Licenziamento impugnato: il giudice deve sempre verificare la correttezza della procedura

In materia di licenziamento collettivo, non è ravvisabile il vizio di extrapetizione nel caso in cui, avendo il lavoratore censurato il licenziamento sotto il profilo del mancato rispetto dei criteri di scelta e posta in dubbio anche la rituale osservanza del procedimento di cui all’articolo 4 l. numero 223/1991, il giudice dichiari l’inefficacia del licenziamento per la mancata comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare facendo così corretta applicazione del principio dettato dall’articolo 5 l. numero 223/1991 circa l’inefficacia del licenziamento in caso di violazione delle procedure previste dall’articolo 4 della medesima legge.

Così affermato dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro con la sentenza numero 16134, pubblicata il 15 luglio 2014. Il caso impugnazione di licenziamento collettivo per mancato rispetto dei criteri di scelta previsti dall’articolo 5 della l. numero 223/1991 . Un lavoratore impugnava il licenziamento intimatogli all’esito di procedura di mobilità ex l. numero 223/1991. Il Tribunale del lavoro accoglieva la domanda, dichiarando l’illegittimità del licenziamento. La Corte d’Appello, su ricorso dell’azienda riformava la sentenza di primo grado, dichiarando legittimo il licenziamento, osservando che il primo giudice era incorso in vizio di extrapetizione, poiché il lavoratore aveva censurato il procedimento previsto dalla l. numero 223 solo sotto il profilo della veridicità dei motivi comunicati, mentre il primo giudice aveva rilevato la violazione dell’obbligo di preventiva comunicazione dei criteri di scelta adottati per l’individuazione dei lavoratori da licenziare. Ricorreva in Cassazione il lavoratore per la riforma della sentenza d’appello. Il vizio di extrapetizione in generale Secondo la Corte d’Appello il primo giudice era incorso in vizio di extrapetizione. Sul punto i giudici di legittimità osservano che è principio consolidato quello secondo il quale ricorre vizio di ultra o extrapetizione solo quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, o su questioni estranee al giudizio non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato. Al di fuori da queste specifiche situazioni, il giudice, esercitando il potere decisionale conferitogli, può e deve individuare l’esatta natura del’azione proposta e porre a base della pronuncia considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate dalle parti e rilevare la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva delle pretese della parte. e nel rito del lavoro. Nell’indagine volta all’individuazione del contenuto e della portata della domanda sottopostagli, il giudice non deve fermarsi ed uniformarsi al contenuto letterale degli atti, ma deve avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa azionata, desumibile dalla natura dei fatti e delle vicende prospettate. Diversamente potendo incorrere in vizio di omesso esame. Nel rito del lavoro tali principi assumono ancora più rilevanza dovendo essere maggiormente garantito il diritto di difesa e del giusto processo, secondo quanto previsto dagli articolo 24 e 111 Cost. e 6 CEDU. Imponendosi al giudice il dovere di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o che, caratterizzate da eccessivo formalismo, ostacolino il raggiungimento di tale finalità. Il ricorso proposto deve essere analizzato e valutato nel suo complesso. Secondo la Corte d’Appello il primo giudice sarebbe incorso in extrapetizione, poiché nel ricorso introduttivo le violazioni dell’ iter procedimentale di cui all’articolo 4 l. numero 223/1991 sarebbero state denunciate unicamente per ciò che riguardava la veridicità dei motivi delle programmate mobilità, ma non con riguardo alla omessa comunicazione alle organizzazioni sindacali dell’elenco dei lavoratori da licenziare. Secondo la Suprema Corte è invece la sentenza della Corte di merito ad essere viziata da omesso esame della domanda. Osservano i giudici di legittimità che nel ricorso introduttivo di primo grado emerge con chiarezza la rituale denuncia di inosservanza del procedimento prescritto dall’articolo 4 l. numero 223, anche sotto il profilo della violazione del comma 9 del predetto articolo, con sufficiente specificità tale da consentire all’azienda un’adeguata difesa. E, osserva ancora la Corte di Cassazione, la procedura di cui agli articolo 4 e 5 l. numero 223 è finalizzata non solo alla tutela degli interessi delle organizzazioni sindacali, ma più in generale dell’interesse pubblico dell’occupazione in generale. Dunque, prosegue la Suprema Corte, la Corte territoriale ha ritenuto, all’esito «di un esame incompleto e superficiale del ricorso introduttivo» la sentenza di primo grado viziata da extrapetizione così limitando la propria pronuncia ad una prospettazione della pretesa difforme dall’effettivo contenuto sostanziale della stessa, in una materia, quale quella del lavoro, ispirata da quei principi di giusto processo sopra menzionati. Così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia. In accoglimento del ricorso proposto dunque, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio ad altra Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 marzo – 15 luglio 2014, numero 16134 Presidente Lamorgese – Relatore Tria Svolgimento del processo 1.- La sentenza attualmente impugnata depositata il 6 aprile 2013 accoglie l'appello proposto dalla SEESTE BAU s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano numero 364/2011 del 30 dicembre 2011 e, in riforma di tale sentenza, respinge la domanda con la quale di P.V. ha impugnato il licenziamento intimatogli dalla suindicata società nell'ambito di una procedura di mobilità. La Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, per quel che qui interessa, precisa che a nella giurisprudenza di legittimità prevale l'orientamento secondo cui il lavoratore che impugna un licenziamento - nella specie, collettivo - ha, a pena di decadenza, l'onere di dedurre specificamente, sin dall'atto introduttivo, i profili di presunta illegittimità che intende far valere b il lavoratore richiama un diverso indirizzo - peraltro più risalente nel tempo - secondo cui non è ravvisabile il vizio di extrapetizione nel caso in cui, impugnato da parte del lavoratore un licenziamento collettivo anche sotto il profilo del mancato rispetto dei criteri di scelta e posta in dubbio, da parte sua, anche la rituale osservanza del procedimento di cui all'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 - e, in particolare, l'esecuzione delle previste preventive comunicazioni scritte ai sindacati da parte del datore di lavoro - il giudice dichiari l'inefficacia del licenziamento per la mancata comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta adottati per l'individuazione dei lavoratori di licenziare, facendo corretta applicazione del principio secondo cui l'inefficacia del licenziamento, prevista dall'articolo 5 della legge citata per il caso di inosservanza delle procedure di cui all'articolo 4, ricorre anche nel caso di violazione della disposizione dell'articolo 4, comma nono, sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta Cass. 20 novembre 2000, numero 14968 c tale ultimo orientamento non è applicabile nella specie perché nel ricorso introduttivo le violazioni dell'iter procedimentale di cui all'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 sono state denunciate solo sotto il profilo della non veridicità di quanto comunicato dalla SEESTE BAU in ordine ai motivi delle programmate messe in mobilità, ma non sotto il profilo della mancata comunicazione ai sindacati dell'elenco dei lavoratori da licenziare e dei criteri della relativa elaborazione d a tale ultima irregolarità il Giudice di primo grado ha, quindi, fatto riferimento d'ufficio -come esattamente rilevato dalla datrice di lavoro - sicché essa e la presunta inefficacia del licenziamento derivatane sono da considerare estranee alla materia del contendere e si devono, quindi, esaminare i profili di illegittimità del licenziamento prospettati nel ricorso introduttivo del giudizio che sono infondati, in quanto la dedotta contrazione del volume di affari nell'attività edile, con la conseguente esigenza di riduzione dei dipendenti, hanno trovato puntuale conferma nelle risultanze orali e documentali di causa e comunque sono dimostrati dalla stessa effettività ed entità dei licenziamenti collettivi effettuati f inoltre, la genuinità delle motivazioni addotte dalla società trova conferma nel verbale di accordo sindacale del 5 luglio 2009, oltre che nella nuova procedura di mobilità instaurata dalla SEESTE BAU nelle more del presente giudizio e riguardante anche il P. reintegrato dopo la sentenza di primo grado attualmente impugnata g l'interessato - unico impiegato dell'ufficio acquisti - non può neppure lamentare la violazione in suo danno dei criteri di scelta del personale da collocare in mobilità, visto che egli era l'unico titolare di una delle posizioni lavorative di cui il suddetto verbale di accordo prevedeva esplicitamente la soppressione, con constatata impossibilità di occupazione in altre mansioni equivalenti, in base a scelte imprenditoriali insindacabili in sede giudiziaria. 2.- Il ricorso di P.V. domanda la cassazione della sentenza per due motivi resiste, con controricorso, la SEESTE BAU s.p.a Entrambe le parti depositano anche memorie ex articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione I - Sintesi dei motivi di ricorso. 1.- Il ricorso è articolato in due motivi. 1.1.- Con il primo motivo si denunciano a in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 in riferimento agli articolo 99, 101, 112, 420, 421 e 437 cod. proc. civ. b in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si censura la decisione della Corte d'appello di inammissibilità del rilievo di ufficio - asseritamente effettuato dal primo Giudice - dell'inefficacia del licenziamento per irregolarità formale, consistita nella mancata comunicazione per iscritto all'Ufficio del Lavoro e alle OO.SS. dell'elenco dei lavoratori da collocare in mobilità, prescritta dall'articolo 4, commi 9 e 12, della legge numero 223 del 1991. Si rileva che, secondo l'assunto della società SEESTE BAU condiviso dalla Corte territoriale, il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente ritenuto illegittima la procedura di mobilità in oggetto sul duplice fallace presupposto sia dell'incombenza dell'onere della prova dell'avvenuta comunicazione sulla datrice di lavoro sia della rilevabilità di ufficio della rilevata irregolarità in assenza di una specifica eccezione al riguardo da parte del lavoratore. Si sottolinea che 1 nel ricorso introduttivo del giudizio a pagina 5 era stato specificamente e tempestivamente eccepito il mancato rispetto dell'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 per difetto di comunicazione e falsa rappresentazione della situazione di fatto posta a base della procedura di mobilità, mentre la Corte altoatesina, in modo superficiale e con motivazione inadeguata, ha ritenuto che le argomentazioni del lavoratore si riferissero soltanto alla presunta manipolazione da parte della società dei dati relativi ai cantieri ancora aperti e attivi 2 in base alla giurisprudenza di legittimità, il vizio di ultra ed extra petizione ricorre solo quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, mentre al di fuori di tali specifiche previsioni il giudice, nell'esercizio della sua potestas decidendi , resta libero non solo d'individuare l'esatta natura dell'azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle all'uopo prospettate, ma di rilevare, altresì, indipendentemente dall'iniziativa della controparte, la mancanza degli elementi che caratterizzano l'efficacia costitutiva od estintiva di una data pretesa della parte, in quanto ciò attiene all'obbligo inerente all'esatta applicazione della legge si cita Cass. 1 ottobre 1994, numero 7977 3 conseguentemente quando viene contestata dal lavoratore la legittimità di un licenziamento collettivo o di una procedura di mobilità incombe sul datore di lavoro l'onere di provare la corretta applicazione dei criteri di cui all'articolo 5 della legge numero 223 del 1991, in analogia con la previsione dell'articolo 5 della legge numero 604 del 1966, in quanto a fronte dei fatti costitutivi della pretesa del lavoratore rappresentati dall'esistenza del rapporto di lavoro e dal licenziamento, l'osservanza dei criteri di scelta si configura quale fatto impeditivo che deve essere allegato nella comparsa di risposta e provato dal datore di lavoro, si cita Cass. 15 febbraio 2001, numero 2188 4 è pacifico, secondo la giurisprudenza di legittimità, che l'inefficacia del licenziamento, prevista dall'articolo 5 della legge numero 223 del 1991 per il caso di inosservanza delle procedure di cui all'articolo 4, ricorre anche nel caso di violazione della disposizione dell'articolo 4, comma nono, sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta 5 inoltre, in