Cani dimenticati in una struttura privata: nessun abbandono

Ciò che conta è la garanzia, per gli animali, di ricevere assistenza, cure sanitarie e rimedi terapeutici. Così non ne viene assolutamente messa in pericolo l’incolumità. Per questo, il comportamento del padrone, eticamente censurabile, non può essere sanzionato penalmente.

Cani senza più padrone. Non lasciati in strada, ma ‘dimenticati’ – volontariamente – in una ‘pensione’. Comportamento censurabile, quello dell’uomo, da un punto di vista morale, ma non sanzionabile penalmente non si può, difatti, contestare il reato di «abbandono» Cassazione, sentenza numero 12852/2013, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Pensione forzata. Assolutamente schizofrenico, però, il comportamento tenuto dall’uomo, che prima «aveva affidato, per qualche giorno, due cani di sua proprietà presso una pensione per cani» e poi, «dopo averli ritirati», li aveva «nuovamente abbandonati nel canile, senza però informare il titolare e senza rispondere alle sollecitazioni» finalizzate ad ottenerne il ritiro. E il lungo silenzio dell’uomo aveva, infine, spinto il titolare della pensione ad affidare i cani, tramite l’Azienda sanitaria, alla struttura del «canile municipale». Evidente, secondo il Giudice dell’udienza preliminare, l’abbandono degli animali consequenziale, quindi, la condanna dell’uomo a pagare 3mila euro di ammenda. Cure garantite. Prospettiva, quella tracciata dal Gup, completamente ribaltata dai giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso proposto dall’uomo, lo assolvono da ogni addebito. Per la semplice ragione – confermata da precedenti giurisprudenziali ad hoc – che «l’abbandono», sanzionato dal codice penale, «deve ravvisarsi quando l’animale venga sottratto alle prestazioni idonee ad assicurare il rispetto delle esigenze psicofisiche specifiche di ogni animale, con la conseguenza che lo stesso si trovi sprovvisto di custodia e cura ed esposto a pericolo per la sua incolumità». Quindi, tale ipotetica «situazione di abbandono non può ravvisarsi nel solo comportamento del proprietario che affidi il suo cane ad una struttura» che abbia assunto «verso il proprietario l’obbligazione di custodire l’animale e di evitare i pericoli per la sua incolumità, provvedendo anche, in caso di bisogno, alle necessarie prestazioni sanitarie ed ai mezzi terapeutici». Evidentemente, quindi, concludono i giudici, non si può addebitare all’uomo il reato di abbandono, perché egli aveva sì consegnato il cane senza poi andare a riprenderlo, ma lo aveva affidato ad una struttura in cui «l’animale poteva ricevere le necessarie prestazioni di cura e custodia».

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 febbraio – 20 marzo 2013, numero 12852 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. M.S. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che lo ha condannato alla pena di € 3.000 di ammenda, in ordine al reato di cui all’articolo 727 comma 1 cp per avere abbandonato due cani meticci di sua proprietà in Marostica il 12.6.2010. Con un duplice motivo si censura il giudizio di responsabilità, deducendosi la violazione dell’articolo 727 cp nonché le contraddittorietà della motivazione rilevandosi che la norma punisce il comportamento di chi abbandona l’animale sottraendolo anche per mera colpa alle prestazioni idonee ad assicurare il rispetto delle esigenze psicofisiche specifiche con la conseguenza che questo si trovi sprovvisto di custodia e cura ed esposto a pericolo per l’incolumità. Osserva pertanto che l’affidamento ad un centro cinofilo senza provvede al ritiro - come accaduto nel caso di specie - non integra il reato a lui contestato. Considerato in diritto 1. Il motivo è fondato sotto il profilo della violazione di legge. Nella specie è stato accertato dal giudice di merito che l’imputato aveva affidato per qualche giorno due cani di sua proprietà presso una pensione per cani in Marostica gestita da tale M.F. e, dopo averli ritirati, li aveva nuovamente abbandonati nel predetto canile senza però informare il titolare e senza rispondere alle sollecitazioni di ritirarli, per cui il F. aveva informato il settore veterinario della ULSS che aveva provveduto al ritiro e al ricovero delle bestie presso il canile municipale. Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’abbandono previsto e, sanzionato dall’art 727 c.p., deve ravvisarsi quando l’animale, del quale l’agente abbia potere di disposizione venga sottratto anche per mera colpa alle prestazioni idonee ad assicurare il rispetto delle esigenze psicofisiche specifiche di ogni animale, con la conseguenza che lo stesso si trovi sprovvisto di custodia e cura ed esposto a pericolo per la sua incolumità. È evidente che questa situazione di abbandono non può ravvisarsi nel solo comportamento dei proprietario che affidi il suo cane ad una struttura od allevamento privato, il quale, sulla base di uno specifico contratto oneroso, assuma verso il proprietario l’obbligazione di custodire e curare l’animale e di evitare i pericoli per la sua incolumità, provvedendo anche, in caso di bisogno, alle necessarie prestazioni sanitarie ed ai mezzi terapeutici. Né un comportamento di abbandono - nel senso indicato dalla norma incriminatrice può ravvisarsi di per sé nel solo fatto di avere sospeso il pagamento del corrispettivo o nel non avere ritirato il cane, perché ciò configura appunto un inadempimento contrattuale ma non autorizza certamente la struttura o il canile affidatario ad abbandonare il cane a se stesso, ad interromperne la cura e la custodia o, addirittura, a sopprimerlo, comportamenti questi che, del resto, potrebbero a loro volta integrare il reato a carico del responsabile dei canile. Costui, infatti, in una ipotesi del genere, oltre ad agire civilmente per il recupero del suo credito, potrà legalmente liberarsi del cane solo con le procedure previste dalla legge per l’affidamento dell’animale aduna struttura pubblica. Ne deriva che il proprietario che abbia affidato il cane ad un canile privato che si sia contrattualmente obbligato alla sua cura e custodia, potrà eventualmente rispondere di abbandono nel caso di sospensione dei pagamenti o di mancato ritiro solo quando sia concretamente prevedibile - per l’inaffidabilità o la mancanza di professionalità del canile affidatario - che questa situazione determini l’abbandono del cane da parte del canile. Nel caso di specie, però, non risulta dalla sentenza impugnata alcun elemento da cui possa ritenersi provata una situazione di questo genere ed anzi la stessa va esclusa in quanto ili titolare del canile ha provveduto ad affidare gli animali al competente settore veterinario del Comune. Inumero questo senso è la concorde giurisprudenza di questa Corte, la quale ha sempre ritenuto che deve escludersi la configurabilità del reato di abbandono di animali in caso di mancato ritiro di un cane dal canile cui era stato in precedenza affidato dal proprietario cfr. Sez. 3, Sentenza numero 13338 del 10/01/2012 Ud. dep. 10/04/2012 Rv. 252392 cfr. altresì Sez. 3, 21.2.2008, numero 14421, Bellino, m. 239969 o in caso di soggetto che abbia consegnato ili suo cane ad un canile comunale dichiarando falsamente che era randagio Sez. 3, 5.7.200, numero 34396, Menchi, m. 220105 . Le ultime due decisioni citate si riferiscono, per la verità, a casi di cani affidati ad un canile municipale e mettono in rilievo il fatto che gli animali ricoverati presso le strutture comunali non possono essere soppressi nè destinati alla sperimentazione e agli stessi, nell’attesa della cessione a privati, vengono assicurate le necessarie prestazioni di cura e custodia. È però evidente che la ratio decidendi sulla quale si basano le suddette decisioni non si fonda certamente sul fatto che si trattava di canile municipale e non di canile privato bensì sul fatto che non poteva concretare abbandono la consegna del cane o il suo mancato ritiro da un luogo nel quale l’animale poteva ricevere le necessarie prestazioni di cura e custodia. II fatto che nella specie si tratta di canile privato era quindi irrilevante, a meno che non risultasse che tale canile non assicurava la necessaria cura e custodia e che di ciò l’imputato fosse stato consapevole o potesse essere consapevole con l’ordinaria diligenza. In conclusione, non essendo ravvisabile nei fatti emergenti dalla sentenza impugnata alcuna ipotesi di abbandono del cane, la sentenza impugnata deve, ai sensi dell’art 129 c.p.p., essere annullata senza rinvio penché il fatto non sussiste. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza Impugnata perché il fatto non sussiste.