Quando il trust diventa un boomerang ... ai fini fiscali e soprattutto penali

Il corrispettivo, che si ottiene mediante la rinuncia alla qualifica di beneficiario di un trust, può costituire reddito imponibile ai fine delle imposte dirette in quanto reddito derivante dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere art. 67, lett. l , TUIR , la cui omessa dichiarazione può integrare il delitto di infedele dichiarazione, con conseguente operatività del sequestro per equivalente finalizzato alla confisca.

Questo il principio affermato dalla sezione Terza Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37848 del 16 settembre 2013. Il trust. Se dovessimo delineare, in poche righe, i contorni del trust istituto del sistema anglosassone di common law , sorto nell'ambito della giurisdizione di equity , potremmo definirlo come uno strumento giuridico, o meglio un contratto con cui un soggetto disponente settlor o grantor trasferisce la proprietà di uno o più beni a un soggetto fiduciario trustee , il quale dispone e amministra i diritti reali acquisiti per uno scopo predeterminato o nell’interesse di un beneficiario titolare di un diritto personale, cui potranno trasferirsi in piena proprietà i beni alla fine del trust . Tramite tale istituto si realizza una netta separazione, dalla sfera giuridica del disponente, del patrimonio destinato , che passa in piena proprietà al trustee , attuandosi per tale via una forte tutela e garanzia del patrimonio. Nel trust , quindi, il disponente intesta beni mobili e/o immobili all'amministratore, il quale ha il potere-dovere di gestirli secondo le regole del trust fissate dal disponente medesimo. Invero, non esiste un rigido ed unitario modello di trust , ma tanti possibili schemi che si possono costruire in vista delle diverse finalità perseguite. Solo per comodità classificatoria e senza pretesa di esaustività possiamo dividere i trust in due grandi categorie quelli di interesse familiare e quelli di interesse finanziario. Nella prima categoria rientrano quelli destinati ad assistere soggetti deboli e quelli prodromici ad una successione ereditaria, nella seconda categoria, invece, ipotesi eterogenee quali ad es. la garanzia di un prestito obbligazionario o gli investimenti compiuti da più soggetti. Posizione eventuale è poi quella del c.d. guardiano protector del trust . Cenni sulla disciplina fiscale del trust . La disciplina fiscale del trust è stata oggetto della Circolare 48/E del 06 agosto 2007 della Agenzia delle Entrate, che in un articolato di ben 25 pagine ha dettato linee guida ai fini delle imposte dirette, delle imposte indirette, nonché circa il regime dei redditi del beneficiario del trust . Peraltro è la stessa circolare, nel proprio incipit, a precisare che non esiste una specifica tipologia di trust e che, ai fini dell’analisi dei profili civilistici e fiscali, dopo aver individuato i tratti comuni ed essenziali della relativa disciplina occorre cogliere volta per volta, nei casi concreti, le peculiarità dei singoli trust . Va infine rammentato, per completezza, che, essendo ben noto l’utilizzo del trust anche per finalità di elusione fiscale, l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009 ha indicato alcune tipologie di trust da ritenere inesistenti in quanto interposte, quali, a titolo meramente esemplificativo, il trust che il disponente o il beneficiario può far cessare liberamente in ogni momento il trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi momento se stesso come beneficiario il trust in cui il disponente o il beneficiario risulti, dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto, titolare di poteri in conseguenza dei quali il trustee , pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust , non può esercitarli senza il suo consenso il trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente al trust , designando sé stesso e/o altri come beneficiari ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo del trustee , così come individuato dal regolamento del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente e/o dei beneficiari. Il caso. La vicenda in esame si segnala per la sua peculiarità in quanto vede indagata per il delitto di infedele dichiarazione art. 4 D.lgs. 74/2000 la madre di un minore, che previa autorizzazione del Giudice Tutelare aveva ottenuto la somma di 21 milioni di euro, fatta confluire in apposito nuovo trust , quale corrispettivo e compenso della rinuncia del minore a qualunque diritto e/o credito spettante allo stesso minore su un