base ad un indirizzo consolidato, essendo la procedura di cui agli articolo 4 e 5 della legge numero 223 del 1991 finalizzata alla tutela non solo di interessi delle organizzazioni sindacali, ma anche dell'interesse pubblico, correlato alla occupazione in generale ed ai costi della mobilità, e dell'interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro - e, in particolare, alla verifica dei criteri di scelta sotto il profilo del loro carattere di generalità, obiettività e coerenza con il fine dell'istituto della mobilità - è da escludere che l'accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza al mancato espletamento o al radicale stravolgimento della procedura medesima. Nella descritta situazione, la datrice di lavoro ha cercato in appello di giustificare le proprie mancanze e di sostenere di rispettato tutti gli adempimenti di legge. Ma, nessuna delle comunicazioni allegate in primo grado corrisponde a quella prevista dal comma 9 dell'articolo 4 della legge numero 223 del 1991, mentre ogni produzione nuova effettuata in appello è inammissibile, ai sensi dell'articolo 437 cod. proc. civ 1.2- Con il secondo motivo si denunciano a in relazione all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 in riferimento agli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. b in relazione all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. In merito alla falsa rappresentazione della situazione aziendale posta a base della procedura di mobilità di cui si tratta, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe violato l'articolo 115 cod. proc. civ. ove 1 ha erroneamente affermato che il lavoratore non avrebbe contestato specificamente i dati forniti dalla società, mentre dal verbale della prima udienza in appello ciò è del tutto smentito 2 ha ritenuto che la SEESTE BAU abbia dimostrato il ridimensionamento della propria attività nel periodo considerato dando prova dell'effettività e dell'entità dei licenziamenti collettivi operati, così implicitamente e illogicamente - con una marchiana petizione di principio - arrivando ad affermare che la giustificazione di una situazione di crisi aziendale posta a base di un licenziamento collettivo possa derivare semplicemente dal numero dei licenziamenti intimati. II - Esame delle censure. 2.- Preliminarmente deve essere affermata la inammissibilità dei profili di censura - presenti in entrambi i motivi - dedotti dal ricorrente per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia . Infatti, al presente ricorso si applica ratione temporis visto che la sentenza impugnata è stata depositata il 6 aprile 2013 e la novella si applica ai ricorsi avverso sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012 il nuovo testo dell'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. in base al quale ai sensi della suindicata disposizione si può denunciare l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e non più la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Come di recente precisato dalle Sezioni unite di questa Corte vedi sentenze 7 aprile 2014, numero 8053 e numero 8054 nei giudizi per cassazione assoggettati ratione temporis alla nuova normativa, la formulazione di una censura riferita al numero 5 dell'articolo 360 cit. che replica sostanzialmente il previgente testo di tale ultima disposizione — come accade nella specie - si palesa inammissibile alla luce del nuovo testo della richiamata disposizione, che ha certamente escluso la valutabilità della insufficienza della motivazione, limitando il controllo di legittimità all'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, omesso esame che non costituisce nella specie oggetto di censura. Peraltro, poiché il suddetto inconveniente si riscontra soltanto con riguardo ad una parte delle censure proposte esso non impedisce, quindi, l'esame delle altre censure, dedotte con riguardo all'articolo 360, numero 3, cod. proc. civ 3.- Fatta questa premessa, le censure di violazione di legge formulate nel primo motivo sono da accogliere, per le ragioni di seguito esposte. 4.- In linea preliminare va ricordato che è jus receptum che il vizio di ultra ed extra petizione - derivante dalla violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato articolo 112 cod. proc. civ. - ricorre soltanto quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, mentre al di fuori di tali specifiche previsioni il giudice, nell'esercizio della sua potestas decidendi , resta libero non solo d'individuare l'esatta natura dell'azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle all'uopo prospettate, ma di rilevare, altresì, indipendentemente dall'iniziativa della controparte, la mancanza degli elementi che caratterizzano l'efficacia costitutiva od estintiva di una data pretesa della parte, in quanto ciò attiene all'obbligo inerente all'esatta applicazione della legge vedi, per tutte Cass. 1 ottobre 1994, numero 7977 Cass. 23 febbraio 1998, numero 1940 Cass. 16 maggio 1998, numero 4923 Cass. 5 ottobre 1998, numero 9887 Cass. 28 agosto 2003, numero 12265 Cass. 31 gennaio 2006, numero 2146 Cass. 22 marzo 2007, numero 6945 Cass. 26 ottobre 2009, numero 22595 . Inoltre, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata della domanda sottoposta alla sua cognizione, il giudice del merito non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali la stessa sia contenuta, in quanto deve anzi avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, quale desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, senza limitare la sua pronuncia in relazione alla prospettazione letterale della pretesa, occorrendo accertare il suo effettivo contenuto sostanziale, tenendo conto anche delle domande che risultino implicitamente proposte o necessariamente presupposte, in modo da ricostruire il contenuto e l'ampiezza della pretesa medesima secondo criteri logici che permettano di rilevare l'effettiva volontà della parte in relazione alle finalità concretamente perseguite dalla stessa Cass. numero 830 del 2006 2 dicembre 2004, numero 22665 Cass. 10 febbraio 2010, numero 3012 Cass. 26 settembre 2011, numero 19630 . Incorre, infatti, nel vizio di omesso esame il giudice che limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell'effettivo contenuto sostanziale della stessa Cass. 14 novembre 2011, numero 23794 . I suddetti principi ricevono una applicazione ancor più incisiva nel rito del lavoro nel quale la necessità di assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa di cui all'articolo 24 Cost., nell'ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all'articolo 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l'articolo 6 CEDU, comporta l'attribuzione di una maggiore rilevanza allo scopo del processo -costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione di merito - che impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o che, comunque, risultino ispirate ad un eccessivo formalismo, tale da ostacolare il raggiungimento del suddetto scopo vedi, per tutte Cass. 1 agosto 2013, numero 18410 . 5.- Nella specie, la Corte d'appello, discostandosi dai suddetti principi, ha ritenuto inapplicabile l'orientamento di questa Corte - erroneamente qualificato come risalente nel tempo e, quindi, implicitamente superato, mentre esso risulta assolutamente consolidato e non contraddetto, in particolare da Cass. 8 febbraio 2010, numero 2735 e da Cass. 20 febbraio 2012, numero 2429, richiamate nella sentenza impugnata - in base al quale non è ravvisabile il vizio di extrapetizione nel caso in cui, impugnato da parte del lavoratore un licenziamento collettivo anche sotto il profilo del mancato rispetto dei criteri di scelta e posta in dubbio, da parte sua, anche la rituale osservanza del procedimento di cui all'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 - e, in particolare, l'esecuzione delle previste preventive comunicazioni scritte ai sindacati da parte del datore di lavoro - il giudice dichiari l'inefficacia del licenziamento per la mancata comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta adottati per l'individuazione dei lavoratori di licenziare, facendo corretta applicazione del principio secondo cui l'inefficacia del licenziamento, prevista dall'articolo 5 della legge citata per il caso di inosservanza delle procedure di cui all'articolo 4, ricorre anche nel caso di violazione della disposizione dell'articolo 4, comma nono, sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta vedi, per tutte Cass. 20 novembre 2000, numero 14968 Cass. 15 giugno 2005, numero 12830 Cass. 14 novembre 2006, numero 24279 Cass. 22 dicembre 2008, numero 29936 Cass. 15 gennaio 2009, numero 857 . Conseguentemente, la Corte territoriale ha rinvenuto nella sentenza di primo grado il vizio di extrapetizione, sull'assunto secondo cui nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado le violazioni dell'iter procedimentale di cui all'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 sarebbero state denunciate soltanto sotto il profilo della non rispondenza al vero del contenuto delle comunicazioni della SEESTE BAU in ordine ai motivi delle programmate messe in mobilità, ma non sotto il profilo della mancata comunicazione ai sindacati dell'elenco dei lavoratori da licenziare e dei criteri della relativa elaborazione. Pertanto, tale ultima irregolarità sarebbe stata rilevata dal Giudice di primo grado d'ufficio - come sostenuto dalla datrice di lavoro - e quindi con violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sicché essa e la inefficacia del licenziamento derivatane sono state reputate estranee alla materia del contendere. 6.- Dalla stessa sentenza attualmente impugnata, vedi p. 4 , nonché dal ricorso per cassazione del lavoratore e dal ricorso introduttivo del giudizio - esaminabile in questa sede dato il tipo di censura prospettato, vedi, per tutte Cass. SU 22 maggio 2012, numero 8077 - risulta chiaro che il giudice di primo grado non è incorso nel vizio rilevato dalla Corte d'appello. Ciò in quanto nel ricorso introduttivo il P. ha espressamente dedotto vedi p. 5 il mancato rispetto dell'articolo 4 della legge 23 luglio 1991, numero 223 per difetto di comunicazione , prima della falsa rappresentazione della situazione di fatto che ha portato alla conclusione dell'accordo con le RSA . Inoltre, nella esposizione dei fatti vedi p. 2 , il ricorrente ha precisato di non avere avuto alcuna comunicazione precisa né in ordine ad iniziative di licenziamento collettivo, né in relazione a contatti ed accordi intervenuti con le RR.SS e che, comunque, la società in risposta alla sua impugnazione del licenziamento si era limitata a fare riferimento ad una procedura di mobilità ai sensi della legge numero 223 del 1991, sfociata in un accordo sindacale del 6 luglio 2009 , a proposito del quale il ricorrente rilevava che in nessun modo le parti hanno effettuato una valutazione critica dei lavoratori da licenziare, delle misure alternative allo stesso e/o delle misure sociali di accompagnamento vedi pagine 5 - 6 . Ne consegue che, dalla lettura complessiva del ricorso, emerge con chiarezza la rituale deduzione dell'inosservanza del procedimento prescritto dall'articolo 4 legge numero 223 del 1991, anche sotto il profilo della violazione del comma 9, avendo il lavoratore allegato tale argomentazione con la specificità sufficiente, in relazione ai dati in suo possesso, a consentire al datore di lavoro di assolvere l'onere probatorio a suo carico in ordine al rispetto della procedura arg. ex Cass. 6 luglio 2000, numero 9045 Cass. 14 ottobre 2000, numero 13727 Cass. 8 agosto 2005, numero 16629 . Né va omesso di rilevare che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte a in tema di collocamento in mobilità e licenziamento collettivo in sede giudiziale il controllo della correttezza procedurale delle operazioni - e, in particolare, il rispetto degli articolo 4 e 5 della legge numero 223 del 1991 - ha un ruolo di rilievo primario Cass. 26 febbraio 2009, numero 4653 Cass. 26 agosto 2013, numero 19576 b la specificità degli oneri di comunicazione in sede di apertura e chiusura della procedura di mobilità, previsti dagli articolo 4, commi 3 e 9, della legge numero 223 del 1991, fonda la possibilità di controllo sindacale e individuale dell'operazione, altrimenti insindacabile in sede giudiziaria, trovando conferma l'importanza di tali adempimenti nella previsione della sanzione dell'inefficacia dei licenziamenti, anche nel caso di comunicazione iniziale o finale incompleta o infedele Cass. 28 ottobre 2009, numero 22825 c in particolare, la comunicazione di avvio della procedura ex articolo 4, comma 3, della legge 23 luglio 1991, numero 223 rappresenta una cadenza essenziale per la proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato e per la trasparenza del processo decisionale del datore di lavoro, sicché il lavoratore è legittimato a far valere l'incompletezza dell'informazione, in quanto la comunicazione rituale e completa della mancanza di alternative ai licenziamenti rappresenta, nell'ambito della procedura, una cadenza legale che, se mancante, risulta ontologicamente impeditiva di una proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato, elemento rilevante per l'accertamento, da parte del giudice del merito, del valore da attribuire ad un eventuale accordo sindacale intervenuto tra le parti vedi, per tutte Cass. 20 marzo 2013, numero 6959 Cass. 6 aprile 2012, numero 5582 d la procedura di cui agli articolo 4 e 5 della legge numero 223 del 1991 è finalizzata alla tutela non solo degli interessi delle organizzazioni sindacali, ma anche dell'interesse pubblico, correlato alla occupazione in generale ed ai costi della mobilità, e dell'interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro e, in particolare alla verifica dei criteri di scelta sotto il profilo del loro carattere di generalità, obiettività e coerenza con il fine dell'istituto della mobilità, sicché è da escludere che l'accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza al mancato espletamento o al radicale stravolgimento della procedura medesima Cass. 7 giugno 2003, numero 9173 Cass. 16 maggio 2006, numero 11101 e secondo il costante indirizzo di questa Corte, la sanzione dell'inefficacia del prevista dall'articolo 5 della legge citata per il caso di inosservanza delle procedure di cui all'articolo 4, si applica anche al caso di violazione della disposizione dell'articolo 4, comma 9, sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta vedi, per tutte Cass. 20 novembre 2000, numero 14968 Cass. 8 gennaio 2003, numero 86 Cass. 11 luglio 2007, numero 15479 Cass. 26 luglio 1996, numero 6759 . 7. - Dalle suesposte considerazioni deriva che la Corte territoriale ritenendo - sulla base di un esame incompleto e superficiale del ricorso introduttivo - la sentenza di primo grado viziata da extrapetizione, si è discostata dagli anzidetti principi incorrendo, nel vizio di omesso esame della domanda, per aver limitato la propria pronuncia ad una prospettazione della pretesa difforme dell'effettivo contenuto sostanziale della stessa, oltretutto in una controversia soggetta al rito del lavoro, nella quale la necessità di assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa di cui all'articolo 24 Cost., nell'ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all'articolo 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l'articolo 6 CEDU, impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o che, comunque, risultino ispirate ad un eccessivo formalismo. III – Conclusioni. 8.- Per le suddette ragioni il primo motivo del ricorso deve essere accolto, nei suddetti limiti, con assorbimento delle censure di violazione di legge prospettate nel secondo motivo e con dichiarazione di inammissibilità dei profili di censura riferiti all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Trento, in diversa composizione, che si atterrà, nell'ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente “non è ravvisabile il vizio di extrapetizione nel caso in cui, impugnato da parte del lavoratore un licenziamento collettivo o una procedura di mobilità anche sotto il profilo del mancato rispetto dei criteri di scelta e posta in dubbio, da parte sua, anche la rituale osservanza del procedimento di cui all'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 - e, in particolare, l'esecuzione delle previste preventive comunicazioni scritte ai sindacati da parte del datore di lavoro - il giudice dichiari l'inefficacia del licenziamento per la mancata comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta adottati per l'individuazione dei lavoratori di licenziare, facendo corretta applicazione del principio secondo cui l'inefficacia del licenziamento, prevista dall'articolo 5 della legge citata per il caso di inosservanza delle procedure di cui all'articolo 4, ricorre anche nel caso di violazione della disposizione dell'articolo 4, comma 9, sulla comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta , essendo da escludere che l'accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza al mancato espletamento o al radicale stravolgimento della procedura medesima”. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei limiti indicati in motivazione, dichiara assorbito il secondo motivo e dichiara inammissibili le censure proposte in riferimento all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione.