Nessun dubbio sul pessimo funzionamento dell’impianto, addebitabile alla condotta dei rappresentanti della società titolare della struttura. Logica la condanna, anche perché è indiscutibile che l’inquietante colore del mare, frutto degli scarichi fognari, abbia provocato fastidio e paura nella piccola comunità del paese.
“Acqua azzurra, acqua chiara”, cantava, splendidamente, Battisti, e quei colori, appannati, modificati, ‘violentati’, possono diventare il simbolo dell’abominio dell’uomo compiuto ai danni della natura. Esemplare la vicenda relativa a un piccolo Comune siciliano, affacciato sul Tirreno, e ferito da una gestione assurda dell’impianto di depurazione delle acque, utilizzate nelle abitazioni del paese, e poi scaricate, senza alcun filtraggio, direttamente in mare. Condannati imprenditore, amministratore unico e direttore responsabile tecnico della società titolare del servizio di manutenzione dell’impianto decisivo l’insolito, e inquietante, colore del mare Cass., sent. numero 10034/2014, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Turbamento. Addebito chiarissimo, secondo i giudici del Tribunale i 3 rappresentanti della società – responsabili anche del cattivo funzionamento dell’«impianto di depurazione» di un paese di neanche quattromila anime – sono da condannare per «getto pericoloso di cose», avendo messo in atto azioni tali da «molestare le persone» della comunità. Nodo gordiano della vicenda è l’aver «effettuato scarichi reflui fognari non depurati, aventi parametri tabellari non rispondenti ai ‘valori limite’ previsti dalla disciplina ambientale». E concretizzazione della assurda condotta dei 3 rappresentanti della società, hanno spiegato i giudici, è stata anche la insolita, e inquietante, «colorazione dell’acqua» del mare, dove sono stati scaricati, sic et simpliciter, i «reflui fognari». Ebbene, questa valutazione, così come tracciata in Tribunale, viene ritenuta valida anche dai giudici del Palazzaccio, i quali, per chiarezza, in premessa, ricordano come «copiosa documentazione testimonia il mancato funzionamento del depuratore», senza dimenticare, poi, l’«esame dei reflui», esame da cui è emerso che «l’impianto non depurava, permettendo l’immissione in mare aperto di scarichi fognari». Quadro chiarissimo, quindi. E, all’interno di questo quadro, anche un «dato di fatto oggettivo» quale la «mutevole colorazione del mare» permette di valutare come «palmare il turbamento» provocato nella comunità del paese, turbamento logico alla «visione del mare di un colore diverso da quello suo proprio». Da ciò consegue legittimamente la condanna nei confronti dei 3 rappresentanti della società, anche perché, ricordano i giudici, «costituisce molestia anche il fatto di arrecare alle persone preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute» e «devono farsi rientrare nel concetto di ‘molestia’ tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e, comunque, di turbamento della tranquillità».
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 gennaio – 3 marzo 2014, numero 10034 Presidente Gentile – Relatore Mulliri Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha condannato i ricorrenti per la violazione dell'articolo 674 c.p. Il reato è stato ravvisato nella condotta, ascritta ai ricorrenti, di avere, C. - quale titolare dell'omonima ditta titolare del servizio di gestione e manutenzione dell'impianto di depurazione dei reflui del comune di Furnari - L.A. - quale a.u. - e L.V. - direttore responsabile tecnico della soc. titolare del servizio di manutenzione dell'impianto centralizzato di depurazione dei reflui civili del citato comune - effettuato scarichi reflui fognari non depurati aventi parametri tabellari non rispondenti ai valori-limite previsti dalla disciplina ambientale. In tale condotta, è stato, pertanto, ravvisato il gettito di cose pericolose. 2. Motivi del ricorso - Avverso tale decisione, i condannati hanno proposto ricorso, tramite i rispettivi difensori, deducendo comma 1 violazione di legge per essere stata respinta, senza motivazione adeguata, la domanda di oblazione, ed insussistenza del fatto per mancanza di prova della responsabilità dell'imputato oltre ogni ragionevole dubbio in considerazione del fatto che lo stesso C. aveva denunciato le inadeguatezze dell'impianto, anche il campione analizzato evidenziava parametri inferiori a quelli massimi fissati dalle tabelle della legge regionale ed il comune di Furnari aveva dato luogo ad una serie di inadempienze che erano alla base dei fatti poi verificatisi, sì da scriminare il C. L.A. e L.V. 1 violazione di legge perché, nella motivazione, non viene precisato in cosa consista l’attitudine della condotta a provocare molestie alle persone che, invece, costituisce elemento essenziale della fattispecie di pericolo ipotizzata dalla norma 2 violazione di legge perché difetta qualsiasi motivazione in ordine alla responsabilità personale individuale degli imputati. Mentre, infatti, la sentenza fa riferimento al C., nulla dice circa il contributo dato dagli imputati. Con atto depositato il 18.9.13 la difesa dei ricorrenti L., ribattendo alla proposta di trasmissione del fascicolo alla VII sez. di questa S.C. per inammissibilità del ricorso, ha fatto notare che il giudice ha ritenuto la responsabilità per il reato di cui all'articolo 674 c.p. senza neppure accertare se la condotta molesta fosse avvenuta in luogo frequentato o frequentabile da persone né ha spiegato in che misura lo sversamento di scarichi che mutavano la colorazione dell'acqua potesse molestare le persone che si fossero trovate a contatto con il mare nel tratto antistante il depuratore. Di fatto, perciò, il giudice ha fatto discendere il reato dalla semplice colorazione dell'acqua ma non è stata dimostrata l'attitudine della condotta a provocare molestie alle persone come, invece, prescritto