La totale pretermissione del legittimario può aversi sia nella successione testamentaria che nella successione ab intestato.
Nella successione intesta quanto il testatore ha disposto a titolo universale dell’intero asse a favore di altri, nel qual caso il legittimario – ai sensi dell’articolo 457, comma 2, c.c. – non è chiamato all’eredità fino a quanto l’istituzione testamentaria di erede non venga ridotta nei suoi confronti. Nella successione ab intestato, la pretermissione si verifica qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell’intero suo patrimonio con atti di donazione, sicché, stante l’assenza di beni relitti, il legittimario viene a trovarsi nella necessità di esperire l’azione di riduzione a tutela della situazione di diritto sostanziale che la legge gli riconosce. A ciò consegue che il legittimario pretermesso, sia nella successione testamentaria sia in quella ab intestato, il quale impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista, solo in conseguenza del positivo esercizio dell’azione di riduzione, e come tale non è tenuto alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario. Accettazione beneficiata dell’eredità e azione di simulazione del legittimario pretermesso. Con la sentenza numero 12221 del 30 maggio 2014, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema, ricorrente nelle controversie ereditarie, dell’esercizio dell’azione di simulazione da parte del legittimario pretermesso che intende impugnare degli atti posti in essere dal de cuius. Proprio questo è il caso sotteso alla pronuncia in rassegna, che riguarda l’esercizio, da parte dei legittimari, dell’azione di simulazione nei confronti di una serie di atti con cui il de cuius aveva disposto in favore della seconda moglie. Con la pronuncia di secondo grado, il giudice rigettava la domanda di simulazione sul presupposto che gli attori non risultavano essere legittimari pretermessi, residuando nell’asse ereditario alcuni beni di cui il de cuius non aveva disposto, con la conseguenza che gli stessi non potevano qualificarsi come legittimari pretermessi e dovessero quindi agire in riduzione dopo aver accettato con beneficio di inventario l’eredità. Proprio su tale punto la Corte è chiamata a pronunciarsi con la sentenza in esame, la quale prende in esame la necessità che il legittimario che intenda agire per la simulazione degli atti posti in essere dal de cuius accetti preventivamente con beneficio di inventario l’eredità. Pretermissione del legittimario nella successione testamentaria e legittima. La pronuncia in esame, al fine di risolvere la questione portata alla sua attenzione prende le mosse dal rilievo che condizione fondamentale per esercitare l’azione di riduzione è quella di rivestire la qualità di legittimario, mentre la condizione stabilita dall’articolo 564, comma 1, c.c. della preventiva accettazione con beneficio di inventario vale solo per il legittimario che rivesta in pari tempo la qualità di erede, mentre non è destinata a trovare applicazione nel caso in cui l’erede sia totalmente pretermesso. Su tali basi la Corte specifica che la qualifica di legittimario pretermesso può sussistere tanto nella successione testamentaria quanto nella successione ab intestato, nella prima quanto il testatore ha disposto a titolo universale dell’intero asse ereditario a favore di altri soggetti con la conseguenza che il legittimario non viene chiamato all’eredità sino a quanto l’istituzione testamentaria di erede non venga ridotta, nella successione legittima qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell’intero patrimonio con atti di donazione, atteso che il legittimario stante la mancanza di beni relitti viene a trovarsi nella necessità di esperire l’azione di riduzione al fine di tutelare la propria posizione giuridica. Legittimario pretermesso e terzietà ai fini dell’azione di simulazione delle donazioni. Su tali basi, e dopo aver premesso che il legittimario pretermesso diviene erede solo dopo aver esercitato l’azione di riduzione, la Corte afferma – richiamando una recente pronuncia della giurisprudenza di legittimità Cass. numero 16635/2013 – che qualora il legittimario pretermesso intenda impugnare per simulazione un atto compiuto in vita dal de cuius a tutela del proprio diritto di reintegrazione della quota di legittima, egli agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista solo in seguito al positivo esercizio dell’azione di riduzione, con la conseguenza che non è tenuto ad accettare preventivamente l’eredità con beneficio di inventario ai sensi dell’articolo 564, comma 1, c.c. Ciò posto, la Corte rigetta il ricorso in quanto i legittimari che affermavano di essere stati pretermessi non avevano allegato né provato tale pretermissione, che come noto si connette all’assenza di beni relitti nel patrimonio ereditario, dovendosi peraltro considerare che dalla documentazione versata in atti emergevano elementi di segno contrario da cui era dato desumere la presenza di una consistenza patrimoniale del de cuius destinata ad essere ripartita secondo le regole della successione legittima, e quindi anche in favore dei congiunti-legittimari che assumevano di essere stati pretermessi.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 febbraio - 30 maggio 2014, numero 12221 Presidente Triola – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnata la sentenza della Corte d'appello di Messina, depositata l'8 febbraio 2008, che ha riformato, limitatamente al capo riguardante le spese di lite, la sentenza del Tribunale di Messina di rigetto della domanda proposta da C.A. e L. nei confronti di I.M. . 1.1. - Nel 1992 le sigg.re C. avevano convenuto in giudizio I.M. perché fosse accertata la simulazione di atti compiuti dal genitore, Ca.Anumero , in favore di costei, nel periodo di convivenza che aveva preceduto il matrimonio civile, celebrato nel 1972, tra lo stesso C. e la s ig.ra I. . La prospettata simulazione aveva ad oggetto un atto di vendita di immobile, che in realtà celava una donazione, e due atti di acquisto di immobili, che sarebbero stati effettuati con denaro del sig. C. . Tali atti, secondo le attrici, costituivano altrettante donazioni indirette, lesive della quota riservata per legge ai legittimari, e pertanto esse avevano chiesto l'attribuzione della quota di riserva sui cespiti indicati, previa riunione fittizia dell'asse, e la condanna della convenuta alla reintegra e al rendiconto. La sig.ra I. si era costituita per resistere alle domande delle attrici, aveva eccepito l'inammissibilità e improponibilità della domanda, sul rilievo che le attrici non avevano accettato l'eredità con beneficio d'inventario. In via riconvenzionale, la convenuta aveva chiesto la condanna delle attrici, in qualità di eredi di Ca.Anumero , al risarcimento dei danni che costui aveva arrecato alla proprietà di omissis nel periodo di esercizio dell'usufrutto che la stessa I. gli aveva donato, nonché la revoca ex tunc della donazione di usufrutto di immobile, in ragione della grave ingiuria commessa ai suoi danni dal C. , con il manoscritto prodotto dalle attrici, e infine la condanna di queste ultime a restituire le rendite percepite dal loro dante causa, durante l'usufrutto, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria. Il Tribunale di Messina aveva dichiarato improponibile ed inammissibile l'azione di simulazione, rilevando che la stessa era in ogni caso prescritta aveva rigettato le domande riconvenzionali aveva compensato le spese del giudizio per un quinto, ponendo i restanti quattro quinti a carico delle attrici. 1.3. - Le sigg.re C. proponevano appello, chiedendo l'accoglimento delle domande la sig.ra I. si costituiva e proponeva a sua volta appello incidentale, per l'accoglimento delle domande riconvenzionali. 2. - La Corte d'appello di Messina confermava la decisione del primo giudice, riformando il solo capo della sentenza che riguardava le spese. 2.1. - Osservava la Corte d'appello che non sussistevano le condizioni previste dall'articolo 564, primo comma, cod. civ. per la proposizione dell'azione di riduzione nei confronti di terzi, tale essendo la sig.ra I. . Mancava infatti la prova dell'accettazione dell'eredità di Ca.Anumero con beneficio d'inventario, né risultava che le attrici fossero state totalmente pretermesse dal testatore, ovvero che il de cuius si fosse spogliato in vita di tutto il patrimonio, con donazioni. In proposito, la Corte d'appello rilevava che soltanto all'udienza del 7 novembre 1994 il difensore delle attrici C. aveva dichiarato che non era stato compiuto alcun atto di accettazione dell'eredità del padre, e, inoltre, che dai documenti prodotti emergeva che il defunto Ca.Anumero aveva ricevuto beni in eredità sia dal padre, nel 1964, sia dalla madre, nel 1981, e che non risultavano atti di disposizione del patrimonio di questi, quanto meno dopo l'apertura della successione della madre. 2.1. - La Corte d'appello riteneva priva di fondamento l'azione di nullità delle donazioni dissimulate, proposta dalle sigg.re C. in alternativa all'azione di riduzione. Sussistevano, infatti, i requisiti di forma e di sostanza della donazione, in riferimento alla vendita della nuda proprietà del fondo sito in omissis , e, con riguardo agli atti di vendita intercorsi tra la sig.ra I. e soggetti terzi, si doveva considerare che, in quanto donazioni indirette, era sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità. 2.3. - La Corte d'appello dava atto della fondatezza del quarto motivo di appello, con il quale si contestava la dichiarata prescrizione dell'azione di simulazione, evidenziando che lo stesso rimaneva assorbito dal rigetto del primo motivo 2.4. - Anche l'appello incidentale era rigettato. La Corte distrettuale osservava che non era possibile accertare quali fossero le condizioni del fondo sito in località omissis , al momento della costituzione e dell'estinzione dell'usufrutto costituito a favore di Ca.Anumero dalla sig.ra I. , e dunque mancavano i presupposti per disporre CTU ai fini della quantificazione del lamentato danno. Quanto alla revocazione per ingratitudine della donazione dell'usufrutto, difettava l'interesse ad agire, giacché l'usufrutto si era estinto con la morte del sig. C. , avvenuta nel 1987, mentre gli effetti della revocazione avrebbero potuto retroagire fino alla domanda giudiziale, proposta con comparsa di costituzione del 1993. Risultava infine inammissibile, in quanto nuova, la domanda di condanna delle attrici in proprio al risarcimento dei danni, per l'ipotesi di non riconducibilità al de cuius dello scritto in assunto ingiurioso. 3. - Per la cassazione della sentenza d'appello hanno proposto ricorso C.A. e L. , sulla base di due motivi. Resiste con controricorso I.M. e propone ricorso incidentale, sulla base di due motivi. Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell'udienza. Considerato in diritto 1. - Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, in quanto connessi. Nel merito, entrambi i ricorsi devono essere rigettati. 1.1. - Con il primo motivo del ricorso principale, le ricorrenti deducono violazione di legge in riferimento agli articolo 459, 457, 557 e 2697 cod. civ. e vizio di motivazione. La Corte d'appello di Messina avrebbe erroneamente applicato le disposizioni in tema di successione dell'erede pretermesso, senza considerare che le sigg.re C. avevano agito in qualità di legittimarie pretermesse, e che pertanto non dovevano provare di aver accettato l'eredità paterna con beneficio d'inventario. Si contesta, inoltre, l'inesattezza oltre che l'irrilevanza del richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, al patrimonio che il de cuius Ca.Anumero aveva acquisito per successione alla madre, posto che non vi era prova dell'esistenza di tale patrimonio, e, comunque, le sigg.re C. non avevano compiuto alcun atto di accettazione dell'eredità paterna. In ossequio al disposto dell'articolo 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, le ricorrenti hanno formulato il quesito di diritto nei seguenti termini “se, nell'ipotesi di azione di riduzione delle donazioni eseguite in favore di terzo non erede, proposta da legittimario pretermesso, nella successione aperta ha intestato, costui, impugnando tutti gli attui con cui il defunto si è spogliato dell'intero patrimonio, non ha l'onere di provare, ai sensi dell'articolo 564 cod. civ., di avere accettato l'eredità con beneficio d'inventario onere che, invece, grava sull'erede pretermesso, sicché solo il terzo donatario ha l'obbligo di provare la sussistenza, oltre quelli donati, di beni di cui avrebbe beneficiato il legittimario pretermesso”. 1.2. - La doglianza è infondata. Va osservato preliminarmente che sono prospettate due censure ma non è chiarita la portata del vizio di motivazione, né vi è il necessario momento di sintesi, sicché il motivo è in parte inammissibile. Limitando l'esame alla censura di violazione di legge, dal quesito di diritto emerge che le ricorrenti assumono di aver agito in qualità di legittimarle pretermesse nei confronti della donataria I. , e rilevano che il de cuius si sarebbe spogliato dell'intero patrimonio con gli atti oggetto di impugnazione nel presente giudizio. Le ricorrenti in tal modo postulano l'esistenza di un fatto, e cioè che il de cuius si fosse spogliato di tutti i suoi beni con atti di disposizione inter vivos, che non è stato oggetto di valutazione dal parte del giudice d'appello, perché non allegato. La Corte distrettuale, infatti, dopo aver riepilogato le condizioni previste dall'articolo 564 cod. civ. per l'esercizio dell'azione di riduzione nei confronti di terzo non erede, ha evidenziato che le sigg.re C. avevano agito affermando che gli atti da esse impugnati dovevano ritenersi in frode alla quota che la legge riserva ai legittimari, ma non avevano specificato se alla morte del genitore si fosse aperta una successione testamentaria o legittima, e soltanto all'udienza del 7 novembre 1994, il loro difensore aveva dichiarato che esse non avevano compiuto alcun atto di accettazione dell'eredità del padre “da questi alienata con vendite simulate e donazioni”. 1.3. - Occorre richiamare brevemente la giurisprudenza di questa Corte sul tema. La totale pretermissione del legittimario si può avere sia nella successione testamentaria, sia nella successione ab intestato. Il legittimario può dirsi pretermesso nella successione testamentaria quando il testatore ha disposto a titolo universale dell'intero asse a favore di altri. In tal caso, ai sensi dell'articolo 457, secondo comma, cod. civ., il legittimario non è chiamato all'eredità fino a quando l'istituzione testamentaria di erede non venga ridotta nei suoi confronti. Nella successione ab intestato, la pretermissione si verifica qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell'intero suo patrimonio con atti di donazione, sicché, stante l'assenza di beni relitti, il legittimario viene a trovarsi nella necessità di esperire l'azione di riduzione a tutela della situazione di diritto sostanziale che la legge gli riconosce. A ciò consegue che il legittimario pretermesso, sia nella successione testamentaria sia in quella ab intestato, il quale impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce in qualità di terzo e non in veste di erede, condizione che acquista, solo in conseguenza del positivo esercizio dell'azione di riduzione, e come tale non è tenuto alla preventiva accettazione dell'eredità con beneficio di inventario Cass., sezione II, sentenza numero 16635 del 2013 . 1.4. - Nel caso in esame, pur dovendosi rilevare che la Corte d'appello ha erroneamente definito le sigg.re C. eredi ab intestato pretermesse, il ragionamento svolto dalla predetta Corte rimane valido, poiché il fatto presupposto dell'assenza di beni relitti dal de cuius non è stato allegato né provato, mentre sussistevano, secondo la stessa Corte, elementi di segno contrario, in quanto dalla documentazione versata in atti dalle attrici/appellanti emergeva una consistenza patrimoniale del de cuius, quanto meno per successione alla madre deceduta nel 1981, che rendeva dubbia l'assenza di beni relitti al momento del decesso del sig. C. , avvenuto nel . 2. - Con il secondo motivo, le ricorrenti deducono la violazione degli articolo 557, 564 e 2697 cod. civ., nonché degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ Si contesta che la Corte d'appello avrebbe escluso la qualità di legittimarie pretermesse in capo alle sigg.re C. facendo riferimento generico a presunti documenti, prodotti dalle medesime, dai quali emergerebbe la sussistenza del patrimonio del de cuius, proveniente dalla successione alla madre, avvenuta nel 1981, in assenza di prova di ulteriori atti di disposizione. 2.1. - La doglianza è infondata. Richiamato quanto detto in precedenza, si deve ribadire che la ratio decidendi su cui poggia la decisione della Corte d'appello è la carenza di prova in ordine alla totale pretermissione delle ricorrenti. Rispetto a tale ratio, il rilievo del fatto storico della successione, nel 1981, del sig. C. alla madre assume funzione rafforzativa, ed è quindi argomento ad abundantiam, la cui eventuale incongruità ovvero genericità non avrebbe ricadute sulla decisione impugnata. 3. - Con il primo motivo del ricorso incidentale è dedotto vizio di motivazione, anche in violazione degli articolo 112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in riferimento alla mancata ammissione della CTU finalizzata a quantificare i danni richiesti in via riconvenzionale per il deterioramento del fondo di proprietà I. , nel periodo in cui il sig. C. aveva esercitato l'usufrutto. Sulla premessa che la consulenza tecnica era, nella specie, l'unico mezzo idoneo a supportare la decisione sulla domanda risarcitoria, la ricorrente incidentale ritiene insufficiente e contraddittoria la motivazione, espressa dalla Corte d'appello, secondo cui la mancanza di prove sulle condizioni del fondo prima e dopo l'esercizio dell'usufrutto rendeva inutile ogni accertamento. La Corte d'appello aveva trascurato di considerare che la scienza agraria è in condizione di accertare, anche a distanza di tempo, lo stato dei terreni, al momento della riserva di usufrutto e alla data di estinzione dello stesso. 3.1. - La doglianza è infondata. Prescindendo dal rilievo che il motivo è carente del momento di sintesi, va osservato che la Corte d'appello ha motivato adeguatamente sulla inutilità di disporre la consulenza tecnica d'ufficio ai fini della prova del danno da deterioramento del fondo, senza che fossero state provate le condizioni del fondo stesso al momento della costituzione e a quello dell'estinzione dell'usufrutto. 4. - Con il secondo motivo, la ricorrente incidentale deduce vizio di motivazione in riferimento alla statuizione sulla compensazione delle spese processuali, anche in violazione degli articolo 112 e 92 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ Si contesta che la ritenuta reciproca soccombenza delle parti, con cui la Corte d'appello ha disposto, in riforma della sentenza di primo grado, la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi del giudizio, sarebbe argomento viziato da illogicità, nonché da omessa, contraddittoria e carente motivazione. Secondo la ricorrente, infatti, il principio della soccombenza reciproca sarebbe stato inapplicabile se la Corte d'appello avesse disposto la CTU richiesta dalla stessa parte, e da ciò discenderebbe il denunciato vizio. 4.1. - La doglianza è all'evidenza infondata. La Corte d'appello ha motivato adeguatamente l'applicazione delle regole in tema di regolamento delle spese processuali, che consentono la compensazione integrale a fronte della soccombenza reciproca. 6. - In applicazione del medesimo principio, sono compensate tra le parti le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi e dichiara compensate le spese del giudizio di cassazione.