preesistente e maggiore trust precedentemente costituito da alcuni familiari, rispetto al quale il minore, in quanto erede legittimo, era indicato fra i beneficiari. Il Tribunale del Riesame di Verbania aveva confermato il provvedimento di sequestro per equivalente finalizzato alla confisca emesso del G.I.P. sulla base del rilievo che l’indagata non avrebbe indicato nella dichiarazione dei redditi detta somma, pur rappresentando la stessa base imponibile ai sensi dell’art. 67 TUIR e nella precisa consapevolezza di detta situazione, come derivante dalla documentazione sequestrata presso gli studi dei professionisti incaricati proprio di valutare gli aspetti fiscali della questione. Avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame propone ricorso per Cassazione l’indagata deducendo come la somma di 21 milioni di euro costituirebbe il mero corrispettivo della cessione della originaria posizione di beneficiario del minore all’interno del trust più risalente e, come tale, costituirebbe base imponibile unicamente per l’imposta di successione o donazione, che in effetti era stata regolarmente versata, e non presupposto per l’applicazione dell’art. 67, lett. l , TUIR come ritenuto dal Tribunale del Riesame , che ricomprende nella categoria dei redditi imponibili ai fini delle imposte dirette i redditi derivanti dalla assunzione di obbligazioni di fare, non fare o permettere . Attenzione all’uso di strumenti giuridicamente complessi. Rileva la Suprema Corte come, a livello generale, proprio la menzionata circolare 48/E della Agenzia delle Entrate, nel disciplinare il trattamento fiscale della cessione dei beni durante la vita del trust , evidenzi che la stessa non presenta particolari problemi operativi, in quanto desumibile dalle ordinarie disposizioni che ai fini delle imposte sui redditi disciplinano detta operazione. In particolare, quando le cessioni siano poste in essere nell’esercizio dell’impresa, la relativa disciplina fiscale varia in funzione della categoria di appartenenza del bene ceduto. Nel caso di cessioni non effettuate nell’esercizio dell’impresa potranno realizzarsi, ricorrendone i presupposti, le fattispecie reddituali previste dall’articolo 67 del TUIR . Risultando pacifico e non contestato, nel caso in esame, che la cessione non è avvenuta nell’esercizio della attività di impresa appare evidente che il riferimento normativo deve appunto ed allora rinvenirsi, come ha fatto il Tribunale del Riesame, nel dettato dell’art. 67 TUIR ed in dettaglio nella lettera l di tale norma. Le contestazioni rilevate dalla ricorrente circa la natura della operazione non possono, secondo la Suprema Corte, trovare accoglimento, trattandosi, da un lato, di censure di fatto non sindacabili in sede di legittimità e, dall’altro, di doglianze non verificabili, se non nel procedimento di merito, avendo omesso il ricorrente di chiarire e documentare quale tipologia di trust fosse in essere nel caso in esame e se il minore fosse mero beneficiario di reddito del trust , ovvero beneficiario finale, cui i beni sarebbero stati devoluti alla fine del trust . In difetto di tali precisazioni, atteso che la disciplina fiscale del trust in tema di trasferimento di beni ai beneficiari è intesa ad evitare sovrapposizioni impositive in quanto i beni conferiti nel trust sono già soggetti ad imposta nel momento in vengono devoluti al trust e vincolati , ma non certo zone franche di elusione fiscale, la impostazione fatta propria dal Tribunale del Riesame non ha che potuto trovare conferma. Se dunque dalla massima in esame può trarsi un insegnamento, esso non può che essere un forte richiamo alla prudenza ed attenzione nell’utilizzo di strumenti, giuridicamente complessi, che, troppo spesso mediaticamente presentati come strumenti legali per la tutela del patrimonio dalla sete impositiva del Fisco, non solo non perseguono ormai tali scopi, ma rischiano di tradursi in pesantissime conseguenze sotto il profilo impositivo ed anche penale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 maggio 16 settembre 2013, n. 37848 Presidente Squassoni Relatore Sarno Ritenuto in fatto 1. Il tribunale di Verbania, con l'ordinanza in epigrafe rigettava la richiesta di riesame presentata l'interesse di B.S. indagata in concorso con G.M. , Gi.Ma. , G.L. , G.S. , Z.I. , V.B. , S.F. , M.A. , C.E. e C.F.M. per il reato di cui agli articoli 110, 81 capoverso del codice penale e 4 dlvo 74/2000, del decreto di sequestro preventivo emesso in data 21 settembre 2012 dal gip del medesimo tribunale finalizzato alla confisca per equivalente fino alla concorrenza di Euro 9.428.355, di somme, titoli, quote sociali e nella titolarità della istante. Il tribunale, dopo avere premesso che - in data 17 luglio 2002 i fratelli Alberto, Mario e Giovanni avevano costituito nel Granducato del Lussemburgo un trust in cui facevano confluire fondi neri per la complessiva somma di Euro 202.175.000 e che venivano indicati quali soggetti beneficiari alla scadenza del Trust 30 settembre 2014 gli eredi legittimi di questi ultimi in misura delle contribuzioni rispettive - che nel marzo 2003 il G. Trust acquistava una partecipazione al capitale sociale di G.A.M. Giacomini Asset Management S.p.a. - che a partire dal giugno 2006 venivano avviate e coltivate in sede giudiziaria ed arbitrale dalle famiglie di G.A. , m. e G. per asserite illegittimità nella gestione del del Trust e per invalidare quest'ultimo per insufficiente determinazione delle quote dei beneficiari - che a fine 2007 venivano avviate trattative tra i disponenti ed i beneficiari, previo consulto con professionisti in ambito legale fiscale e commerciale, per convincere i beneficiari diversi da quelli del ramo familiare di G.A. , ossia g.m. e G. , alla loro rinuncia in via anticipata rispetto alla naturale scadenza del trust - che quale compenso per detta rinuncia veniva promessa una liquidazione estero su estero di un'ingente somma di denaro superiore ai 100 milioni di Euro da fare confluire in nuovi distinti trust, poi costituiti il 12 dicembre del 2008 - che tali trust avevano anche la finalità di consentire agli stessi beneficiari di non presentare sia per i trust che per la somma liquidata regolare denuncia al fisco italiano - che di conseguenza il 29 dicembre 2008 era stato stipulato una convenzione tra tutte le parti in cui, previa costituzione e richiamo dei nuovi distinti trust the odd trust riferibile al ramo dei beneficiari di g.m. thè even trust riferibile ai beneficiari di G.G. the G.P. trust riferibile al minore G.P. , si stabiliva di fare confluire all'esito di una transazione globale estintintiva di tutte le controversie in atto, la somma di Euro 62223141,98 nel the odd trust e quella di Euro 62245730,68 nel the even trust e di far confluire nel the P G. trust la somma di Euro 21 milioni quale compenso alla rinuncia a qualunque diritto e/o credito sul G. Trust da parte del minore G.P. - che anche il minore G.P. , figlio di Gi.Gi. e B.S. rinunciavano, quindi, a tutte le cause e le controversie - che a fine giugno 2009, previa accensione da parte di G.C. , G.E. e Gi.An. di un finanziamento per la somma di Euro 124.468.871 presso la banca SEB del Lussemburgo dopo l'omologa della transazione pendente venivano accreditate le somme nei modi concordati - che la problematica del pagamento delle imposte si era rappresentata immediatamente ai beneficiari rinuncianti e che all'uopo erano stati interpellati tramite l'avvocato Bassi il commercialista P P. - che dal contenuto della documentazione sequestrata presso gli studi dei professionisti si evinceva la pianificazione dell'evasione fiscale che nella prospettiva accusatola, le somme della liquidazione anticipata dei beneficiari rinuncianti nell'atto di convenzione sottoscritta il 29/12/2008 rappresentano introiti aventi certamente natura reddituale ai sensi dell'articolo 67 lettera I. d.p.r. 917/86 riteneva allo stato sussistere il fumus commissi delicti ed il periculum in mora . In particolare, in relazione al primo aspetto, dopo avere citato una serie di documenti dai quali si evinceva come i protagonisti della vicenda, tramite i propri consulenti, avessero scientemente perseguito una strategia fiscale finalizzata alla omessa indicazione tra gli elementi attivi di reddito i compensi percepiti dall'operazione, mostrando in particolare preoccupazione per la previsione che annovera tra questi ultimi quelli derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere ex art. 67 co. 1 lett. l DPR 917/86, sottolineano come con la convenzione del 2008 si sia ottenuto l'effetto per cui soggetti in quel momento solo potenziali beneficiari del trust, obbligandosi a rinunciare ad ogni pretesa futura su quest'ultimo, negoziarono l'acquisto immediato e certo di un diritto di credito sostituendolo alla futura pretesa economica incerta, invece, sia nell'an che nel quantum. 2. Propone ricorso per cassazione la difesa di B.S. la quale dopo aver ripercorso i termini della vicenda, ha eccepito 2.1 la violazione degli articoli 1, 6, 67 lettera l d.p.r. 917/86, e 4 divo 74/2000 e l'insussistenza del fumus commissi delicti . Al riguardo rileva che P G. ha effettuato un vero e proprio trasferimento della propria quota a G.S. e Ma. e che si è dunque in presenza di un atto di disposizione nell'ambito di un negozio traslativo e non già del corrispettivo di un'obbligazione rinunziare in via anticipata ai diritti scaturenti dalla posizione di beneficiario del G. trust e, quindi, di un'obbligazione di fare, non fare o permettere come da ipotesi di accusa. I 21 milioni di Euro non sono versati a fronte di un negozio ad effetti obbligatori avente ad oggetto l'assunzione dell'obbligo di rinunziare alla posizione originaria di beneficiario del G. trust, ma rappresentano il corrispettivo della cessione. La somma indicata costituirebbe, dunque, base imponibile unicamente per l'imposta di successione o donazione. 2.2 violazione degli articoli 321 comma 2 e 322 ter nonché omessa e/o apparente motivazione circa l'indisponibilità da parte della ricorrente dei beni sottoposti a sequestro preventivo essendo un soggetto estraneo alla sfera dei beneficiari dei trust che hanno interessato la vicenda. Si contesta in particolare la motivazione del riesame nella parte in cui sostiene che l'odierna ricorrente sia entrata nella disponibilità o nel possesso delle somme oggetto dell'illecito contestato nel momento stesso in cui ha deciso di sottoscrivere la convenzione del 29 dicembre 2008 e di attribuire tali cespiti patrimoniali al neo istituito G.P. trust. 2.3 omessa e/o apparente motivazione sulla sussistenza dell'elemento soggettivo. Si rileva tra l'altro che la buona fede della ricorrente è valorizzata dalla circostanza che a seguito dell'istituzione del P G. trust la stessa ha tempestivamente provveduto al versamento dell'imposta sulle donazione successioni così come previsto dalla legislazione fiscale vigente. 3. Sia la ricorrente che il pubblico primo ministero hanno fatto successivamente pervenire memorie con le quali ribadiscono le ragioni delle proprie posizioni. In particolare la difesa, oltre a ribadire quanto già esposto nei motivi principali, rileva che l'operazione si è svolta previa autorizzazione del giudice tutelare e indica ragioni diverse per le quali si sarebbe posto il problema della fiscalità conseguente all'operazione. Per contro il pubblico ministero ribadisce la ricostruzione dei fatti evidenziando, tra l'altro, l'artificiosa costruzione dell'Odd e dell'Even trust, la condotta finalizzata ad ottenere l'autorizzazione del giudice tutelare per l'immissione nei trust indicati e la nature di compenso per la rinuncia alle aspettative del minore G.P. per il tramite della madre Sofia a fronte della cifra concordata. Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 4.1 In relazione al primo motivo di ricorso, ritiene il Collegio in premessa di dover ricordare come la circolare delle Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso n. 48/E del 6.8.2007, del 06/08/2007, avente ad oggetto Trust. Disciplina fiscale rilevante ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte indirette , abbia ritenuto doveroso sottolineare in premessa che il trust è istituto tipico della common law che, per versatilità e flessibilità, si presta alle finalità più ampie ma che non esiste una specifica tipologia di trust. Pertanto, ai fini dell'analisi dei profili civilistici e fiscali, è possibile individuare solo alcuni tratti comuni ed essenziali della relativa disciplina ma poi, per risolvere le questioni specifiche, occorre cogliere volta per volta, nei casi concreti, le peculiarità dei singoli trust. La confutazione degli elementi di accusa avrebbe dunque presupposto anzitutto una chiarificazione del quadro specifico di riferimento alle figure dei trust in esame, presupposto necessario, questo, per escludere anche la eventualità di opzioni interpretative che in qualche modo avrebbero potuto comportare la lesione del principio del divieto di doppia imposizione sancito dall'art. 168 TUIR. E ciò vale anzitutto per il regime fiscale applicabile nel caso di costituzione del trust ritenuto dalla ricorrente dirimente rispetto al caso di specie. Peraltro, come chiarito anche dalla cennata circolare al punto 3.4, il trattamento fiscale della cessione dei beni durante la vita del trust non presenta particolari problemi operativi, in quanto desumibile dalle ordinarie disposizioni che ai fini delle imposte sui redditi disciplinano detta operazione e nel caso di cessioni non effettuate nell'esercizio dell'impresa potranno realizzarsi, ricorrendone i presupposti, le fattispecie reddituali previste dall'articolo 