Indennità di disoccupazione: la differenza tra “disoccupato” e “poco occupato”

Il requisito contributivo ridotto non vale a superare, per i lavoratori a domicilio, la necessità, ai fini della fruizione dell’indennità di disoccupazione, dell’estinzione del rapporto di lavoro e dell’iscrizione alle liste di collocamento. La diversa soluzione finirebbe per assegnare all’indennità di disoccupazione involontaria una funzione ad essa estranea, cioè quella di integrazione dei guadagni del lavoratore a domicilio non sufficientemente occupato

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 7383, depositata il 28 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Bologna accoglieva la domanda di una lavoratrice a domicilio, nei confronti dell’INPS, diretta ad ottenere l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti per un anno specifico di inattività, che l’Istituto aveva negato, a causa della mancata comunicazione, da parte del datore di lavoro, della sospensione dell’attività lavorativa nonostante la l. numero 160/1980 non prevedesse alcun compimento a carico del datore di lavoro . Secondo i giudici di merito, in difetto di previsione diretta o di espresso rinvio, non si estendono all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti i termini e le modalità previsti per l’indennità ordinaria con requisiti normali. Da ciò derivava che, ai fini della fruizione del trattamento di disoccupazione con requisiti ridotti, non era necessario il controllo sullo stato di disoccupazione. Esiste questo diritto? L’INPS ricorreva in Cassazione, chiedendo alla Corte di dichiarare se il lavoratore a domicilio abbia diritto, nei periodi d’inattività intercorrenti tra una commessa e l’altra, all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, oppure se tali periodi di inattività, considerando che danno luogo ad uno stato di disoccupazione involontaria, peraltro non certificato dall’Autorità amministrativa, scaturente dall’estinzione del rapporto di lavoro, non consentano il riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione, sia con requisiti ordinari che ridotti. Periodo di sospensione. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che il caso di specie aveva come oggetto la situazione di una lavoratrice a domicilio, rimasta priva di occupazione nei periodi di sospensione intercorrenti tra la consegna del lavoro commissionato ed un nuovo affidamento di lavori, pur sempre nell’ambito di un unico rapporto di lavoro con lo stesso committente, mai risolto. Il precedente. Sulla questione si era già pronunciata la stessa Cassazione, nella sentenza numero 14127/2002, secondo cui il requisito contributivo ridotto non vale a superare, per i lavoratori a domicilio, la necessità, ai fini della fruizione dell’indennità di disoccupazione, dell’estinzione del rapporto di lavoro e dell’iscrizione alle liste di collocamento. Non è un trattamento di integrazione salariale. La diversa soluzione finirebbe per assegnare all’indennità di disoccupazione involontaria una funzione ad essa estranea, cioè quella di integrazione dei guadagni del lavoratore a domicilio non sufficientemente occupato. Una funzione, quindi, che sarebbe analoga a quella propria delle garanzie previdenziali di integrazione salariale, dalle quali il lavoratore a domicilio è espressamente escluso, ex articolo 9, comma 1, l. numero 877/1973. Perciò, la Corte di Cassazione confermava questa linea interpretativa ed accoglieva il ricorso dell’INPS.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 febbraio – 28 marzo 2014, numero 7383 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza di cui si chiede la cassazione, riformando la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, accoglieva la domanda di C.A. , proposta nei confronti dell'INPS, diretta ad ottenere, quale lavoratrice a domicilio, l'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti per l'anno 1988 che l'Istituto convenuto aveva negato per la mancata comunicazione da parte del datore di lavoro della sospensione dell'attività lavorativa nonostante l'articolo 7 del D.L. numero 86 del 1988, convertito nella legge numero 160 del 1980, non prevedeva alcun compimento a carico del datore di lavoro. A fondamento del decisum la Corte del merito poneva alcuni principi affermati da questa Corte ed in particolare quello secondo cui in difetto di previsione diretta o di espresso rinvio non si estendono all'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti i termini e le modalità che sono previsti per l'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali. Pertanto, secondo la predetta Corte, ai fini della fruizione del trattamento di disoccupazione con requisiti ridotti non era necessario il controllo sullo stato di disoccupazione. Avverso questa sentenza l'INPS ricorre in cassazione sulla base di un'unica censura. Resiste con controricorso la parte intimata. Motivi della decisione Con l'unica censura l'INPS, deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 44 e segg. del R.D. 7 dicembre 1924 numero 2270, degli articolo 45, comma 3, 73, comma 2, 75 e 76 del R.D.L. 4 ottobre 1935 numero 1827, in combinato disposto con l'articolo 7, comma 3°, del 21 marzo 1988 numero 86 convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 1988 numero 160, pone il seguente interpello dichiarare se il lavoratore a domicilio abbia diritto nei periodi d'inattività lavorativa intercorrenti tra una commessa e l'altra verificatesi nel caso di specie nell'anno 1988 all'indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, oppure se tali periodi d'inattività, atteso che danno luogo ad uno stato di disoccupazione involontaria peraltro non certificato dall'Autorità amministrativa scaturente dall'estinzione del rapporto di lavoro, non consentano il riconoscimento del predetto diritto all'indennità di disoccupazione, sia con requisiti ordinari che ridotti . La censura è fondata. È necessario premettere, che la presente fattispecie riguarda, come riportato - con riferimento al ricorso di primo grado - dall'INPS nel presente ricorso e non contestato da controparte il caso di lavoratrice a domicilio rimasta priva - nell'anno 1998 - di occupazione nei periodi di sospensione intercorrenti tra la consegna del lavoro commissionato ed un nuovo affidamento di lavori pur sempre nell'ambito di un unico rapporto di lavoro con lo stesso committente, mai risolto. Rileva il Collegio che sulla questione sottoposta all'esame di questa Corte la Cassazione già si è pronunciata con la sentenza numero 14127 del 1 ottobre 2002, richiamata dall'INPS, con riferimento ad una fattispecie del tutto simile alla presente. Alla soluzione allora adottata, secondo la quale il requisito contributivo ridotto, introdotto dapprima con l'articolo 7 del d.l. numero 86/1988 e, poi, con l'articolo 1, comma 2, del d.l. numero 108 del 1991, non vale a superare, per i lavoratori a domicilio, la necessità, ai fini della fruizione della indennità di disoccupazione, della estinzione del rapporto di lavoro e della iscrizione alle liste di collocamento, va oggi data continuità giuridica condividendone, in assenza di diverse e convincenti prospettazioni, il Collegio le argomentazioni. Del resto, come già rilevato da questa Corte nella sentenza citata numero 14127 del 1 ottobre 2002, alle cui articolate osservazioni si rinvia senza necessità di doverle in questa sede riproporre, la diversa soluzione finirebbe per assegnare alla indennità di disoccupazione involontaria una funzione ad essa estranea quella di integrazione dei guadagni del lavoratore a domicilio non sufficientemente occupato, una funzione, cioè, del tutto analoga a quella propria delle garanzie previdenziali di integrazione salariale, dalle quali il lavoratore a domicilio è espressamente escluso articolo 9, primo comma, legge numero 877/1973 . La sentenza impugnata,espressione di un diversa regula iuris, di conseguenza, va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti va rigettata l'originaria domanda di C.I. . Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità ai sensi del previgente articolo 152 Disp. Att. cpc non trovando applicazione ratione temporis la nuova disciplina delle spese nei procedimenti in materia di previdenza e assistenza, introdotta dall'articolo 42, comma undicesimo, decreto legge 30 settembre 2003 numero 269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003 numero 326. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l'originaria domanda di C.A. . Nulla per le spese giudiziali dell'intero processo.