Fatto ingiusto altrui e insulti reciproci, bisogna vederci chiaro

«Cretina» dice l’autista che chiude la porta, «deficiente» risponde la passeggera mentre cerca di salire. E gli altri passeggeri cosa dicono? Per poter applicare l’articolo 599 c.p. la ricostruzione del fatto deve essere logica e coerente.

Perciò l’annullamento con rinvio della decisione impugnata, disposto dalla sentenza numero 39374/12 della Quinta sezione penale della Cassazione. Il caso. Ingiurie ai danni dell’autista dell’autobus e assoluzione ex articolo 599, commi 1 e 2 c.p. da parte del Giudice di Pace. Questa la sentenza impugnata dal P.G. presso la Corte d’appello di Trieste, che sollecita la Suprema Corte a sollevare questione di legittimità costituzionale in riferimento all’articolo 35 d.lgs. numero 274/2000 per violazione degli articolo 3, 27 e 111 Cost In subordine, il P.G. lamenta l’illogicità e la contraddittorietà nell’applicazione da parte del giudice di prime cure dei commi 1 e 2 dell’articolo 599 c.p C’è stata provocazione? In prima battuta la Cassazione disattende la richiesta del ricorrente sulla questione di incostituzionalità il tema dell’impugnabilità delle sentenze di assoluzione del Giudice di Pace da parte del PM è già stato affrontato – e risolto negativamente – dalla sentenza numero 298/08 della Corte Costituzionale. Il ricorso, nella parte restante, è invece accolto. La sentenza impugnata ha infatti posto in primo piano le dichiarazioni dell’imputata, senza considerare in maniera adeguata né quelle dell’autista costituitosi parte civile, né quelle degli altri passeggeri escussi come testi. La contraddizione nella ricostruzione dei fatti è, secondo la Suprema Corte, vistosa in effetti non si dà adeguatamente conto della coincidenza tra le dichiarazioni della persona offesa e quelle dei testi, che contrastano invece con quanto descritto dall’imputata. Una volta acclarato che l’autista non ha – quantomeno sulla base delle motivazioni della sentenza impugnata - posto in essere alcun fatto ingiusto, la conseguenza è che la scriminante ex articolo 599, commi 1 e 2 c.p. non può trovare applicazione e la sentenza viene annullata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 giugno – 5 ottobre 2012, numero 39374 Presidente Zecca – Relatore Guardiano Ritenuto in fatto Con sentenza pronunciata il 17.6.2011 il giudice di pace di Trieste assolveva L.F. dal delitto di cui agli articolo 594, co. 1 e 4, 61, numero 10. c.p., commesso in Trieste il 28.4.2008, in danno di F.S. , conducente di un autobus di linea, ritenendola non punibile ai sensi dell'articolo 599, co. 1 e 2, c.p Ha proposto ricorso il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Trieste, sollecitando la Corte di Cassazione a sollevare la questione di legittimità costituzionale, dell'articolo 35, del decreto legislativo numero 274 del 2000, come modificato dalla legge numero 46 del 2006, per violazione degli articolo 3, 27 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non consente al P.M. di impugnare le sentenze di assoluzione del giudice di pace, ritenendo, in particolare, ingiustificata la disparità di trattamento con la parte civile, che, invece, è legittimata a proporre tale impugnazione, sia pure in relazione ai soli fini risarcitori. In subordine nel caso in cui la Corte dovesse ritenere manifestamente infondata la dedotta questione di costituzionalità, il P.M. lamenta la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in quanto da un lato, essa si fonda sulla preferenza accordata alla versione dei fatti fornita dall’imputata la quale dichiarava che, mentre stava salendo sull'autobus, l'autista aveva chiuso la porta centrale, per cui aveva cercato di scendere con un salto all'indietro, rischiando di cadere, venendo poi insultata dall'autista con l'espressione cretina non si entra dalla porta centrale , alle sue proteste , contraddetta dalle dichiarazioni dei testimoni escussi dall'altro contiene una evidente incongruenza motivazionale nel richiamare, per escludere la punibilità dell'imputata, oltre al co. 2, anche il co. 1 dell'articolo 599, c.p., pur affermando l'impossibilità di verificare se il querelante abbia o meno detto qualcosa alla L. dopo che quest'ultima era salita sull'autobus. Con il secondo motivo lamenta l'erronea applicazione della legge in ordine all'articolo 599, co. 2, c.p., in quanto erroneamente il giudice di pace ha attribuito natura di fatto ingiusto ad una condotta del tutto legittima del F. , che, per evitare l'accesso all'autobus dei passeggeri attraverso le porte centrali, vietato dal regolamento, aveva provveduto a chiuderle, senza che vi sia peraltro, alcuna prova che tale chiusura sia stata repentina o comunque pericolosa per l'incolumità fisica della L. . Considerato in diritto In via preliminare va disattesa la richiesta del pubblico ministero affinché questa Corte di Cassazione sollevi la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35, d. lgs. numero 274 del 2000, come modificato dalla legge 20 febbraio 2006, numero 46, per violazione degli articolo 3, 27 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non consente al pubblico ministero di impugnare le sentenze di assoluzione del giudice di pace, non solo perché si tratta di questione già affrontata e risolta negativamente, in via generale, dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza numero 298 del 25.7.2008, ma anche per la manifesta infondatezza della stessa, in quanto la diversità di posizione tra il pubblico ministero e la parte civile nell’esercizio dei poteri di impugnazione avverso le sentenze assolutorie del giudice di pace, trova adeguata ragione giustificatrice nella scelta discrezionale del legislatore di assicurare una più ampia tutela agli interessi risarcitori di cui il singolo si fa portatore attraverso l'azione civile nel processo penale. Tanto premesso, va rilevato che il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni indicate dal procuratore generale di Trieste. Il giudice di pace ha, infatti, pronunciato sentenza assolutoria privilegiando immotivatamente la ricostruzione dei fatti fornita dal l'imputata e svalutando del tutto le dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile, F.S. , conducente di un autobus di linea, in quanto, pur partendo dall'affermazione del giusto principio di diritto secondo il quale la testimonianza della persona offesa costituita parte civile deve essere valutata con particolare rigore, in quanto portatrice di un interesse economico in giudizio, ha poi, del tutto contraddittoriamente, non tenuto in alcun conto le dichiarazioni dei passeggeri escussi come testi B.L. , V.R. e Z.L. , che, invece, hanno reso dichiarazioni in molti punti compatibili con la versione dei fatti forniti dal F Quest'ultimo, infatti, come si evince dal testo della sentenza impugnata, ha riferito che dopo aver chiuso le porte dell'autobus vide con lo specchio retrovisore una persona che si scagliava contro il vetro e che sferrò un calcio alla porta che quindi riaprì la porta anteriore, che la signora in questione, molto alterata, salì e lo aggredì verbalmente, rivolgendogli le frasi di cui al capo d'imputazione - brutto cafone, impara a guidare, deficiente - oltre che sputandogli addosso, che lui mantenne sempre la calma, che non disse e/o rispose nulla, che rimase all'interno della sua postazione cfr. pag. 3 dell'impugnata sentenza . Vistosa, dunque, è la contraddizione in cui cade il giudice di pace nel momento in cui non accorda alcun rilievo, senza spiegarne adeguatamente le ragioni, alla deposizione della teste B.L. , pur affermando che quest'ultima ha confermato buona parte della versione dei fatti offerta dalla persona offesa, anche circa il contegno tranquillo conservato dall'autista del teste V.R. , che ha evidenziato come il F. si era rivolto alla L. dicendole che non serviva offendere e tirare calci della teste Z.L. , pur riferendo quest'ultima che la L. era entrata dalla porta anteriore urlando ed inveendo verso l'autista , lamentandosi di qualcosa. Per contro la stessa affermazione dell'imputata, secondo la quale il F. si sarebbe espresso in termini offensivi nei suo confronti, dicendole cretina, impara a guidare , risulta smentita o, comunque, non confermata dal contenuto delle deposizioni dei testi in precedenza indicati, circostanza che il giudice di primo grado non ha minimamente preso in considerazione. Va ancora rilevato che risulta carente e contraddittoria con i risultati cui è pervenuta l'istruttoria dibattimentale come riportati nel corpo della motivazione, anche la considerazione che il materiale probatorio ha messo in evidenza plurime contraddizioni sia quanto all'individuazione della porta dell'autobus dalla quale sarebbe salita L.F. , sia quanto al contegno dall'autista , posto che, da un lato il giudice di pace non indica per quale motivo le pretese contraddizioni inficiano la parte della narrazione dei testimoni conforme alle dichiarazioni del F. dall'altro le suddette contraddizioni non appaiono significative, in quanto la stessa L. e la B. hanno affermato che l'imputata era entrata dalla porta centrale, mentre il V. ha affermato che la L. era entrata dalla porta anteriore, dopo che non era riuscita ad entrare da quella centrale, e solo la Z. e il F. hanno sostenuto che l'imputata era entrata dalla porta anteriore mentre nessuno ha evidenziato un particolare atteggiamento del F. che potesse giustificare l'aggressione verbale denunciata dalla L. , avendo solo la Z. riferito che l'autista era un po' nervoso , affermazione generica e vaga. Infine del tutto carente è la motivazione nella parte in cui sostiene che la condotta della L. sarebbe scriminata, ai sensi dell'articolo 599, co. 1 e 2, c.p., per il fatto ingiusto altrui, rappresentato dalla pericolosa chiusura delle porte dell'autobus da parte del F. e dalla reciprocità delle offese, in quanto nulla dice il giudice di primo grado sugli elementi in base ai quali ha ritenuto di potere qualificare fatto ingiusto e, prima ancora, pericolosa la chiusura delle porte dell'autobus da parte del F. ed in base a quale valutazione ha ritenuto di poter desumere la reciprocità delle offese solo dalle dichiarazioni dell'imputata, che non hanno avuto conferma alcuna nelle deposizioni testimoniali. Sulla base delle svolte considerazioni, in conclusione, la sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso del procuratore generale, va annullata con rinvio, ai sensi dell'articolo 623, lett. d , c.p.p., al giudice di pace di Trieste per il giudizio, da svolgere colmando le lacune e le contraddizioni innanzi evidenziate. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di pace di Trieste per ulteriore corso.