Donazione indiretta e vendita simulata: quali oneri probatori?

Con il negozio indiretto le parti si propongono di pervenire ad una determinata finalità attraverso la combinazione di più atti, reali e non simulati, collegati insieme. In tal modo, attraverso tale collegamento le parti raggiungono in maniera indiretta la finalità perseguita, grazie al concorso delle varie forme giuridiche che, pur essendo tutte corrispondenti al vero e conformi alla dichiarata volontà dei contraenti, sortiscono ulteriore effetto diverso, corrispondente a quello voluto dalle parti.

Nel negotium mixtum cum donatione la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indiretta, attraverso la voluta sproporzione della prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore, rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio poste in essere a realizzare una donazione indiretta per il che la vendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non realizza, di per se stessa, un negotium mixtum cum donatione , essendo all’uopo altresì necessario non solo che sussista una sproporzione tra le prestazioni ma anche che questa sia d’entità significativa, ed, inoltre, che la parte alienante sia stata consapevole dell’insufficienza del corrispettivo percetto rispetto al valore del bene ceduto, abbia ciò non ostante voluto il trasferimento della proprietà e l’abbia voluto allo specifico fine d’arricchire la controparte acquirente della differenza tra il detto valore e la minore entità del corrispettivo. Tutto ciò emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 14799/14 depositata il 30 giugno scorso. Retrocessione del bene oggetto di liberalità, simulazione ed ingratitudine. Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione si pronuncia su alcuni aspetti di indubbio interesse in tema di rapporti tra vendita simulata e donazione indiretta, anche per quanto riguarda i limiti probatori nel giudizio volta a far accertare la simulazione della vendita. La questione portata all’attenzione dei giudici di legittimità origina dalla domanda con cui si chiedeva fosse dichiarata non più sussistente la causa della donazione indiretta e/o simulata del contratto di compravendita intercorso tra l’attore, da un lato, e la figlia ed il genero, dall’altro, ed in subordine la revoca della donazione per ingratitudine con riguardo alla quota del genero. Tanto in primo grado quanto in appello la domanda veniva rigettata, rilevandosi che il contratto intervenuto tra le parti non poteva qualificarsi come donazione indiretta, trattandosi di simulazione relativa, rispetto alla quale la parte incontrava precisi limiti in tema di onere della prova, essendo necessario che il negozio dissimulato - per produrre i suoi effetti tra le parti - rispetti i requisiti di forma per questo previsti. Contro la decisione di appello veniva quindi interposto ricorso per Cassazione, con il quale si censurava la sentenza impugnata, per quanto qui direttamente interessa, per i profili riguardanti il rapporto tra la domanda di accertamento della natura di liberalità diretta dell’atto e quella di simulazione ed i limiti probatori riguardanti tale ultima domanda. Liberalità indiretta e complessità dell’operazione negoziale. La prima delle questioni affrontate dalla Corte con la pronuncia in rassegna riguarda il motivo di ricorso con cui si censura la decisione di merito per aver escluso che nel caso di specie fosse individuabile una donazione indiretta. La Corte conferma la decisione dei giudici di merito, i quali nel caso di specie avevano escluso, anche sulla base della ricostruzione in fatto dell’attore, che ricorresse una ipotesi di donazione indiretta, dovendosi qualificare l’operazione come vendita simulata. Ricorda infatti la Corte che per mezzo del negozio indiretto le parti si propongono di pervenire ad una determinata finalità attraverso la combinazione di più atti, reali e non simulati, collegati insieme. In tal modo, attraverso tale collegamento le parti raggiungono in maniera indiretta la finalità perseguita, grazie al concorso delle varie forme giuridiche che, pur essendo tutte corrispondenti al vero e conformi alla dichiarata volontà dei contraenti, sortiscono ulteriore effetto diverso, corrispondente a quello voluto dalle parti Cass. numero 8098 del 2006 . Donazione indiretta, negozio mixtum cum donatione e simulazione. Il secondo profilo trattato dalla pronuncia in esame è quello riguardante la compatibilità della deduzione dell’esistenza di una donazione indiretta con l’articolazione di una domanda di simulazione in via subordinata. La Corte rigetta il motivo in quanto inammissibile, ma ricorda che detta incompatibilità sussiste nell’ipotesi del negozio misto, in relazione al quale la giurisprudenza di legittimità ha in passato affermato che nel negotium mixtum cum donatione la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indiretta, attraverso la voluta sproporzione della prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore, rispetto a quella di scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio poste in essere a realizzare una donazione indiretta per il che la vendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non realizza, di per se stessa, un negotium mixtum cum donatione , essendo all’uopo altresì necessario non solo che sussista una sproporzione tra le prestazioni ma anche che questa sia d’entità significativa, ed, inoltre, che la parte alienante sia stata consapevole dell’insufficienza del corrispettivo percetto rispetto al valore del bene ceduto, abbia ciò non ostante voluto il trasferimento della proprietà e l’abbia voluto allo specifico fine d’arricchire la controparte acquirente della differenza tra il detto valore e la minore entità del corrispettivo Cass. numero 19601 del 2004 . Effetti tra le parti del contratto dissimulato e requisiti di forma. Ultima questione per cui si segnala la pronuncia in epigrafe è quella dei requisiti di forma che il contratto dissimulato deve avere per produrre effetti nei confronti delle parti, ai sensi dell’articolo 1414, comma 2, c.c Al riguardo il ricorrente riteneva che erroneamente i giudici di merito non avevano ammesso il giuramento decisorio sul presupposto che anche qualora questo fosse stato ammesso, il negozio dissimulato non avrebbe potuto produrre i suoi effetti per difetto di forma, atteso che il contratto non era stato posto in essere con la presenza dei due testimoni cui fa riferimento l’articolo 48 l. numero 89/1913 nella formulazione applicabile ratione temporis , vale a dire prima delle modifiche di cui all’articolo 12, comma 1, l. numero 246/2005 . La Corte dichiara infondato il motivo di ricorso e, dopo aver rilevato che la presenza dei due testimoni è necessaria per gli atti di donazione, afferma che correttamente il giudice di merito non aveva ammesso il giuramento decisorio, in quanto anche qualora questo avesse dato esito positivo, il negozio dissimulato non avrebbe potuto produrre i suoi effetti tra le parti, difettando la forma prescritta dalla legge per il contratto di donazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 marzo – 30 giugno 2014, numero 14799 Presidente Triola – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. C.A. impugna la sentenza numero 1287/2008 della Corte d'Appello di Bologna, depositata il 04.08.2008, non notificata, che ha rigettato la sua impugnazione avverso la decisione del giudice di primo grado, che aveva a sua volta respinto le sue domande di declaratoria della “ non più sussistente causa di donazione indiretta e/o simulata del contratto di compravendita intercorso tra le parti con retrocessane del bene ” e in subordine di revoca della donazione, con riguardo alla quota di D.numero , per ingratitudine. 2. Il giudizio inizia nel novembre del 2000. L'odierna ricorrente citava avanti al tribunale di Forlì D.numero e Z.R. , rispettivamente genero e figlia, perché “fosse dichiarata non più sussistente la causa del negozio di donazione indiretta relativamente all'immobile portico facente parte di un fabbricato in OMISSIS che essa attrice, mediante l'atto notarile a rogito del notaio Avv. Giorgio Papi di Forlì numero rep. 16.723 numero raccomma 5.330 , avente forma di compravendita, aveva ceduto, per puro spirito di liberalità, ai due convenuti, con conseguente retrocessane dell'area a proprio favore”. In subordine, chiedeva che fosse revocata la predetta donazione con riferimento alla sola quota di pertinente di D.numero per sua grave ingratitudine e per il compimento di una gravissima ingiuria perpetrata a suo danno dal predetto” . Precisava che per l'atto in questione “ la forma prescelta [ ] fu la redazione di un atto di compravendita ma si trattò, invece, con riferimento alla causa del negozio di una liberalità ”. Precisava ancora che “ la dura vertenza di separazione dei coniugi consentiva all'istante di dedurre la sopravvenuta carenza del presupposto basilare dell'atto di liberalità, e cioè della causa donandi, attesa la sopravvenuta disgregazione del vincolo familiare ” e che “ sussistevano, in ogni caso, le condizioni per revocare, per ingratitudine, ed in specie per ingiuria grave, la donazione effettuata a favore di D.numero ”, posto che “quest'ultimo, negli ultimi mesi, e con decorrenda dal mese di settembre 1999, e con aumento esponenziale nella parte finale dell'anno 2000, si era reso responsabile di più atti e di molteplici comportamenti definibili come ingiuria grave nei confronti della donante” . Indicava poi in dettaglio la vicenda che l'aveva portata a tali conclusioni. 3. Non si costituiva in giudizio Z.R. che era dichiarata contumace. Si costituiva il solo D.numero il quale contestava le domande. 4. Espletati gli interrogatori delle parti, respinte le prove testimoniali richieste, il Tribunale di Forlì, con sentenza 151/2004, pubblicata il 12.02.2004, rigettava le domande di C.A. . 5. La Corte di appello di Bologna rigettava l'impugnazione dell'odierna ricorrente, ritenendo che il contratto intervenuto tra le parti non potesse essere qualificato come donazione indiretta , trattandosi di ipotesi di simulazione relativa, rispetto alla quale non era ammissibile la prova testimoniale, né il giuramento decisorio, essendo necessaria per la donazione la forma prevista dalla legge notarile presenza di due testimoni all'atto pubblico . 6. La ricorrente formula 11 motivi di ricorso. Resiste con controricorso D. , mentre nessuna attività in questa sede ha svolto Z.R. . Le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione Il ricorso è infondato e va rigettato per quanto di seguito si chiarisce. 1. Col primo motivo di ricorso si deduce “violazione dell'articolo 112 c.p.c. error in procedendo nullità della sentenza o del procedimento”. Con i primi due motivi d'appello, la ricorrente aveva lamentato la mancata qualificazione come donazione indiretta dell'atto col quale aveva trasferito la proprietà dell'immobile alla figlia ed al genero, posto che “la proprietà dell'immobile venne ceduta senza corresponsione alcuna di denaro, e per spirito di liberalità” . La forma fu adottata per ragioni prettamente fiscali, “essendo, all'epoca, l'onere tributario molto più consistente in relazione al contratto di donazione” . Ciò risultava provato dalla modicità del pretto pattuito , non avendo il convenuto “ fornito alcuna prova dell'ipotetica corresponsione del denaro alla suocera ”, specie quanto alla “documentazione a sostegno delle proprie affermazioni matrici di assegni, documentazione bancaria etc. ”. In tal senso le prove testimoniali addotte. Quanto alla dedotta, in via subordinata, simulazione relativa, la ricorrente aveva osservato in appello che la compravendita simulava una donazione, in mancanza di pagamento del prezzo ed in presenza dell’ animus donandi . Al riguardo, risultava ammissibile la prova testimoniale in presenza del principio di prova per iscritto costituito dall'aver la Z.R. ammesso in sede di interrogatorio formale che non vi fu pagamento e che l'atto non fu rogato nella forma della donazione per ragioni fiscali. Osserva, quindi, la ricorrente di aver dedotto in appello due questioni in un ordine preciso donazione indiretta, simulazione , ordine che non era stato seguito dalla Corte territoriale, che così era incorsa nel vizio di extra petizione. Quesito ex articolo 366 bis c.p.c. “ vero o non è vero che comporta nullità della sentenza e/o del procedimento, e violazione dell'articolo 112 c.p.c., la circostante che il giudice di merito nella specie la Corte d'Appello di Bologna di fronte alla deduzione e/o alla prospettazione, rispetto alla stessa fattispecie, di più conseguente, l'una dedotta in via principale nella specie donazione indiretta , l'altra in via subordinata nella specie simulazione della compravendita dissimulante una donazione , invertendo l'ordine delle conseguenze stabilito nell'impugnazione, fondi la sua decisione sic et simpliciter sulla conseguenza dedotta in via subordinata, senza esaminare minimamente quella evidenziata in via principale, e senza considerare che è ammessa per principio generale l'articolazione di più domande anche fra di loro incompatibili? ”. 1.2 - Il motivo è infondato. Dalla sentenza impugnata risulta che l'odierna ricorrente aveva così concluso “ dichiararsi non più sussistente la causa di donazione indiretta e/o simulata con conseguente retrocessane dell'immobile in suo favore ”. La Corte territoriale, nell'esposizione dello svolgimento del processo e con riguardo all'indicazione dei motivi proposti in sede di impugnazione, ha indicato come prima questione proposta la “ configurabilità di una donazione indiretta ” e come seconda la “ configurabilità in subordine della simulazione relativa ”. La Corte territoriale, poi, nella parte motiva della decisione, ha affrontato le questioni secondo l'ordine prospettato dall'odierna ricorrente. Infatti, a pagina 8 della sentenza, la Corte ha esaminato la prospettazione relativa alla qualificazione del contratto di compravendita come donazione indiretta, giungendo alla conclusione che tale qualificazione non era condivisibile, essendo a tal fine necessaria “ la combinazione di più atti, reali e non simulati, collegati insieme” . La Corte territoriale ha poi affrontato, a pagina 9 della motivazione della sentenza, la questione relativa alla qualificazione del contratto di compravendita come simulazione relativa, rilevando al riguardo l'inammissibilità della prova testimoniale dedotta in relazione articolo 1417 codice civile. La prospettazione della ricorrente della violazione dell'articolo 112 cod. procomma civ., quanto all'ordine di esame delle questioni, risulta, quindi, smentita da quanto appena esposto. 2. - Col secondo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli arti. 785, 809 c.c.” . Lamenta la ricorrente, in subordine, che la Corte territoriale ha erroneamente escluso trattarsi di donazione indiretta , in quanto, come affermato dalla Corte di cassazione “ la differenza tra donazione diretta ed indiretta non consiste nella diversità dell'effetto pratico che da esse deriva, ma piuttosto nel mezzo con il quale viene attuato il fine di liberalità che nella seconda è un atto che, pur essendo rivolto, secondo lo scopo pratico delle parti, ad attuare il medesimo fine, lo realizza obliterando la causa tipica del negozio ” Cass. Civ. numero 5461/2002 - “ non è richiesta la sussistenza di una necessaria pluralità di atti collegati per la donazione indiretta, è sufficiente uno schema negoziale avente causa diversa ” Cass. numero 7507/2006 dacché il mezzo “può essere il più vario, nei limiti consentiti dall'ordinamento” Cass. Civ. numero 5333/2004 “ l'ipotesi del denaro messo a disposizione da soggetto terzo rispetto alla compravendita è solo un'ipotesi scolastica di donazione indiretta, ma la categoria è immensamente più vasta si va dall'accollo interno volto ad arricchire taluno” Cass. Civ. numero 7507/2006 al preliminare di vendita con sostituzione nel definitivo del destinatario della liberalità Cass. numero 5333/2004 alla contestazione di una somma di danaro presso un istituto di credito Cass. numero 3499/1999 ”. Quesito ex articolo 366 bis c.p.c. “ Vero o non è vero che non è richiesta la sussistenza di una necessaria pluralità di atti collegati per configurare la donazione indiretta, mentre è invece sufficiente uno schema negoziale avente causa diversa rispetto alla donazione, dacché il mezzo - potendo essere il più vario nei limiti consentiti dall'ordinamento - può consistere anche in un unico negozio formale, come la compravendita per di più se ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al valore del bene, effettuata per spirito di liberalità ?” . 2.1 - Il motivo è infondato. Al riguardo, appare opportuno richiamare i passaggi motivazionali della Corte territoriale, la quale in primo luogo ha rilevato che in primo grado il Tribunale aveva respinto la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni “ha domanda proposta dall'attrice muoveva dal presupposto che la compravendita stipulata dalle parti in data 4/11/1992, in forza della quale la C. aveva trasferito la proprietà dell'immobile sito in OMISSIS alla Z. e al D. al prezzo di L 27.000.000, fosse simulata. La simulazione del contratto non aveva trovato riscontro probatorio se non dalle dichiarazioni rese dalla contumace Z.R. la quale in sede di interrogatorio formale aveva riconosciuto che il prezzo stabilito in contratto non era stato pagato e che l'immobile era stato in realtà donato. La dichiarazione confessoria della Z. non aveva efficacia probatoria nei confronti dell'altro convenuto e quindi la domanda di revocazione per ingratitudine svolta nei confronti del medesimo non poteva essere accolta. Quand'anche si fosse ritenuta provata nei confronti della Z. la simulazione della vendita dell'immobile e la sussistenza dell'atto di liberalità, in ogni caso non poteva essere pronunciata la retrocessione, non ricorrendo nella specie la figura della donazione obnuziale ovvero dell'errore sul motivo di cui all'ari. 787 e. e. ovvero di una delle cause tassative di revocazione di cui affari. 800 cod. civ.”. La Corte di merito ha poi così sintetizzato il relativo motivo di impugnazione “ Contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice [di primo grado, ndr] il negozio di compravendita del portico facente parte del fabbricato di vecchia costruzione sito in Forlì doveva essere qualificato come donazione indiretta, in quanto il trasferimento di proprietà venne attuato senza corrispettivo e al solo fine, da parte della C. , di arricchire la figlia Z.R. e il genero D.numero . Questi, in particolare, non aveva fornito alcuna prova sulla corresponsione di denaro alla suocera e le dichiarazioni da lui rese in sede di interrogatorio formale non erano veritiere. Il Giudice avrebbe dovuto ammettere le prove orali dedotte - delle quali si chiedeva l'ammissione in grado di appello - che avrebbero fornito la prova della circostanza secondo la quale l'appellante, contestualmente all'atto di cessione, aveva fatto effettuare la stima dell'immobile al fine di corrispondere all'altro figlio un importo uguale per non ledere la quota di legittima. Le prove erano ammissibili, non trovando applicazione i limiti sulla prova testimoniale” . La Corte territoriale ha poi così motivato “ La prospettazione dell'appellante secondo la quale il contratto di compravendita per cui è causa deve essere qualificato come donazione indiretta non è condivisibile. Con il negozio indiretto le parti si propongono di pervenire ad una determinata finalità attraverso la combinazione di più atti, reali e non simulati, collegati insieme. In tal modo, attraverso tale collegamento le parti raggiungono in maniera indiretta la finalità perseguita, grafie al concorso delle varie forme giuridiche che, pur essendo tutte corrispondenti al vero e conformi alla dichiarata volontà dei contraenti, sortiscono ulteriore effetto diverso, corrispondente a quello voluto dalle parti Cass. 2006 numero 8098 ” . La Corte territoriale ha poi richiamato come ipotesi tipica della donazione indiretta l'acquisto del bene con denaro messo a disposizione da parte di altro soggetto per spirito di liberalità e ha concluso la sua esposizione, richiamando la giurisprudenza della Corte di cassazione che consente la prova testimoniale nel caso di donazione indiretta Cass. 2004 numero 4015 . Tanto premesso, occorre osservare che il Tribunale, come riportato dal ricorso pagina 9 , ammise il solo interrogatorio formale, avendo affermato nella relativa ordinanza che “le domande attoree presuppongono la prova che non può essere offerta per testimoni ex articolo 1417 codice civile del carattere simulato dell'apparente vendita, dissimulante una donazione ”. Inoltre, secondo la prospettazione della stessa ricorrente, il contratto di vendita era solo lo strumento per attuare il fine di liberalità perseguito dalle parti donazione . Ciò sarebbe stato dimostrato dal prezzo esiguo indicato nella vendita e dalla circostanza di cui veniva richiesta prova per testi che contestualmente la donante-venditrice aveva fatto stimare l'immobile per poi corrispondere all'altro figlio un importo in denaro affinché non risultasse lesa la di lui quota di legittima pagina 21 del ricorso . Il Tribunale prima e la Corte d'appello poi hanno invece ritenuto che nel caso in questione non si trattasse di una donazione indiretta ma di una vendita simulata con conseguenti limiti in ordine all'ammissione della prova per testi e conseguente rigetto della domanda per carenza di prova, stante l'inopponibilità all'altra parte odierno controricorrente delle dichiarazioni confessorie rese dalla figlia dell'odierna ricorrente a fronte della dichiarazione da parte dell'odierno controricorrente dell'avvenuto pagamento del prezzo. In definitiva, i giudici di merito hanno concluso nel senso che si trattava di una vendita simulata, perché la stessa prospettazione in fatto della parte ricorrente era in tal senso, posto che il contratto di vendita non era effettivamente voluto dalle parti, ma era solo strumento per raggiungere l'obiettivo della donazione, negozio questo invece realmente voluto. In presenza di un contrasto tra le parti in ordine alla sussistenza della comune volontà sulla donazione, incombeva all'odierna ricorrente fornire la prova in tal senso, a fronte di un contratto di vendita nel quale risultava regolarmente effettuato il pagamento del prezzo con il conseguente trasferimento del bene immobile. In tale situazione dunque correttamente i giudici del merito hanno ritenuto che fosse necessario fornire la prova della reale intenzione delle parti nel senso indicato dall'odierna ricorrente, che ha, come si è detto, specificamente assunto che il contratto di vendita non era voluto tra tutte le parti, essendo invece voluta esclusivamente la donazione. In tale prospettiva va letta la motivazione della Corte di appello che ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte in materia di donazione indiretta con riguardo a negozi tra loro collegati, che peraltro va adattata alla specifica fattispecie nella quale, come si è detto, la stessa ricorrente ha fornito una precisa chiave di lettura in fatto della vicenda. Contestato che non fosse intervenuto il pagamento, risultante dall'atto scritto, era onere dell'odierna ricorrente fornire un'adeguata la prova al riguardo, non integrata dalle circostanze indicate nei capitoli di prova testimoniale non riguardanti il contenuto e la natura dell'atto , sinteticamente indicati a pag. 21 del ricorso e per esteso riportati alle pagine 39 e 40 capitoli 5, 6 e 9 , in tesi sufficienti a fornire solo meri indizi, ma non ad integrare la necessaria prova. 3. Col terzo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli articolo 809 c.comma e 1414 c.c.” . Ha errato il giudice di merito nel ritenere “incompatibile la deduzione dell'esistenza di una donazione indiretta con l'articolazione di una domanda di simulazione, in via subordinata” . Secondo la ricorrente “la deduzione dell'esistenza di un prezzo di favore che caratterizza il contratto volto ad arricchire una parte non è incompatibile con la deduzione, in via subordinata, della simulazione del prezzo ”. Quesito ex articolo 366 bis c.p.c. “ vero o non è vero che l'azione di simulazione non è logicamente incompatibile con quella di accertamento dell'esistenza di una donazione indiretta ed entrambe possono essere proposte nel corso di un giudizio?” . 3.1 - Il motivo risulta per un verso infondato sulla base della complessiva ricostruzione della fattispecie come descritta nel precedente motivo, e per altro verso anche inammissibile stante la genericità del quesito con riguardo alla concretezza della fattispecie esaminata. Se poi la ricorrente intende far riferimento alla ipotesi del negozio misto vendita e donazione , occorre rilevare che vi è la dedotta incompatibilità, risultando semmai una donazione indiretta per la sola parte del valore del bene oltre il prezzo pagato , con conseguente arricchimento di quello del contraenti che riceve la prestazione di maggior valore. Al riguardo, è orientamento condiviso di questa Corte quello secondo il quale “nel negotium mixtum cum donatione la causa del contratto è onerosa, ma il negozio commutativo adottato viene dai contraenti posto in essere per raggiungere in via indiretta, attraverso la voluta sproporzione delle prestazioni corrispettive, una finalità diversa ed ulteriore, rispetto a quella di scambio, consistente nell'arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore, con ciò venendo il negozio posto in essere a realizzare una donazione indiretta per il che la vendita ad un prezzo inferiore a quello effettivo non realizza, di per se stessa, un negotium mixtum cum donatione, essendo all'uopo altresì necessario non solo che sussista una sproporzione tra le prestazioni ma anche che questa sia d'entità significativa, ed, inoltre, che la parte alienante sia stata consapevole dell'insufficienza del corrispettivo percetto rispetto al valore del bene ceduto, abbia ciò non ostante voluto il trasferimento della proprietà e l'abbia voluto allo specifico fine d'arricchire la controparte acquirente della differenza tra il detto valore e la minore entità del corrispettivo ” Cass. numero 19601 del 2004 . 4 - Col quarto motivo di ricorso si deduce “ error in procedendo violazione dell'articolo 112 c.p.c. nullità della sentenza o del procedimento ” La ricorrente rileva che “ha errato la Corte di merito nel ritenere che la deduzione di una donazione indiretta e della domanda su essa fondata fosse ipso facto esclusa dalla proposizione di una domanda di simulazione ”. Quesito ex articolo 366 bis c.p.c. “Vero o non è vero che importa nullità della sentenza e/o del procedimento il fatto che il giudice escluda la domanda dedotta in via principale accertamento di una donazione indiretta per il solo fatto che essa sia incompatibile con la domanda subordinata simulazione ?” . Il motivo null'altro aggiunge. 4.1 Anche tale motivo è infondato, se non inammissibile in parte qua perché non tiene conto, come il precedente, della specifica ricostruzione della vicenda fattuale. 5 - Il quinto motivo di ricorso è così articolato dalla ricorrente “in relazione all'articolo 360 numero 3 C.P.C., il quesito è il seguente vero o non è vero che può e deve qualificarsi donazione indiretta e, nella specie, negozio mixtum cum donatione, da parte del giudice di merito la compravendita fra un venditore ed un compratore o più compratori legato i allo stesso da rapporti di parentela o di affinità per un prezzo sensibilmente inferiore al valore di mercato, perché ciò lascia supporre che vi sia da parte del venditore un intento di arricchire spontaneamente il venditore o il compratore ?” . Al riguardo, la ricorrente osserva che la Corte territoriale avrebbe dovuto valorizzare il prezzo “assai modesto” della compravendita e la “ circostanza che Z.R. e D.numero erano rispettivamente figlia [ ] e genero della C. ” , anche al fine di qualificare “ come richiesto dall'appellante, la suddetta come una donazione indiretta, ed in particolare come un contratto mixtum cum donatione” , facendo evidentemente riferimento alla differenza tra il prezzo indicato in atto e quello venale del bene. 5.1 - Il motivo è infondato per quanto già osservato in ordine alla donazione indiretta, mentre è inammissibile quanto al dedotto contratto mixtum cum donatione , che costituisce questione nuova, che non risulta trattata, nei termini indicati, dalla Corte di appello con conseguente onere per la ricorrente di indicare come, dove e quando tale questione sarebbe stata proposta. In ogni caso occorre osservare che, nella prospettiva indicata dalla ricorrente, la prova del negozio misto non poteva che incombere alla parte che tale contenuto adduce in contrasto con la forma ed il contenuto del negozio stipulato. Al riguardo, questa Corte ha già avuto occasione di affermare Cass. numero 19601 del 2004 che, ove si prospetti un negozio mixtum cum donatione , “incombe sulla parte la quale intenda far accertare in giudizio la simulazione relativa nella quale si traduce il negotium mixtum cum donatione, l'onere di provare sia la sussistenza d'una sproporzione di significativa entità tra le prestazioni sia la consapevolezza di essa e la sua volontaria accettazione da parte dell'alienante in quanto indotto al trasferimento del bene pur a tale condizione da animus domandi nei confronti dell’acquirente” . Trattandosi di simulazione relativa, tra le parti la prova per testi è ammessa solo se diretta a far valere l'illiceità del contrato dissimulato 1417 cod. civ. , circostanza questa esclusa dalla complessiva ricostruzione della vicenda in fatto. Di conseguenza, la prova testimoniale sul punto restava esclusa. 6 - Col sesto motivo di ricorso si deduce “error in procedendo violazione dell'articolo 112 c.p.c. omessa pronuncia circa un motivo di impugnazione nullità della sentenza e/o del procedimento ex articolo 360 numero 4 c.p.c.” Secondo la ricorrente, la Corte territoriale ai fini di valutare l'ammissibilità della prova per la simulazione relativa, non aveva considerato che “la convenuta Z.R. , all'udienza del 13.12.2002, in sede di interrogatorio formale, dichiarava che l'atto venne confezionato nelle forme della donazione per ragioni prettamente fiscali, e che dunque non vi fu pagamento di alcun prezzo, trattandosi di una donazione ” ricorso pag. 33 ultime righe . Si trattava di un principio di prova scritta che giustificava la deroga al divieto di prova testimoniale. Secondo la ricorrente “tale chiara e non equivoca censura [ ] non è stata minimamente considerata da parte della Corte d'Appello di Bologna la qual circostanza comporta delle conseguenze precise in quanto la Suprema Corte evidenzia che si ha omessa pronuncia sulle doglianze mosse con uno dei motivi d'appello Cass. numero 4527/2008 avendo omesso su tale motivo qualsiasi decisione” . Viene formulato il seguente quesito “vero o non è vero che comporta error in procedendo, violazione dell'articolo 112 c.p.c., e nullità della sentenza e/o del procedimento, il fatto che il giudice di merito ometta totalmente di considerare, nella decisione della motivazione impugnata il contenuto di un motivo d'appello sottoposto alla sua attenzione e nella specie relativa all'importanza dell'interrogatorio formale svolto da una delle parti ai fini probatorii” . 6.1 - Il motivo è infondato perché sostiene che non si sarebbe tenuto conto della confessione resa dalla figlia della ricorrente. Al contrario, la Corte territoriale ha riportato specificamente i punti sulla base dei quali si era fondata la decisione del primo giudice anche quanto al valore di tale confessione rispetto all'altra parte del negozio , sostanzialmente facendoli propri ed intervenendo soltanto ove necessario in conseguenza dei specifici mezzi di impugnazione. In ogni caso, il divieto di prova per testi nel contratto simulato tra le parti non può essere superato da un'ammissione-confessione resa da una delle parti, che non influisce sulla posizione dell'altra parte che abbia negato tale circostanza pagamento del prezzo pro-quota . Al riguardo, occorre osservare, ad abundantiam , che le prove testimoniali di cui ai capitoli 5, 6 e 9 per la parte non specificamente vertente sulla natura dell'atto, donazione o vendita, aspetto questo oggetto dei restanti capitoli inammissibili per la ragione già indicata , non risultavano, come già chiarito, sufficienti a superare la prova scritta derivante dall'atto di vendita in relazione al prezzo che risultava invece interamente pagato. 7 - Col settimo motivo di ricorso si deduce “ interrogatorio formale reso, quantomeno, da Z.R. violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2724 c.comma in relazione all'articolo 1417 c.c.”. Rileva, in via subordinata, la ricorrente che era stata raggiunta la piena prova della simulazione quantomeno nei confronti della figlia Zamboni Rosa. Osserva che, a fronte della “ inequivoca confessione dell'esistenza di una simulazione relativa del negozio ” era ammissibile la prova testimoniale e di conseguenza lamenta la mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte. Osserva ancora che “ la stessa giurisprudenza afferma che l'interrogatorio formale che contenga ammissione e/o confessioni di fatti è valutato liberamente nei confronti delle altre parti” . Viene formulato il seguente quesito “ Vero o non è vero che l'interrogatorio formale della parte, in cui siano presenti ammissioni circa l'esistenza di una simulazione relativa in ter partes, può costituire un principio di prova per iscritto tale da legittimare l'ammissione di prova per testi volta a provare la suddetta simulazione, anche se quest'ultima non è invocata da un terzo ex articolo 1417 c.c., ma dalla parte processuale opposta a quella che ha reso l'interrogatorio formale de quo?” . 7.1 Anche tale motivo è infondato, posto che in materia di simulazione, come si è già detto, l'eventuale confessione di una parte non può valere a rendere ammissibile la prova per testi nei confronti di altra parte dello stesso contratto, che abbia negato il medesimo fatto. 8. - Con l'ottavo motivo di ricorso si deduce “ omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ex articolo 360 numero 5 c.p.comma ” Secondo parte ricorrente, la mancata ammissione delle prove testimoniali dimostrerebbe che la Corte d'Appello non ne ha considerato la decisività, “nonostante detta prova fosse idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie, che hanno determinato il convincimento del giudice del merito, in modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento” . Il fatto controverso “ attiene ad una questione simulazione relativa vendita simulata, trattandosi in realtà di una donazione ed in particolare alle prove offerte all'attenzione del giudice di merito per saggiare le pretese di chi agisce per far dichiarare la simulazione - gli elementi di prova illogicamente trascurati consistono in una richiesta di provare, tramite testimoni e peraltro in presenza delle condizioni di legge per la prova testimoniale , che la simulazione sussisteva, tramite il notaio rogante, tramite persone di famiglia che ricevettero confessioni dalle parti ed assistettero ai fatti, ed infine tramite i tecnici che parteciparono all'atto - se le prove fossero state assunte si sarebbe raggiunta la prova della simulazione con certezza e, pertanto, la decisione sarebbe stata diversa dalla reiezione della pretesa attorea, perché si sarebbero accertati i fatti che condussero le parti a simulare la vendita e si sarebbero chiarite le precise ragioni di tale scelta” . 8.1 - Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha ritenuto correttamente inammissibile la prova testimoniale con riguardo al contratto simulato, come già precisato ai precedenti punti, giungendo così alla conclusione della conferma del rigetto della domanda, così come deciso dal primo giudice, in mancanza di prova sulla donazione, a ciò non rilevando i capitoli di prova 5, 6 e 9, che non riguardano direttamente l'atto, ma circostanze ad esso collegate, non in grado anche se vere, di integrare la prova sul punto. 9 - I motivi 9 e 10 possono essere trattati congiuntamente. Con il nono motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1414 c.comma ”. Lamenta la ricorrente la mancata ammissione del giuramento decisorio formulato in via subordinata. Osserva che la Corte territoriale al riguardo aveva rilevato che pag. 9 della sentenza impugnata “ in ogni caso e anche con riferimento al giuramento decisorio dedotto dall'appellante in via condizionata, deve osservarsi che ai sensi dell'articolo 1414 c.c., affinché il contratto dissimulato abbia effetto fra le parti è necessario che di questo abbia i requisiti di sostanza e forma. Nel caso concreto, il negozio di donazione che si assume essere il negozio dissimulato difetta del requisito della forma solenne, previsto dall'articolo 48 L. 16 febbraio 1913 numero 89, come modificato dall'articolo 12 comma 1 L. 28 novembre 2005 numero 246, mancando nell'atto redatto dinanzi al notaio la presenza dei due testimoni richiesti dalla legge ”. Secondo parte ricorrente “gli effetti del negozio dissimulato si producono anche se questo difetti della forma prescritta sempreché i requisiti di forma siano stati rispettati nella stipulazione del contratto simulato”. Viene formulato il seguente quesito “ Vero o non è vero che gli effetti del negozio dissimulato si producono anche se questo difetti della forma prescritta, sempreché i requisiti di forma siano stati rispettati nella stipulazione del contratto simulato nella specie compravendita sottoscritta ai rogiti di un notaio ?”. Col decimo motivo si deduce “ violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1414 c.comma in relazione all’articolo 48 l. 89/1913” . Secondo parte ricorrente “ è quantomeno contestabile che una donazione, per di più dissimulata, debba richiedere i due testimoni ex articolo 48 L. 89/1913. Infatti, detta norma, nella formulazione applicabile ratione temporis, vale a dire secondo la formulazione antecedente all'intervento dell'articolo 12, comma i della legge 28 novembre 2005, numero 246, oltre a non prevedere alcuna espressa sanzione per la sua inosservanza, prevedeva la facoltà di rinunciare ai due testimoni ad opera delle parti”. Viene formulato il seguente quesito “Vero o non è vero che una donazione, per di più dissimulata, non richiedeva i due testimoni ex articolo 48 L. 89/1913 nella formulazione applicabile ratione temporis, vale a dire secondo la formulazione antecedente all'intervento dell'articolo 12, comma della legge 28 novembre 2005, numero 246 a pena di nullità/ invalidità?”. 9.1 - Entrambi i motivi sono infondati. In particolare è infondato il decimo motivo, posto che, contrariamente a quanto assume la ricorrente, la forma richiesta per la validità della donazione è quella dell'atto pubblico articolo 782 cod. civ. , redatto con le formalità previste da un notaio articolo 2699 cod. civ. . La legge notarile al riguardo prevedeva all'articolo 48 quanto segue “ Per tutti gli atti tra vivi, eccettuate le donazioni e i contratti di matrimonio, la parte o le parti che sappiano leggere e scrivere, hanno facoltà di rinunziare di comune accordo alla assistenza dei testimoni all'atto. Il notaro farà espressa menzione di tale accordo in principio dell'atto” . A seguito della modifica introdotta dall'articolo 12, comma 1, lett. c , L. 28 novembre 2005, numero 246 il testo dell'articolo 48 è del seguente tenore “ 1. Oltre che in altri casi previsti per legge, è necessaria la presenta di due testimoni per gli atti di donazione, per le convenzioni matrimoniali e le loro modificazioni e per le dichiarazioni di scelta del regime di separazione dei beni nonché qualora anche una sola delle parti non sappia o non possa leggere e scrivere ovvero una parte o il notaio ne richieda la presenza. Il notaio deve fare espressa menzione della presenza dei testimoni in principio dell'atto” . In entrambi i casi, la legge notarile prevedeva e prevede espressamente la necessaria presen2a dei due testimoni per gli atti di donazione. Di conseguenza, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto comunque necessaria tale forma per la validità dell'atto, con l'ulteriore conseguenza che in mancanza di tale requisito, neanche l'ammissione del giuramento decisorio, ove pure favorevolmente espletato, avrebbe potuto supplire a tale difetto di forma nono motivo . 10 — Con l'undicesimo motivo si deduce “violazione dell'articolo 112 c.p.c. error in procedendo nullità della sentenza o del procedimento”. Secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe implicitamente ritenuto di non poter affermare una nullità del contratto senza una specifica domanda di parte. La Corte territoriale avrebbe potuto invece ritenere avanzata una domanda implicita sul punto. Secondo parte ricorrente “il giudice ha erroneamente respinto la richiesta di riforma dell'impugnata sentenza sulla base del presupposto dell'assenza di una domanda, quantomeno implicita, di declaratoria di inesistenza dell'atto per difetto anche formale” . Viene formulato il seguente quesito “Vero o non è vero che pone in essere una violazione dell'articolo 112 c.p.c., con conseguente error in procedendo, e nullità della sentenza e/o del procedimento il giudice del merito il quale anche implicitamente rigetti una domanda implicitamente e/o virtualmente proposta dall'attore/impugnante nei propri atti e che nella specie non abbia pronunciato la nullità della pretesa donazione dissimulata per avere chiesto comunque l'appellante dichiararsi l'insussistenza della donazione indiretta e/o simulata ?” . 10.1 - E infondato anche tale ultimo motivo, non avendo la parte avanzato una specifica domanda sul punto né in primo grado, né in appello. Al riguardo, questo Collegio condivide il principio secondo cui “Il potere del giudice di rilevare d'ufficio la nullità di un atto va necessariamente coordinato con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, trovando applicazione soltanto quando la nullità si ponga come ragione di rigetto della pretesa della parte istante, cosicché quando la parte chieda la dichiarazione di invalidità di un atto pregiudizievole, la pronuncia del giudice deve essere circoscritta alle ragioni di illegittimità denunciate dall’interessato, senza potersi fondare su elementi rilevati d'ufficio o tardivamente indicati ” Cass. numero 27920 del 13/12/2013, Rv. 629472 . 11. Le spese seguono la soccombenza. P.T.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 3.000,00 tremila Euro per compensi e 200,00 duecento Euro per spese, oltre accessori di legge.