Le confidenze della vittima all’amico non valgono meno della deposizione in giudizio

La formula dell’ oltre ogni ragionevole dubbio” comporta l’obbligo per il giudice di appurare la credibilità soggettiva di ogni singolo dichiarante e l’attendibilità dei racconti, ponendo a confronto le diverse riproduzioni fattuali offerte dai protagonisti della vicenda di reato, pena l’incompletezza del sindacato.

Lo ha stabilito la Sezione feriale Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 35, depositata il 2 gennaio 2014. Un dubbio” episodio corruttivo . Nel caso di specie un finanziare è stato sottoposto a procedimento penale con l’accusa – perlomeno, così contestata in origine – di aver tentato di commettere il delitto di concussione art. 317, c.p. in danno di un commerciante. Più precisamente, il rimprovero mosso nei confronti dell’imputato è stato quello di aver tentato di indurre o costringere la sua vittima a versargli una certa somma di denaro al fine di garantire il buon esito di un accertamento fiscale che la riguardava. Ma il commerciante si è – da subito – opposto alle richieste del pubblico ufficiale riferendo quanto accaduto in sede di interrogatorio davanti alla Guardia di Finanza, sua volta attivatasi in seguito alla denuncia di un confidente dello stesso imprenditore. All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale ha ritenuto accertata la penale responsabilità dell’imputato, per l’effetto condannandolo alla pena di giustizia. La Corte d’appello, adita in sede di gravame, ha confermato la condanna riqualificando, tuttavia, il capo di accusa nel reato di istigazione alla corruzione di cui all’art. 322, c.p La tesi accusatoria non torna . Alla Corte di Cassazione è stato chiesto di annullare la sentenza impugnata evidenziando talune erroneità nelle quali si sarebbero imbattuti i giudici di merito. Segnatamente, il ricorrente ha rimarcato in sua difesa di non aver fatto parte del nucleo che svolgeva le indagini fiscali a carico dell’imprenditore, nonché l’assenza di utilità di un suo ipotetico intervento in grado di condizionare l’esito dell’accertamento fiscale, posto che il commerciante – potendo vantare tutti i conti in ordine” – non avrebbe avuto nulla da temere. Ma le censure mosse contro la sentenza emessa dalla Corte territoriale si sono incentrate anche sul piano probatorio qui la difesa dell’imputato ha rimarcato come vi fosse grande incertezza in ordine agli episodi nel corso dei quali sarebbe maturata la condotta criminosa, soprattutto tenuto conto della non immediata denuncia del negoziante all'autorità, pervero notiziata in prima battuta da un amico della persona offesa, peraltro mai sentito in sede processuale. Non solo, altro elemento di nebulosità della vicenda era dato dalla sproporzionata riduzione della somma richiesta dal pubblico ufficiale, passata dalle iniziali 3000 euro l’anno alle sole 300, ossia – ha evidenziato con veemenza la difesa - meno di un euro al giorno. La certezza processuale nel giudizio penale . Ebbene, nell’accogliere il ricorso, i giudici della Suprema Corte sono tornati ad affrontare il nodo centrale del diritto penale, e cioè il grado di certezza idoneo a pervenire al giudizio di condanna, sintetizzato nella – ormai positivizzata – formula dell’ oltre ogni ragionevole dubbio”. Detta formula, come noto, impone al giudicante di adottare un metodo dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria atto a superare la sussistenza di suoi eventuali dubbi intrinseci. Con maggior impegno esplicativo, la dizione in parola impone che l’ipotesi formulata dall’accusa non sia, in sé, contraddittoria o, comunque, non si presti a critica e, dunque, a prospettazioni alternative e plausibili del fatto di reato. La ricostruzione fattuale posta a fondamento della pronuncia deve, cioè, poter espungere dallo spettro valutativo eventualità remote che, seppur in astratto realizzabili, nella fattispecie concreta rimangono prive di ogni riscontro su base processuale, tali cioè da porsi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della ordinaria razionalità umana”. Credibilità soggettiva del dichiarante e raffronto tra dichiarazioni . Date queste premesse, gli Ermellini hanno annullato con rinvio la sentenza gravata incentrando il loro ragionamento sulla contraddittorietà dell’apprezzamento svolto dalla Corte