Se il soggetto condannato per ingiuria e minacce è seminfermo di mente, anche la capacità di intendere e volere è in discussione

Se viene accertato uno stato di seminfermità mentale, il soggetto non può essere ritenuto in grado di intendere e volere, pur non essendo tale capacità escludibile in toto .

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 47105 del 26 novembre 2013. Il fatto. Un soggetto condannato al pagamento di una multa per ingiuria e minacce, propone ricorso per cassazione in quanto, essendo stata accertata la sua seminfermità mentale al momento dei fatti, non era stata, tuttavia, esclusa la capacità di intendere e volere. La Cassazione ritiene il ricorso fondato. L’accertamento dell’infermità mentale e quello della capacità di intendere e volere sono strettamente connessi. Il Giudice di Pace che si è occupato del caso ha dato vita a una decisione profondamente contraddittoria se da un lato, infatti, ha ritenuto provata la capacità di intendere e volere del ricorrente, ha riconosciuto, dall’altro, la sussistenza di una condizione di seminfermità mentale in realtà, la affermazione del perito, a proposito della impossibilita di eludere rectius , esclurlere la capacità di intendere di volere ha il solo , apparente, significato di negare una condizione di incapacità totale e non anche quella di affermare - quantomeno in termini espliciti - che quella capacità sussistesse integralmente era stato infatti anche rilevato, nel rigo precedente, coerentemente con la interpretazione qui accreditata, che l'imputato era stato trovato affetto da patologie che inducevano a ritenere scemate grandemente le facoltà mentali . Data la disfunzione logica della decisione, essa deve essere emendata dal giudice.

Corte di Cassazione, se. V Penale, sentenza 20 settembre – 26 novembre 2013, n. 47105 Presidente Zecca – Relatore Lapalorcia Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione D.T.N. , avverso la sentenza del Giudice di pace di Penne in data 11 maggio 2012, con la quale è stato condannato alla pena di Euro 300 di multa in ordine ai reati di ingiuria e minacce, commessi il omissis . Deduce la violazione dell'articolo 89 cp., essendo stato ammesso, nella sentenza, che il consulente tecnico d'ufficio aveva riconosciuto, nei confronti dell'imputato, uno stato di seminfermità mentale il quale, tuttavia, non era stato poi tradotto nella corrispondente statuizione sulla pena. Il ricorso è fondato. Si apprezza la manifesta illogicità della motivazione posta a fondamento della sentenza impugnata, atteso che il Giudice di pace ha, da un lato, riconosciuto che il consulente tecnico d'ufficio ha verificato e argomentato la sussistenza della seminfermità mentale dell'imputato al momento dei fatti dall'altro, però, ha affermato che doveva ritenersi provata la capacità di intendere e volere dello stesso ricorrente. Invero, si legge nella sentenza che, secondo il chiaro pensiero del perito officiato dal giudice, il prevenuto presentava disturbi di personalità tali da scemare grandemente, pur senza escluderla, la sua capacità di intendere di volere e tale condizione deve intendersi riferita, sulla base del quesito posto, al momento dei fatti. A ciò il perito ha aggiunto che la pericolosità, connessa allo stato descritto, era da ritenersi circoscritta all'ambito familiare più stretto. Sulla base di tali constatazioni, che il giudice ha dato l'impressione di fare proprie integralmente, deve ritenersi che la successiva affermazione, contenuta in sentenza, a proposito della sussistenza della piena capacità di intendere e di volere dell'imputato al momento dei fatti, non trovi fondamento nelle premesse, tenuto conto in particolare che la affermazione del perito, a proposito della impossibilità di eludere rectius, escludere la capacità di intendere di volere ha il solo, apparente, significato di negare una condizione di incapacità totale e non anche quella di affermare-quantomeno in termini espliciti - che quella capacità sussistesse integralmente era stato infatti anche rilevato, nel rigo precedente,coerentemente con la interpretazione qui accreditata, che l'imputato era stato trovato affetto da patologie che inducevano a ritenere scemata grandemente le facoltà mentali, facendo cioè ricorso ad una formula ripetitiva alla lettera del paradigma dell'art. 89 cp. La disfunzione logica deve essere emendata dal giudice, libero peraltro nella decisione finale, mediante annullamento della motivazione censurata. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata sul punto della diminuente dell'art. 89 cp con rinvio al Giudice di pace di Penne per ulteriore esame.