Medico contiene con forza un detenuto in crisi convulsive: è costretto ad assentarsi per motivi di salute, ma la convenzione prevede il recesso …

Ai rapporti di lavoro autonomo non è applicabile l’art. 2087 c.c. tutela delle condizioni di lavoro , il quale riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17896, depositata il 23 luglio 2013. Infortunio sul lavoro La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di rigetto della domanda di un medico di base - titolare di una convenzione per l’assistenza sanitaria presso un carcere -, a seguito del recesso comunicato dall’Amministrazione penitenziaria per essersi il professionista assentato dal lavoro per oltre tre mesi. Infatti, questi aveva superato il termine previsto nella convenzione per l’esercizio del recesso, a seguito dell’infortunio subito mentre forniva la sua prestazione medica a un detenuto in crisi convulsiva. Secondo la Corte territoriale, il medico aveva omesso di provare ex art. 2087 c.c. la colpa specifica della committente per non avergli fornito un ausilio nell’espletamento delle sue incombenze comportanti situazioni prevedibili di rischio e che, pertanto, in assenza di una colpa dell’amministrazione nella causazione dell’evento - in applicazione della clausola contrattuale -, il recesso dell’amministrazione per superamento di tre mesi di assenza era legittimo. Avverso tale decisione, il medico ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando che la Corte territoriale aveva affermato un’erronea inversione dell’onere probatorio stabilendo che il ricorrente non aveva provato la colpa specifica della committente nel fornire ausilio al sanitario. La Suprema Corte ha ritenuto la censura infondata. ma non si tratta di rapporto subordinato. Gli Ermellini hanno rilevato che il richiamo alla disciplina di cui all’art. 2087 c.c., al fine di affermare la responsabilità dell’amministrazione pubblica per non avere adottato idonee misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro , non appare conferente, atteso che deve escludersi l’applicabilità della norma al rapporto in esame, non riconducibile a quello di rapporto subordinato, ma basato su di una convenzione, come esposto dallo stesso ricorrente e confermato nella sentenza impugnata, intercorsa tra l’Amministrazione e il medico. Pertanto, secondo Piazza Cavour, non risulta censurabile la sentenza nella parte in cui ha affermato che l’onere probatorio della colpa dell’Amministrazione carceraria doveva ritenersi gravante in capo al ricorrente. I giudici di legittimità, quindi, hanno avallato la statuizione di secondo grado, la quale ha rilevato che nella dizione motivi di salute di cui al relativo articolo della convenzione doveva ritenersi ricompreso l’infortunio sul lavoro non determinato da colpa dell’Amministrazione carceraria, con conseguente legittimità del recesso comunicato da quest’ultima, stante il superamento di tre mesi di assenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 aprile - 23 luglio 2013, numero 17896 Presidente Stile – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 23/11/2010 la Corte d'Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto della domanda di V.S. , medico di base e titolare di una convenzione per l'assistenza sanitaria presso il carcere di , volta ad ottenere l'accertamento del suo diritto a mantenere il rapporto in convenzione con il carcere a seguito del recesso comunicato dall'Amministrazione penitenziaria per essersi il V. assentato dal lavoro per oltre tre mesi superando il termine previsto nella convenzione per l'esercizio del recesso, a seguito dell'infortunio subito mentre forniva la sua prestazione medica ad un detenuto in crisi convulsiva. La Corte territoriale ha rilevato che il medico aveva contestato il recesso della datrice di lavoro in quanto la sua assenza era stata determinata da un infortunio sul lavoro, e cioè per la necessità di dover contenere, con la forza, un detenuto in crisi convulsive, e come tale detto infortunio era inidoneo a far decorrere il termine trimestrale previsto nella convenzione per l'esercizio del recesso da parte dell'Amministrazione in caso di assenze per motivi di salute protrattesi per oltre tre mesi. Secondo la Corte territoriale, il V. aveva omesso di provare ex art. 2087 cc la colpa specifica della committente per non avergli fornito un ausilio nell'espletamento delle sue incombenze comportanti situazioni prevedibili di rischio e che, pertanto, in assenza di una colpa dell'amministrazione nella causazione dell'evento, in applicazione della clausola contrattuale, il recesso dell'amministrazione per superamento di tre mesi di assenza era legittimo. Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione il V. formulando due motivi illustrati poi in una memoria ex art. 378 cpc. Si costituisce il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione della giustizia - Direzione casa circondariale di Piacenza e Provveditorato Regionale Emilia Romagna dell'Amministrazione Finanziaria depositando controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 cc art. 360 numero 3 cpc . Osserva che la responsabilità imputata a controparte ex art. 2087 cc era di natura contrattuale e che, invece, la Corte aveva valutato soltanto la colpa extracontrattuale, senza contare che questa avrebbe potuto concorrere con quella contrattuale. Deduce che ai sensi dell'art. 2087 cc, configurante la colpa contrattuale del datore di lavoro, gravava su quest'ultimo l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il danno,ovvero che la patologia lamentata non era ricollegabile all'inosservanza di tali