Pronuncia del giudice di pace: contestabile solo la violazione dei criteri di equità

Il giudice di pace si pronuncia sempre secondo equità le sue sentenze, pertanto, sono impugnabili con ricorso per cassazione quando l’enunciazione del criterio di equità sia inficiata da un vizio relativo a un punto decisivo della controversia.

Censure relative a violazione di legge sostanziale sono consentite solo con riguardo all’inosservanza o falsa applicazione di norme costituzionali e comunitarie nonché dei principi informatori della materia. Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19753/12, depositata il 13 novembre. Il caso. Un motociclista finito con la ruota posteriore in una buca cita in giudizio il Comune di Roma quale ente proprietario della strada questo chiama poi in manleva l’impresa incaricata di eseguire la manutenzione in quel tratto di strada. Il Giudice di Pace riconosce la responsabilità esclusiva dell’appaltatore, condannandolo a risarcire il danno. Avverso tale pronuncia l’impresa propone ricorso per cassazione. Con l’articolato ricorso il soccombente censura anzitutto il mancato rispetto dei principi regolatori della materia afferma poi la nullità della sentenza impugnata per mancanza dei motivi di diritto sui quali si basa la decisione, omessa pronuncia su specifiche eccezione e error in iudicando relativamente all’esclusione della responsabilità del Comune. Le peculiarità della sentenza del giudice di pace. Gli Ermellini rammentano anzitutto che, anche quando il giudice di pace applica una norma di legge, egli si pronuncia secondo equità pertanto le sue sentenze sono impugnabili con ricorso per cassazione quando l’enunciazione del criterio di equità sia inficiata da un vizio che, attenendo ad un punto decisivo della controversia, si risolva in un’ipotesi di mera apparenza o di radicale ed insanabile contraddittorietà della motivazione. I principi informatori della materia. Censure relative a violazione di legge sostanziale sono consentite solo con riguardo all’inosservanza o falsa applicazione di norme costituzionali e comunitarie nonché dei principi informatori della materia, cioè quei principi ai quali il legislatore si ispira nel porre una determinata regola essi fungono da limite al giudizio di equità evitando che possa sconfinare nell’arbitrio. Chi ricorre contro una sentenza del giudice di pace, pertanto, deve indicare a pena di inammissibilità i principi informatori che si ritengono violati nonché il superamento del limite dagli stessi fissato. L’appaltatore è responsabile. Affermato tale principio, la S.C. rileva come nel caso di specie tutti i motivi proposti esulano dai limiti di sindacabilità precisati, in quanto non si individua alcuna precisa norma costituzionale e/o comunitaria violata né vengono indicati i principi ispiratori che si assumerebbero non rispettati. La motivazione della sentenza impugnata consente di ricostruire la ratio decidendi della pronuncia, che, secondo i giudici di legittimità, appare conforme al principio generale della responsabilità dell’appaltatore per i danni prodotti a terzi. Per questi motivi la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.