Accordo tra le parti: se c’è, perché non utilizzarlo?

Non può essere esclusa l’applicabilità di un accordo privato sottoscritto tra dirigente e datore di lavoro, relativo a delle indennità supplementari.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11837, depositata il 27 maggio 2014. Il caso. Il dirigente di una società, dopo essere stato licenziato, otteneva dal tribunale di Bologna un decreto ingiuntivo nei confronti della datrice di lavoro per importi dovuti a titolo di indennità sostituiva del preavviso e di TFR e a titolo di indennità supplementare nella misura pari a 24 mensilità, come previsto in un accordo sottoscritto in precedenza dalle parti. La Corte d’appello accoglieva parzialmente l’opposizione al decreto ingiuntivo della società, che affermava la giusta causa del licenziamento, e revocava il pagamento della somma dovuta a titolo di indennità supplementare. Il dirigente ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici d’appello di non aver tenuto dell’accordo inter partes. Contenuto dell’accordo. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione analizzava il contenuto dell’accordo sottoscritto, secondo cui in caso di recesso per iniziativa della società, non dovuta a giusta causa, era previsto il diritto, oltre al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva, un importo pari a 24 mensilità della retribuzione utile per il calcolo del preavviso. Decisione contraddittoria. La Corte d’appello di Bologna aveva escluso la sussistenza della giusta causa, ma aveva poi negato il diritto del ricorrente all’indennità supplementare prevista dall’accordo, motivando, in maniera insufficiente, in base ad un’imprecisata difettività allegativa e probatoria. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la mancanza di giusta causa era già stata affermata e l’accordo non aveva bisogno di ulteriori interpretazioni , decideva nel merito, dichiarando l’obbligo della società a pagare l’indennità supplementare, la cui quantificazione non era stata oggetto di contestazione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 marzo – 27 maggio 2014, numero 11837 Presidente Roselli – Relatore Amendola Svolgimento del processo 1.- P.P. , dirigente della Lucchesi Spa, premesso di esser stato licenziato in data 19 dicembre 2003, otteneva dal Tribunale di Bologna ingiunzione di pagamento nei confronti della società datrice di lavoro per importi dovuti a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e di trattamento di fine rapporto nonché per la somma di Euro 295.296,96 a titolo di indennità supplementare nella misura pari a 24 mensilità, così come previsto in un accordo sottoscritto dalle parti il 1 luglio 2002. L'opposizione al decreto ingiuntivo, formulata dalla società sull'assunto che il recesso fosse assistito da giusta causa per cui l'indennità sostitutiva del preavviso e l'indennità supplementare non erano dovute, veniva integralmente respinta dal Tribunale. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 18 maggio 2012, in parziale accoglimento dell'appello revocava il decreto ingiuntivo nella sola parte in cui condannava la società al pagamento di Euro 295.296,96 a titolo di indennità supplementare. 2.- Il ricorso del P. ha domandato la cassazione della sentenza nella parte in cui è risultato soccombente per quattro motivi. Ha resistito la Gallazzi Spa già Lucchesi Spa con controricorso. Nell'interesse del ricorrente è stata depositata memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c., omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nella parte in cui la sentenza non ha tenuto conto dell'accordo inter partes del 1 luglio 2002, di cui si riporta il testo e si indica come prodotto in allegato al ricorso per ingiunzione. Con il secondo mezzo si sostiene contraddittorietà della motivazione nella parte in cui rigetta la domanda di indennità supplementare contrattuale ancor prima di verificare la giusta causa di recesso, poi non riconosciuta, ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c Con il terzo motivo si denuncia ancora omessa motivazione della sentenza laddove la domanda viene respinta sulla base di una asserita difettività allegativa e probatoria nonché di un presunto mancato impegno processuale . Con il quarto motivo si lamenta violazione degli articolo 112 e 416 c.p.c. nella parte in cui, una volta accertata l'insussistenza di una giusta causa di recesso, la sentenza ha rigettato la richiesta di indennità supplementare. 2.- Il primo motivo di ricorso è fondato. L'accordo incontestatamente stipulato tra le parti del rapporto di lavoro in data 1 luglio 2002 prevedeva testualmente . nel caso di recesso per iniziativa della società dal rapporto di dirigenza in corso, non sorretta da giusta causa ex articolo 2119 c.c., che intervenga nel prossimo triennio, lei avrà diritto a percepire, oltre al preavviso o indennità sostitutiva di esso, un importo - per la cessazione del rapporto - pari a 24 mensilità della retribuzione utile per il calcolo del preavviso . La Corte di Appello di Bologna, pur riconoscendo che il recesso operato dalla società non era sorretto da giusta causa, tanto da confermare il diritto del P. all'indennità sostitutiva del preavviso, ha poi contraddittoriamente negato il diritto dello stesso all'indennità supplementare di cui al citato accordo individuale, con una motivazione assolutamente insufficiente, che si riferisce ad una non meglio precisata difettività allegativa e probatoria . 3.- Pertanto il primo motivo di ricorso deve essere accolto e, in relazione ad esso, l'impugnata sentenza va cassata, restando assorbiti gli altri profili di censura. La causa può essere decisa nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell'articolo 384, co. 2, c.p.c., nella versione di testo introdotta dall'articolo 12 del d. lgs. numero 40 del 2006. Invero il giudice di merito ha già accertato che nella fattispecie concreta la cessazione del rapporto di lavoro fu dovuta ad iniziativa della società non sorretta da giusta causa ed il testo dell'accordo individuale non lascia adito a dubbi in base alla regola ermeneutica in claris non fit interpretatio, per cui questa Corte può dichiarare l'obbligo della Gallazzi Spa - già Lucchesi Spa - di erogare l'indennità supplementare nella misura indicata dal decreto ingiuntivo numero 115 del 2004 emesso dal Tribunale di Bologna, quantificazione che non risulta essere stata mai oggetto di contestazione in quanto frutto di un mero calcolo aritmetico. Tale soluzione non è preclusa dal novellato articolo 384, co. 2, c.p.c., che, diversamente dal testo precedente, non si riferisce espressamente alle ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto , ed appare imposta in ragione dell'articolo 111, co. 2, Cost., che detta una regola per una interpretazione delle singole norme di rito funzionalizzata alla celerità del giudizio cfr. Cass. numero 55 del 2009 per la possibilità della Corte di legittimità di pronunciare nel merito interpretando un testo contrattuale che non consenta letture alternative . Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo si è più volte ribadito come, fermo il rispetto del principio del contraddittorio, l'articolo 384 c.p.c., modificato dal d. lgs. numero 40 del 2006, attribuisca alla Corte di cassazione una funzione non più soltanto rescindente ma anche rescissoria e che anche la perdita del grado di merito possa essere compensata con la realizzazione del principio di speditezza Cass. numero 18915 del 2012 Cass. numero 8622 del 2012 Cass. numero 25023 del 2011 Cass. numero 24914 del 2011 Cass. numero 19301 del 2010 Cass. numero 6951 del 2010 . 4.- In ordine alla regolamentazione delle spese dell'intero processo, la Corte ritiene di poter confermare le statuizioni di merito, condannando la società al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, in relazione ad esso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l'obbligo della Gallazzi Spa di erogare l'indennità supplementare in favore di P.P. nella misura indicata dal decreto ingiuntivo numero 115/2004 emesso dal Tribunale di Bologna. Conferma le statuizioni di merito in ordine alle spese e condanna la soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 7.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso contributo unificato.