibile con la volontà di negare il diritto stesso” Cass., sez. II, 30 marzo 2009, numero 7760, m. 607824 . Sicché non è sufficiente il riconoscimento del fatto costitutivo di un credito di cui venga contestualmente dedotta la sopravvenuta estinzione Cass., sez. II, 17 giugno 2011, numero 13395, m. 618316, Cass., sez. Ili, 24 novembre 2010, numero 23822, m. 614842 . Nel caso in esame V.F. non ha mai negato di avere ottenuto finanziamenti da Z.S. tra il febbraio 1988 e il febbraio 1991, anche se sostiene che si trattasse dei finanziamenti di un socio occulto ma ha sempre dedotto che tale credito fu dallo stesso Z.S. conferito nella società costituita con lui il 30 ottobre 1991, allorché egli conferì nella società l'azienda debitrice. Sicché V.F. , pur riconoscendo il mutuo costitutivo del suo debito, ne deduce contestualmente l'estinzione. Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “quando è conferita in società un'azienda, il conferimento equivale - con riferimento ai debiti dell'azienda conferita risultanti dai libri contabili - ad una cessione d'azienda in favore della società conferitaria, e pertanto, ai sensi dell'articolo 2560 c.c., il cessionario è responsabile al pari del cedente di detti debiti verso i terzi creditori che, a prescindere dalla regolamentazione dei rapporti interni tra le parti, possono pretendere l'adempimento anche immediatamente dal cessionario” Cass., sez. I, 16 maggio 1997, numero 4351, m. 504419, Cass., sez. II, 28 settembre 2004, numero 19454, m. 577395 . Analogamente il conferimento nel capitale sociale di un credito ne comporta la cessione alla società Cass., sez. III, 19 agosto 2013, numero 19155, m. 627842 . Ne consegue, secondo questa ricostruzione, che, in seguito al conferimento dell'azienda da parte di V.F. , la società costituenda ne assunse il debito nei confronti di Z.S. e quando costui conferì il proprio credito nella società, ne determinò l'estinzione per confusione ai sensi dell'articolo 1253 c.c., perché la società acquisì la qualità sia di creditrice quale cessionaria del credito di Z.S. sia di debitrice quale cessionaria del debito di V.F. . Secondo la società ricorrente, però, con tale deduzione V.F. ha riconosciuto che almeno alla data del 30 ottobre 1991 era debitore, con i conseguenti effetti interruttivi della prescrizione derivanti da tale riconoscimento. Ma come s'è già chiarito, non è possibile attribuire effetti interruttivi della prescrizione al riconoscimento del fatto costitutivo di un credito di cui venga contestualmente dedotta la sopravvenuta estinzione. Né un effetto interruttivo della prescrizione può essere riconosciuto al lodo arbitrale che rigettò la pretesa della società di considerare il debito di V.F. , trasferito alla società con il conferimento dell'azienda, quale sopravvenienza passiva della società. La società ricorrente lamenta altresì che i giudici del merito non abbiano ammesso la prova testimoniale sui dedotti reiterati riconoscimenti del proprio debito da parte di V.F. e a sostegno del ricorso riporta i due capitoli di prova vanamente articolati. Sennonché il primo capitolo, che pure si riferisce genericamente a riconoscimenti dell'attualità del debito, è inammissibile perché non ne specifica la data. Il secondo capitolo, che pure indica la data al dicembre 1998, è inammissibile perché non specifica quale fu l'esatto tenore della dichiarazione di V.F. e come si rapportasse alla già intervenuta costituzione della società con Z.S. . Infatti, secondo la giurisprudenza di questa corte, “la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un'adeguata difesa, sicché è inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di una dichiarazione ammissiva fatta dal debitore ad un terzo, ai fini dell'interruzione del termine di prescrizione, qualora non sia indicato nel capo di prova il giorno in cui tale dichiarazione sarebbe stata resa” Cass., sez. VI, 12 ottobre 2011, numero 20997, m. 619991 . Ne consegue che il ricorso principale deve essere rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente principale al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 7.700, di cui Euro 7.500 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.