per la sussistenza dei reato ipotizzato cass. 10.11.98 numero 13278 . A tal fine, si ricorda, invece, che recente giurisprudenza di legittimità sez. III, 25.5.11, numero 25031 ha escluso la sussistenza della prova dell'elemento oggettivo in difetto di dimostrazione che il gettito fosse avvenuto in luogo di pubblico transito ovvero in luogo privato di uso comune o altrui. Infine, si rammenta anche che la S.C. ha sottolineato la necessità che, per la ricorrenza dei reato in esame, sia stata realizzata una condotta attiva e non una mera omissione di apprestamento di mezzi idonei ad impedire il riversamento. I ricorrenti concludono invocando l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Motivi della decisione - I ricorsi meritano differenti decisioni come di seguito precisate. Il ricorso di C. è inammissibile perché entrambi i difensori, avv.ti C. e C., non sono abilitati a patrocinare dinanzi a questa S.C. per perché non iscritti nel prescritto albo speciale ex articolo 613 c.p.p Per quel che attiene al ricorso di L.A. e L.V., la pronunzia deve essere di reiezione. Nel precisare meglio le ragioni di tale declaratoria, in primo luogo, sembra il caso di stigmatizzare la inesattezza di una doglianza che denuncia erronea applicazione della legge sulla base di presunti vizi motivazionali. Ed infatti, un vizio motivazionale non dà mai luogo a violazione di legge se non quando il difetto della motivazione consista nel fatto di non esistere graficamente o di essere apparente mentre l'eventuale illogicità manifesta può denunciarsi, nel giudizio di legittimità, soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e dell'articolo 606 stesso codice S.U, 28.1.04, Bevilacqua, Rv. 226710 Sta di fatto, poi, che anche esaminando la decisione impugnata secondo i parametri appena detti, non si perviene alle conclusioni auspicate dalla difesa dei due ricorrenti dal momento che il provvedimento risulta congruamente motivato in rapporto alle emergenze acquisite e queste ultime sono state commentate in modo coerente con i principi della logica ed i dettami giurisprudenziali in materia di gettito di cose pericolose. Innanzitutto, va rammentato che la contravvenzione di cui trattasi è da considerare, per giurisprudenza assolutamente costante sez. VI, 4.7.89, Toffarin, Rv. 183994 Sez. I, 25.10.94, Montini, Rv. 199888 Sez. I, 28.9.9, Grandoni, Rv. 197893 Sez. III, 6.12.06, Parziale, Rv. 235580 un reato di pericolo. E', quindi, in tale ottica che va valutata la condotta qui in esame. Come si ricorda in sentenza, copiosa documentazione testimonia il mancato e/o cattivo funzionamento del depuratore come pure è risultato acclarato dall'esame dei reflui che l'impianto non depurava permettendo l'immissione in mare aperto di scarichi fognari. Al di là dell'accertato superamento dei valori solidi sospesi e del C.O.D. in uscita, è un dato certo anche che le acque del mare avevano mutato colore. Mentre la genericità del ricorso nulla aveva dedotto a riguardo, nella memoria successiva del 18.9.13, i ricorrenti hanno sviluppato maggiori argomenti difensivi tesi a sostenere che difetterebbe, nella specie, la prova della molestia arrecata alle persone anche perché nulla si dice a proposito del tratto di mare che aveva cambiato colorazione e del rischio che esso fosse visibile a passanti. In realtà, proprio rifacendosi alla giurisprudenza di questa S.C., giustamente i giudici di merito hanno, in primo luogo, distinto tra il reato di cui all'articolo 674 e quello p. e p. dall'articolo 734 c.p. escludendo quest'ultimo proprio sul presupposto che non fosse stato provato il danno «la semplice colorazione mutevole dell'acqua riscontrata a seguito di controllo non appare idonea in tal senso» . Ciò, però, vale per l'evento deturpamento delle bellezze naturali . Per ragioni uguali e contrarie, però, diversamente deve concludersi con riferimento al reato in questione visto che è principio interpretativo altrettanto consolidato che «non è necessario che le emissioni di gas, di vapori o di fumo provochino un effettivo nocumento, essendo sufficiente l'attitudine delle stesse ad offendere, imbrattare o molestare persone, cioè arrecare ad esse disagio, fastidio o disturbo ovvero turbarne il modo di vivere quotidiano» sez. I, 28.9.93, Grandoni, cit. e che «costituisce molestia anche il fatto di arrecare alle persone preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla salute» Sez. III, 14.3.03, Di Grado, Rv. 225304 . In buona sostanza, «devono farsi rientrare nel concetto di molestia tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità» Sez. III, 18.6.04, Providenti, Rv. 229618 . Orbene, è appunto l'evidenziazione di un dato di fatto oggettivo - riferito dai testi - la mutevole colorazione del mare, a giustificare la decisione dei giudici di ravvisare gli estremi del reato di cui all'articolo 674 c.p. risultando palmare ed intrinseco il turbamento che suscita nella comunità la visione del mare di un colore diverso da quello suo proprio. Nessun pregio ha, del resto la pretesa di maggiori accertamenti circa la possibilità di accesso al pubblico del tratto di mare interessato visto che esso tanto era visibile che è stato colto agevolmente dai testi che hanno riferito in proposito dep. Montanaro né vi è dubbio che la circostanza sia dimostrabile in tal modo senza ricorso a perizie o esami tecnici sez. III, 30.1.98, numero 6141 Rv. 210959 . Di qui l'infondatezza del motivo. Alla presente statuizione segue, per legge, la condanna di tutti i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, il solo C., anche al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €. P.Q.M. Visti gli articolo 615 e ss. c.p.p. Dichiara inammissibile il ricorso di C.C. che condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €. Rigetta il ricorso di L.A. e L.V. e condanna entrambi al pagamento delle spese processuali.