67 del TUIR. Puntualizzati, dunque, in premessa i limiti oggettivi che si pongono alla verifica in questa sede della ricorrenza dei presupposti del sequestro disposto, appare allo stato incontestabile sotto il profilo logico l'affermazione del riesame secondo cui la gestione della vicenda è stata condotta nella piena consapevolezza che l'amministrazione finanziaria avrebbe potuto ricondurre la vicenda in esame nell'ambito di applicazione dell'articolo 67 comma uno lettera I secondo cui sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società1 in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente I i redditi derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere . Nel parere che l'avvocato Piccone ha inviato all'avvocato Massimo Bassi rispondendo ad un quesito circa l'imponibilità ai fini delle imposte sui redditi della rinuncia alla qualifica di beneficiario di un trust, si evidenzia, infatti, che la lettera I dell'art. 67 citato è considerata dalla amministrazione finanziaria alla stregua di una clausola di chiusura delle fattispecie imponibili previsti dal TUIR e, quindi, tale da includere nel suo ambito di applicazione anche il caso della rinuncia verso corrispettivo ad un diritto non ancora esercitato, come nel caso di specie. In questa sede il ricorrente pone peraltro il problema di verificare nel merito se l'operazione, come tale, potesse essere effettivamente assoggettabile ad imposizione diretta, come sostenuto dall'accusa e dal riesame. Egli assume, infatti, che i 21 milioni di Euro non sono versati a fronte di un negozio ad effetti obbligatori avente ad oggetto l'assunzione dell'obbligo di rinunziare alla posizione originaria di beneficiario del G. trust, ma rappresentano il corrispettivo della cessione delle quote del trust e che la somma indicata costituirebbe, dunque, unicamente base imponibile per l'imposta di successione o donazione. Nel fare ciò contesta espressamente anche l'affermazione del tribunale che ha escluso la tesi secondo cui la somma indicata sarebbe stata il corrispettivo per la cessione delle quote trattandosi di credito incerto sull'an e sul quantum. Ancora una volta occorre osservare, tuttavia, che sfuggono in questa sede completamente gli elementi per addivenire ad una soluzione puntuale rispetto al caso di specie. Anzitutto non è dato conoscere l'esatta posizione dei beneficiari rispetto al trust originariamente costituito, se, cioè, questi partecipassero in qualche modo alla gestione, se fossero beneficiari di reddito godendo delle utilità dei beni in trust oppure beneficiari finali dei beni che sarebbero stati devoluti al termine del trust se avessero nella disponibilità in tutto o in parte i beni del trust o se invece vantassero mere aspettative rispetto ad essi né se il trust originario fosse connesso ad uno scopo o revocabile ed a quali condizioni. Nemmeno è dato saper se e quale presupposto impositivo i beni abbiano già scontato al momento della costituzione del vincolo di destinazione, né cosa specificamente la ricorrente avrebbe assoggettato ad imposta di successione. Come chiarito al punto 5.5. della circolare citata, a proposito del trasferimento dei beni ai beneficiari, la devoluzione a questi ultimi dei beni vincolati in trust non realizza, ai fini dell'imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore solo in quanto i beni hanno già scontato l'imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Ed anche con riferimento ai trust di nuova costituzione non si hanno maggiori indicazioni. Ribadito che la disciplina del trust è intesa ad evitare sovrapposizioni impositive, non già a creare aree immotivatamente franche , rimane da osservare che anche i rilievi sulla natura dei 21 milioni di Euro pone in realtà in questa sede contrapposizioni di carattere fattuale sostenendo il riesame, in linea con l'accusa, avere la somma citata natura transattiva mentre il ricorrente insiste per la tesi del corrispettivo alla liquidazione dal trust originario. Ed in questa sede non vi è spazio per affrontare questioni di carattere fattuale. Anche i rilievi oggetto del secondo e del terzo motivo, così come le prospettazioni contenute nella memoria aggiuntiva ripropongono argomentazioni che postulano accertamenti e valutazioni fattuali. Peraltro è evidente che il giudice tutelare abbia limitato la verifica ai profili di stretta competenza e che ciò nulla cambia sulle questioni dibattute. Conclusivamente il ricorso va quindi, allo stato rigettato. Al rigetto consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.