In tema di sequestro conservativo, nel concetto di beni mobili ed immobili dell’imputato contenuto nell’articolo 316 c.p.p. non rileva la loro formale intestazione, ma che l’imputato ne abbia la disponibilità uti dominus.
Con la sentenza numero 27227 del 20 giugno 2013, la Suprema Corte ha altresì chiarito che «la curatela fallimentare è legittimata a costituirsi parte civile e dunque richiedere il sequestro conservativo a proprio favore contro il fallito nel procedimento penale anche in tema di reati tributari». Il caso. Nell’ambito di un procedimento penale per associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, omesso versamento di contributi e reati tributari, su richiesta delle parti civili costituite e dunque dell’INPS, della Agenzia delle Entrate, del Ministero delle Finanze e di diverse curatele fallimentari il Tribunale di Padova aveva emesso un ampio decreto di sequestro preventivo su beni di cui l’imputato aveva la disponibilità uti dominus , integrando un precedente decreto di sequestro preventivo, che aveva attinto solo i beni di proprietà dell’imputato, in quanto allo stesso formalmente intestati. Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di Padova, che aveva confermato il disposto sequestro, propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato evidenziando come tale misura cautelare non possa attingere beni di proprietà di terze persone, nonché il difetto di legittimazione alla costituzione di parte civile e dunque alla richiesta di sequestro conservativo delle curatele fallimentari, cui la stessa legge fallimentare attribuirebbe legittimazione alla costituzione di parte civile solo nei processi per reati fallimentari. La ratio del sequestro conservativo. Il sequestro conservativo viene introdotto nel nuovo codice di procedura penale come misura cautelare reale e non più come garanzia patrimoniale di esecuzione. La finalità dell’istituto è quella di sottrarre alla libera disponibilità dell’imputato o del responsabile civile il loro patrimonio in modo da garantire la soddisfazione delle pretese patrimoniali dei soggetti danneggiati dal reato, ovvero dello Stato, in conseguenza del reato stesso. I presupposti applicativi della misura si sostanziano nella esistenza del periculum in mora, espressamente indicato nel testo legislativo come «fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie» per le obbligazioni civili nascenti da reato ed il pagamento delle somme dovute allo Stato, in conseguenza del reato e del procedimento penale e nel fumus commissi delicti . Quanto a tale ultimo requisito, giova ricordare, che il sequestro conservativo è consentito solo dopo l’esercizio della azione penale e dunque quando, secondo la giurisprudenza dominante, non è più consentito alcun vaglio approfondito sulla fondatezza dell’accusa al fine della adozione di una misura cautelare. Oggetto della cautela . Il dato normativo esplicitamente consente il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell’imputato o del responsabile civile o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente la pignorabilità. Primo requisito imprescindibile affinchè possa essere disposto il sequestro conservativo è dunque che si tratti di beni o di crediti pignorabili e nei limiti della loro assoggettabilità a pignoramento. In conseguenza non possono essere oggetto di sequestro conservativo i beni facenti parte di un fondo patrimoniale ovvero, a titolo meramente esemplificativo, emolumenti dei dipendenti pubblici oltre la misura di un quinto. Quanto all’oggetto «in senso stretto» il codice del 1988 consente espressamente il sequestro, oltre che dei beni mobili, anche dei beni immobili, nonché dei crediti di somme di denaro, con conseguente definitivo superamento dei dubbi interpretativi, sorti durante la vigenza del codice del 1930, sulla assoggettabilità a sequestro conservativo della azienda, inteso come complesso unitariamente considerato di beni mobili ed immobili. Resta invece aperto il nodo di inquadrare, sotto il profilo giuridico, la riferibilità dei beni all’imputato o al responsabile civile, limitandosi il codice di rito a parlare di beni « dell’imputato o del responsabile civile », senza specificarne il titolo proprietà? disponibilità? . La riferibilità dei beni all’imputato o al responsabile civile. E’ proprio sul punto specifico, oggetto di doglianza nei motivi di impugnazione dell’imputato che è chiamata ad intervenire la Corte nella pronuncia in esame. Possono essere oggetto di provvedimento di sequestro conservativo solo i beni di proprietà dell’imputato e del responsabile civile ovvero anche beni semplicemente ai medesimi riferibili, anche se di proprietà di terze persone? La Suprema Corte per risolvere il quesito, in assenza di dati legislativi esplicativi, ricorre alla ratio dell’istituto, che altra non è se non quella di garantire la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato per il soddisfacimento del proprio credito risarcitorio. Esigenza che rimarrebbe inevitabilmente frustrata, sottolinea la Corte, nel caso in cui non potessero assoggettarsi a sequestro conservativo beni solo formalmente non dell’imputato, ma che possono essere oggetto di azione revocatoria. Al fine dunque di sottoporre a sequestro conservativo i beni non occorre la formale intestazione in capo all’imputato od al responsabile civile, essendo, per contro, sufficiente che l’imputato ne abbia la disponibilità uti dominus , indipendentemente dalla titolarità apparente in capo a terze persone. Non ci si può tuttavia esimere dal rilevare che, pur dovendosi condividere il dato della non ostatività assoluta, alla assoggettabilità al sequestro conservativo in presenza di una intestazione solo formale a terzi, come già affermato da pregresse pronunce , in senso contrario a quanto pare affermare la Corte, nel caso in esame, in altro precedente si era negata la assoggettabilità a sequestro conservativo di beni appartenenti a terzi, seppur assoggettati ad azione revocatoria fallimentare non ancora definita Cass., Sez. I, 11.10.1995, Fall. Bozzi, CED 203163 . Il discrimen non appare di poco conto, pur volendosi ammettere l’assoggettabilità a sequestro conservativo di beni di cui l’imputato disponga uti dominus e solo di apparente titolarità d terzi, non potrà certo ritenersi sufficiente la mera proposizione da parte della curatela fallimentare di una azione revocatoria su beni di terzi, per poterne evocare la assoggettabilità a sequestro conservativo. Legittimazione attiva della curatela fallimentare. La sentenza che si annota è poi occasione per la Suprema Corte per chiarire i confini della legittimazione attiva della curatela fallimentare a costituirsi parte civile e dunque ottenere anche un sequestro conservativo in procedimenti penali per reati diversi da quelli previsti dalla legge fallimentare. Secondo la difesa dell’imputato infatti dall’esplicito dettato dell’articolo 240 l.f. deriverebbe la impossibilità per le curatele di costituirsi parte civile in procedimenti penali per reati diversi da quelli fallimentari. Tuttavia, evidenzia la Corte, che detta norma prevede che il curatore fallimentare può costituirsi parte civile anche contro il fallito nel procedimento penale per i reati previsti nella stessa legge. Trattasi, tuttavia, di una norma che estende la legittimazione del curatore all'azione civile contro lo stesso fallito per i reati di bancarotta e per gli altri reati fallimentari, ma al contrario non limita o esclude la legittimazione dello stesso curatore fallimentare, come prevista dalle norme generali, per ottenere il risarcimento nell'interesse dello stesso fallito e della massa dei creditori, contro tutti gli altri soggetti che abbiano cagionato un danno al patrimonio della impresa fallita. A seguire la tesi contraria sostenuta dal difensore del ricorrente, si arriverebbe al paradosso - come evidenziato in precedenti giurisprudenziali conformi - che non vi sarebbe alcun soggetto legittimato a tutelare le ragioni risarcitorie di un soggetto fallito non il fallito stesso, il quale è per definizione spossessato dei suoi beni e dei relativi diritti patrimoniali, e non il curatore fallimentare se così limitativo fosse il dettato dell’articolo 240 l.f
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 febbraio – 20 giugno 2013, numero 27227 Presidente Zecca – Relatore Bevere Fatto e diritto Con ordinanza 27.7.2012, il tribunale del riesame di Padova ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro conservativo, emesso il 6.7.2012, in accoglimento delle richieste formulate dalle parti civili INPS Padova, Fallimento Dragonfly, Fallimento J.D.O.N. Global scarl, Fallimento Euro Job Logistica, Ministero delle Finanze, Agenzia delle Entrate, limitatamente ai beni di proprietà e di quelli riferibili all'indagato Z.W. , in ordine ai reati ex articolo 416 e 640 co. 1 e 2, numero 1 cp, 1 d.lvo 211/94, 5 e 10 d.lvo 74/2000, ad integrazione del sequestro conservativo, disposto il 24.1.2012 e l’8.2.2012, dei beni di proprietà dell'indagato, a lui intestati. Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi 1. violazione dell'articolo 316 cpp il tribunale del riesame ha ritenuto legittimo il sequestro conservativo di beni appartenenti a terzi, non sulla base della disponibilità uti dominus, ma sulla base della loro riferibilità allo Z. . Anche aderendo alla tesi, secondo cui la misura cautelare può spingersi al di là della formale intestazione, non si può arrivare fino al più ampio concetto di riferibilità, previsto solo per il sequestro preventivo. Comunque manca qualsiasi prova sulla natura artefatta o simulata della titolarità formale dei beni 2. violazione dell'articolo 316 cpp per carenza dei presupposti per la concessione del sequestro in favore delle parti civili illegittima sovrapposizione e duplicazione del danno reclamato assorbimento del medesimo e della conseguente misura cautelare in quello reclamato da INPS e Ministero delle Finanze è noto che l'azione esercitata dalla curatela è volta alla soddisfazione e al reintegro dei creditori insinuati al passivo, con la conseguenza che il recupero delle somme ha destinazione obbligata a soggetti creditori. Nel caso in esame qualsiasi somma recuperata dalla curatela andrebbe corrisposta a Stato ed INPS, che sono creditori privilegiati di primo grado ed hanno ottenuto sequestro conservativo in questo processo. Pertanto nessuna legittimazione in tema di sequestro può essere riconosciuta alle curatele, anche perché l'articolo 240 della L. Fall, nega alla curatela la legittimazione a costituirsi parte civile per reati diversi da quelli previsti dalla medesima legge. 3. violazione di legge in riferimento all'articolo 316 cpp per insussistenza del periculum in mora il tribunale ha richiamato il pericolo di dispersione dei beni dell'indagato, sebbene trattasi di beni di terzi e manchi qualsiasi possibilità per lo Z. di disporne inoltre il PM e le parti civili nessun elemento hanno dedotto su tale presupposto. Nell'interesse dell'INPS è stata depositata il 17.1.2013 memoria difensiva. Il ricorso non merita accoglimento. Secondo un pacifico orientamento interpretativo, la finalità dell'articolo 316 c.p.p. consiste nell’immobilizzare il patrimonio del soggetto obbligato e attuare, così, la piena e concreta tutela del danneggiato dal reato per il soddisfacimento del suo credito risarcitorio, in attesa dell'esito dell'azione revocatoria. È evidente, invero, che se nel caso di specie si ritenesse non consentito il sequestro conservativo, l'eventuale esito positivo dell'azione revocatoria potrebbe essere del tutto inutile a fronte di un bene - che solo formalmente non è dell'imputato - non possa essere sottoposto a nessun vincolo. Alla luce di quanto sopra appare, allora, consono il richiamo, effettuato dal tribunale di Padova, alla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato il principio che in tema di sequestro conservativo, nel concetto di beni mobili ed immobili dell'imputato contenuto nell'articolo 316 c.p.p. non rileva la loro formale intestazione, ma che l'imputato ne abbia la disponibilità uti dominus , indipendentemente dalla titolarità apparente del diritto in capo a terzi Sez. 6, Sentenza numero 21940 del 02/04/2003, rv. 226043 sez. 2 numero 44660 del 5.10.10, rv 248942 . Va anche rilevato che gli atti di indagine hanno dimostrato che il ricorrente aveva, al momento dell'esecuzione del provvedimento cautelare, la disponibilità delle società a lui facenti sostanzialmente capo, in una posizione di controllo e di gestione Correttamente quindi è stato disposto il sequestro conservativo,in data 6.7.2012, in accoglimento delle istanze presentate da tutte le parti civili, con esatta indicazione dell'ammontare delle pretese risarcitorie. In tal modo, il tribunale, verificato il requisito della proporzione tra crediti da tutelare e il valore dei beni sequestrando ha correttamente provveduto per scongiurare l'accertato pericolo della dispersione di questi ultimi, gravante su ciascuna delle parti civili, a prescindere da irrilevanti ipotesi di sovrapposizione, duplicazione, assorbimento dei danni di ciascuna delle parti civili. Va anche rilevato che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la curatela fallimentare è legittimata a costituirsi parte civile contro il fallito nel procedimento penale anche in tema di reati tributari, con estensione della legittimazione del curatore, prevista dall'articolo 240 L. Fall. sez. 3,numero 14729 del 6.3.08, rv 239973 . Ne consegue che va riconosciuto al danno reclamato dalle curatele, costituite parti civili, la piena autonomia, rispetto a quello reclamato dall'INPS e dal Ministero delle Finanze, essendo riconosciuto espressamente il diritto di costituirsi parte civile. Solo all'esito dell'istruttoria dibattimentale, sarà scandita l'esatta quantificazione del danno subito dalle curatele, nella comparazione con le altre pretese risarcitorie. Il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute in questo grado di giudizio in favore della parte civile, liquidate in Euro 2.700,00, oltre accessori come per legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute in questo grado di giudizio in favore della parte civile, liquidate in Euro 2.700,00, oltre accessori come per legge.