territoriale, palesemente testimoniata dalla mancata escussione del confidente dell’imprenditore da cui era scaturita l’indagine a carico del finanziere. Ed invero, sebbene l’autorità giudiziaria si fosse attivata in seguito all’informativa dell’”amico”, questi non è mai stato chiamato a deporre innanzi ai giudici. Di più, le sue dichiarazioni sono state smentite dallo stesso commerciante che ebbe a riferire dei fatti in maniera vistosamente differente, discrasia, questa, illogicamente ritenuta trascurabile dai giudici di seconde cure. La Corte ha di contro sottolineato l’essenzialità della verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità del suo racconto, unitamente all’esigenza di porre costantemente a confronto le versioni rese dai vari protagonisti del processo, onde valutare la piattaforma probatoria nella sua interezza e, soprattutto, nella sua complessità. Nel caso in esame, di sicura importanza risultava il raffronto tra quanto riferito dalla persona offesa chiamata ad assumere il ruolo di teste e quanto confidato dalla stessa al conoscente, in un contesto informale e, quanto mai, spontaneo tale indagine, se espletata, avrebbe permesso di evidenziare discrasie o costanze di riproduzioni fattuali utili ad orientare - con la dovuta certezza processuale - il dispositivo della sentenza, così come previsto dal codice di rito.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 5 settembre 2013 - 2 gennaio 2014, n. 35 Presidente Siotto – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. S.G. ricorre per cassazione, tramite il difensore, avverso la sentenza della Corte d'appello di Catania, in data 9-1-13, con la quale è stata confermata, in punto di responsabilità, la sentenza di condanna emessa in primo grado, in ordine alla contravvenzione di cui agli artt. 58 reg. TULPS e 221 TULPS e al delitto di cui all'art. 322 co. 4 cp, così diversamente qualificato il fatto originariamente contestato ex artt. 81 cpv, 56 e 317 cp perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusando della sua qualità di tenente della G. di F., compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre e costringere A.U. , titolare dell'omonima società, a dargli e a promettergli indebitamente la somma di Euro 3000 l'anno, assicurandogli, in cambio, protezione presso la G. di F., per evitare, in futuro, che la sua ditta venisse sottoposta a ulteriori controlli e verifiche fiscali e comunque per garantirgli il buon esito degli accertamenti già in corso. In particolare, approfittando della circostanza che l'A. aveva subito la perquisizione e il sequestro di una fornitura di olio lubrificante marca Selenia , disposti dalla Procura della Repubblica di Palermo ed eseguiti dall'ufficio di appartenenza dell'indagato, si presentava, in più occasioni, presso il negozio della persona offesa, lasciando intendere alla stessa di poter condizionare l'esito della verifica fiscale in corso, in cambio del pagamento della somma in questione, che successivamente riduceva a 1500 Euro l'anno, che la vittima rifiutava di pagare. Fatto commesso in Catania dal novembre 2005 all'aprile 2006. 2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, vizio di motivazione della sentenza e errata valutazione della prova, poiché il S. non faceva parte di alcun nucleo di verifica fiscale né l'A. aveva subito alcuna verifica fiscale, ragion per cui il S. non poteva in nessun modo essere utile all'A. , non potendo l'imputato esplicare influenza alcuna sull'indagine della Procura palermitana. Lo stesso imputato indirizzò l'A. ad altri due colleghi, disinteressandosi completamente della vicenda. Del resto, A. aveva sempre avuto tutta la documentazione in ordine e non versava quindi in alcuna situazione di difficoltà. 2.1. Con il secondo motivo, viene dedotta erronea applicazione dell'art. 322 cp poiché il S. è stato condannato sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa, la quale avrebbe riferito solo parzialmente i fatti al rag. C. e ad un fantomatico teste D.R. , mai escusso. Anche le intercettazioni telefoniche hanno dato esito negativo mentre non è stata effettuata alcuna intercettazione ambientale. Del resto sembrerebbe che l'A. , che non ha peraltro sporto denuncia contro il S. ma solo su insistenza dei finanzieri P. e R. , ha riferito in ordine ai fatti, abbia confidato al C. di una sola circostanza in cui l'imputato si sarebbe presentato presso il suo esercizio commerciale. Del resto, secondo A. , a due dei tre incontri con S. erano presenti terze persone e ciò esclude la possibilità della formulazione di richieste di danaro. Del resto, vi sono contraddizioni in merito al numero delle visite del S. e delle correlative richieste di danaro. Ma anche il quantum della somma richiesta 3000 Euro annue e dunque circa 0,80 al giorno è poco credibile. 