Il gioco della torre: tra convivente e figlio, chi spingi giù?

Al testimone, prossimo congiunto dell’imputato, non sono dovuti gli avvisi inerenti la facoltà di astenersi dal deporre nel caso in cui l’offeso dal reato sia sua volta un suo prossimo congiunto, così come disposto dall’articolo 199 c.p.p.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 27941, depositata il 26 giugno 2014. L’articolo 199 del codice di rito, la genesi. Il tenore dell’articolo 199, comma 1, c.p.p. è davvero chiaro «i prossimi congiunti dell’imputato non sono obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno presentato denuncia, querela o istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato». È interessante notare come il legislatore del 1989 abbia valutato attentamente la possibilità di sottoporre al terribile “gioco della torre” il testimone costretto a scegliere chi, fra due prossimi congiunti, gettare dai merli. La ragione della scelta, ponderata, trova esplicitazione nel tenore della relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, ove si legge che nel caso in cui l’offeso dal reato sia un prossimo congiunto vengano «meno le ragioni di tutela di quei motivi d’ordine affettivo che giustificano la facoltà di astensione». Proprio la rottura di quel patto d’affetto giustifica la scelta del Legislatore di consentire ed obbligare chi un tempo ne era sottoposto a deporre, in ragione della necessaria tutela dei soggetti sottoposti e vincolati a quel patto affettivo e solidale spezzato. In altre parole è inaccettabile, moralmente ancor prima che giuridicamente, che chi abbia infranto il vincolo de quo possa giovarsi dei vantaggi che da tale vincolo necessariamente derivano. La ratio giuridica . Se questa è la ratio morale ancor più chiara è quella giuridica che vede obbligato alla deposizione quel soggetto che abbia richiesto l’intervento penale cioè colui che ha presentato denuncia, querela o istanza esplicitando così la propria volontà di veder punito l’autore dell’illecito. Considerando altresì che nel caso di querela la richiesta di punizione può essere obliterata dalla remissione della stessa e quindi dalla revoca della condizione di procedibilità. Ancora appare evidente che il legislatore abbia inteso abbattere quella sorta di impenetrabile fortezza costituita dal nucleo familiare che, attraverso la codificazione di stampo e natura fascista, vedeva una sostanziale impunità per tutti i reati, anche i peggiori, che venivano commessi all’interno del nucleo familiare stesso, sottoposti o a condizioni di punibilità es. l’incesto o a clausole di vera e propria impunità si veda il disposto dell’articolo 649 c.p. . Proprio la necessità di rendere necessariamente trasparente il “segreto” familiare giustifica la scelta del legislatore di escludere dalla facoltà di astensione per i prossimi congiunti quei fatti reato occorsi fra congiunti, destinati diversamente, e per ragioni dotate di discutibili giustificazioni morali e sociali, a restare impuniti anche allorché riguardino vicende particolarmente turpi . Insomma, una norma che ad una prima e superficiale lettura pare essere figlia della volontà di un legislatore particolarmente feroce e votato alla distruzione di ogni vincolo di natura morale e sociale che invece costituisce, per gli interpreti più attenti, l’affermazione di principi connessi e collegati al rispetto di quei valori che dovrebbero, quasi in modo ancestrale, essere parte del patrimonio di ogni persona.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 marzo – 26 giugno 2014, numero 27941 Presidente Garribba – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore generale presso la Corte d'appello di L'Aquila ricorre per cassazione avverso la sentenza predibattimentale di proscioglimento perché il fatto non sussiste, emessa, a norma degli articolo 469 e 129 cpp, dal Tribunale di Pesaro, nei confronti di S.M., imputata del reato di cui all'articolo 378 cp perché, dichiarando alla p.g. che, nel luglio 2007, era sempre rimasta con i suoi figli e non vi era mai stata occasione in cui suo figlio F. fosse rimasto solo con il suo convivente, D'A.M., aiutava quest'ultimo ad eludere le investigazioni della Procura di Pesaro in ordine alle responsabilità del D'A. per il delitto di violenza sessuale nei confronti di G. F In Pesaro il 30-6-2009. 2. Con unico motivo, il ricorrente deduce violazione dell'articolo 384 cp poiché erroneamente il giudice ha ritenuto applicabile la causa di non punibilità prevista da tale norma, atteso che la S., il 30-6-99, conviveva more uxorio con il D'A. e non risultava essere stata avvisata della facoltà di astenersi dal rendere dichiarazioni su fatti che riguardavano quest'ultimo in relazione a reati sessuali. Rileva, al riguardo, il ricorrente che l'avviso della facoltà di non rispondere non spettava alla S. poiché, a norma dell'articolo 199 co 1 cpp, ella era obbligata a rendere dichiarazioni, in quanto persona offesa dal reato era suo figlio. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. 3. Con requisitoria scritta depositata l' 11-11-13, Il P.G. presso questa Corte ha chiesto annullamento con rinvio. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. Per quanto attiene all'assunzione di informazioni da parte della polizia giudiziaria, l'ari 351 co 1 cpp richiama l'articolo 362 co 1, secondo e terzo periodo, cod proc. penumero , che disciplina l'analogo atto d'indagine compiuto dal pubblico ministero. Tale norma richiama, a sua volta, l'articolo 199 cpp. Ne deriva che quest'ultima disposizione, dettata per la testimonianza, in dibattimento, si applica anche all'assunzione di informazioni durante la fase delle indagini preliminari, da parte della p. g. o del p.m. Orbene, a norma dell'articolo 199 co 1 cpp, i prossimi congiunti dell'imputato - o dell'indagato - sono obbligati a deporre allorché un loro prossimo congiunto sia offeso dal reato. Al riguardo, la Relazione al progetto preliminare al codice di procedura penale evidenzia che, in tal caso, vengono meno le ragioni di tutela di quei motivi d'ordine affettivo che giustificano la facoltà di astensione. Inoltre, nell'ipotesi in cui offeso dal reato sia un prossimo congiunto del testimone, la concessione della facoltà di astensione non ha più ragion d'essere, posto che analoghi motivi d'ordine affettivo sono individuabili, per il testimone, nei confronti del proprio prossimo congiunto, offeso dal reato, e richiedono di essere tutelati mediante l'obbligo testimoniale. Non spetta dunque, in questo caso, al testimone alcun avviso della facoltà di astenersi dal deporre, facoltà, come abbiamo visto, insussistente. 4.1. Nel caso in disamina, è incontrovertibile che la persona offesa dal reato fosse il figlio della S., come risulta dall'imputazione, da cui si evince che si procedeva, nei confronti di D'A.M., per il reato di violenza sessuale in danno di G.F., figlio della S. Ragion per cui quest'ultima non aveva alcuna facoltà di astenersi dal deporre e dunque non le spettava alcun avviso in tal senso. Esula dunque dal caso di specie la causa di non punibilità di cui all'articolo 384 cp. 5. La pronuncia impugnata è erronea anche per un altro motivo. Le Sezioni unite hanno condivisibilmente affermato che la sentenza di proscioglimento predibattimentale, di cui all'articolo 469 cpp, può essere emessa solo ove ricorrano i presupposti previsti da tale norma mancanza di una condizione di procedibilità dell'azione penale ovvero presenza di una causa di estinzione del reato, per il cui accertamento non occorra procedere al dibattimento . Non può invece trovare applicazione, in questa fase, la disposizione dell'articolo 129 cpp, che presuppone necessariamente l'instaurazione di un giudizio in senso proprio Sez. U. 19-12-2001 n 3027/02, Angelucci, Cass. pen 2002, 1618 . La norma di cui all'articolo 469 cpp, facendo salva l'ipotesi di cui al comma 2 dell'articolo 129, implica pertanto che, ove si profilino cause di non punibilità diverse da quelle appena esaminate, il giudice possa pronunciarsi solo nella fase dibattimentale Sez V 27-10-1999 numero 12980, Cass. un2000, 3340 Sez VI 4-6-93, Pyrr, rv. numero 196611 . Ne deriva che l'apprezzamento circa l'eventuale sussistenza di una causa di non punibilità, come quella di cui all'articolo 384 cpp, va comunque rinviato alla sede dibattimentale, nel pieno contraddittorio tra le parti, ove ben altre sono le possibilità cognitive del giudice Sez. U. 25-1-2005 numero 2, De Rosa, Cass. pen 2005, 1835 . Pertanto non sarebbe stato comunque possibile addivenire ad un proscioglimento predibattimentale dell'imputato ex articolo 384 cp, indipendentemente dall'effettivo ricorrere o meno di tale esimente. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Pesaro, per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Pesaro per l'ulteriore corso.