obblighi. Lamenta che la Corte aveva affermato un'erronea inversione dell'onere probatorio affermando che il ricorrente non aveva provato la colpa specifica della committente nel fornire ausilio al sanitario. Con il secondo motivo denuncia insufficiente o contraddittoria motivazione su circostanza decisiva art. 360 numero 5 cpc . La Corte ha omesso di esaminare i risultati dell'istruttoria dai quali era ravvisabile la colpa dell'Amministrazione anche se considerata extra contrattuale. Le censure, congiuntamente esaminate in quanto connesse, sono infondate. Deve, in primo luogo, rilevarsi che il richiamo alla disciplina di cui all'art. 2087 cc, ed alla natura contrattuale della responsabilità del datore di lavoro prevista in tale norma, al fine di affermare la responsabilità dell'Amministrazione pubblica per non aver adottato idonee misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ,non appare conferente atteso che deve escludersi l'applicabilità della norma al rapporto in esame,non riconducibile a quello di lavoro subordinato, ma basato su di una convenzione, come esposto dallo stesso ricorrente cfr gli articoli della convenzione richiamati nel ricorso e confermato nella sentenza impugnata, intercorsa tra l'Amministrazione Pubblica ed il professionista. Deve richiamarsi, a riguardo, quanto affermato da questa Corte cfr. Cass. numero 9614 del 16/07/2001 secondo cui ai rapporti di lavoro autonomo, pur se riconducibili alla previsione di cui all'art. 409, numero 3, cod. proc. civ. - norma di rilevanza esclusivamente processuale, in quanto assoggetta al rito del lavoro le controversie concernenti i rapporti di collaborazione in cui la prestazione sia continuativa, coordinata e prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato - non è applicabile l'art. 2087 cod. civ. che riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato . nello stesso senso cfr Cass. numero 7128/2013 numero 8522/2004, numero 933 del 26/01/1995 . I precedenti giurisprudenziali richiamati Cass. numero 12763/1998 n 1886/2000 con i quali il ricorrente si sofferma sull'onere probatorio in capo al datore di lavoro di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno ovvero che la patologia lamentata non è ricollegabile all'inosservanza di tali obblighi attengono a rapporti di lavoro subordinato. Tanto premesso,pur dovendosi evidenziare che la Corte d'Appello ha erroneamente richiamato la norma di cui sopra, non risulta censurabile la sentenza nella parte in cui ha affermato che l'onere probatorio della colpa della Amministrazione carceraria doveva ritenersi gravante in capo al ricorrente riconducendo, evidentemente, la responsabilità dell'Amministrazione finanziaria nell'ambito della responsabilità extracontrattuale. Circa la prova della colpa dell'amministrazione carceraria il ricorso risulta da un lato non rispondente al principio di autosufficienza che deve caratterizzare il ricorso in Cassazione. Il V. , infatti, ha omesso di riportare le dichiarazioni dei testi nella loro completezza al fine di consentire a questa Corte di valutare la decisività delle prove svolte. Dall'altro lato il ricorrente si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti formulando in definitiva una richiesta di duplicazione del giudizio di merito,senza evidenziare contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata o lacune così gravi da risultare detta motivazione sostanzialmente incomprensibile o equivoca. Costituisce principio consolidato che Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione . Cass. numero 2357 del 07/02/2004 n 7846 del 4/4/2006 n 20455 del 21/9/2006 n 27197 del 16/12/2011 . La Corte territoriale ha ritenuto che il ricorrente, cui gravava l'onere probatorio, non aveva provato la colpa dell'Amministrazione pubblica nel fornire ausilio al sanitario nello svolgimento delle incombenze alle quali era tenuto in base alla convenzione stipulata con l'Amministrazione pubblica per l'assistenza sanitaria presso il carcere di . La Corte ha rilevato, infatti, che sarebbe stato onere del ricorrente richiedere la prova in merito a carenze e quindi a colpa specifica della committente nel fornire ausilio al sanitario in siffatte incombenze comportanti situazioni prevedibili di rischio e dunque la colpa dell'Amministrazione. La Corte quindi ha rilevato che nella dizione motivi di salute di cui all'art. 6 della convenzione doveva ritenersi ricompreso l'infortunio sul lavoro non determinato da colpa dell'Amministrazione carceraria con conseguente legittimità del recesso comunicato dall'Amministrazione stante il superamento di tre mesi di assenza. Non può trascurarsi, infine, che la Corte ha opportunamente fatto riferimento alla ulteriore circostanza, evidenziata nella sentenza impugnata, che il CTU, nominato dalla stessa Corte d'Appello, pur avendo affermato la compatibilità della patologia lamentata dal V. con lo sforzo posto in essere dal medico per trattenere il paziente, aveva accertato un trauma distorsivo di lieve entità con postumi minimi con guarigione in 3 o 4 settimane, lasciando, quindi, intendere come fosse priva di giustificazione l'assenza dal lavoro per oltre tre mesi, cioè per un periodo abbondantemente superiore al termine previsto dalla convenzione per l'esercizio del recesso. Per le considerazioni che precedono il ricorso va respinto pur ravvisandosi motivi per compensare le spese del presente giudizio avuto riguardo alle argomentazioni della sentenza impugnata ed alle oggettive incertezze dalla stessa emergenti circa l'inquadramento giuridico della fattispecie. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di causa.