Il grave e perdurante stato di ansia e di paura non richiede l’accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psico-fisico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di stalking non costituisce una duplicazione del reato di lesioni, il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica.
Lo ha stabilito la sez. V Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 20531, depositata il 19 maggio 2014. Il caso e l’impianto accusatorio. Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado per il delitto di atti persecutori consumato ai danni dell’ ex convivente e del suo nuovo compagno. Il condannato ricorre in Cassazione lamentando che l’affermazione di responsabilità si sarebbe fondata sulle dichiarazioni delle persone offese che non erano state sottoposte ad un rigoroso vaglio di attendibilità e non tenendo conto che gli altri testimoni non avevano riferito alcunché di utile a sostegno dell’accusa, malgrado fossero stati presenti ai fatti. Di diverso avviso la Suprema Corte che, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ritiene, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che nella motivazione della sentenza impugnata si legge il contrario, pur facendosi ovviamente riferimento a quanto tali soggetti ebbero modo di percepire, assistendo solo ad alcuni degli episodi molesti. Sull’evento psichico del grave e perdurante stato di ansia e di paura . Il ricorrente sosteneva altresì che non vi era la prova del disagio psichico causato dalle condotte moleste dell’imputato alla donna e al suo nuovo fidanzato non essendovi peraltro traccia nella fattispecie concreta di forme patologiche contraddistinte da stress di tipo clinicamente definito grave e perdurante. In effetti, poiché il perdurante e grave stato di ansia e di paura appare legato a percezioni soggettive delle persona offesa, parte della dottrina, mossa dall’intento di recuperare determinatezza dell’evento di natura psichica, propone di interpretarlo con riferimento a quella forme patologiche caratterizzate dallo stress, le quali trovano riscontro nella letteratura medica, dunque soggette ad accertamento e misurazione oggettiva. E tale posizione era stata assunta da qualche pronuncia di merito Trib. Catanzaro, 21.10.2009 . Tale orientamento, tuttavia, viene contrastato da altra dottrina apparendo assai improbabile che il giudice disponga una perizia medica sulla vittima per valutare se quest’ultima versi o versasse all’epoca dei fatti contestati in stato di ansia o di paura, «ben potendo il giudice accertare, sulla base anche di massime di esperienza, se la vittima si trovi in una simile condizione psichica». La Suprema Corte ha pacificamente aderito a tale secondo orientamento, negando che occorra l’accertamento medico-legale per la dimostrazione dell’ emotional distress tipico del modello anti stalking del sistema nord-americano, nel quale si fanno rientrare non solo le offese medicalmente accertabili, ma qualunque effetto psichico, in recepimento degli studi criminologici in materia . Premettendo che, allo stato, manca uno specifico accertamento tecnico, che abbia dimostrato come gli elevati livelli di ansia risultando spiacevoli e addirittura dolorosi, abbiano condotto alla specifica tipologia dello stato di ansia della persona offesa attraverso un accentuata e ingovernabile esposizione agli stimoli ansiogeni, fino a un approdo di tipo patologico Cass. numero 24135/2012 , i giudici di legittimità hanno affermato che la sussistenza del perdurante stato di turbamento emotivo, idoneo a essere inquadrato nell'evento di cui all'articolo 612 bis c.p., non dipende dall'accertamento di una stato patologico, rilevante solo nell'ipotesi di contestazione di concorso formale di ulteriore delitto di lesioni. La nuova tipologia non può essere ricondotta in una ripetizione del reato ex articolo 582 c.p. il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità, dell'equilibrio psicologico della vittima Cass. numero 8832/2011 numero 16864/2011 numero 18999/14 numero 45648/2013 . Del resto, come statuito di recente dagli ermellini, si è preso atto che la violenza declinata nelle diverse forme delle percosse, della violenza privata, delle lesioni personali, della violenza sessuale spesso è l’esito di una pregressa condotta persecutoria, per cui mediante l’incriminazione degli atti persecutori si è inteso in qualche modo “anticipare” la tutela della libertà personale e dell’incolumità psico-fisica, attraverso la punizione di condotte che precedentemente apparivano inoffensive e, dunque, non sussumibile in alcuna fattispecie criminale o di figure di reato minori, quali a minaccia o la molestia alle persone Cass. numero 18999/14 . Conseguenze del possibile concorso tra atti persecutori e lesioni. Potendo concorrere i reati di atti persecutori e lesioni, vi è di conseguenza la possibilità che il reato ex articolo 582 c.p. possa essere posto in rapporto di connessione teleologica con la fattispecie delittuosa di stalking , che, come è noto, comporta procedibilità d'ufficio dello stesso delitto di lesione personale, ai sensi del combinato disposto degli articolo 582-585 e 576 c.p. Cass. numero 32147/2013 . Del concorso e dell’autonomia del delitto di atti persecutori e di lesioni personali deriva anche che la remissione di querela della vittima di stalking rende impossibile perseguire d’ufficio il reato di atti persecutori ma non impedisce di procedere per il reato di lesioni Cass. numero 38690/2013 . Secondo la Suprema Corte, infatti, «l’articolo 582, comma 2, c.p., nel rendere perseguibile d’ufficio la lesione personale quando concorrano alcune delle circostanze aggravanti di cui agli articolo 583 e 585 c.p., ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte dell’articolo 577 c.p., non opera alcuna distinzione tra le circostanze aggravanti cui fa rinvio, perseguendo l’evidente finalità di sottrarre al potere dispositivo della persona offesa la procedibilità penale in relazione a reati di particolare gravità, come appunto appare quello di lesione personale commessa in danno della stessa persona vittima del reato di cui all’articolo articolo 612 bis c.p.».
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 novembre 2013 – 19 maggio 2014, numero 20531 Presidente Oldi – Relatore Micheli Ritenuto in fatto Il difensore di C.V. ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Sondrio in data 02/05/2011, in forza della quale il C. era stato condannato alla pena di mesi 8 e giorni 10 di reclusione per il delitto di cui all'articolo 612 bis cod. penumero , in ipotesi commesso in pregiudizio di S.A. sua ex convivente e di G.M. , nuovo compagno della donna. Questi ultimi si erano costituiti parti civili, e l'imputato era stato contestualmente condannato anche al risarcimento dei relativi danni. I fatti concernono condotte di ripetuta molestia da parte del prevenuto, con pedinamenti veri e propri o comunque con l'imposizione della propria presenza, nei confronti della S. , episodi talora connotati da minacce gravi, soprattutto all'indirizzo del G. secondo l'ipotesi accusatoria, cui entrambe le pronunce di merito risultano avere aderito segnalando che il C. era stato già condannato in passato per comportamenti analoghi, ciò aveva determinato in capo alle persone offese un forte stato di timore, inducendole a mutare le abitudini di vita. L'odierno ricorso è affidato a tre motivi. 1. In primo luogo, il difensore dell'imputato lamenta violazione dell'articolo 192 cod. proc. penumero , nonché mancanza ed illogicità della motivazione. Secondo la difesa, la prova della responsabilità del C. sarebbe stata fondata solo sulle dichiarazioni della S. e del G. , tuttavia portatori di interessi contrapposti a quelli del ricorrente e dunque soggetti la cui attendibilità avrebbe dovuto essere sottoposta ad un vaglio assai rigoroso, nonché alla ricerca di possibili riscontri vaglio che la Corte territoriale non avrebbe effettuato, prestando apoditticamente fede agli assunti dei denuncianti e non tenendo conto che altri testimoni non avevano riferito alcunché di utile a sostegno dell'accusa, malgrado fossero stati presenti ai fatti. 2. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 612-bis cod. penumero , nonché illogicità e carenza della motivazione. La Corte di appello, secondo la tesi difensiva, avrebbe liquidato in poche battute il problema della configurabilità del reato di atti persecutori prendendo soltanto atto della presunta ripetizione dei comportamenti, del riferito stato di ansia provocato nelle persone offese e dell'esistenza di precedenti penali, dati che dovrebbero invece reputarsi insufficienti. Viene osservato che, nella stessa ricostruzione offerta dalla S. , il C. non si era più avvicinato a lei tra il 2006 e il 2010, e che in quest'ultimo anno soltanto i fatti commessi il 7 luglio avrebbero potuto inquadrarsi nelle fattispecie di molestia o minaccia elementi, questi, in antitesi rispetto al presunto disagio psichico cagionato alla donna ed al suo nuovo fidanzato non essendovi peraltro traccia nella fattispecie concreta “di forme patologiche contraddistinte dallo stress, di tipo clinicamente definito grave e perdurante” . Gli stessi denuncianti, inoltre, non avevano affatto affermato di aver dovuto cambiare abitudini di vita, mutate già in passato, e poteva sostenersi che essi nutrissero timore non già a causa di condotte illecite del C. , ma per il solo fatto che l'imputato esistesse. A tale riguardo, la difesa evidenzia che la S. non era “persona dall'animo sereno ed immune da timori precostituiti”, vuoi per il ricordo delle condotte pregresse del C. , comunque non rinnovate, vuoi per avere subito la recente perdita del figlio avuto dallo stesso ricorrente vicenda, questa, che giustificherebbe comunque la condotta dell'uomo di sostare in prossimità dell'abitazione della ex compagna, peraltro anche in periodi di assenza per ferie della S. , visto che in quel luogo erano state sparse le ceneri del defunto emblematica avrebbe dovuto ritenersi la reazione della donna alla sola vista dell'imputato, in occasione dei fatti del omissis , quando altri testimoni l'avevano notata turbata e piangente senza che il C. avesse adottato comportamenti molesti di sorta. Il ricorrente segnala infine che le telefonate mute indicate dalle persone offese non erano risultate provenienti da utenze del C. , e che non vi era stato riscontro alla deposizione del G. circa la presenza dell'auto dell'imputato in prossimità della sede della ditta dove il primo lavorava. 3. Con l'ultimo motivo, il difensore dell'imputato si duole della inosservanza e dell'erronea applicazione dell'articolo 62-bis cod. penumero , nonché di mancanza ed illogicità della motivazione, in punto di negazione all'imputato delle circostanze attenuanti generiche, che il C. avrebbe meritato a dispetto dei precedenti specifici, come tali non ostativi perché assai risalenti la Corte di appello avrebbe altresì ignorato il descritto stato psicologico in cui versava il ricorrente a causa della perdita del figlio, in base al quale ben avrebbe potuto disattendersi la contestata recidiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve qualificarsi inammissibile, giacché fondato su motivi da un lato manifestamente infondati, e dall'altro riproducenti le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame. Detti motivi debbono perciò considerarsi non specifici, in quanto il difetto di specificità - rilevante ai sensi dell'articolo 581, lett. c , cod. proc. penumero - va apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma anche “per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'articolo 591, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero , all'inammissibilità dell'impugnazione” Cass., Sez. II, numero 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo . 1.1 In ordine all'attendibilità riconosciuta ai denuncianti, va ricordato che “le regole dettate dall'articolo 192, comma terzo, cod. proc. penumero non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone” Cass., Sez. U, numero 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv 253214 . Nella pronuncia appena richiamata si fa rilevare che la ricerca di riscontri alle dichiarazioni della persona offesa può essere opportuna, rimanendo pur sempre non indispensabile, in caso di costituzione di parte civile ciò è peraltro accaduto nella fattispecie concreta, atteso che il ricorrente sostiene che i testimoni D.B.F. , D.M.W. e B.F.R. non avrebbero offerto dati di conferma agli assunti della S. o del G. , laddove nella motivazione della sentenza impugnata si legge apertis verbis a pag. 3 il contrario, pur facendosi ovviamente riferimento a quanto tali soggetti ebbero modo di percepire, assistendo solo ad alcuni degli episodi lamentati. 1.2 Del tutto insostenibile appare la tesi difensiva circa la natura del disagio psichico che occorrerebbe dimostrare per ritenere configurabile il delitto in esame, visto che nell'interesse del ricorrente si vorrebbe ritenere necessaria l'emergenza di tracce cliniche di detto disagio. Da un lato, va comunque sottolineato che il perdurante e grave stato di ansia o di paura, il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto e l'alterazione delle abitudini di vita costituiscono “eventi di danno alternativamente contemplati dall'articolo 612-bis cod. penumero ” v., da ultimo, Cass., Sez. III, numero 46179 del 23/10/2013, Bernardi dall'altro, ai fini della integrazione del reato de quo “non si richiede l'accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori [ ] abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 612-bis cod. penumero non costituisce una duplicazione del reato di lesioni articolo 582 cod. penumero , il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica” Cass., Sez. V, numero 16864 del 10/01/2011, C, Rv 250158 . 1.3 Il tema della volontà dell'imputato di rimanere comunque vicino ad un contesto che lo aveva emotivamente segnato, senza finalità persecutorie, risulta già ampiamente trattato, e logicamente smentito, nella sentenza oggetto di ricorso, laddove si legge “né appare giustificabile la permanenza del C. vicino all'abitazione della S. in ragione del lutto per la morte del figlio, come vorrebbe l'appellante. Infatti il C. non si limitava a soffermarsi nelle vicinanze della casa della donna, ma la ricercava ovunque, anche altrove, il che mette in luce come il vero obiettivo fosse appunto la donna, e di riflesso il G. , attuale convivente. Gli elementi segnalati non vanno letti isolatamente, bensì inquadrati nel contesto laddove la presenza del C. , avvistato anche dal G. nei pressi della ditta ove quest'ultimo lavora, denota l'insistente ricerca delle sue vittime da parte del C. , con modalità che, considerati i trascorsi, risultano idonee ad ingenerare timore per l'incolumità personale, pregiudicando le condizioni di vita”. 1.6 In ordine al trattamento sanzionatorio, infine, già il riferimento alla particolare gravità dell'addebito od all'esistenza di precedenti penali deve considerarsi - per costante giurisprudenza - sufficiente per fondare il giudizio negativo espresso dalla Corte territoriale, atteso che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell'articolo 62-bis cod. penumero è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato v. Cass., Sez. VI, numero 42688 del 24/09/2008, Caridi . Peraltro, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 cod. penumero , quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole od all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso v. Cass., Sez. II, numero 3609 del 18/01/2011, Sermone . 2. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, da ascrivere alla volontà del ricorrente v. Corte Cost., sent. numero 186 del 13/06/2000 - al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti. Vista la natura della contestazione di reato, peraltro occorso in ambito di rapporti fra ex coniugi, il collegio ritiene doveroso disporre l'oscuramento dei dati identificativi delle parti private del presente processo, nei termini di cui al dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 d.lgs. numero 196/2003, in quanto imposto dalla legge.