2.2. Con il terzo motivo, viene lamentata la mancata assunzione della prova testimoniale di D.R. , persona a cui la parte lesa avrebbe riferito delle proposte criminose formulate dal S. , già ammesso dal Tribunale ma poi non esaminato. 2.3. 4. Con il quarto motivo, si lamenta che la Corte d'appello, pur concedendo all'imputato le circostanze attenuanti generiche, abbia applicato, con riferimento al reato di cui all'art. 322 cp, una pena-base più alta di quella comminata dal Tribunale. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto I primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, stante l'unitarietà del fulcro tematico costituito dalla critica dell'apparato giustificativo a sostegno della declaratoria di responsabilità. Essi sono fondati. In tema di sindacato del vizio di motivazione, occorre tenere presente che il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre Sez. un. 13-12-95 Clarke, rv 203428 . Nel caso in disamina, l'apparato logico posto a base della sentenza di secondo grado non è esente da vizi, non evincendosi con chiarezza quale sia stato l'iter logico - giuridico esperito dai giudici di merito per pervenire all'asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di responsabilità. La Corte territoriale, infatti, non ha fornito idonea motivazione in ordine al profilo inerente all'attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni di A. , alla luce di alcune circostanze che pure erano state focalizzate dalla difesa, nei motivi d'appello, sintetizzati dal giudice a quo. Prima fra tutte, quella relativa alla richiesta finale di 300 Euro l'anno. La Corte territoriale avrebbe infatti dovuto tematizzare il profilo inerente alla verosimiglianza di una pretesa così ridotta,tenuto conto della qualità di ufficiale della G. di F. del S. e della richiesta iniziale ben dieci volte superiore. Così come avrebbe dovuto approfondire le ragioni di tale ridimensionamento, chiarendo se esso sia conseguito ad una trattativa tra il S. e l'A. o sia stata unilateralmente deciso dall'imputato e dunque come si sia snodata la sequenza fattuale in disamina. Più in generale, occorre osservare come il giudice sia tenuto ad interrogarsi in merito alla plausibilità di spiegazioni alternative alla prospettazione accusatoria. La regola di giudizio compendiata nella formula dell' al di là di ogni ragionevole dubbio impone infatti al giudicante l'adozione di un metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria, volto a superare l'eventuale sussistenza di dubbi intrinseci a quest'ultima, derivanti, ad esempio, da autocontraddittorietà o da inidoneità esplicativa della prospettazione fattuale fatta propria dall'accusa Sez. I 24-10-11, n. 4111, rv. n. 251507 . Può infatti addivenirsi a declaratoria di responsabilità, in conformità al canone dell' oltre il ragionevole dubbio , soltanto qualora la ricostruzione fattuale a fondamento della pronuncia giudiziale espunga dallo spettro valutativo soltanto eventualità remote, astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle risultanze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e dell'ordinaria razionalità umana Sez. I 3-3-10 n. 17921, rv. n. 247449 Sez. I 8-5-09, n. 23813, rv. n. 243801 Sez. I 21-5-08 n. 31456, rv. n. 240763 . La condanna al di là di ogni ragionevole dubbio implica pertanto che siano individuati gli elementi di conferma della prospettazione fattuale accolta, in modo che risulti l'irrazionalità del dubbio derivante dall'astratta configurabilità di ipotesi alternative Sez. IV 17-6-11 n. 30862, rv. n. 250903 Sez. IV 12-11-09, n. 48320, rv. n. 245879 . Obbligo che, nel caso sub iudice, non può dirsi adempiuto dalla Corte d'appello, che non ha esplorato adeguatamente il versante dei rapporti tra i due protagonisti della vicenda e dello snodarsi dell'interlocuzione fra di essi in merito alla problematica in disamina. 4. Connotati di contraddittorietà si colgono poi nel tessuto argomentativo della sentenza impugnata laddove il giudice a quo, da un lato, ammette la circostanza che la genesi dell'indagine nei confronti del S. sia correlata non a una denuncia sporta da A. di propria iniziativa ma a dichiarazioni rese ai finanzieri da un amico D.R. dell'A. , al quale quest'ultimo aveva confidato la vicenda inerente ai rapporti con il S. e, dall'altro, nega la rilevanza dell'audizione del D. , che ricevette, a suo tempo, le confidenze dell'A. . Né può essere considerato valido l'argomento utilizzato, al riguardo, dalla Corte territoriale, secondo cui l'esame del D. sarebbe ininfluente perché le confidenze ricevute da quest'ultimo sono state poi confermate da A. . Le Sezioni Unite, infatti, hanno, ancora di recente, sottolineato la necessità di una verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto Sez. Un. 19-7-12 n. 41461, Bell'Arte, rv n. 253214 . Il giudice a quo avrebbe dunque dovuto chiarire le ragioni per le quali egli abbia ritenuto attendibile la deposizione dell'A. . La valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni processualmente rilevanti, da qualunque parte provengano, esige infatti un'accurata disamina, anche in ordine ai rapporti tra i protagonisti della vicenda sub iudice, agli interessi e ai moventi che possono aver mosso un testimone a rendere una dichiarazione di un determinato tenore e a tutte le circostanze che abbiano eventualmente influito sulla deposizione Sez Un. 4-2-1992, Ballan, Cass. pen 1992, 2662 . E non vi è alcun dubbio che, in questa prospettiva, preziosi elementi di valutazione possano derivare dal raffronto fra quanto riferito in sede processuale, in qualità di testimone, da un soggetto e quanto originariamente confidato da quest'ultimo ad un amico, in un contesto di informalità e di spontaneità, allo scopo di evidenziare eventuali discrasie o difformità o, viceversa, l'uniformità e la costanza della prospettazione fattuale offerta dal dichiarante. Il giudice di merito avrebbe dunque dovuto, anche attraverso l'escussione del D. , ricostruire, con precisione, l'accaduto, in stretta aderenza alle risultanze processuali, e verificare se queste ultime, valutate non in modo parcellizzato ma in una prospettiva unitaria e globale, potessero essere ordinate in una costruzione razionale e coerente, di spessore tale da prevalere sulla versione difensiva e da approdare sul solido terreno della verità processuale Cass. 25-6-1996, Cotoli, rv. n. 206131 , facendo uso di massime di esperienza consolidate e affidabili e non di mere congetture Cass. 22-10-1990, Grilli, Arch. n. proc. pen. 1991, 469 e fornendo, attraverso una sintesi logica dal materiale probatorio disponibile, puntuale risposta alle argomentazioni difensive Sez. VI, 11-2-08, n. 34042/07, Napolitano . 5. Non può pertanto affermarsi che i giudici di secondo grado abbiano preso adeguatamente in esame tutte le deduzioni difensive né che siano pervenuti alla conferma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico immune da vizi, sotto il profilo della correttezza logica sulla base di apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta illogicità e di un apparato logico coerente con una esauriente analisi delle risultanze agli atti Sez. un. 25-11-'95, Facchini, rv 203767 . 5. Fondato è anche l'ultimo motivo di ricorso. Le Sezioni unite hanno stabilito che nel giudizio di appello, il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata dall'imputato non riguarda solo l'entità complessiva della pena ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione. Ne deriva che al giudice d'appello non è consentito elevare la pena comminata, in relazione ai singoli elementi di calcolo, pur risultando diminuita quella complessiva Cass. Sez. Un. 27-9-2005 Morales, in Cass. pen. 2006,408 . È dunque inibito al giudice d'appello muovere, nel calcolo della pena, da una pena-base più elevata di quella stabilita dal giudice di primo grado. Viceversa, nel caso in disamina, la Corte d'appello ha preso le mosse da una pena-base di anni uno e mesi sei, superiore a quella stabilita dal giudice di primo grado anni uno e mesi 4 . 6. La sentenza impugnata va perciò annullata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d'appello di Catania. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania.