Se il contratto per l'uso dei terreni a pascolo non è stato redatto in forma scritta, a nulla vale la dichiarazioni d'intenti del Presidente della Comunità montana alla proroga della concessione né il fatto che siano stati regolarmente versati i relativi canoni. Insomma, quando ci sono di mezzo fondi comunitari, è necessario andare con i piedi di piombo.
Il caso. Per esattamente inquadrare la materia del contendere introdotta con l'atto di appello all'esame della Sezione sent. 629/2012 depositata il 3 febbraio , va chiarito che la questione riguarda la concessione di contributi per lo sviluppo rurale e che l’articolo 3 del bando, prevedeva specificatamente l'erogazione di contributi per la conduzione di terreni agricoli secondo tecniche di agricoltura biologica, e richiedeva tra l’altro che i beneficiari dimostrassero la proprietà e/o il possesso con regolare contratto dei terreni per i quali era chiesto il contributo dalla data di presentazione della domanda di finanziamento fino alla scadenza dell’impegno, e ciò mediante «regolare contratto di affitto scritto o verbale registrato». Con riferimento a quanto richiesto dal bando l'interessata ha presentato quale prova del titolo di possesso il contratto di affitto verbale datato 22.1.2004, registrato il 27.1.2004 con scadenza al 31.12.2008 , relativo ai terreni adibiti a pascolo di proprietà del demanio regionale la cui gestione è affidata alla Comunità montana dei Monti Sibillini. Negata l’esistenza del contratto. Tuttavia, la Comunità montana, in persona del suo segretario generale, rispondendo alla richiesta di informazioni avanzata dalla Amministrazione regionale, ha negato l’esistenza di alcun contratto o accordo verbale di affitto con l'appellante. Di conseguenza, afferma il Collegio, deve essere condivisa la conclusione cui è pervenuto il giudice di primo grado, il quale ha escluso che nella fattispecie potesse considerarsi esistente il contratto verbale di affitto, e ciò per una serie concordante di motivi, e precisamente per non essere stata esternata la volontà negoziale dall’unico organo autorizzato a rappresentare la Comunità montana, vale a dire il segretario generale per non essere stato stipulato in forma scritta, prescritta a pena di nullità in materia di contratti stipulati con la P.A. infine per essere irrilevante la dichiarazione con la quale il presidente della Comunità montana si impegnava per il rinnovo della concessione dei terreni. Senza contratto, niente contributo. Va da sé, afferma la sentenza, che in mancanza di un titolo valido a comprovare la disponibilità del terreno oggetto della domanda di contributo, veniva meno un requisito essenziale richiesto dal bando, trovando così piena giustificazione la intervenuta pronuncia di decadenza dal contributo stesso con il conseguente recupero di quanto indebitamente erogato. In sostanza, secondo il Collegio, deve ritenersi del tutto irrilevante la circostanza che la ricorrente avrebbe avuto per tutto l’arco di tempo in contestazione l’effettiva disponibilità del terreno, avendo anche provveduto al pagamento dei relativi canoni di affitto, giacché tale asserito stato di fatto non vale a surrogare la mancanza di un requisito essenziale previsto dal bando. È poi inconferente, conclude il Collegio, appellarsi ad una interpretazione del bando secondo buona fede, poiché dal tenore letterale dello stesso si evince pacificamente che il ricorrente era tenuto ad esibire un regolare contratto che comprovasse la disponibilità dei terreni per i quali veniva concesso il contributo. D’altra parte la previsione dell’articolo 3 del bando, secondo cui il richiedente «deve dimostrare il possessodei beni», non può che produrre gli stessi effetti di una clausola di esclusione.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 16 dicembre 2011 – 3 febbraio 2012, numero 629 Presidente Lodi – Relatore Balucani Fatto e diritto 1. - Con ricorso proposto dinanzi al TAR Marche la sig.a G. M. ha impugnato il provvedimento in data 24.9.2008 con il quale il dirigente del Servizio Agricoltura della Regione Marche ha dichiarato la sua decadenza parziale dall’aiuto comunitario di cui al Reg. CE 1257/99, Sviluppo rurale-Misura F2bis, riferito alla annualità 2006, e provveduto al recupero di una quota dell’aiuto corrisposto per le annualità 2004 e 2005, avendo accertato che per una parte della superficie interessata dall’aiuto stesso mancava il titolo del possesso, come richiesto dal bando. 2. - Il TAR adito, con sentenza 8 novembre 2010, numero 3380, ha respinto il ricorso avendo ritenuto che non esistesse un valido contratto verbale di affitto relativamente ai terreni della Comunità montana dei Monti Sibillini utilizzati per il pascolo del bestiame, e che la ricorrente aveva dichiarato essere nella sua disponibilità all’atto della domanda. 3. - Avverso la anzidetta pronuncia l’interessata ha interposto appello deducendo i seguenti motivi di censura -violazione di legge, difetto di motivazione della sentenza, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria -violazione dell’articolo 112 c.p.c., violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, omessa pronuncia in relazione ai motivi di ricorso proposti. Si è costituita in giudizio la Regione Marche la quale ha contestato la fondatezza dei motivi di gravame dedotti e concluso per il rigetto dell’appello. 4. - L’appello è infondato. Per esattamente inquadrare la materia del contendere introdotta con l’odierno atto di appello, occorre premettere in punto di fatto - che l’articolo 3 del bando, il quale prevedeva la erogazione di contributi per la conduzione di terreni agricoli secondo tecniche di agricoltura biologica, richiedeva tra l’altro che i beneficiari dimostrassero la proprietà e/o il possesso con regolare contratto dei terreni per i quali era chiesto il contributo dalla data di presentazione della domanda di finanziamento fino alla scadenza dell’impegno, e ciò mediante “regolare contratto di affitto scritto o verbale registrato” - che con riferimento a quanto richiesto dal bando la sig.ra G. ha presentato quale prova del titolo di possesso il contratto di affitto verbale datato 22.1.2004, registrato il 27.1.2004 con scadenza al 31.12.2008 relativo ai terreni adibiti a pascolo di proprietà del demanio regionale la cui gestione è affidata alla Comunità montana dei Monti Sibillini - che però la Comunità montana, in persona del suo segretario generale, rispondendo alla richiesta di informazioni avanzata dalla Amministrazione regionale, ha negato l’esistenza di alcun contratto o accordo verbale di affitto con la sig.ra G Ciò premesso, deve essere condivisa la conclusione cui è pervenuto il giudice di primo grado, il quale ha escluso che nella fattispecie potesse considerarsi esistente il contratto verbale di affitto, e ciò per una serie concordante di motivi, e segnatamente - per non essere stata esternata la volontà negoziale dall’unico organo autorizzato a rappresentare la Comunità montana, vale a dire il segretario generale - per non essere stato stipulato in forma scritta, prescritta a pena di nullità in materia di contratti stipulati con la P.A. - infine per essere irrilevante la dichiarazione con la quale il presidente della Comunità montana si impegnava per il rinnovo della concessione dei terreni. Va da sé che in mancanza di un titolo valido a comprovare la disponibilità del terreno oggetto della domanda di contributo, veniva meno un requisito essenziale richiesto dal bando, trovando così piena giustificazione la intervenuta pronuncia di decadenza dal contributo stesso con il conseguente recupero di quanto indebitamente erogato. Ciò posto, sono destituite di fondamento le censure dedotte dall’appellante. Non si ravvisa anzitutto il difetto di motivazione del provvedimento impugnato dal momento che esso richiama espressamente nelle sue premesse gli atti di contestazione ed il verbale di controllo, già portati a conoscenza dell’interessata, dai quali risultava palese la irregolarità del contratto verbale di affitto. Deve ritenersi del tutto irrilevante la circostanza che la ricorrente avrebbe avuto per tutto l’arco di tempo in contestazione la effettiva disponibilità del terreno, avendo anche provveduto al pagamento dei relativi canoni di affitto, giacché tale asserito stato di fatto non vale a surrogare la mancanza di un requisito essenziale previsto dal bando. E’ poi inconferente appellarsi ad una interpretazione del bando secondo buona fede, poiché dal tenore letterale dello stesso si evince pacificamente che il ricorrente era tenuto ad esibire un regolare contratto che comprovasse la disponibilità dei terreni per i quali veniva concesso il contributo d’altra parte la previsione dell’articolo 3 del bando, secondo cui il richiedente “deve dimostrare il possessodei beni”, non può che produrre gli stessi effetti di una clausola di esclusione. 5. - Per quanto precede l’appello in esame deve essere respinto. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.