Quando la folla in tumulto non produce alcuna suggestione!

Con riferimento all’attenuante di cui all’art. 62, n. 3, c.p., occorre tenere presente che per folla in tumulto si deve intendere una riunione imponente e disordinata di individui che, per un concorso di emozioni, reagiscano in modo violento.

E’ quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, Sesta sezione Penale, nella sentenza n. 30540 depositata il 16 luglio 2013. In buona sostanza, per gli Ermellini , l’attenuante in parola può essere configurata quando ricorrano tre presupposti 1 una moltitudine di persone addensate in un determinato luogo e agitate da passioni che determinino uno stati di eccitazione violenta e collettiva 2 la presenza, in mezzo alla folla, del soggetto agente che non abbia avuto in precedenza intenzione di commettere l’illecito 3 un nesso di causalità psichica tra la suggestione emanata dalla folla e la condotta illecita. Oggetti esplodenti e corpi contundenti. Analizzando la vicenda concreta, si osserva che il ricorrente contesta la mancata concessione dell’attenuante richiamata in sede di giudizio di merito. In particolare, l’imputato era stato condannato con la pronuncia di primo grado in ordine al delitto di cui agli artt. 337-339 e 61, n. 5, c.p. per aver lanciato pietre ed altri oggetti contundenti ed esplodenti nei confronti del personale di polizia, nel corso di una manifestazione, agendo con il volto travisato e di comune accordo con più di dieci persone. Le doglianze della difesa, in sede di cassazione, si concentrano sulla ritenuta aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p. e sulla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 3, c.p Al riguardo di quest’ultima, la difesa evidenzia che i fatti si sono svolti nel contesto di una manifestazione a cui avevano partecipato 80.000 persone, nel corso della quale si erano svolti dei tumulti. L’agire dell’imputato si innesta in questo contesto che, a parere della difesa, risulta altamente condizionante sotto il profilo psicologico, non certamente promosso dall’imputato stesso. La prosecuzione della condotta. Come già scritto, i giudici della Cassazione ribadiscono in primo luogo i presupposti necessari per configurare l’attenuante de quo , rilevando che due di questi non risultano presenti nella vicenda concreta, come evidenziato dallo stesso giudice di merito, in quanto l’imputato è stato chiaramente notato dagli operanti, mentre, insieme ad un nutrito gruppo di giovani , poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l’utilizzo di picconi, spranghe, sassi e sanpietrini, nei confronti delle forze dell’ordine. Inoltre, il giovane aveva proseguito nella condotta anche nel momento in cui rimaneva isolato dagli altri componenti del gruppo. Risulta di tutta evidenza, secondo Piazza Cavour, che tale condotta – come già sottolineato dai giudici di merito – non costituisce l’effetto della concomitanza occasionale di condotte plurime e di separate iniziative di singoli soggetti, ma il prodotto di un’azione concertata tra violenti, che – così si legge nella sentenza – avevano evidentemente già deciso la strategia inerente alle azioni di danneggiamento e agli attacchi alle forze dell’ordine, come dimostrato anche dal preciso posizionamento dei gruppi su tre fonti, opposti alle zone presidiate. Nessuna suggestione. D’altra parte, rileva non senza alcune perplessità la Cassazione, la difesa non ha nemmeno specificato a quale punto del pomeriggio e per quale suggestivo sommovimento della folla l’imputato si sia indotto a trasformare l’asserita pacifica sfilata di protesta nell’atteggiamento violento ritratto nelle fotografie agli atti del processo. Da qui il rigetto del ricorso con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 aprile – 16 luglio 2013, n. 30540 Presidente Di Virginio – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. C.G. ricorre per cassazione, tramite il difensore, avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, in data 13-11-12, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la pronuncia di primo grado, emessa, il 17-11-2011, dal Tribunale di Roma, in ordine al delitto di cui agli artt. 337 - 339 e 61 n 5 cp per avere lanciato pietre ed altri oggetti contundenti ed esplodenti nei confronti del personale di polizia, nel corso di una manifestazione, agendo con il volto travisato e di comune accordo con più di dieci persone. In omissis . 2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, vizio di motivazione della sentenza poiché gli oggetti contundenti ed esplodenti asseritamente lanciati dal C. non vengono descritti in alcun modo né vi è traccia di essi nei verbali di sequestro, al di là delle ammissioni dello stesso C. relativamente al lancio di un fumogeno. Non è vero nemmeno che il ricorrente fosse travisato poiché il suo viso è, nelle immagini, perfettamente visibile. Il C. ha soltanto inteso opporsi ad una carica della Polizia, che egli riteneva ingiusta, al di fuori di qualunque previa concertazione con chicchessia. 2.1. Con il secondo motivo, vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione, in merito alla ritenuta aggravante di cui all'art. 61 n. 5 cp e alla mancata concessione dell'attenuante ex art. 62 n. 3 cp e delle generiche, ingiustificatamente negate, in considerazione della scarsa rilevanza del precedente e del buon comportamento processuale dell'imputato. I fatti si sono d'altronde verificati nel contesto di una manifestazione a cui hanno partecipato circa 80.000 persone e nel corso della quale si sono verificati dei tumulti. L'agire del C. si è innestato in questo contesto, altamente condizionante sotto il profilo psicologico e che certo non è stato da lui promosso onde gli sarebbe spettata l'attenuante di cui all'art. 62 n. 3 cp. Né sussisteva una situazione di obiettiva vulnerabilità delle vittime, alla luce dell'imponente schieramento di uomini e mezzi da parte delle Forze dell'ordine, onde non può ravvisarsi l'aggravante di cui all'art. 61 n. 5 cp, del resto specificamente contestata dalla difesa nell'atto di appello, contrariamente a quanto assume la Corte territoriale. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. 2.2. Con memoria presentata il 26-3-13, la parte civile, Roma Capitale, ha controdedotto alle censure formulate dall'imputato, opponendosi all'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 3. Il primo motivo di ricorso esula dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre Sez. un. 13-12-95 Clarke, rv 203428 . Nel caso di specie, la Corte d'appello, richiamando anche la sentenza di primo grado, ha evidenziato come il giovane facesse parte di un nutrito gruppo di facinorosi, impegnati in una violenta aggressione nei confronti delle Forze dell'ordine ed è stato individuato mentre, rimasto isolato, lanciava ancora un sasso all'indirizzo degli agenti. Le circostanze relative al lancio di oggetti contundenti e all'impiego di un tubo incendiario uno strumento cilindrico dal quale fuoriuscivano fiamme per colpire e danneggiare un mezzo blindato della Polizia trovano poi preciso ed oggettivo riscontro nel materiale fotografico acquisito agli atti, in cui è chiaramente visibile il C. nell'atto di commettere le azioni appena descritte. L'imputato, in sede di interrogatorio di fronte al Gip, ha ammesso di essere la persona effigiata nelle foto nell'atto di lanciare il tubo incendiario. 3.1. Dalle cadenze motivazionali della sentenza d'appello è dunque enuclearle una attenta analisi della regiudicanda, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della correttezza logica,e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sull'attendibilità delle acquisizioni probatorie, giacché questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze agli atti, si sottraggono al sindacato di legittimità Sez. un. 25-11-'95, Facchini, rv. 203767 . 4. Anche il secondo motivo è infondato. Come è noto, l'aggravante di cui all'art. 61 n. 5 cp inerisce ad una serie di situazioni, legate a fattori ambientali, di tempo e di luogo, o personali, a causa dei quali la vittima viene a trovarsi in condizioni in cui non può adeguatamente difendersi né essere difesa. Per la sussistenza dell'aggravante, peraltro, non si richiede, avuto riguardo alla lettera della legge, che la pubblica o privata difesa sia del tutto impossibile ma solo che essa risulti ostacolata Sez. I 18-3-1993 n. 7249, rv. n. 197541 . Orbene, nel caso in disamina, dal plesso argomentativo costituito dalla saldatura tra gli apparati motivazionali delle sentenze di primo e di secondo grado si evince che l'imputato ha approfittato della circostanza inerente al verificarsi dei fatti di violenza nello stesso luogo ove era in corso la manifestazione pacifica di un rilevante numero di persone e delle connesse difficoltà di reazione da parte delle Forze dell'ordine, che erano nella necessità di evitare il coinvolgimento di soggetti estranei alle violenze nonché l'ulteriore danneggiamento di beni pubblici e privati. Trattasi, come si vede, di una motivazione precisa, fondata su specifiche risultanze processuali e del tutto idonea a illustrare l'itinerario concettuale esperito dal giudice di merito. La situazione descritta dalla Corte territoriale integra senz'altro gli estremi dell'aggravante in disamina, per la sussistenza della quale non si richiede che la situazione ostacolante sia stata posta in essere dall'agente o creata ad arte essa può anche essere insorta occasionalmente e comunque indipendentemente dalla volontà dell'agente. Occorre però che, come nel caso sub iudice, le condizioni di tempo, di luogo o di persona abbiano, in concreto, effettivamente ostacolato la possibilità di difesa, non essendo sufficiente l'idoneità astratta delle medesime a favorire la commissione del reato Sez. I 25-5-1987, Arena, Cass. pen. 1988, 1630 . 5. In merito all'attenuante di cui all'art. 62 n. 3 cp, occorre tener presente che per folla in tumulto deve intendersi una riunione imponente e disordinata di individui che, per un concorso di emozioni, reagiscano in modo violento Sez. V 27-2-1990, Calafgrossi Cass. pen. 1991, 1766 . Conseguentemente, l'attenuante in esame è configurabile allorché ricorrano tre presupposti 1 una moltitudine di persone addensate in un determinato luogo e agitate da passioni che determinino uno stato di eccitazione violenta collettiva 2 la presenza, in mezzo alla folla, del soggetto agente che non abbia avuto, in precedenza, intenzione di commettere l'illecito 3 un nesso di causalità psichica tra la suggestione emanata dalla folla e la condotta illecita Sez. I 11-1-1988, Marcioni, rv. n. 179472 Sez. I 30-5-1977, D'Iglio, Cass. pen. 1979, 38 . Questi ultimi due presupposti non sono ravvisatoci nel caso in disamina, secondo quanto si evince dalla motivazione della sentenza impugnata, poiché i giudici di merito hanno evidenziato come l'imputato sia stato chiaramente notato dagli operanti mentre, insieme ad un nutrito gruppo di giovani, poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l'utilizzo di picconi, spranghe, sassi e sanpietrini, nei confronti delle Forze dell'ordine e come egli abbia proseguito in tale condotta anche allorquando rimase isolato dagli altri componenti del gruppo. Una simile condotta - sottolinea il giudice a quo - non costituisce l'effetto della concomitanza occasionale di plurime e separate iniziative di singoli soggetti ma il prodotto di un'azione concertata tra i violenti, che avevano evidentemente già deciso la strategia inerente alle azioni di danneggiamento e agli attacchi alle Forze dell'ordine, come dimostrato anche dal preciso posizionamento dei gruppi su tre fronti, opposti alle zone presidiate. Né è stato specificato dalla difesa a che punto del pomeriggio e per quale suggestivo sommovimento della folla l'imputato si sia indotto a trasformare l'asserita pacifica sfilata di protesta nell'atteggiamento violento ritratto nelle fotografie in atti. Trattasi di motivazione immune da vizi logico-giuridici. Esula d'altronde dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui vantazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa - e, per il ricorrente, più adeguata-valutazione delle risultanze processuali Cass., Sez. un., 30-4-1997, Dessimone, rv. 207941 . 6. Anche la doglianza formulata in merito al diniego delle attenuanti generiche esula dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità, collocandosi sul piano del merito. Le determinazioni del giudice a quo in ordine a tale profilo sono quindi insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione del giudice d'appello è senz'altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento alla gravità dei fatti e al precedente del C. per porto abusivo di arma. 7. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il ricorrente va inoltre condannato alla rifusione delle spese in favore della parte civile Roma Capitale, che si ritiene congruo liquidare nella somma di Euro 2800, oltre agli accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida nella somma di euro 2.800,00 oltre accessori di legge, in favore della parte civile Roma Capitale .