Nullità della procura conferita all’estero: senza prove il ricorso è inammissibile

La ricorrente, affermandosi titolare di pensione di reversibilità in regime internazionale, pretendeva i ratei di pensione di vecchiaia non erogati. Per questo motivo censura, davanti alla Suprema Corte, la decisione di merito con la quale veniva dichiarata la nullità della procura alle liti conferita all’estero al difensore. Secondo la Suprema Corte, però, nel ricorso non viene in alcun modo provata la lamentata doglianza.

Sul punto la Cassazione con ordinanza numero 15305/18, depositata il 12 giugno. Il fatto. La Corte d’Appello di Roma dichiarava inammissibile il gravame proposto dall’appellante nei confronti dell’INPS avverso la sentenza di primo grado con la quale veniva rigettata la domanda per l’ottenimento dei ratei di pensione di vecchiaia non erogati dall’ente previdenziale. Secondo la Corte territoriale doveva essere accolta l’eccezione dell’INPS relativa alla nullità delle procura alle liti conferita all’estero che, nel caso di specie, risultava «priva della legalizzazione delle firma da parte di notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero». Nessuna prova della validità della procura. Contro tale decisione parte soccombente ricorre per cassazione, deducendo la violazione degli articolo 112 Corrispondenza tra chiesto e giudicato e 182 Difetto di rappresentanza o autorizzazione c.p.c Secondo la ricorrente erroneamente la Corte territoriale non aveva applicato il principio di sanabilità del difetto di procura alla liti, sostenendo che la sentenza di merito sia erronea per aver dichiarato la nullità della procura che, invece, essendo una procura notarile non necessitava dell’apposizione della apostille o della legalizzazione dell’atto, come invece ritenuto mancante nella sentenza. Il motivo del ricorrente è inammissibile per difetto di specificità, secondo il Supremo Collegio infatti esso è privo di concretezza in quanto non viene riprodotto il contenuto della procura apposta al ricorso in appello né alcuna prova circa la sua forma ritenuta invalida. In particolare, precisa la Corte, la parte ricorrente non ha depositato l’atto censurato insieme al ricorso per casso, né ha fornito indicazioni per il reperimento dello stesso o ancora non ha specificato «con quale atto ed in quali termini avrebbe fatto rilevare al giudice d’appello le circostanze idonee a giustificare la mancata comparizione della parte a rendere l’interrogatorio formale, per contrastare le conseguenze di ordine probatorio che il giudice ne ha tratto a norma dell’articolo 232 c.p.c.». Per questi motivi la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 15 marzo – 12 giugno 2018, numero 15305 Presidente D’Antonio – Relatore Calafiore Fatto e diritto Rilevato che la Corte d’appello di Roma con la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da M.K.P. affermatasi titolare di pensione di reversibilità in regime internazionale nei confronti dell’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 20.1.2010 che aveva rigettato sulla base dell’esistenza di un giudicato preclusivo il ricorso promosso dalla predetta per pretesi ratei di pensione di vecchiaia non erogati, sin dal 2001, dall’Inps la Corte territoriale ha accolto l’eccezione dell’INPS relativa alla nullità della procura alle liti, relativa al gravame, conferita all’estero, come doveva ritenersi nel caso di specie, essendo tale procura priva della legalizzazione della firma da parte di notaio o di altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge dello Stato estero avverso tale sentenza M.K.P. ricorre per cassazione con due motivi Che l’I.N.P.S. resiste con controricorso considerato che la Corte reputa che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in particolare, con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 112 e 182 cod. proc. civ. dovendosi ritenere vigente ma non applicato dalla Corte territoriale il principio della sanabilità del difetto di procura alle liti affermato da Cass. SS.UU. numero 9217/2010 la tesi della ricorrente tendente ad affermare l’erroneità della sentenza impugnata per la mancata applicazione del disposto dell’articolo 182 cod. proc. civ., con l’effetto di sanare la carenza accertata dai giudici di merito, è inammissibile in quanto intrisa di una insanabile contraddittorietà e priva di sufficiente specificità, in difetto di una anche minima correlazione con la pronuncia che si intende impugnare invero, si deduce che la sentenza è erronea laddove ha dichiarato la nullità della procura, ritenuta rilasciata all’estero ma autenticata da procuratore italiano e priva di apostille, in quanto si trattava di procura “notarile” e, dunque, ciò escludeva la necessità sia dell’apposizione della apostille che della legalizzazione dell’atto, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 sulla base di tale premessa, però, si deduce la violazione dell’articolo 182 cod.proc.civ. in quanto non si è concesso alla parte di sanare la nullità della procura e si postula la possibilità di provvedere a tale regolarizzazione, ora per allora, in questa sede di legittimità mediante la produzione di copia fotostatica di un documento intitolato “procura speciale” rilasciato in favore di vari soggetti, compresi gli avvocati Nicola Staniscia e Gina Tralicci, e riferito a svariati affari, oltre che alla generica rappresentanza nei giudizi che si sarebbe ritenuto di proporre o continuare, nonché autentica con traduzione a fronte del 24 maggio 2012 del notaio Ma.Bl. ed apostille del 25 maggio 2012, attestante l’autenticità della sottoscrizione è evidente che, anche a voler prescindere, dall’insostenibilità logica della contemporanea affermazione di regolarità ed irregolarità della procura alle liti esaminata dalla Corte d’appello, dovendosi, quindi, secondo le richieste, accogliere il motivo ritenendo valida la procura e consentire in questa sede la regolarizzazione ex articolo 182 cod.proc.civ., nella formulazione del motivo, la ricorrente avrebbe dovuto quanto meno riprodurre il contenuto della procura apposta al ricorso in appello, ed allegarne copia, ai sensi dell’articolo 366 numero 6 cod. proc. civ., in modo da consentire al giudice di legittimità di verificare la correttezza del giudizio formulato dalla Corte di merito alla luce delle ragioni esposte invece, il motivo è privo di concretezza perché non riproducendo i contenuti e la forma della procura ritenuta invalida, non si confronta in alcun modo con la sentenza impugnata che è giunta alla declaratoria di inammissibilità dell’appello accertando le seguenti concrete circostanze 1 l’autentica della sottoscrizione della procura non risultava effettuata da un difensore esercente in Italia 2 quanto all’autentica effettuata dal funzionario nella specie notaio straniero non risultava né la legalizzazione da parte della rappresentanza diplomatica o consolare italiana ivi esistente 3 né l’utilizzo della formalità dell’apostille la parte non trascrive il contenuto della procura cui la sentenza si riferisce, non deposita l’atto contestualmente al ricorso per cassazione, né fornisce indicazioni per un facile reperimento dell’atto stesso nel presente giudizio, allo stesso modo non indica e non specifica con quale atto ed in quali termini avrebbe fatto rilevare al giudice d’appello le circostanze idonee a giustificare la mancata comparizione della parte a rendere l’interrogatorio formale, per contrastare le conseguenze di ordine probatorio che il giudice ne ha tratto a norma dell’articolo 232 c.p.c., cfr. Cass., 8 febbraio 1963, numero 222 , per cui il motivo difetta di specificità il secondo motivo di ricorso che lamenta la violazione e o la falsa applicazione degli articolo 162, 83 e 91 cod.proc.civ. nonché motivazione apparente in relazione alla condanna degli avvocati N. Staniscia e G. Tralicci alla rifusione delle spese non ricorrendo i presupposti indicati dall’articolo 162 cod. proc. civ. giacché non si era determinata l’ipotesi di inesistenza della procura ma semmai di nullità della stessa, è pure inammissibile per le stesse ragioni di cui al precedente motivo, non essendo possibile valutare il tipo di invalidità della procura ed avendo la Corte d’appello riferito di una totale inefficacia della procura medesima da equiparare alla sua inesistenza ciò, soprattutto, considerando quanto affermato da Cassazione 19266 del 2017 e numero 1759 del 2007, secondo cui nel caso di azione o impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi sulla base, come nella specie, di una procura inesistente o, ad esempio, falsa, o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello cui l’atto è speso , l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio Cass. Sez. Unite numero 10706/2006 in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata ín dispositivo in difetto di idonea dichiarazione di esonero sottoscritta dalla parte ai sensi dell’articolo 152 disp. att. c.p.c P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie.